Adiecta (1905)/II/XXXIV

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Morbus

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MORBVS


     Chi, quando il giorno muore,
ode, seguendo il Gange,
la tortora che piange
4sotto i roseti in fiore
e, lungo l’acque stanche
specchio alle palme nere,
vede passar le schiere
8delle pagode bianche.

     lento discerne ancora
fumar dal tardo fiume
il denso putridume
12che in faccia al sol vapora,
e galleggiar sull’onde
carogne ornai disfatte
che l’acqua gialla sbatte
16sulle fangose sponde.

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     Lungo i giuncheti pigri,
nidi di serpi immani,
piangono i caimani
20e ruggono le tigri,
mentre nell’aria bassa
del crepuscolo torvo
gracchia sinistro il corvo
24sazio di carne grassa.

     Allor nel plumbleo cielo
s’erge dall’acqua oscura
d’un angiol la figura
28chiusa da un fosco velo,
e sale a poco a poco
sul livido orizzonte,
gocciando dalla fronte
32sangue, veleno e fuoco.

     Sale gigante e solo
dell’universo in faccia,
tende le negre braccia,
36apre l’immenso volo....
Ah, invan chiudi le porte,
trista progenie d’Eva;
ecco, su te si leva
40l’angelo della morte!

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     E passa infaticato
sulle città fastose,
sovra le ville ascose,
44sovra il castel merlato,
sul casolar che ride
di sue virtù contento....
Passa solenne e lento
48e dove passa, uccide.

     Sul suo cammin, segnato
dai morti e dai morenti,
alto le umane genti
52mandano un ululato.
L’orror dell’ecatombe
fin la speranza scaccia
e mancano le braccia
56per iscavar le tombe....

     Del cor premendo i moti,
sbarrando gli occhi tardi
inchiodano i vegliardi
60le bare dei nipoti;
col pianto sulle gote
le madri moribonde
piegan le teste bionde
64sopra le culle vote.

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     Dubita l’uom che venga
il mondo all’ore estreme
e guata in alto e teme
68che il sole in ciel si spenga,
mentre gli grida il prete:
«Guai nel gran giorno all'empio!
«Portate l’oro al tempio,
72«poichè doman morrete!»

     Sul sacro limitare
cadono allor gli oranti;
lordan gli agonizzanti
76le pietre dell’altare
e pur la turba stolta
che ciecamente adora,
inginocchiata implora
80Iddio, che non l’ascolta.

     Turba, che il vacuo gelo
della tua fede or tocchi,
muori, volgendo gli occhi
84inutilmente al cielo.
Alle pupille offese
il vero or si disserra:
non ti mentì la terra
88quando per lei ti chiese.

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     Non ti giurò promesse
d’un avvenir mal certo,
ma dal suo fianco aperto
92ti germogliò la messe.
Giovin, dell’odio invece,
l’amor ti accese in seno,
e per un giorno almeno
96miglior di Dio ti fece.