Agamennone (Alfieri)/Atto quarto/Scena III

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SCENA TERZA.

Elettra, Agaménnone.


Elettra.

O Padre,
Dimmi: veduto hai Clitennestra?

Agaménnone.

In queste
stanze non è? teco i’ credea trovarla.
Ma quì tra poco ella verrà.

Elettra.

Lo spero.

Agaménnone.

Sì, ve l’aspetto: io gliel dicea, che avrebbe 170
Me ritrovato quì.

Elettra.

Padre; sta in Argo
Egisto ancora.

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Agaménnone.

Un giorno, il sai, gli diedi;
Finisce omai: doman lungi per sempre
Ei se n’andrà... Ma qual pensiero, o Figlia,
Così ti turba? l’inquieto sguardo 175
Attorno volgi, e di pallor ti pingi!
Che fia?... d’Egisto mille volte imprendi
A parlarmi, e poi taci...

Elettra.

Egisto lungi,
Perchè non so, veder vorria... Mel credi,
Ad uom che a nuocer loco, e tempo forse 180
Aspetta, assai, troppo è una notte; velo
D’ogni delitto, e madre esser suol notte.
Anzi che il Sol tramonti, io ti scongiuro,
Agamennòn, deh fa, che d’Argo fuori
Se n’esca Egisto.

Agaménnone.

Oh! che di tu? nemico 185
Ei dunque m’è? tu ’l sai? dunque egli ordisce
Trame?...

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Elettra.

Non so di trame... Eppur... Nol credo. —
Ma Egisto egli è. — Presagio al cor mi sento
D’ignoto caso; ma funesto, e crudo.
Soverchio forse è in me ’l timor; ma vero 190
In parte egli è. — Padre, mel credi, è forza
Che tu nol spregi, ancorch’io dir nol possa,
O nol sappia; ten prego. Al caro fianco
D’Oreste io torno intanto: a lui dappresso
Sempre i’ vo’ starmi. O Padre, ancor tel dico, 195
Quanto più tosto andrà lontano Egisto,
Tanto più certa, intera avrem noi pace.