Andrea Doria/La Vita/14

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La Vita
Capitolo 14

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Nei già citati «Documenti» sono riprodotte alcune relazioni sulla Congiura dei Fieschi, delle quali ci sembra utile e veramente conclusivo riportare alcune parti.

Nelle prime ore del 3 gennaio, Gomez Suarez di Figueroa, spedì il primo rapporto all’Imperatore sui fatti della notte:

«(omissis)... esta noche, a la VI horas, se levantò en la tierra un alboroto, gridando libertad, pueblo, y el conde de Fiesco dizen què ha tomado la puerta de Santo Esteffano, que es el cammino para sus tierra, ynsenoreandose d’ella, y una galera de las suyas se ha puesto a la bocca de la Darsena, adonde estàn las del Príncipe, y ha comenzado a tirar a las del dicho Principe, y dezìa libertad, libertad; y assì dizen que se han desarmado las dichas galeras del Principe, y dizen ser muerto, y tambien Jaunetin Doria, que vino a remediar los de las galeras. Esto es en los terminos que estàn las cosas asta esta hora, dos horas ante del dia; como sea el dia se entendera màs particularmiente. El palacio con los del govierno... esta fuerte... ».

Ma la sera dello stesso giorno l’ambasciatore può mandare particolari più esatti, tranquillizzando l’Imperatore.

«(omissis)... las cosas se han reduzido en buenos terminos; mas de lo que podia pensar y no sin mucho trabajo y peligro ha plazido a nuestro Señor que las cosas se han pacificado ... ».

Anche Andrea Doria, ritornato subito a Genova, fa il 4 gennaio la sua relazione a Carlo V, dalla quale riportiamo l’inizio, che lumeggia la figura di Gian Luigi Fieschi.

«Sacratissima Cesarea Catholica Maestà, Io sono certo che V. M. la quale sa parte di quello che già ho operato a beneficio del Conte di Fiesco, piglierà admiratione ch’egli habbi potuto contra di me pensare, non che operare, cosa alcuna trista… però che vedendomi il detto Conte da quattro giorni in qua star in letto per una discesa venutami in un brazzo, et che Giannettino per la indispositione mia mi dimorava assai intorno, gli parve occasione per aventura più facile, di poter eseguire il suo malvagio pensiero, dissimulato, per quanto si comprende, già molto tempo innanti; perché ogni volta più in apparentia si dimostrava amorevole verso di me et delle cose mie, venendone in casa ogni giorno, et conversando et mangiando con Giannettino, come se fussero stati fratelli... ».

Quanto alle complicità col Fieschi, possiamo dire che quella della Francia è ormai accertata, - Giovanni Caracciolo con le truppe francesi si era già mosso da Mondovì per Savona - così come quella di Pier Luigi Farnese, ma subito si ebbe ragione di sospettare - come abbiamo già annotato - anche di una inframettenza del Pontefice che, come risulta da molte dichiarazioni, ebbe ad incoraggiare il Fieschi nella sua azione, della quale forse non conosceva la vera portata.

Il Principe, l’ambasciatore Ferrante Figueroa, don Gonzaga, nei loro rapporti a Carlo V e a don Filippo suo figlio confermano sempre, con l’apporto di testimonianze diverse, le varie complicità. E a confermarle in modo decisivo stanno le dichiarazioni di alcuni dei complici del Conte, fra i quali il Verrina, fatto prigioniero a Montoggio, e soprattutto quelle del dottor Sacco, liberamente fatte, trovandosi egli al sicuro a Torino.

A meglio illuminare la figura nobilissima del Principe, contribuisce una sua lettera all’Imperatore del 18 gennaio, nella quale, avendo sentito che si attribuisce in parte il comportamento del Fieschi al suo odio contro Giannettino, egli protesta non essere ciò vero, e doversi attribuire tale comportamento soltanto a «malignità d’animo» e alla «presuntione di volersi far patrone di Genova». E aggiunge: «non posso mancar in questo proposito di dire che quando li fosse stata inimicitia, poteva il traditore vindicarsene facilissimamente, senza un minimo suo risico, et senza metter la città né altro in ruina, perché di notte et giorno Giannettino, senza arme offensive né difensive, conversava domesticamente con lui et con li fratelli... ».

Nobilissima preoccupazione del vecchio Principe, di non permettere che sia quasi, se pur indirettamente, fatta risalire una colpa, per quanto involontaria, dell’accaduto al nipote, che gli era più caro d’un figlio. Ma si può qui annotare che se l’odio contro Giannettino non fu l’elemento determinante del tentativo del Fieschi, l’odio contro tutti i Doria ebbe in esso una importanza non secondaria, corroborato, si sa, da tutti quegli altri elementi dei quali già abbiamo discorso.