Canti di Castelvecchio/Canti di Castelvecchio/La canzone della granata

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La canzone della granata

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LA CANZONE DELLA GRANATA



I


Ricordi quando eri saggina,
coi penduli grani che il vento
scoteva, come una manina
   di bimbo il sonaglio d’argento?

Cadeva la brina; la pioggia
   cadeva: passavano uccelli
gemendo: tu gracile e roggia
   tinnivi coi cento ramelli.

Ed oggi non più come ieri
   tu senti la pioggia e la brina,
ma sgrigioli come quand’eri
saggina.

II


Restavi negletta nei solchi
   quand’ogni pannocchia fu colta:
te, colsero, quando i bifolchi
   v’ararono ancora una volta.

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Un vecchio ti prese, recise;
   legò; ti privò della bella
semenza tua rossa; e ti mise
   nell’angolo, ad essere ancella.

E in casa tu resti, in un canto,
   negletta qui come laggiù;
ma niuno è di casa pur quanto
      sei tu.

III


Se t’odia colui che la trama
   distende negli alti solai,
l’arguta gallina pur t’ama,
   cui porti la preda che fai.

E t’ama anche senza, chè ai costi
   ti sbalza, ed i grani t’invola,
residui del tempo che fosti
   saggina, nei campi già sola.

Ma più, gracilando t’aspetta
   con ciò che in tua vasta rapina
le strascichi dalla già netta
      cucina.

IV


Tu lasci che t’odiino, lasci
   che t’amino: muta, il tuo giorno,
nell’angolo, resti, coi fasci
     di stecchi che attendono il forno.

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Nell’angolo il giorno tu resti,
   pensosa del canto del gallo;
se al bimbo tu già non ti presti,
   che viene, e ti vuole cavallo.

Riporti, con lui che ti frena,
   le paglie ch’hai tolte, e ben più;
e gioia or n’ha esso; ma pena
     poi tu.

V


Sei l’umile ancella; ma reggi
   la casa: tu sgridi a buon’ora,
mentre impazïente passeggi,
   gl’ignavi che dormono ancora.

E quando tu muovi dal canto,
   la rondine è ancora nel nido;
e quando comincia il suo canto,
   già ode per casa il tuo strido.

E l’alba il suo cielo rischiara,
   ma prima lo spruzza e imperlina,
così come tu la tua cara
     casina.

VI


Sei l’ umile ancella, ma regni
   su l’umile casa pulita.
Minacci, rimproveri; insegni
   ch’è bella, se pura, la vita.

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Insegni, con l’acre tua cura
   rodendo la pietra e la creta,
che sempre, per essere pura,
   si logora l’anima lieta.

Insegni, tu sacra ad un rogo
   non tardo, non bello, che più
di ciò che tu mondi, ti logori
     tu!