Commedia (Buti)/Purgatorio/Proemio

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Proemio

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Purgatorio - Ai lettori Purgatorio - Canto I
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P R O E M I O





Se nella seconda cantica della comedia di Dante Allighieri fiorentino, poeta vulgare, io Francesco da Buti cittadino di Pisa mi sono messo ad esponerla secondo l’ordine de la prima, letta da me publicamente nella ditta città, benchè non compiessi la lettura impedito da due gravi infìrmitadi, cagione me n’ànno dato li preghi dei cari amici che me ne ànno sollicitato, ai quali desideroso di compiacere non abbo saputo negare la mia opera; et oltra ciò l’amore che abbo al prefato autore, che quanto più lo leggo più mi piace, sì che per avere notizia di lui, quanto al mio picculo ingegno sia possibile, niuna fatica rifuggirò; ma seguirò con l’aiuto della Grazia Divina. La quale come mi è stata guida nella prima cantica; così spero che mi sarà in questa seconda, e di ciò umilemente la priego, benchè indegno; et a ciò la chiamo con affettuoso grido, sì che per lei io sia menato al fine desiderato.

Per correr millior acqua alza le vele. Perchè ne la prima cantica è stato toccato quello che s’appartiene nei princìpi delli autori di toccare alli espositori di quelli, pervenendo ora a la nostra materia de la quale si tratta dal prefato autore in questa seconda parte, la quale comunemente da’ volgari si chiama Purgatorio, perchè in essa l’autore [p. 2 modifica]tratta litteralmente dello stato che ànno l’anime separate dal corpo di coloro che muoiano ine la1 grazia di Dio, infine a tanto che sono purgate dei peccati commessi in questa vita; e moralmente, o vero allegoricamente, tratta de lo stato de le persone che sono nel mondo o in atto o in stato di penitenzia, debbiamo sapere che questa seconda cantica si divide principalmente in 2 parti, perchè prima si pone il proemio ove l’autore propone la materia di che dè trattare, facendo li auditori docili, benivoli et attenti secondo li comandamenti de la Retorica, e la invocazione delle muse. Nella seconda parte incomincia il trattato, quine: Dolce color ec.; e questa parte secondo la materia si divide principalmente in tre parti, perchè prima finge che ’l purgatorio sia in una isula posta nel mare oceano nel mezzo dell’altro emisperio, opposita a Gerusalem, et in questa insula nel mezzo sia uno monte tondo che abbia certa sallita molto malagevile2 con balzi; e poi uno balzo talliato ritto a modo di muro con una porta che circunda tutto il monte; e poi sei altri balzi, l’uno più alto che l’altro e più stretto, come domanda la ragione del monte, sì che in tutto sono vii; e che questo settimo sia più alto e più stretto, et abbia una spera di fuoco intorno che lo circunda, e sopra quella sia in cima del monte lo paradiso delitiarum. Tratta, secondo la predetta fizione, de la piaggia che3 circunda lo monte, e de la salita del monte infine al balso che àe la porta; nel quale luogo finge che si puniscano della loro negligenzia coloro che sono stati negligenti a pentirsi de’ loro peccati certo tempo; e poi entrino dentro alla porta detta, a purgarsi de’ loro peccati. Ne la seconda parte tratta de la purgazione dei sette peccati mortali che finge che si faccia, alsando e montando di balso in balso dentro la porta ch’è [p. 3 modifica]passata infine la spera del fuoco; et incomincia quine nel ix canto che incomincia: La concubina di Titone antico ec. Là ne venimmo e lo scallion primaio ec. Ne la terza et ultima tratta del suo salimento nel paradiso delitiarum, e de le cose che quine finge essere, et incominciasi nel xxvii canto che incomincia: Sì come quando i primi raggi vibra ec., quive: E già per li splendori ec.; e ciascuna di queste àe suoe parti, le quali toccherò quando verrò ad essi; ma secondo lo tratto dividesi tutta questa cantica in xxxiii canti, come appare nel testo. — E questo primo, secondo lo modo usato, si divide in due lezioni: imperò che ne la prima lezione lo nostro autore propone la sua materia, invoca et incomincia a narrare de la piaggia de la detta isula, e come vi trovò per guardia Catone romano; ne la seconda pone li ragionamenti che finge ch’avesse Virgilio con Catone, e l’osservazione che li conviene fare, quive: Ma da ch’è tuo voler ec. La prima, che è la prima lezione, si divide in vii parti: imperciò che prima l’autore propone, facendo lo suo esordio nel primo del canto; nella seconda invoca l’aiuto delle muse, quive: Ma qui la morta poesi ec.; ne la terza incomincia a trattare della materia, descrivendo brevemente la qualità dell’altro emisperio nel quale venuto era, quive: Dolce color ec.; ne la quarta finge come vedesse una nuova costellazione in verso l’altro polo, quive: Io mi volsi a man destra ec.; ne la quinta finge che vedesse in quella piaggia, nella quale era pervenuto, Catone lo quale descrive, quive: Com’io dal loro sguardo ec.; ne la sesta finge come Catone li dimanda chi sono e riprendeli, quive: Chi siete voi ec.; ne la settima finge come Virgilio li risponde, quive: Lo Duca mio allor ec. Divisa adunqua la lezione, verrò all’esposizione litterale insieme col testo et allegorie, o vero moralitadi, lassando la sentenzia litterale, per tolliere fatica agli scrittori e tedio ai lettori: imperciò che, inteso lo testo, ogni uno se la può fabricare da sè.





Note

  1. Ine; in, aggiuntavi l’e, per cessare lo scontro di più consonanti insieme. E.
  2. Malagevile; malagevole, per lo scambio dell’o in i, come in fievile, inchinevile e simili. E.
  3. C. M. che circondata dal mare, circonda