Compendio del trattato teorico e pratico sopra la coltivazione della vite/Parte II/III

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Parte II - Capitolo III

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CAPITOLO III.


Dei modi di disporre i vini alla fermentazione.


Il vino non può essere messo tra il numero delle produzioni della natura, perchè l’uva abbandonata sul ceppo marcisce, si scompone, e senza un particolare travaglio dell’uomo per farla fermentare, non otterremmo mai quel liquore aggradevole, dal quale ci ridondano i più grandi vantaggi. Ma la maniera di disporla alla fermentazione diversifica secondo i paesi ed i vini che si vogliono ottenere. In Ispagna, in Italia, in Cipro per fabbricare quei vini deliziosi si secca il frutto, e privandolo della parte acquosa, che contiene, si fa predominare il principio zuccherino, ch’esiste allora in grande abbondanza. Il mosto non può più provare una fermentazione sì violenta per distruggerlo interamente, e forma quei vini di liquore, cui la loro qualità dà un prezzo tanto grande.

Se i diversi autori, che ànno parlato del separare i grani dell’uva dal grappolo, non si fossero ostinati a sostenere le loro opinioni, questa questione sarebbesi risolta da gran tempo. Il sig. Chaptal è il primo, che abbia rischiarato la discussione, e conciliati i due partiti, facendo conoscere l’azione del grappolo sulla fermentazione, e i diversi casi nei quali questo metodo può essere praticato con successo.

Se il grappolo comunica ai vini quel sapore [p. 86 modifica]aspro, ed acerbo, che impedisce beverli nei primi anni, egli è vantaggioso, ed essenziale per quei vini deboli, e quasi insipidi, che senza esso si conserverebbe con fatica da un raccolto all’altro ed acquisterebbe facilmente il grassume.

Al mezzogiorno dove le uve arrivano ordinariamente a una maturità perfetta, si separa dai grani il grappolo, come si voglia procurarsi un buon vino, ma si sopprime questa operazione, allorchè la vendemmia poco matura fa già temere per risultato troppa verdura o troppo grande asprezza. Ogni volta, che si desidererà, per la distillazione, vini spiritosi, nei quali non si deve far conto nè della qualità nè dell’aroma, si dovrà allora lasciare il grappolo, che facilita la fermentazione, e converte in spirito di vino tutto il principio zuccherino. Ma vuolsi avere un vino scelto, che riunisca nello stesso tempo il sapore, e l’aroma? Bisogna scegliere l’uva, e separarne i grani dal grappolo accuratamente. Spetterà sempre all’abilità del coltivatore modificare quei principj, che dietro circostanze particolari potranno ricevere qualche eccezione.

Si usa in alcuni paesi per separare i grani dai grappoli, una specie di forca a tre becchi, che l’operajo gira rapidamente nella tina dove sono deposte le uve. I grani si staccano, il grappolo viene alla superficie, e si leva per ricominciare.

Per la stessa operazione s’impiega in Bourgogne un grandissimo cesto, di forma elittica, lungo sei, otto piedi, e largo quattro, sei. È formato di piccoli legni ben rotondi, e drittissimi, che s’incrociano, e lasciano tra esse delle aperture di un buon mezzo pollice, ed è circondato di un ribordo, [p. 87 modifica]egualmente chiaro, alto otto, dieci pollici. Il vetturiere scarica la vendemmia in questi cesti, avanti i quali sono situati uno o due uomini, che colle braccia nude fregano con forza le uve, e separano con ciò il grano dal grappolo, dal quale si cava ancora del vino, o che si brucia per fare acqua-vite. Queste modo è superiore di molto a tutti gli altri non solo perchè è più sbrigativo, ma anche perchè permette acciaccare quasi tutti i grani, e non lasciare grappoli nella tina piena.

Qualunque siano le operazioni preliminari, che si abbiano fatto subire alla vendemmia, non puossi dispensare dallo spremere le uve. Ecco le diverse maniere del processo.

Se non si separano i grani dell’uva dal grappolo, si versa tutto in una cassa quadra, posta sopra la tina, colle bande, e il fondo pertugiati da piccoli buchi per lasciar passare il succo; un operajo, armato di forti scarpe di legno, la preme calpestandola su tutta la superficie, e quando crede, che sia ben pesta, solleva una delle parti della cassa, la quale è mobile tra due scannellature, fa cadere ogni cosa nella tina, e ricomincia del pari questa operazione, sinchè sia finita.

La maniera di spremere le uve nelle botti è impraticabile nelle grandi vigne. Ecco come si spremono in qualche paese. Posta la vendemmia nella tina, subito che la fermentazione comincia a stabilirsi, si leva buona parte del mosto, che si mette in botti, dove continua a fermentare; la feccia, che resta dopo essere stata spremuta, è posta [p. 88 modifica]sotto il torchio: alcuni giorni dopo dà un vino poco delicato, coloratissimo, e che non bisogna affrettarsi a bevere.

Malgrado le cure adoperate per spremere le uve, la fermentazione si risentirà sempre dei modi impiegati ad operarla. Bisognerebbe poi avere una condotta costante, e uniforme, che potesse aver luogo nello stesso tempo in tutti i punti della tina piena, il che non si può eseguire, che sommettendo la vendemmia al torchio, per lasciar fermentare isolatamente il vino, o riunirlo alla feccia. Si deve egualmente inibire l’uso di riempire la tina in diverse volte.