Costituzione dogmatica sulla fede cattolica 18 luglio 1870 (Pio IX)/Capo IV

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Capo IV

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Capo III

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CAPO IV.

Del magistero Infallibile del Romano Pontefice.

Che poi nello apostolico stesso primato che il Romano Pontefice ha su tutta la Chiesa come successore di Pietro principe degli Apostoli si contenga anche la suprema podestà di magistero, ciò ritenne sempre questa Santa Sede, e l’uso perpetuo della Chiesa lo prova e fu dichiarato dagli stessi ecumenici Concilii e da quelli primieramente in cui l’Oriente e l’Occidente convenivano insieme nell’unione della fede e della carità. Imperocchè i Padri del Concilio Costantinopolitano quarto, seguendo le pedate dei maggiori, emisero questa solenne professione: «La prima salute sta nel custodire la regola della retta fede. E poichè non può venir meno la sentenza del Signor nostro Gesù Cristo che disse: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa;» quanto fu predetto viene comprovato dal fatto; perocchè nella Sede apostolica si è sempre conservata immacolata la cattolica religione e professata la santa dottrina. Pertanto, desiderosi di non essere separati dalla sua fede, e dalla sua dottrina, speriamo di meritare d’essere in quell’unica comunione che predica la Sede Apostolica, ed in cui esiste l’intiera e verace solidità della cristiana religione.

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E, approvante il Concilio II di Lione, i Greci professarono: «La santa romana Chiesa possedere sopra tutta la Chiesa cattolica il sommo e pieno primato e principato; quale veramente ed umilmente essa riconosce d’aver ricevuto, insieme colla pienezza della potestà, dallo stesso Signore nel beato Pietro principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore; e siccome più che le altre tutte è tenuta a difendere le verità della fede, così, se intorno alla fede sorgeranno questioni, col suo giudizio debbonsi definire.» Finalmente il Concilio Fiorentino definì: «Il Pontefice Romano essere vero Vicario di Cristo e capo di tutta la Chiesa, e padre e dottore di tutti i cristiani; ed a Lui essere stata trasmessa nel beato Pietro dal Signor nostro Gesù Cristo la piena podestà di pascere, di reggere e di governare tutta quanta la Chiesa.»

Per soddisfare a questo pastorale dovere, i nostri predecessori sempre s’adoperarono indefessamente, affinchè la salutare dottrina di Cristo si propagasse presso tutti i popoli della terra; e con pari cura vigilarono, perchè dove fosse stata ricevuta, sincera e pura si conservasse. A tal uopo i Pastori di tutto l’orbe ora individualmente, ora in Sinodi congregati, seguendo l’antica consuetudine delle Chiese e il metodo delle primitive regole, a questa Santa Sede deferirono que’ pericoli specialmente che nascevano nelle cose di fede, affinchè quivi principalmente si risarcissero i danni della fede, dove la fede non può sentire difetto. E i Romani Pontefici, secondo che consigliava la condizione dei tempi e delle cose, ora convocati ecumenici Concilii od esplorata la sentenza della Chiesa dispersa pel mondo, ora per mezzo di Sinodi particolari, ora con altri mezzi che somministrava la divina Provvidenza, definirono da ritenersi quelle cose che col divino aiuto avevano conosciute consentanee alle Sacre scritture ed alle tradizioni apostoliche. Imperocchè ai successori di Pietro non fu già [p. 19 modifica]promesso lo Spirito Santo, affinchè, Esso rivelante, manifestassero nuove dottrine, ma perchè, colla sua assistenza, santamente custodissero e fedelmente esponessero la rivelazione tramandata dagli apostoli, ossia il deposito della fede.

L’apostolica dottrina dei quali per verità tutti i venerabili Padri e i santi dottori ortodossi abbracciarono, venerarono e seguirono, sapendo pienissimamente che questa Sede di S. Pietro rimane sempre illibata da ogni errore, secondo la divina promessa dal Signore nostro Salvatore fatta al Principe dei suoi discepoli: Io pregai per te, affinchè non venga meno la tua fede; e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli.

Fu dunque questo carisma di verità e di fede mai deficiente concesso divinamente a Pietro ed a’ suoi successori in questa Cattedra, affinchè essi per salute di tutti adempissero l’eccelso loro ufficio, e tutto il gregge di Cristo per mezzo loro ritratto dall’esca velenosa dell’errore, si nutrisse col pascolo della celeste dottrina, e affinchè, tolta l’occasione di scisma, tutta la Chiesa si conservasse una, e appoggiata sul suo fondamento, ferma resistesse contro le porte dell’inferno.

Giacchè poi in questa età, in cui si ha grandissimo bisogno della salutifera efficacia dell’apostolico magistero, non pochi si trovano che detraggono alla sua autorità, riputiamo essere onninamente necessario di solennemente definire quella prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio con sommo pastorale officio degnossi congiungere.

Noi pertanto, aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta fin dall’esordio della fede cristiana, a gloria di Dio nostro Salvatore, ad esaltazione della cattolica religione ed a salute dei popoli cristiani coll’approvazione del Sacro Concilio, insegniamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato, il Romano Pontefice, quando parla ex Cathedra, ossia quando, esercitando l’uffizio di Pastore e Dottore di tutti i cristiani, per la sua suprema apostolica autorità definisce una dottrina sulla fede o sui costumi doversi [p. 21 modifica]tenere da tutta la Chiesa, per l’assistenza divina, a lui nel beato Pietro promessa, godere di quella infallibilità di cui il divin Redentore volle essere fornita la sua Chiesa nel definire una dottrina sulla fede o sui costumi, e pertanto tali definizioni del romano Pontefice essere per se stesse e non pel consenso della Chiesa, irreformabili.

Se alcuno poi, tolgalo Iddio, osasse contraddire a questa nostra definizione, sia anatema.