Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro primo/20

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Libro primo - Capitolo 20

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Principio della nuova divisione fra cittadini (1300): nimicizie tra i Cerchi e i Donati (1280 - 1297...).

La città, retta con poca giustizia, cadde in nuovo pericolo, perché i cittadini si cominciorono a dividere per gara d’ufici, abbominando l’uno l’altro. Intervenne che una famiglia che si chiamavano i Cerchi (uomini di basso stato, ma buoni mercatanti e gran ricchi, e vestivano bene, e teneano molti famigli e cavalli, e aveano bella apparenza), alcuni di loro comperorono il palagio de’ conti, che era presso alle case de’ Pazzi e de’ Donati, i quali erano più antichi di sangue, ma non sì ricchi: onde, veggendo i Cerchi salire in altezza (avendo murato e cresciuto il palazzo, e tenendo gran vita), cominciorono avere i Donati grande odio contra loro. Il quale crebbe assai, perché messer Corso Donati, cavaliere di grande animo, essendoglisi morta la moglie, ne ritolse un’altra figliuola che fu di messer Accierito da Gaville, la quale era reda; ma non consentendo i parenti di lei, perché aspettavano quella redità, la madre della fanciulla, vedendolo bellissimo uomo, contro alla volontà degli altri conchiuse il parentado. I Cerchi, parenti di messer Neri da Gaville, cominciorono a sdegnare, e a procurare non avesse la redità; ma pur per forza l’ebbe. Di che si generò molto scandolo e pericolo per la città e per speziali persone. E essendo alcuni giovani de’ Cerchi sostenuti per una malleverìa nel cortile del Podestà come è usanza, fu loro presentato uno migliaccio di porco, del quale chi ne mangiò ebbe pericolosa infermità, e alcuni ne morirono; il perché nella città ne fu gran romore, perché eran molti amati: del quale malificio fu molto incolpato messer Corso. Non si cercò il malificio, però che non si potea provare; ma l’odio pur crebbe di giorno in giorno, per modo che i Cerchi li cominciorono a lasciare, e le raunate della Parte, e accostarsi a’ popolani e reggenti. Da’ quali erano ben veduti, sì perché erano uomini di buona condizione e umani, e sì perché erano molto serventi, per modo che da loro aveano quello che voleano; e simile da’ rettori. E molti cittadini tirarono da loro, e fra gli altri messer Lapo Salterelli e messer Donato Ristori giudici, e altre potenti schiatte. I Ghibellini similmente gli amavano per la loro umanità, e perché da loro traevano de’ servigi e non faceano ingiurie: il popolo minuto gli amava, perché dispiacque loro la congiura fatta contro a Giano. Molto furono consigliati e confortati di prendere la signoria, che agevolmente l’arebbono avuta per la loro bontà; ma mai non lo vollono consentire.

Essendo molti cittadini un giorno, per seppellire una donna morta, alla piazza de’ Frescobaldi, e essendo l’uso della terra a simili raunate i cittadini sedere basso in su stuoie di giunchi, e i cavalieri e dottori su alto sulle panche, e essendo a sedere, i Donati e i Cerchi, in terra (quelli che non erano cavalieri), l’una parte al dirimpetto all’ altra, uno o per racconciarsi i panni o per altra cagione, si levò ritto. Gli adversari, per sospetto, anche si levorono, e missono mano alle spade; gli altri feciono il simile: e vennono a]la zuffa: gli altri uomini che v’erano insieme, li tramezorono, e non li lasciorono azuffare. Non si poté tanto amortare, che alle case de’ Cerchi non andasse molta gente; la quale volentieri sarebbe ita a ritrovare i Donati, se non che alcuni de’ Cerchi nollo consentì.

Uno giovane gentile, figliuolo di messer Cavalcante Cavalcanti, nobile cavaliere, chiamato Guido, cortese e ardito ma sdegnoso e solitario e intento allo studio, nimico di messer Corso, avea più volte diliberato offenderlo. Messer Corso forte lo temea, perché lo conoscea di grande animo; e cercò d’assassinarlo, andando Guido in pellegrinaggio a San Iacopo; e non li venne fatto. Per che, tornato a Firenze e sentendolo, inanimò molti giovani contro a lui, i quali li promisono esser in suo aiuto. E essendo un dì a cavallo con alcuni da casa i Cerchi, con uno dardo in mano, spronò il cavallo contro a messer Corso, credendosi esser seguìto da’ Cerchi, per farli trascorrere nella briga: e trascorrendo il cavallo, lanciò il dardo, il quale andò in vano. Era quivi, con messer Corso, Simone suo figliuolo, forte e ardito giovane, e Cecchino de’ Bardi, e molti altri, con le spade; e corsogli dietro: ma non lo giugnendo, li gittarono de’ sassi; e dalle finestre gliene furono gittati, per modo fu ferito nella mano.

Cominciò per questo l’odio a multiplicare. E messer Corso molto sparlava di messer Vieri, chiamandolo l’asino di Porta, perché era uomo bellissimo, ma di poca malizia, né di bel parlare; e però spesso dicea: "Ha raghiato oggi l’asino di Porta?"; e molto lo spregiava. E chiamava Guido, Cavicchia. E così rapportavano i giullari, e spezialmente uno si chiamava Scampolino, che rapportava molto peggio non si diceva, perché i Cerchi si movessero a briga co’ Donati. I Cerchi non si moveano, ma minacciavano con l’amistà de’ Pisani e delli Aretini. I Donati ne temeano, e diceano che i Cerchi aveano fatta lega co’ Ghibellini di Toscana: e tanto l’infamarono, che venne a orecchi del Papa.