Dalla Terra alla Luna/Capitolo VIII

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Capitolo VIII

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Jules Verne - Dalla Terra alla Luna (1865)
Traduzione dal francese di C. o G. Pizzigoni (1872)
Capitolo VIII
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CAPITOLO VIII.


STORIA DEL CANNONE.


Le risoluzioni prese in questa seduta produssero grand’effetto al di fuori. Alcune persone timorose spaventavansi un poco all’idea di una palla, del peso di 20,000 libbre, lanciata attraverso lo spazio. Tutti chiedevansi qual cannone potesse mai trasmettere una velocità iniziale sufficiente per simile massa. Il processo verbale della seconda seduta del Comitato doveva rispondere vittoriosamente a siffatte questioni.

L’indomani sera i quattro membri del Gun-Club sedevano dinanzi a nuove montagne di sandwiches ed alla sponda di un vero oceano di thè. La discussione ripigliò tosto il suo corso, e questa volta senza preamboli,

«Cari colleghi, disse Barbicane, noi stiamo per occuparci della lunghezza, della forma, della composizione e del peso del cannone da fondersi.

È probabile che giungeremo a dargli proporzioni [p. 67 modifica]gigantesche, ma per quanto grandi siano le difficoltà, il nostro genio industrioso le supererà tutte facilmente. Vogliate ascoltarmi, e non risparmiatemi le obbiezioni pronte. Io non le temo.»

Un grugnito approvatore accolse tale dichiarazione.

«Non dimentichiamo, riprese Barbicane, a qual punto ci ha condotto ieri la discussione. Il quesito presentasi ora sotto questa forma: imprimere una velocità iniziale di dodici miliardi al secondo ad un obice di centotto pollici di diametro, e del peso di ventimila libbre.»

- Ecco infatti il quesito, rispose il maggiore Elphiston.

- Io continuo, proseguì Barbicane. Quando un proiettile è lanciato nello spazio, che cosa avviene? Subisce l’influenza di tre forze indipendenti: la resistenza del mezzo, l’attrazione della terra e la forza d’impulso di cui è animato. Esaminiamo queste tre forze. La resistenza del mezzo, cioè la resistenza dell’aria, sarà poco importante. L’atmosfera terrestre non occupa che quaranta miglia (16 leghe circa). Ora, con una rapidità di dodicimila miliardi, il proiettile l’avrà attraversata in cinque secondi, e questo tempo è abbastanza breve perchè la resistenza del mezzo sia considerata insignificante. Passiamo allora all’attrazione della Terra, cioè al peso dell’obice. Noi sappiamo che questo peso diminuirà in ragione inversa del quadrato delle distanze; infatti ecco ciò che la fisica ne insegna; quando un corpo abbandonato a sè stesso cade sulla superficie della Terra, la sua caduta è [p. 68 modifica]di quindici piedi1 nel primo secondo, e se questo stesso corpo fosse trasportato a dugentocinquantasettemila e cinquecentoquarantadue miglia, o in altri termini, alla distanza ove trovasi la Luna, la sua caduta sarebbe ridotta ad una mezza linea circa nel primo secondo. È quasi l’immobilità, e si tratta dunque di vincere progressivamente l’azione del peso. In qual modo vi riusciremo? Colla forza d’impulso.

- Ecco la difficoltà, rispose il maggiore.

- È davvero una difficoltà, riprese il presidente, ma ne trionferemo, imperocchè la forza d’impulso che ci è necessaria risulterà dalla lunghezza del cannone e dalla quantità di polvere adoperata, per la ragione che quest’ultima è proporzionata alla resistenza di quello. Oggi dunque occupiamoci delle dimensioni da dare al cannone. Ben s’intende che possiamo stabilirlo in condizioni di resistenza, per così dire, infinita dal momento che non debb’essere manovrato.

- Tutto ciò è evidente, rispose il generale.

- Finora, disse Barbicane, i cannoni più lunghi, le nostre enormi Columbiads, non hanno oltrepassata la lunghezza di venticinque piedi; e però molti assai stupiranno all’udire le dimensioni che ci sarà d’uopo adottare.

- Eh, certamente, esclamò J. T. Maston. Per conto mio domando un cannone lungo mezzo miglio almeno! [p. 69 modifica] - Mezzo miglio! esclamarono il maggiore ed il generale.

- Sì, mezzo miglio, e sarà ancora troppo breve della metà.

- Evvia, Maston, disse Morgan, voi esagerate.

- No! replicò il focoso segretario, e davvero non so perchè mi accusate di esagerazione.

- Perchè andate troppo oltre nelle cose.

- Sappiate signore, rispose J. T. Maston pigliando il suo solito fare d’importanza, sappiate che un artigliere, come una palla da cannone, non può andare troppo oltre!

La discussione tralignava nelle personalità, ma il presidente intervenne.

«Tranquilli, amici miei, e ragioniamo; ci occorre certamente un cannone straordinario, perchè la lunghezza del pezzo aumenterà la potenza dei gaz accumulati sotto il proiettile, ma è inutile oltrepassare certi limiti.»

- Perfettamente, disse il maggiore.

- Quali sono le norme che regolano in simile caso? Di solito la lunghezza di un cannone è da venti a venticinque volte il diametro della palla, ed ha da dugentotrentacinque a dugentoquaranta volte il suo peso.

- Non basta! esclamò J. T. Maston con impeto.

- Ne convengo, mi degno amico, e infatti, secondo questa proporzione, per un proiettile largo nove piedi e del peso di trentamila libbre, il cannone non avrebbe che la lunghezza di dugentoventicinque piedi ed il peso di sette milioni e dugentomila libbre. [p. 70 modifica]

- È cosa ridicola, rispose J. T. Maston. Tanto varrebbe pigliar una pistola!

- Sono anch’io di questo parere, e appunto per ciò mi propongo di quadruplicare tal lunghezza e di costruire un cannone di novecento piedi.

Il generale ed il maggiore fecero alcune obbiezioni; tuttavia la proposta, vivamente sostenuta dal segretario del Gun-Club, fu definitivamente adottata.

- Ora, disse Elphiston, quale spessore avranno le pareti?

- Lo spessore di sei piedi, rispose Barbicane.

- Voglio credere che non v’imaginerete di poter mettere una massa di tal fatta sopra un affusto? domandò il maggiore.

- La sarebbe però una magnifica cosa! disse J. T. Maston.

- Ma impraticabile, rispose Barbicane. No, io penso a fondere questo cannone nel suolo, a munirlo di ghiere di ferro battuto, e infine a circondarlo di una grossissima opera di muratura di pietre e calce, in modo che partecipi di tutta la resistenza del tronco che lo circonda. Fuso che sia il pezzo, l’anima sarà accuratamente trapanata e calibrata in guisa da non lasciare alcun vento2 alla palla; per cui non vi sarà alcun disperdimento di gaz, e tutta la forza espansiva della polvere verrà impiegata nell’impulso. [p. 71 modifica] - Evviva! evviva! esclamò J. T. Maston, il nostro cannone non ci sfugge più.

- Non ancora, rispose Barbicane calmando colla mano l’impaziente amico.

- E perchè?

- Perchè non ne abbiamo discussa la forma. Sarà un cannone, un obice od un mortaio?

- Un cannone, replicò Morgan.

- Un obice, rispose il maggiore.

- Un mortaio, soggiunse J. T. Maston.

Stava per impegnarsi una nuova discussione, e piuttosto viva, chè ognuno suggeriva la propria arma prediletta, quando il presidente la troncò di punto in bianco.

«Amici cari, io vi metto subito d’accordo. La nostra Columbiad parteciperà di queste tre bocche da fuoco ad un tempo. Sarà un cannone, perchè la camera della polvere avrà lo stesso diametro dell’anima. Sarà un obice, perchè lancierà un obice. Infine, sarà un mortaio perchè lo si appunterà sotto un angolo di novanta gradi, e perchè senza rinculata possibile, stando irremovibilmente fisso al suolo, comunicherà al proiettile tutta la forza d’impulsione accumulata ne’ suoi fianchi.»

- Adottato, adottato! risposero i membri della Commissione.

- Mi si permetta una semplice domanda, disse Elphiston, questo cannone-obice-mortaio sarà rigato?

- No, rispose Barbicane, no; ci occorre una velocità iniziale enorme. Non sapete che la palla [p. 72 modifica]esce meno rapidamente dai cannoni rigati che dai cannoni ad anima liscia?

- È giusto.

- Insomma, per questa volta più non ci scappa! ripetè J. T. Maston.

- Non del tutto ancora, replicò il presidente.

- E perchè?

- Perchè non sappiamo di qual metallo sarà fatto.

- Decidiamolo senza ritardo.

- Io stava per proporvelo.

I quattro membri del Comitato trangugiarono ciascuno una dozzina di sandwiches seguiti da una tazza di the, e la discussione ricominciò.

«Egregi colleghi, disse Barbicane, il nostro cannone dev’essere di grande tenacità, di gran durezza, infusibile al calore, insolubile e inossidabile sotto l’azione corrosiva degli acidi.»

- Non v’ha dubbio di sorta per tale rispetto, rispose il maggiore, e siccome bisognerà adoperare una considerevole quantità di metallo, non avremo l’impaccio dello scegliere.

- Ebbene, allora, disse Morgan, per la fusione della Columbiad io propongo la miglior lega che fino ad oggi si conosca, cioè cento parti di rame, dodici di stagno e sei d’ottone.

- Amici, rispose il presidente, confesso che questa composizione ha dato eccellenti risultati; ma in tal caso costerebbe troppo e sarebbe di uso difficilissimo. Ritengo perciò che debbasi adottare una materia eccellente, ma a basso prezzo, come il ferro fuso. Non è pure il vostro parere, maggiore? [p. 73 modifica] - Per l’appunto, rispose Elphiston.

- Infatti, riprese Barbicane, il ferro fuso costa dieci volte meno del bronzo, si ottiene facilmente, si fa scorrere semplicemente in forma di sabbia, ed è di rapido maneggio; c’è dunque economia di denaro e di tempo. Del resto, questa materia è eccellente, e mi ricordo che durante la guerra, all’assedio d’Arlanta, alcuni cannoni di ghisa hanno sparato mille colpi ciascuno di venti in venti minuti senza soffrirne danno.

- Eppure la ghisa si guasta facilmente, rispose Morgan.

- Sì, ma è anche molto resistente: del resto, non iscoppieremo, ve ne do la mia parola.

- Si può scoppiare ed essere onesto, rispose con fare cattedratico J. T. Maston.

- Certissimamente, replicò Barbicane. Io pregherò dunque il nostro degno segretario di calcolare il peso di un cannone di ghisa lungo novecento piedi, del diametro interno di nove piedi, con pareti di sei piedi di grossezza.

- All’istante, rispose J. T. Maston.

Così come aveva fatto il giorno addietro, allineò le sue formole con facilità sorprendente, e dopo un minuto disse:

«Questo cannone peserà sessantottomila e quaranta tonnellate (68,040,000 chil.).

- E a dugento per libbra (10 centesimi) costerà?

- Due milioni e cinquecentodiecimila e settecent’un dollari (13,608,000 franchi).

J. T. Maston, il maggiore ed il generale guardarono Barbicane con aria inquieta. [p. 74 modifica]«Ebbene! signori, disse il presidente, io ripeterò quello che vi diceva ieri, state tranquilli, i milioni non ci mancheranno!»

Dietro la certezza espressa dal presidente, il comitato si sciolse, dopo di avere stabilito per l’indomani la terza seduta.

Note

  1. Ossia: 4 metri e 90 centimetri nel primo secondo; alla distanza ove trovasi la Luna, la caduta non sarebbe più che di 1 millim. ⅓, o 590 millesimi di linea.
  2. È lo spazio che esiste qualche volta fra il proiettile e l’anima del cannone.