Dei cristalli quarzosi di Selvino/Dei cristalli quarzosi di Selvino

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I Cristalli di Selvino, de’ quali mi fo a ragionare, si considerano una delle naturali rarità più pregevoli, che vanti il nostro Dipartimento.

Essi sono quarzosi, cioè sono una cristallizzazione del quarzo: Quartz Hyalin limpide di Haüy: Quartzum crystallinum colore aqueo, crystallus montana di Wallerio: Cristal de roche di Delisle; che è lo stesso che dire quarzo lucido figurato in forma regolare, dagli stessi antichi chiamato Cristallo, parola derivataci dal Greco, e che ghiaccio significa, od acqua gelata.

Fuvvi diffatti nell’antichità chi pensò altro non essere i cristalli di questo genere, che un’acqua congelata dalla Natura in uno stato permanente. E tale opinione sembra [p. 8 modifica]avere adottata lo stesso Plinio scrivendo: Contraria huic (che e il calore) causa crystallum fecit, gelu vehementiore concreto ..... Non aliubi certe reperitur, quam ubi maxime hybernœ nives rigent; glaciemque esse certum est, unde nomen Græci dedere ........ Nascitur in Asia ...... sed laudata in Europæ alpium jugiis Hist. Natur. lib. 37, cap. II.)1

Anche il P. Lana rinomato Fisico Bresciano, che fiorì dopo la metà del secolo XVII., parlando de’ cristalli della Vallumezzane, co’ quali hanno tutta la somiglianza i nostri di Selvino, prevenendo (dice il chiarissimo Brocchi) di quasi un mezzo secolo il maggiore de’ Naturalisti delle età nostre, riconobbe in essi la forma esagona delle cristallizzazioni del nitro; quindi spinse egli più oltre l’analogìa, ed immaginò che siffatti cristalli dal nitro la propria configurazione effettivamente avessero, conghietturando poi che formati vengono colla rugiada dal nitro condensata, nella guisa che col mezzo di questo sale l’acqua si consolida [p. 9 modifica]nelle artificiali congelazioni: Magisterium naturæ et artis. Tom. III lib. 13, cap. 2.2

La stessa opinione adottò il gran Linneo dicendo Nitrum, crystallus montana ex aqua ætherea nitro fertili in crytpis lapidosis diu retenta et quiescente, unde a loci frigiditate subcrystallisat atomos innatantes terrestres. (Syst. Nat. Ediz. XII pag. 85).

Ma nè la teoria del P. Lana, nè quella del Naturalista Svedese s’appoggiano al vero. Si sa (soggiunge il lodato Brocchi nel Trattato Mineralogico-Chimico sulle miniere del Ferro ecc. Tom. I, pag. XI.) che i sali non entrano altrimenti nella composizione de’ cristalli petrosi, o almeno assai di rado, e soltanto come ingrediente accessorio ed accidentale, e senza influenza riguardo alla figura.

La conformazione esagona de’ cristalli quarzosi eccitò l’ammirazione di molti altri vecchj mineralogisti. Gesnero, Wormio e Luidio fra questi non sapevano nella loro immaginazione concepire, come i cristalli si fossero potuti conformare, quali li [p. 10 modifica]veggiamo, senza avere almeno l’appoggio di una base. E Linneo stesso, inerendo alla loro opinione, scrisse che rade volte interi si trovano i cristalli quarzosi, e senza un segnale d’essere stati dalla matrice staccati, la quale alla loro formazione servito abbia d’appoggio; e preoccupato egli da tale idea pareagli di vedere ne’ cristalli solitarii, quali sono i nostri di Selvino, sempre in un lato del prisma la cicatrice lasciatavi dalla base, da cui dovevano essere stati divelti. (Generat. crystallorum amænitates Accademicæ. Tom. I, pag. 482).

Convien dire che siffatta marca si vedesse nella maggior parte de’ cristalli, che per avventura alle mani capitarono dello Svedese Naturalista. E per verità nei nostri stessi di Selvino qualcuno se ne trova rotto in qualche punto o mal terminato, onde sospettare che ad altro corpo fosse originalmente attaccato.

Ma da alcuni fatti particolari non devonsi dedurre teorie generali. Nè d’alcuno de’ surriferiti mezzi avea bisogno la maestrìa [p. 11 modifica]della Natura in questa mirabile sua opera. Era riservato ai luminosi progressi fatti dalla nuova Chimica lo sviluppo di questo mistero, il quale tutto consiste nella sola azione delle affinità proprie delle particelle similari del quarzo nuotanti in un fluido, sotto certe determinate condizioni. « Les forces attractives (dice l’Haüy) qui sollicitent les molécules d’un minéral suspendues dans un liquide, ont un certain rapport avec la figure de ces molécules; et c’est dans ce rapport que consiste la tendance, qu’ont par elles-mêmes les molécules à se réunir conformément aux lois d’une agrégation régulière. Mais pour qu’elles parviennent à ce but, il faut qu’elles aient le loisir de se chercher, de s’appliquer les unes contre les autres par les faces convenables, et de concourir toutes en même temps à l’harmonie, qui doit naître de leur ensemble. Il faut que le liquide soit dans un état de repos, que ses propres molécules abandonnent lentement celles du minéral pour les mettre dans la position la [p. 12 modifica]plus favorable à l’affinité, que la cavité soit assez spacieuse, et le liquide assez abondant, pour que les molécules cristallines y nagent à l’aise, et en pleine liberté. » (Traité de Minéralogie etc. Tom. I pag. 9)

Ma i nostri cristalli di Selvino si trovano essi tutti isolati, ossia solitarii? Questa fu la principale osservazione, che io far volli nell’ultimo mio viaggio in quella parte. Prima però di riportare quanto su questo punto mi riuscì di osservare, trovo conveniente di compiere il rapporto delle proprietà essenziali di questo nostro fossile.

Esso appartiene precisamente alla prima delle cristallizzazioni del quarzo, riportate da Brochant, della specie XVII. Quartzum, Quartz hyalin H (Elementi di Mineralogia ecc. ad uso de’ Licei del Regno d’Italia. Tom. I, pag. 124). Consiste questo in un prisma esagono, aguzzato a tutte due le estremità da sei facie a guisa di piramide appoggiate sopra la facie del prisma, se il cristallo siasi formato liberamente: oppure aguzzato da una sola parte, se è cresciuto sopra una matrice.

[p. 13 modifica]In Selvino se ne trovano di una sorta e dell’altra; ma incomparabilmente più della prima che della seconda. E in vero di quest’ultima io non ne ho trovato che alcuni pezzi piccolissimi, racchiusi in cavità fra le stratificazioni della pietra calcare, di cui è formata l’ossatura del gran poggio, su cui stà il villaggio 3 Questa pietra è il calcareus rudis spec. 4. (g), e ’l calcareus polituram admittens, Marmor (B) Wall.

Io riconobbi che quelle druse erano una vera cristallizzazione minuta quarzosa non completa, qualche volta non esagona, confusissima e di non eguale limpidezza, appoggiata al quarzo amorfo bianco non trasparente.

Parlando in particolare dei cristalli solitarii, ivi se ne trovano di tutte, le grandezze dal grano di miglio a quella di un pollice e forse più. E la loro lucentezza è sempre in ragione diretta della trasparenza, e questa in ragione inversa del loro volume.

In alcuni di questi cristalli il prisma è eguale in lunghezza alle piramidi sovraimposte; [p. 14 modifica]in altri queste superano quello, e in altri quello supera queste. In alcuni pochi i lati del prisma sono eguali, e in molti sono disuguali. In alcuni la retta, tirata dalla estremità dell’una delle piramidi a quella dell’altra, passa pel centro del prisma; in altri no. In alcuni la piramide da una parte insiste rettamente sul prisma, mentre l’altra obbliquamente vi stà dall’opposta. E in cert’altri in quest’ultima guisa le piramidi insistono sul prisma da ambe le parti. In alcuni pochissimi le facie triangolari della piramide sono fra loro eguali, e in moltissimi disuguali si veggono.

Questa varietà di proporzioni tenuta dalla Natura, tanto nelle grandezze delle piramidi rispetto al prisma, quanto nelle stesse facie costituenti le punte piramidali di ciascun pezzo, del pari che il differente volume de’ medesimi, fa sì, che sovente que’ cristalli a prima giunta sembrino di genere affatto diversi.

Ma tali differenze punto non alterano il loro ordine geometrico, e non sono che [p. 15 modifica]variate modificazioni delle parti, senza cangiare giammai l’essenza, o ’l carattere classico del pezzo. Siffatta varietà, che è stata messa perfettamente in chiaro da Romè Delisle proviene massimamente dall’essere nella loro forma invariabili le mollecole similari od integranti de’ cristalli.

Il massiccio de’ medesimi, principalmente ne’ pezzi di mezzana grandezza, appare formato a fibbre ed a scheggio spesso divergenti, atte a dare una refrazione variata di luce; sicchè qualche volta direbbesi veramente luccicare in esse delle squame micacee e delle lamine metalliche. Ed è questa singolare sembianza, che appunto dà a sospettare, che tali cristalli alcuna fiata contengano della clorite (talco terroso di Haüy) dell’asbesto, della mica e dello scerlo radiato: sostanze, che dice di avere scoperti in vari cristalli Blumemback, e segnatamente in quelli del monte San-Gottardo (Manuale di Storia Naturale. Tom. II. pag. 166.)

E in fatti anche molti de’ nostri si trovano [p. 16 modifica]contenere delle sostanze certamente eterogenee, le quali ora stemperate ne alterano il colore, ora isolate ed aggrappate a guisa di picciole ramificazioni dendritiche o radiate ci producono un effetto vaghissimo.

Non è molto raro, che fra i cristalli di Selvino, principalmente se essi sono della maggior grandezza, si trovino delle cavità interne, nelle quali, come in alcuni opali mover si veggano gocce d’acqua, e giuocare terrei corpicciuoli, ed una specie di polvere nera, la quale vi debbe essere restata imprigionata all’epoca della loro formazione.

Io ho diligentemente esaminate siffatte estranee sostanze in questo fossile rinchiuse; ed ho trovato essere per lo più un miscuglio di calce e d’argilla, d’ossido di ferro e di manganese.

Non di rado altresì accade fra questi cristalli isolati di rinvenirne de’ composti, ossia drusici, vale a dire così conformati da vederne talora un piccolo attaccato ad un maggiore in una delle facie del prisma, uno cresciuto sopra un altro a sezione retta, un [p. 17 modifica]altro insistervi obbliquamente, uno emergere dalle facie piramidali, un altro dalla punta stessa, uno finalmente sporgersi in fuori colla sola punta, ed un altro colla punta, e con tutto il prisma.

Tali singolarità che considerarsi potrebbero deviazioni dalla conformazione stretto-regolare de’ cristalli quarzosi, non possono essere che le conseguenze di qualche perturbazione, confusione od altra vicenda nel fluido occorsa, mentre la cristallizzazione si formava.

Ed a questa stessa eventuale circostanza parmi doversi richiamare anche la cristallizzazione del quarzo raramente perfetta, di cui ho accennato trovarsi rivestite alcune delle screpolature e delle cavità interne nella pietra calcare di questo poggio; e che mi riuscì d’osservare anche in altri luoghi, nelle medesime circostanze rispetta alla pietra.

A tale riguardo poi io soggiungerò rinvenirsi siffatte cavità, alcuna fiata ripiene di una terra sciolta calcareo-argillosa, e in questa sparsi e come involti alcuni piccoli cristalli solitarii. [p. 18 modifica]Questa osservazione, che sul luogo feci a tutto mio agio già parecchi anni sono, e che io potei rettificare nuovamente, parmi essere assai istruttiva per indagare l’origine di questo fossile, la quale per mio avviso debb’essere stata in tutti i casi la medesima.

La frattura de’ nostri cristalli è la concoide, che passa alla scagliosa grande, poi alla picciola, quale compete alla Silice. Essa riesce più o meno facilmente; ed i frantumi sono sempre acutangoli indeterminati.

Le facie del prisma compajono sovente rigate attraverso, e per lo più liscie sono quelle della piramide. I nostri cristalli sono di una durezza grande, non però tale da non essere attaccati dalla lima. Al tatto si fan sentire lisci e freddi.

Ne ho esposti indistintamente de’ piccoli e de’ grandi al fuoco della lampana; e gli ho veduti crepitare, ed appannarsi del pari e cangiar di colore. Da se soli non sono fusibili, ma perfettamente si fondono, ove loro si aggiunga il borace.

Io ho eseguita co’ mezzi suggeriti da [p. 19 modifica]Bergmann l’analisi di alcuni pezzi di questi nostri cristalli dalla grandezza minore, i quali sempre sono i più limpidi a tersi; e mi riuscì d’averne in risultato.

Selce     „ 93.
Argilla     „ 2.
Calce     „ 1.
Acqua di cristallizzazione     „ 4.

   „ 100.

Quest’analisi somministrar può de’ lumi, onde conghietturarne l’origine. Dacchè Achard è riuscito a formare de’ cristallini del genere del cristallo di rocca col far passare a traverso d’una sabbia quarzosa dell’acqua impregnata d’aria-fissa (acido-carbonico) può ben con ragione sospettarsi, che nello stesso modo formati siansi i cristalli, de’ quali parliamo. Se non che quelli con lentezza a foggia, dirò così, di stalattiti si sono composti; laddove i nostri, perfetti in ogni lato, devono essersi formati in un fluido tranquillo, in cui le silicee mollecole similari siansi potute regolarmente attraere [p. 20 modifica]e disporre, come li veggiamo, colla simmetria loro caratteristica.

E dir conviene, che originalmente se ne sia formato un numero immenso, quando le acque soverchiavano le più alte vette de’ monti; giacchè per omettere la raccolta, che se ne fa in altri paesi ancora, onde arricchirne i musei, e più altresì ad uso delle arti, da molti secoli sen van cogliendo a Selvino, come dai mentovati documenti comprovasi.

La villa di Selvino stà sulla grande giogaja destra della Valle Seriana, a dieci lunghe miglia da Bergamo, quattro delle quali di un erto e faticosissimo cammino. Essa è in un luogo molto elevato, cioè sul vertice della costiera, che questa valle separa dall’altra denominata dal Brembo, fiume che la bagna.

Il suo caseggiato, che consiste per lo più in rustici casolari ben costrutti, quà e là dispersi, in mezzo ad amene fioritissime praterie, o fra ceppaje ed alberi di pittoresco prospetto, sebbene posto sopra una [p. 21 modifica]specie di poggio, è dominalo dalle eccelse punte di tre montagne, che all’intorno gli stanno a guisa di triangolo, lasciandogli tre spaziose aperture, al sud l’una, al sudovest l’altra, al nord l’ultima; donde si ha il maestoso prospetto di una parte della Val-Brembana, tutta rinserrata fra verdeggianti montagne, corredate da scoscese nude altissime roccie di pietra calcare.

È sopra ogni dire ridente la situazione di Selvino, segnatamente in certi punti. Ma principalmente da all’occhio la stranezza della configurazione del suolo per certi avvallamenti, i quali veggonsi quà e là, di grandezza raramente eguale, ma sempre molto considerabile, siccome grande è il loro numero, che mi fu detto superare li quaranta.

Tali cavità sono tutte o coniche o semiconiche, profonde col declivio laterale dolce, e rivestito di verdeggianti prati. Hanno quasi tutte nel centro una specie di voragine, o pozzo naturale riempiuto di calcari rottami, fra i quali vanno a perdersi rapidamente [p. 22 modifica]le acque piovane nel gran catino cadute. Si terrebbero alla loro figura quasi veri piccioli crateri d’antichissimi estinti vulcani.

Ed è in vicinanza di alcune di queste concavità, che, se il suolo osservisi spogliato della crosta vegetabile, si veggono ruinose, infrante, confuse ed assai rovesciate le stratificazioni della pietra calcare, che il nucleo della giogaja compone. Ed è quì, dove il sasso ha una finissima grana marmorea, di una frattura neroscura.

Non molto lungi poi dal sito, ove alcune di queste profondità si veggono, al sudest del promontorio in un luogo detto Val dè cornei incominciansi a trovare de’ banchi di una certa terra, volgarmente fra noi chiamata Lavezzera, che colà ed altrove, come la vera identifica Puzzolana, s’adopera nella costruzione delle cisterne e degli acquedotti.

Altri banchi di questa sostanza più copiosi si trovano lungo la discesa della gran pendice meridionale, che porta sul basso [p. 23 modifica]della Valseriana, al borgo d’Albino, nelle cui adjacenze grossi banchi e cumuli pur si incontrano della sumentovata terra, che io sempre sull’appoggio anche dell’autorevole asserzione del chiarissimo Arduino, uno de’ più valenti mineralogisti del secolo passato, ho riputata una sostanza vulcanica, quantunque non ignori, che altri sentono diversamente; e che ben difficile sia il determinare nell’esame delle terre ciò, che al fuoco, e ciò, che all’acqua si deve.

E fu al mentovato luogo della Val dè cornei, che, esaminando io in quest’ultimo mio viaggio l’accennata terra, in osservazione mi cadde una roccia calcare, conformata a gran masso, la quale altro non era che un impasto d’un infinito numero di minute conchiglie bivalve, fra le quali alcune compresse, schiacciate ed infrante, ed altre con ben conservate traccie della generica loro organizzazione.

Mi si perdoni questa breve digressione geologica, e torno a’ cristalli quarzosi.

Non tutto il territorio di Selvino ne [p. 24 modifica]somministra. Due sole sono le località, che ne abbondano: il così detto Roncodelmei, e la Selva che vi stà immediatamente sotto. Questo non picciolo tratto di paese appartiene alla gran falda settentrionale, nel cui seno incomincia la Valle di Rigosa (adjacenza della Valbrembana) la quale è solcata dall’Ambria fiumicello tributario del Brembo.

Il Roncodelmei è una specie di prato ripido, ineguale, ora coperto d’erba, ed ora da ceppaje e da cespuglj; e non serve che a pascolo del bestiame, che ivi è copiosissimo. Vi si veggono tratto tratto delle leggiere tortuose solcature, fattevi dall’acqua di pioggia; e ove queste sono di qualche profondità, svelano il nucleo della montagna di pietra calcare confusamente strateggiata, siccome altrove si è osservato, o coperto di una terra compattissima argillaceo-cretosa di un giallo vivissimo.

La crosta vegetabile, che questa o quello riveste, è di terra fertile, humus tendente al color oscuro, la quale trovasi abbondare di principio calcareo. [p. 25 modifica]Ed è in questa, che sparsi quà e là si rinvengono i cristalli solitarii. Le solcature di fresco impresse, e dall’acqua dilavate, e ancor meglio i cumuli di terra elevati dalle talpe nel formare le loro gallerie sotterranee il ritrovamento facilitano de’ cristalli. Voi li vedreste vagamente luccicare nelle une e sugli altri, se quella falda vi faceste a perlustrare dopo la pioggia.

Accade non di rado di trovarvi delle sole scheggie e de’ pezzi di quarzo lucido, ne’ quali appena abbozzata compare o malamente eseguita la esagona cristallizzazione.

Nel bosco poi al dissotto del Roncodelmei si trovano de’ cristalli della maggiore grandezza, ma sono essi molto inferiori de’ precedenti quanto alla purezza, ed alla trasparenza (almeno quelli che mi capitarono alle mani); e veggonsi in essi le cavità, ed i buchi pieni delle accennate terree sostanze.

In una piccola gita, che da ultimo vi potei fare, e che, ove l’amabile compagnia del dotto, egualmente che modestissimo amico [p. 26 modifica]mio il Sig. Can. D. Carlo Morlacchi raddolcito non me ne avesse il fastidio colla soavità delle sue maniere, mi sarebbe nojosissima riuscita per le continue pioggie dirotte, mi venne fatto di poterne raccogliere quasi due libbre; fra i quali però assai pochi sono quelli di una finita simmetria e bellezza.

La raccolta, che continuamente ne fanno que’ custodi delle mandre, specialmente dopo le pioggie, rende allo straniero, il quale non sia fornito di una buona guida, assai difficile il coglierne, e quasi vana la ricerca.

So non essere cosa nuova nè rara il trovare di siffatti cristalli; giacchè non solo ne somministrano altri luoghi delle Alpi, e specialmente il monte San-Gottardo, ove, anni sono, presso l’albergatore in Airolo ne viddi una copiosa e buona raccolta; ma ne abbondano pur molti tratti degli Apennini. Anzi mi scrive il chiarissimo mio amico Cav. Amoretti d’averne veduta gran copia sì nel Dipartimento di Montenotte, [p. 27 modifica]che in quello del Taro, e alla Tolfa, ov’hanno il non meritato nome di Diamanti. Mi è pure a notizia che de’ bellissimi sen colgono sui monti Carpazj in Ungheria. Ma poichè non ve n’ha, a mia notizia, un circostanziato ragguaglio specialmente per le località, mi lusingo che possano da’ Naturalisti essere aggradite queste mie ricerche; alle quali giova soggiungere, che de’ cristalli quarzosi se ne rinvengono anche in altri luoghi del Dipartimento, ed in Brembilla segnatamente; ma quivi sono di rado in pezzi lucidi e tersi. Lo stesso va detto degli altri, che noi troviamo nelle montagne Metallifere, ove accade di averne soventi di drusici, sempre però ingombri, se non altro d’ossido di ferro, che riuscir li fa giallicci e di brutto aspetto.


Note

  1. [p. 28 modifica]Analoga al parere di Plinio è la credenza invalsa nel nostro volgo, e che viene menzionata anche nel diploma, ossia privilegio di cittadinanza conceduto il dì 18 Gennaio 1193 dai Consoli della città di Bergamo alla famiglia e discendenti di Salvino Gritti ritiratisi ad abitar colà duranti le politiche patrie turbolenze sotto l’impero di Ottone. Vi si trova scritto. Ubi crystallus ex se gelu concrescit. Dei cristalli di Selvino, siccome di una rarità pregevolissima, fra gli altri nostri scrittori ne parlò Fra Celestino nostro storico nel secolo XVII. „Trovasi in questo monte (Selvino) copia grandissima di bellissimi cristalli, dalla natura lavorati [p. 29 modifica]con ponte di diamanti, di cui il Muzio canta.

    Salvini rarus vasti inter culmina mundi
         Crystalla emittit lucida montis apex.
    Non illis adamas certet se lumine, forma
         Cuspidibus mira fertilitate parem.„

    (Istoria quadripartita di Bergamo ec. Tom. I. pag. 164.)

  2. [p. 29 modifica]Questa opinione del Padre Lana sulla formazione de’ cristalli quarzosi viene riportata anche dalle Transazioni Filosofiche di Londra. Tom. VII. e dalle Mélanges d’Hist. Nat. Tom. II. pag. 315.
  3. [p. 29 modifica]La stessa cosa succede riguardo al Marmo di Carrara, siccome accenna anche il lodato Brocchi (opera precitata. Tom. II pag. 230.).