Dell'arte di cavalcare

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Senofonte IV secolo a.C. 1733 Marc'Antonio Gandini Indice:Senofonte.djvu Equitazione letteratura Dell'arte di cavalcare Intestazione 19 novembre 2009 50% Equitazione

Questo testo fa parte della raccolta Le opere di Senofonte ateniese
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DELL’ARTE


DI CAVALCARE



EE
ssendomi venuta occasione di esercitarmi nel cavalcare lungamente, di maniera che mi pare aver presa qualche pratica di quest’arte, ho deliberato insegnare a’ giovani amici nostri il modo che per opinion nostra doveranno osservare a farsi eccellenti cavalcatori. Si trovano anco gli scritti di Simone dell’arte del cavalcare; e dal medesimo fu drizzato nel tempio di Eleusina in Atene un cavallo di bronzo, nella cui base ci sono scolpite le opere e le imprese sue. E perche in diverse cose ho veduto che per avventura noi siamo stati d’una medesima opinione; non ho voluto in quella parte scemarvi nulla, ovvero aggiungervi del mio; anzi tanto più volentieri ho disteso il suo parere, quanto io spero che le cose da lui raccontate siano di maggior riputazione, essendo egli stato così eccellente cavalcatore. Ma se egli avrà tacciuta alcuna cosa, io m’affaticherò di supplire. E primieramente mostrerò quai precetti si debbono osservare contra gl’inganni de’ venditori. Percioche bisogna considerare [p. 291 modifica]diligentemente le fatteze del polledro non ancor domato, poiche quel cavallo che non è stato ancora cavalcato, non ci può manifestar segni molto certi del suo animo. Prima osservazione da farsi nel contratto d'un cavallo Ma fra le fattezze è necessario prima d’ognaltra cosa avvertire a’ piedi; perche sicome una casa mal fondata non si può abitar sicuramente, ancor che di sopra ella sia fabbricata con misura; nell’istessa guisa il cavallo da guerra non ci gioverà punto, il quale, benche in ognaltro particolare sia eccellentissimo, nondimeno abbia i piedi tristi; perche un cavallo così fatto non può valersi dell’altre sue perfezzioni. Dunque il primo avvertimento de’ piedi sarà quello dell’unghia; percioche l’unghia soda è migliore assai della tenera. Dappoi bisogna avvertire se l’unghie sono alte, ovvero basse e piate, così dinanzi, come di dietro. Perche le alte hanno il fetone alto da terra; ma le basse caminerano di maniera che tanto le parti più dure, quanto le più tenere calcano il suolo ugualmente; sicome avviene in alcuni uomini li quali avendo le gambe storte, si chiamano Valgi. Bene scrisse eziandio Simone che la bontà de’ piedi si conosce dal suono; perche le unghie alte risuonano come il ciembalo. Avendo dato principio da queste, ora seguiteremo a raccontare di sotto in su tutte le altre parti del corpo. Gli ossi sopra l’unghie, e sotto le pastoie sotto de’ quali, come nè piedi de’ cani, ci è il callo [..... li dissero] non bisogna che siano troppo dritti, come quelli delle capre, percioche non solo scuotendosi fiaccano il cavaliere, ma le gambe fatte a questo modo si infiammano agevolmente: nè anco troppo piegati; perche quando il cavallo caminasse o fra le zolle, o fra’ sassi, i calli si scorticherebbero, e s’impiagherebbero. Gli ossi de’ garetti siano sodi, perche questi sostengono tutto il corpo, ma però questa sodezza non dipende nè da vene, nè da carne; percioche a questo modo, se il cavallo passa per luoghi aspri, di necessità si empiono di sangue, i nodi s’induriscono, le gambe si enfiano, e la pelle si fende, la quale spiccandosi, le giunture spesse volte si dislogano ed il cavallo divien zoppo. Se il polledro mentre camina moverà leggiadramente le ginocchia, potrai sperare da questo segno che anco nel cavalcarlo egli debba levar le gambe senza fatica, perche questa facilità di movimento nel piegar le ginocchia va crescendo col tempo e vien tenuto in gran pregio, conciosia che in questa guisa il cavallo s’affatichi, e s’intoppi assai meno che piegandole con difficoltà. Sotto le spalle, se le coscie saranno grosse, elle non solamente, come nel corpo dell’uomo, levaranno maggior fortezza, ma pareranno anco più belle. Il petto largo è convenevole alla leggiadria ed alla forza, ed a’ [p. 292 modifica]viaggi lunghi, quando però le gambe non si coprino, nè si taglino. Dal petto nasca fuori il collo non già chinato come quello del monte; ma sorto fin alla cima, come quello del gallo, e s'incurvi nella piegatura. Ma il capo sia asciutto, e le mascelle picciole; perche a questo modo il collo starà innanzi al cavaliere, e gli occhi guarderanno dinanzi a' piedi; ed il cavallo di quella sorte, benche fosse molto focoso, nientedimanco non potrà violentare il cavaliere. Conciosiache non quei cavalli che incurvano il collo e il capo sogliano violentare; ma quelli che lo stendono. Bisogna parimente avvertire se le mascelle sono molli, ovvero dure, o disuguali; percioche se elle hanno qualche disomiglianza il cavallo per lo più suol essere duro e disobbediente di bocca. Gli occhi rilevati significano il cavallo più svegliato che gl'incavati; ed oltre ciò veggono più di lontano. Le nari larghe prendono meglio il fatto che non fanno le strette; oltre che mostrano maggior ferocità nel cavallo; perche adirandosi un cavallo contra un'altro, e nel maneggiarsi infocandosi, egli è solito di aprir le nari com maggior veemenza. Se la copa è un poco grandetta, ma le orecchie picciole, questa è la vera forma del capo del cavallo. La spina della schiena sopra le spalle, se sarà un poco alta renderà la sella più sicura al cavaliere; ma se ella è doppia, le spalle ed il rimanente del corpo sono più forti e uniti; oltre ciò il cavaliere non solo vi siede sopra più agiatamente, ma ella è più bella da vedere. Le coste basse, e sopra il ventre alquanto gonfie, fanno miglior sedere e più forte; e significano che il cavallo sia di miglior pasto. I lombi quanto più sono larghi e brevi, tanto il cavallo alzerà meglio i piè dinanzi, e seguiterà con quelli di dietro; ed a questo modo anco i fianchi paiono picciolissimi; li quali quando sono grandi, non tanto fanno parer brutto il cavallo, quanto sono indizio che egli sia debile e flosso. Le coscie debbono esser larghe e muscolose, di tal maniera che corrispondano al petto ed al costato. La sodezza di tutti i membri non solo rende il cavallo più veloce alla carriera; ma più forte in ogni occasione. Le natiche sotto la coda se saranno divise da una linea per un buon spazio di larghezza, di maniera che per conseguente anco le gambe di dietro caminino larghe una dall'altra, da questo nascerà che nel cavalcare elle seguano meglio, ed in ogni sorte di maneggio il cavallo sia più bravo e forte che se elle possero altrimenti. Questo si vede anco negli uomini; perche quando vogliono levar alcuna cosa da terra, si puntano su le gambe non ristrette ma larghe. I testicoli del cavallo non debbono esser grandi; ma questo non si può conoscere nel polledro. Degli stinchi, ovvero [p. 293 modifica]gambe di dietro, e di quegli ossi li quali, come abbiam’ detto di sopra, si nominano (κυνήποδας) e dell’unghie si deve intender il medesimo che ho detto di quelle dinanzi. Ora distenderò il modo il quale se tu osserverai, non sia possibile che tu t’inganni a provvedere la grandezza del cavallo; percioche quel polledro il quale subito nato averà le gambe molto alte, sempremai riesce grandissimo. Conciosiache le gambe di tutti gli animali da quattro piedi col tempo non crescano in lunghezza; ma il corpo cresce ben egli alla loro proporzione. Se questi ammaestramenti saranno osservati, quando si farà elezzione de’ polledri, io son sicuro che ognuno si fornirà di cavalli non solamente con ottimo piede e forti e ben disposti; ma belli e grandi per eccellenza. Nondimento se ne saranno di quelli che nel crescere facciano qualche mutazione; non rimarremo però di osservare nell’eleggerli i ricordi che abbiamo detti, senza pensare ad altro; perche al sicuro molti più diverranno di bruti belli, che di così fatti bruti. Come si possa domare il polledro Ora ho deliberato spiegare il modo che si deve tenere quando si cavano fuor delle razze. Egli è manifesto che nelle città loro sogliono mantener le razze, li quali sono i più ricchi e di maggior riputazione; nondimeno sarebbe assai meglio che piuttosto i giovani attendessero alla sanità loro ed alla fortezza del corpo ed al maneggio de’ cavalli ovvero ad esercitarsi sotto qualche buon cavalcatore che perdere il tempo a domar polledri; e gioverebbe anco più a’ vecchi che impiegassero le lor fatiche in casa con gli amici, e ne’ governi pubblichi così in pace come in guerra che trar polledri fuor della razza. Onde per mio consiglio colui che fa professione di cavaliere cavando il polledro della mandra il metterà in mano al cozzone, di maniera però che non altrimenti di quello che si fa, quando mandiamo i figliuoli al maestro fuor di casa, gli dia in nota che sorte di ammaestramenti debba insegnargli. Perche questo sarà come una memoria al cozzone che gli ricorderà, come si sia obbligato ammaestrare il polledro, se egli vuol essere pagato. Ma bisogna avvertire che il polledro, quando si dà al cozzone sia domesticato e si lasci maneggiare, e faccia carezze all’uomo; le quai cose per lo più si fanno in casa da quei famigli di stalla che sanno avvezzarli a conoscere che la ferocità loro, facendoli star senza strepito e soli, è cagione che patiscono fame e sete; ma dall’altro canto che l’uomo è quello che porge loro il mangiare ed il bere, e li libera da ogni travaglio. Perche con questa sorte di diligenza non solamente gli uomini sono amati da’ polledri; ma eziandio per forza desiderati. Bisogna [p. 294 modifica]maneggiar quelle parti del corpo del cavallo, che gli fanno sentire grandissimo diletto. Queste sono le più folte di pelo; e quelle dove egli non può aiutarsi, quando patisce qualche noia. Si ordini anco al famiglio di stalla che non solamente il guidi ove sia molta gente; ma dove si veggano diverse cose e si sentano divers strepiti. Ivi, se pur egli averà paura di qualche cosa, bisognerà mostrargli piacevolmente, non aspramente, che non deve temerla. Fin quì mi par che sia detto assai a coloro che non sanno del governo de’ polledri. Ora io distenderò il modo che ha da tener colui il quale disegna di comperare un cavallo che abbia portato; accioche non sia ingannato dal venditore. Primieramente bisogna sapere la età del cavallo, cui è caduto il dente che manifesta quanto tempo egli abbia, detto (γνώμονα) da’ Greci, quasi indice, non presta dolcezza alcuna da sperar più di lui; nè si può rivendere con facilità. Ma conosciuta la età, vederemo allora come riceva il morso in bocca, e la testiera all’orecchie. Queste cose si sapranno agevolmente se gli sarà posta e cavata la briglia in presenza del compratore, Bisogna poi metter mente come si lasci montar su a cui il cavalca; perche molti cavalli ricusano di far quelle cose le quali sanno esser loro di fatica e travaglio. Avertirassi anco a questo, s’egli s’allontana senza difficoltà dagli altri cavalli mentre ha il cavaliere su il dosso; ovvero se per avventura, trovandosene altri vicini, suol tirarsi a quel verso. Veggonsene anco di quelli che da’ tristi ammaestramenti hanno preso il vizio di girarsi nel cavalcare sempre alla volta di casa. Quella maniera di maneggio la quale quasi catenata si chiama lascio fa conoscere i cavalli che sono duri di bocca; nondimeno anco meglio la subita diversità di maneggio. Perche molti non vogliono obbedire se la volta non s’abbatte in guisa che la mascella più dura guardi verso casa, e su il giro del ritorno. Sarà bene similmente se il cavallo spinto al corso, ara facilmente e si mette su la volta volentieri nel raddoppiare. Giova simplmente sapere se il cavallo ancor che battuto dagli sproni si trova obbediente. Perche non è dubbio che il servitore e l’esercito mal costumato non ci giova punto; nondimeno il cavallo viziato non solamente non ci giova; ma spesse volte fa l’offizio del traditore. Quale cavallo possa servire alla guerra Ora essendo intenzion nostra d’insegnare come si comperi il cavallo da guerra bisogna veder la prova di tutte quelle cose che in querra sogliono incontrarsi. Queste sono, saltar fossi, passare steccati, salire all’alto e calare al basso. Lo proveremo anco spingendolo di sotto in su, e di sopra in giu, e perγνώμονα [p. 295 modifica]traverso in luoghi erti; perche da tutti questi effetti si conosce la grandezza d'animo del cavallo e sanità delle membra, Non per tanto se un cavallo non saprà far queste cose di tutto punto dobbiamo rifiutarlo; perche molti non sanno farle, non perche non siano atti, ma perche non sono stati al maneggio; che se alcuno li ammaestrasse, li avvezzasse e li esercitasse ancor essi saprebbero fare eccellentemente: quando però siano sani ed animosi. Dunque se dubitiamo di qualche diffetto, lasciamoli stare; perche quelli che sono ombrosi non lasciano che il cavaliere possa ferire gl'inimici; anzi bene spesso di obbedirlo ricusando, lo hanno tirato in grandissimi pericoli. Fa di mestiero parimente che noi sappiamo se il cavallo ha qualche vizio o verso gli uomini, o verso gli altri cavalli, ed anco se difficilmente s'acqueta; perche tutte queste cose portano pericolo a' lor padroni. Del non volersi lasciar mettere la briglia il cavallo e montar su, e del ricusare certe altre cose; verremo assai meglio in cognizione se ne faremo la prova un'altra volta, dopo che egli sia stato al maneggio, che non faremo prima che si cavalchi: perche è cosa chiara che quei cavalli che dopo affaticati, ritornano di nuovo a faticarsi volentieri danno certissimi indizj di buon volere. Ed in somma quel cavallo che ha buoni piedi, che è piacevole, che ha buona carriera assai, che è bastante a sopportar la fatica e non la ricusi, e che sopra ogn'altra cosa è obbediente, senza dubbio non darà mai noja al cavaliere; anzi nella guerra sarà cagione principale della sua salute. Ma quelli che per esser vili hanno quasi di continuo bisogno dello sprone; ovvero per esser troppo focosi vogliono molte carezze e gran rispetto; non solamente sono di impaccio al cavaliere; ma eziandio nelle occasioni pericolose di grandissimo travaglio. Dopo che uno averà comperato un cavallo a tutta prova, e l'averà condotto a casa, gioverà assai che egli abbia fabbricata la stalla in luogo dove il padrone ad un certo modo non possa far di meno di vedere spesso il cavallo. E la stanza del cavallo sarà fabbricata per eccellenza se non gli potrà esser involato il cibo fuor della mangiatoja con meno difficoltà di quello che si fanno le vivande del padrone fuori della dispensa. E chi non ha pensiero di questo, per opinion mia non ha pensiero nè anco di se medesimo. Percioche si sa che il cavallo prende ne' pericoli il corpo del padrone su il dosso, come cosa ricevuta in salvo. E non solamente quella stanza si deve far sicura; accioche non gli venga rubato il mangiare; ma accioche, se il cavallo per avventura lo spinge fuori, il sappiamo. Della qual cosa, quando ci accorgeremo, egli si deve credere [p. 296 modifica]che nel corpo del cavallo vi sia soprabbondanza di umori ed abbia bisogno di esser purgato; ovvero che per istanchezza vorrebbe riposare, o che del mal dell’orzuolo o d’altra infirmità sia molestato. Modo di conservar sano il cavallo Perche è da sapere che non altrimenti nel cavallo che nell’uomo si provvede molto meglio a tutte le infirmità nel principio che quando hanno preso piede e fattasi larga strada. Ma in quella maniera che per far star sano il cavallo vien usata gran diligenza nel dargli da mangiare e nell’esercitarlo, così è necessario procurare che mantenga buoni i piedi. Or le stalle con suolo umido e tenero guastano anco l’unghie, le quali da sè sono buone. Però lo abbiano pendente, accioche si scolli la umidità: e per provedere alla tenerezza si salleggino pietre grandi come l’unghia. Perche anco mentre i cavalli stanno in stalle così fatte, fanno miglior piede. Apresso di questo il famiglio meni fuori il cavallo dove lo streggia, e lo sciolga dalla mangiatoia dopo il mangiar della mattina, accioche ceni con miglior appetito. La stalla sarà fabbricata per eccellenza ed aggrandirà i piedi al cavallo, se di fuori ella sia lastricata con quattro, ovvero cinque carri di pietre rotonde grandi un palmo, di peso d’una libra inchiavate con arpesetti di ferro, siche non possano scompagnarsi. E condotto il cavallo sopra di queste in vece di una via sassosa, facciasi ogni giorno star ivi alquanto; percioche o streggisi, o sia punto dalle mosche, di necessità egli eserciterà le unghie come se caminasse. Assodano oltre di ciò le pietre poste in questa maniera il fetone del piede. Ma la medesima diligenza che noi abbiamo d’intorno la sodezza delle unghie bisogna avere anco alla tenerezza della bocca. Mi par similmente che sia carico del cavaliere insegnare al famiglio come debba governare il cavallo. Dunque prima d’ogn’altra cosa gl’insegnerà a non aggroppar mai la corda della cavezza, quando lega il cavallo alla mangiatoia, dove egli mette la cima della testiera. Perche russando spesso con la testa il cavallo d’intorno alla mangiatoia, se il ciuffo fra le orecchie è impedito, spesse volte vi si fa piaga; onde essendo queste parti piegate il cavallo con maggior difficoltà si lascierà streggiare e metter la briglia. Gioverà parimente comandare al famiglio che ogni giorno porti fuori in un luogo il letame ed il pagliazzo sporco; perche a questo modo egli averà minor fatica e farà benefizio al cavallo. Bisogna appresso questo che il famiglio sapia con la cavezza fare il musaruolo al cavallo ogni volta che lo mena a streggiare, ovvero a voltolarsi. E finalmente in ogni luogo, dove senza briglia di condurlo faccia mestiero, gli metterà il musaruolo. Perche [p. 297 modifica]che questo non impedisce il respirare; e nondimeno provvede che egli non morda, e lo raffrena dagli assalti improvvisi. Il vero legar del cavallo si fa più ad alto del capo; perche per natura il cavallo riparandosi da tutto ciò che gli dà travaglio alla faccia, col batter il capo in alto, a questo modo legandosi, piuttosto si allargheranno i nodi della legatura che rompersi. Quando si streggierà, comincisi dal capo e da' crini; perche indarno ci affaticheremo di nettare le parti inferiori, se le superiori saranno sporche; e così di mano in mano adopereremo in ciascuna parte del corpo tutti quegli strumenti li quali sono stati trovati per nettare i cavalli, alzare il pelo, ed a dritto pelo cavar fuori la polve. Nondimeno averta il famiglio di non toccargli i peli del filo della schiena con altro istrumento che con le mani; ma con quelle stropicciarlo e polirlo a seconda del pelo, sicome naturalmente è nato; perche in questa guisa non offenderà punto la schiena del cavallo. La testa gli lavi con l'acqua; perche essendo ella tutta di osso, se la si netasse con ferro, o con legno farebbe dispiacere al cavallo. Bisogna similmente che gli bagni il ciuffo; perche sia lungo quanto si voglia non solamente non impedisce la vista al cavallo; ma lo ripara da tutte le cose che gli danno fastidio agli occhi. Oltre di ciò bisogna procurare che la coda e i crini crescano; accioche la coda possa arrivar tanto più lungi a ripararli dalle cose che danno lor noja, ed i crini diano maggior comodità al cavaliere dove pigliarsi. Non è dubbio similmente che gl'Iddj non abbiano dato a' cavalli i crini, ed il ciuffo per bellezza ed anco la coda; la ragione è questa che le cavalle da mandra non aspettano così facilmente gli asini al montare, quando elle hanno i crini. Onde coloro che attendono ad accopppiarle con gli asini, tondano i crini alle cavalle. Il lavar delle gambe non lodo; perche non essendo questo di alcun giovamento l'essere ogni giorno bagnate nuoce alle unghie. Non bisogna parimente nettar molto spesso la pancia al cavallo, perche oltre il dispiacere che facciamo al cavallo quanto più netto egli sarà in quella parte, tanto maggiormente vi si rauneranno quelle cose che gli danno fastidio. Et appresso ciò quantunque tu ti affatichi a nettarlo, appena averai menato fuori il cavallo che egli è sporco incontinente in quel modo istesso che sono quegli altri li quali non sono stati nettati da alcuno; siche non accade a pensar a questo; ma basterà solamente stropicciargli le gambe con le mani. Ora io insegnerò il modo come uno possa far questo senza suo danno e con grandissimo utile del cavallo. Perche se vorrà nettarlo situandosi in tal maniera che abbia volti gli occhi a quella parte dove guarda il cavallo [p. 298 modifica]corre pericolo di esser ferito dal cavallo col ginocchio, ovvero col prede nella faccia. Ma se all'incontro così stropiccierà il cavallo, standogli davanti al ginocchio appoggiato alla spalla, egli non potrà esser ferito; e netterà agecolmente la concavità, ovvero fettone del piede rovesciando l'unghia. Nel modo istesso netterai anco le gambe di dietro. Ricordisi parimente questo il famiglio che quando fa queste cose od altre simiglianti non bisogna mai che s'accosti alla faccia, o alla coda del cavallo per dritto; percioche se il cavallo ha intenzione di far qualche male, in ciascuna di quelle parti egli ha più forza di cui lo governerà. Ma accostandoglisi per traverso, non solamente provvederà alla sua sicurezza; ma potrà maneggiare il cavallo a suo modo. Quando sarà bisogno menar il cavallo a mano io non lodo che egli si meni in guisa che ti venga detro; perche a questo modo colui che lo mena non può guardarsi; ma il cavallo può ben far ciò che egli vuole. Nè mi piace similmente menarlo in tal maniera che il conduttore costumi, tenendolo per la estremità delle redine, di farsi da lui seguitare; perche il cavallo può mostrar la sua perversità girandosi all'una, ovvero all'altra parte; ed assaltar chi lo guida come gli vien meglio. Or se i cavalli che verranno menati così, saranno assai, come è possibile che non si offendano l'un con l'altro? Nondimeno il cavallo ammaestrato menar a mano per fianco, non può far male nè agli uomini, nè a' cavalli così di leggiero; e sarà situato eccellentissimamente per montarvi su, se per avventura fa bisogno montarvi in un tratto. Appresso di questo, accioche il cavallo s'imbriglio come si deve, gli si accosti il famiglio al sinistro lato, e posi le redine oltre il capo su 'l guidaresco, ma prenda con la man destra la cima della testiera, e con la sinistra gli appressi il morso; il quale se imboccherà, acconcisi anco la testiera a suo luogo. Ma se il cavallo non aprirà la bocca, mettendogli il morso presso a' denti, gli fichi il dito grosso della mano dentro la mascella; perche per la maggior parte a questo modo aprono la bocca. Nondimeno, se anco per questo il cavallo non volesse imboccare il morso; allora gli prema il labbro appresso quel dente che si chiama canino; conciosiache pochissimi siano quelli che facendo questo rimedio non lo imbocchino. Bisogna similmente insegnare al famiglio che sopra tutto non sbrigli mai il cavallo; perche a a questo modo egli divien duro di bocca, poi che lìimboccatura s'allontani convenevolmente dagli scagliomi, percioche quand egli tira troppo fa nascere il callo e così non può intendere la briglia. E quando rallenta oltre il dovere sia alla cima della [p. 299 modifica]bocca, dà potere al cavallo di prendere il morso e far violenza al padrone. In questi particolari bisogna che il famiglio non sia men diligente che in altra cosa qualsivoglia; percioche tanto grande è la importanza di questo fatto del lasciarsi il cavallo imbrigliare facilmente che quando ve ne fosse alcuno che non volesse imbrigliarsi a niuna via, egli non fora buono da nulla. Onde se il famiglio metterà la briglia al cavallo non solamente, quando si vorrà adoperare; ma eziandio quando si condurrà a mangiare e si ritorni dal maneggio verso casa, sarà facil cosa che egli s’avvezzi a prenderla subito che gli venga presentata dinanzi. Sarà bene similmente che il famiglio sia ammaestrato in saper aiutare il padrone a montar a cavallo secondo l’usanza Persiana; accioche non tanto il padrone quando è malato, ovvero vecchio abbia chi lo ajuti a montare senza fatica; quanto possa prestarlo a ciascun’altro che desidera di compiacere. ma in quest’arte del cavalcare è da metter bene a memoria questo utilissimo precetto e ammaestramento, di non far mai cosa alcuna d’intorno al cavallo in colera. Perchè l’ira non considera a nulla. NotaSiche bene spesso fa cose delle quali per necessità la penitenza è compagna. Se il cavallo per avventura avendo ombra di alcuna cosa, non volesse accostarsi a qualche luogo; bisogna mostrargli che la cosa di che egli teme non deve temersi; e questo principalmente al cavallo che è di gran cuore. Ma se non sarà così coraggioso, maneggieremo quelle cose che gli pajono spaventose e lo condurremo ivi presso con piacevolezza; perchè coloro che fanno appressare i cavalli con le battiture, li spaventano ancor più; conciosiache quel castigo che sentono allora pensino che nasca dalla cosa dalla quale, sospettando, s’allontanano. Poiche il famiglio averà condotto il cavallo al cavaliere non mi spiace che lo sappia comodare in modo che egli possa montarvi su con maggiore comodità; nondimeno mi piace assai più che il cavaliere impari a far questo da se medesimo per salirvi sopra senza altro ajuto. Perche spesse volte egli s’incontra in cavalli d’altri e tallora anco il medesimo famiglio serve a più persone. Ma quandoil cavaliere averà preso il cavallo per montarvi su, ora io insegnerò particolarmente quello che si deve fare nell’arte della cavalleria, così pergiovamento di se medesimo, come del cavallo. Primieramente prenda con la man sinistra leggiadramente le redine che stanno attaccate alla parte più bassa, ossia all’anello, o bolzonello del morso, dette da’ Greci con la sola voce (ῥοταγωγ??ς) e con tal destrezza che nè levandosi con attaccarsi a’ crini vicini alle orecchie; nè saltando a cavallo [p. 300 modifica]col frontarsi su la lancia, mova il cavallo di luogo; con la man dritta poi pigli le redine insieme co' crini le quali sono poste sopra le spalle del cavallo, accioche non dia un tiro con le redine in modo alcuno alla bocca del cavallo. Quando si leverà per montare, allora posando sopra la sinistra tutto il peso del corpo e stendendo la destra s'innalzi da se medesimo. Questa maniera di montare leva via ogni difformità anco di dietro. Monti parimente piegando la gamba, nè tocchi la schiena del cavallo col ginocchio; ma passi con la gamba dal lato destro; e quando girato il piede oggimai lo averà assetato; all'ora si ponga con le natiche a sedere sopra il cavallo. Ma se per avventura il cavaliere guidasse a mano il cavallo con la sinistra per portare l'asta con la destra; mi par che gli tornerebbe molto comodo imparar a montare anco dalla destra. Ed a questo non accade dar altro ricordo, se non che quello che pur dianzi egli faceva con la man destra, faccia con la sinistra; ed all'incontro quel che con la sinistra faccia con la destra. Io lodo questa maniera di montare per questo che il cavaliere non è così tosto montato su che egli si trova in ordine di tutto punto a far ciò che egli vuole, se per avventura gli fa bisogno menar le mani per qualche assalto improvviso degl'inimici. Ma quando egli si sarà accomodato sopra il cavallo o nudo, o con la sella non istà bene che egli segga in quella guisa che si suole in carroccia; ma fermandosi sopra le gambe così separate, sopra tutto stia diritto; perchè a questo modo con le coscie egli si fermerà meglio sopra il cavallo, e venendo l'occasione lancierà da cavallo con maggior veemenza il dardo e farà maggior colpo. Bisogna anco avvertir a questo che le gambe insieme co' piedi pendano giù dal ginocchio dolcemente; perchè se elle si puntano forte, quando per avventura lo stinco urtasse in qualche cosa, egli è pericolo che si spezzi; ma se le gambe non faranno contrasto, elle cederanno facilmente, nè per questo rimarranno le coscie di star a lor luogo. Si ricordi anco il cavaliere di accomodar il tronco, cioè quella parte del corpo la quale è situata sopra le coscie in tal maniera che facilmente ella si possa piegare ad ogni guisa; perche a questo modo egli starà più saldo e crollerà di meno se alcuno vorrà tirarlo, o spingerlo fuor di sella. Finalmente quando sarà fermato in sella, bisogna che il cavallo sia ammaestrato a star cheto, finche il cavaliere, se pur fa bisogno, sospenda le redine e le giusti e s'acconci la lancia in mano. Dappoi appoggi il gomito sinistro su'l fianco, che il posare a questa guisa del cavaliere è garbatissimo ed aggiunge forza [p. 301 modifica]alla mano. Vengono lodate le redine uguali ferme e non sdrucciolose, ed oltre ciò non grosse, accioche in quella mano possa tener anco la lancia in ogni occasione. Quando s'accenna il cavallo che vada innanzi, nel principio non si spinga se non passo passo; perche a questo modo non si metterà in disordine. Se il cavallo va alto di testa, tendansi le redine con le mani un poco più alte; ma se allunga il collo, più basse; perche questo portamento sarà leggiadrissimo. Se parimente il cavallo non averà bisogno di essere stimolato a camminare, il cavaliere non sentirà alla persona alcuna sorte di noja, ed il cavallo si girerà facilmente nelle corse, ed andarà a tutta briglia. Or poiche si tiene che stia meglio incominciare dalla parte sinistra, comincierassi di quì principalmente quando il cavallo dopo montato il cavaliere tenendo alla destra, allora si accenni alla mossa; percioche dovendo egli alzare il piè sinistro, comincierà a correre da quella parte; e quando sarà su la volta sinistra, comincierà anco la volta sopra di quella. Perche il cavallo su la volta destra va innanzi con la destra, e su la sinistra con la sinistra. Sopra ogni altra sorte di maneggio io lodo quella che si chiama laccio, conciosiache ella avvezzi su le volte ambedue le mascelle ugualmente. E bene sta mutar similmente maneggio, a fine che il cavallo prendi così agevolmente l'una mano, come l'altra. Noi lodiamo anco assai più quella maniera di maneggio a simiglianza di catena che quella del torno, perche il cavallo sazio già di correre a lungo si gira molto più volentieri; e così l'averemo più paziente ad esercitarsi ad un medesimo tratto alla carriera e su le volte. Ma nel prender la volta bisogna primieramente far parare il cavallo, percioche non si può così di leggiero e senza pericolo metter subito il cavallo su la volta, mentre è in corso, e spezialmente in luogo aspro, ovvero sdrucciolato. E quando non voglia fermare il cavallo, bisogna allora che il cavaliere faccia ogni sforzo di piegare il cavallo col freno, e secondarlo con la persona, altrimenti sappia che ogni picciolo sinistro potrà farlo cadere a terra insieme col cavallo. Ma poiche il cavallo finita la volta sarà posto al dritto, spingasi alla carriera. Perche si sa che anco nel combattere, le volte si adoperano, così nell'incalzare il nemico, come nel salvarsi, siche giova assai l'insegnare a' cavalli che presa la volta si mettano alla carriera. Or poiche ci parerà di aver travagliato il cavallo a bastanza, sarà bene anco dopo fermato alquanto spingerlo d'improvviso non tanto fuor degli altri cavalli, quanto alla lor volta, e subito spinto farlo parare, ed anco fermarlo ed incontinente girarlo e spingerlo di nuovo, perche non è dubbio che vengono delle occasioni nelle quali tutte due [p. 302 modifica]queste cose fanno bisogno. Quando vorrà smontare, guardisi di farlo così fra altri cavalli, come fra la gente e fuori de' termini delmaneggio; ma nel medesimo luogo dove è necessitato a travagliarsi, ivi anco si riposi. Ma perche suol avvenire che alle volte bisogna che il cavallo corra per luoghi chini, montuosi e scoscesi; e che anco in alcuni salti dentro, in alcuni fuori; ed in alcuni scenda a basso; però bisogna che il cavaliere si eserciti da se medesimo ed ammaestri il cavallo a far tutte queste cose; perche a questo modo si salveranno e si ajuteranno l'un per l'altro. E se alcuno pensa ch'io faccia menzione di nuovo delle medesime cose, replicando ciò che abbiamo detto di sopra; sappia egli che questo non è dir l'istesso due volte. Perche di sopra, quando si comperava il cavalllo, io insegnai a metterlo alla prova, se egli sapeva far queste cose; ma ora io ricordo che ognuno debba ammaestrare il suo cavallo, e 'l modo che deve osservare in ammaestrarlo. E se egli sta duro, qualcuno o con forza, o con bacchetta il batta di dietro a più potere; perche a questo modo egli salterà non solamente quello spazio; ma eziandio più oltre assai del bisogno; e per l'avvenire non aspetterà di esser battuto; anzi non prima sentirà che alcuno gli s'appressi che salterà incontinente. Quando l'averai esercitato a saltare senza niun su, farà poi di mestiero avvezzarlo con l'uomo in cima, primieramente i fossi piccioli, e poi anco i più larghi. Ma nello spiccar del salto vi aggiungerai i sproni; e lo toccherai similmente di sprone quando vorrai spingerlo di sotto in su, e di sopra in giù; perchè il cavallo raccogliendosi tutto in un groppo a far queste cose, le farà in tal maniera che saranno ed egli e 'l cavaliere più sicuri che lasciandosi come in abbandono con le parti di dietro, così nel saltare, come nello spingersi all'alto, ovvero al basso. Chi vuole avvezzare i cavalli in luoghi erti bisogna primieramente condurli sopra buon terreno; perche finalmente esercitati così, correranno più volentieri per di là che in luoghi piani. Quel timore avuto da certi che spingendosi e cavalli per luoghi chini indeboliscano le spalle, non deve spaventare niun di coloro li quali hanno cognizione che i Persiani e tutti gli Odrisi giuocando a correre per luoghi di sopra in giù, nondimeno siano forniti di cavalli così sani come i Greci. Nè voglio rimaner di stendere tutto ciò che in questi particolari deve far colui che si trova sopra il cavallo. Bisogna dunque [p. 303 modifica]che nello spiccarsi del cavallo egli si pieghi innanzi; perche a questo modo il cavallo starà meglio a segno, e 'l cavaliere non piglierà scossa, e subito che fa parare al cavallo, si pieghi addietro che in questa guisa non sentirà conquassarsi. Nel saltare i fossi e nello spingerli di sotto in su non sarà fuor di proposito dargli di mano ne' crini; accioche il cavallo non senta ad un tempo il travaglio del luogo e della briglia. Ma nello spingersi di sopra in giù bisogna che il cavaliere pieghi addietro e col morso tenga su il cavallo; accioche ambidue non vadano a precipitarsi. Fa di mestiero oltre di ciò esercitarlo ora in un luogo, or in un'altro; e parimente quando assai, quando poco; perche a questo modo i cavalli sentono men fastidio assai che se ne andassero a esercitarsi sempre nel medesimo luogo, e col maneggio istesso. Ma essendo officio del cavaliere di far parare al cavallo, mentre corre a briglia sciolta, in ciascun luogo dove egli vuole; e similmente di potere adoperar ogni sorte d'arma, stando a cavallo; se egli trova che il paese in qualche luogo sia a proposito, e vi siano delle fiere in abbondanza; io non biasimo l'esercizio della caccia. Nondimeno dove non ci saranno queste comodità, anco quest'altra maniera di esercitarsi sarà buona, che due cavalieri d'accordo insieme si mettano a fuggire ed a darsi la caccia per luoghi diversi; di maniera che quello che fugge tenga la lancia voltata con la punta addietro; ma quello che segue lo incalzi co' dardi spuntati e con la lancia fabbricata a questa guisa; ed avvicinatoglisi quanto basta a poter dardeggiare, con un dardo lo percuota, e similmente giuntolo alla lunghezza d'una lancia il ferisca con la lancia. Nel combattere giova, tirando verso di se l'inimico, dargli incontinente una spinta, perche questo è il modo di gettarlo a terra. Ma ciò che si fa acconciamente, spingendo il cavallo colui che tenta di tirarci a terra, perche a questa guisa quello che da un'altro vie nprovato di scavalcare, più facilmente scavalcherà l'inimico che egli sia scavalcato da lui. Ora se venirà occasione che piantato con gl'inimici il campo in faccia l'un dell'altro si venga a scaramucciare, dandosi la caccia or questi, or quelli sin presso i ripari nemici, ritirandosi poi alle lor trincee sarà gran giovamento sapere, e metter bene a memoria che quando fuggono gl'inimici, ed alcuno de' compagni dia loro la caccia, il girare del cavallo ed a briglia sciolta correndo incalzare gli avversari innanzi a tutti acquista lode senza pericolo di sorte alcuna. Ma quando li averà giunti il cavallo obbedisca; conciosiache a questo modo si vegga per isperienza che ognuno fa grandissimi danni a'suoi nemici senza [p. 304 modifica]poter esser offeso da loro. Gl’Iddj hanno conceduto agli uomini di potersi ammaestrare l’un l’altro con la favella in tutto ciò che fa di mestiero, nondimeno col parlare niuno potrà mai insegnare al cavallo. Pur se quando egli farà a tuo modo, gli farai carezze, e quando non ti obbedisca il castigherai, egli imparerà facilmente a far le cose che deve, e farle quando vorrai tu. Io ho fatto menzione di questo ricordo con poche parole, nientedimanco isogna osservarlo in tutta la professione del cavalcare. Perche il cavallo imboccherà il morso più agevolmente, se dopo imbrigliato gli farai qualche piacere, e similmente salterà, si mostrerà allegro e sarà obbediente in tutte le altre cose, mentre facendo quel che vogliamo speri poi di riposarsi. Come si debba ammaestrare un cavallo o troppo coraggioso, o troppo vile Fin qui ho raccontate quelle cose le quali se saranno osservate da uno che comperi o polledri, o cavalli fatti, non rimanerà ingannato così facilmente, ed appresso come si debbono ammaestrare senza guastarli, e finalmente, se vogliamo valercene alla guerra, come dobbiam fare, si che non ci manchi cosa alcuna di quelle che fanno bisogno al cavaliere nelle fazzioni. Ora io penso che sia bene insegnare, quando uno s’abbatta in un cavallo più coraggioso, o più vile del dovere come debba rimediare all’uno e l’altro di questi inconvenienti. Dunque prima d’ognaltra cosa è da sapere che la coraggiosità nel cavallo s’assomiglia alla colera nell’uomo. Però sicome non si alterano così di leggiero coloro a’ quali non vien detta, o fatta cosa alcuna che li offenda, così chi non farà dispiacere al cavallo coraggioso egli non si altererà punto. Siche subito nel montarvi su fa bisogno avvertire che il cavaliere non gli dia sorte alcuna di noja. Ma assettatovi sopra si fermi per buona pezza, ovvero quanto gli è permesso, e così lo mova piacevolissimamente. Ma il cavallo coraggioso quando vien mosso repentinamente si mette, come gli uomini su le furie, se egli vede alla sprovvista, ovvero ode, o patisce cosa che non gli piaccia. Onde avvertiremo a questo che tutte le cose repentine turbano il cavallo. Ma se vorrai far parare il cavallo coraggioso, mentre egli sia stato spinto a correre, non tirar la briglia tutta subito in un tratto; ma pian piano; accioche egli senta invitarsi non sforzarsi a parare. Riescono parimente più piacevoli i cavalli negli spazj lunghi, che raddoppiandosi su le volte troppo brevi; ed esercitandosi lungamente e dolcemente su ’l maneggio si fanno piacevoli, e si provvede al troppo cuore che hanno. E benche alcuni pensino che con lo andare spesso al maneggio [p. 305 modifica]e dargli delle strette,il cavallo divenga per la stanchezza più piacevole, essi giudicano contra la sperienza stessa. Perche anzi a questo modo i cavalli coraggiosi sogliono divenir più fieri; e mentre sono alterati, sicome fanno gli uomini colerici, fan di strani scherzi a se stessi ed acoloro che vi son sopra. E però non bisogna spingere così facilmente il cavallo coraggioso a tutta briglia. Non l’appressaremo similmente ad altri cavalli; perche per lo più i cavalli coraggiosissimi sono anco malignissimi. Questi anco si debbono immorsare piuttosto con morsi piacevoli che aspri. E se per avventura li immorseremo con aspri, bisogna rallentando il morso, dar loro ad intendere che egli sia piacevole. Giova parimente al cavaliere avvezzarsi star a cavallo, principalmente se egli è coraggioso, in tal maniera che fermandosi bene venga a non toccare niuna altra parte del cavallo, che dove per necessità non volendo vacillare, fa bisogno toccarlo. Nè bisogna scordarsi che i cavalli s’ammaestrano ad acquetarsi con un certo poppizare, il quale facciamo con la bocca, tenendo le labbra strette; e che si dà lor animo con quell’altro suono che si fa con la gorga e col palato. Nondimeno se alcuno costumerà da principio carezzare il cavallo quando grida, e di far contrario quando poppiza; egli imparerà tosto che col poppizamento s’invita a spingersi, e col grido fermarsi. Deesi parimente avvertire che fra’ gridi e fra le trombe non nasca qualche spavento del fatto nostro al cavallo; nè che gli venga cosa alcuna davanti la quale gli dispiaccia; anzi metter ogni esquisita diligenza allora di tenerlo cheto; e quando non si altererà, mettergli dinanzi il mangiare della mattina, o quello della sera. Cavallo troppo animoso non s'adopri in guerra Ma questo ricordo è sopra tutti gli altri importantissimo; che niuno debba provvedersi di cavallo troppo animoso per adoperarlo in guerra. Quanto poi a quei cavalli che sono vili di cuore basti dir questo: che fa bisogno esercitarsi tutto al contrario di quello, che ho raccontato in materia de’ coraggiosi. Ora se noi desideriamo che il cavallo da guerra impari un maneggio bello ed eccellente, egli è necessario guardarsi affatto da certe cose, le quali da alcuni come aprovate nella cavalleria vengono tenute in pregio; come sarebbe a dire, fargli male alla bocca sbrigliandolo; ed insieme batterlo con gli sproni o con la scoriata. Perche tutte queste cose riescono loro al contrario di quello che bramano, facendo col tirar della briglia che il cavallo si dirizzi ad un certo modo che in vece di guardarsi dinanzi perde la vista, e spaventandolo con gli sproni e con la forza in guisa che egli si altera non senza qualche pericolo. Queste sono delle cose veramente [p. 306 modifica]vergognose e brutte, le quali si fanno da quei cavalli che vanno malissimo volentieri al maneggio. Ma se il cavallo si userà nel maneggio a non esser grave alla mano, ed andar raccolto col collo e con la testa; egli farà volentieri tutto ciò che sopra ognaltra cosa gli piace e vagheggiandosi. Che questo ch'io dico sia vero, si può considerare da questa ragione; che quando un cavallo va alla volta d'altri cavalli, e sopra tutto verso cavalle, egli alza la testa più che può, e la tien raccolta in modo di bravura,e spalleggia con le gambe alte, ed inalza la coda. Dunque se uno ammaestrerà il cavallo ad acconciarsi in quella maniera che si mette da se stesso quando desidera di farsi bello; egli conseguirà che il cavallo prenda piacere del maneggio e lo farà parer onorato, e bravo e degno d'esser veduto. Le quai cose, come a giudizio mio possiamo conseguire, m'affaticherò quì sotto di raccontare. Dunque primieramente fa di mestiero che noi prepariamo almeno due morsi; uno de'quali il più leggiero abbia le rotelle grandi, e l'altro grevi e basse. Ma la imboccatura del morso sia acuta; accioche se il cavallo vuol prenderlo, sentendo questa asprezza, lo lasci subito. Quando poi gli sarà posto il più piacevole, non per tanto egli rimanerà, sentendo quella leggierezza di far tutto quello che averà imparato a fare con l'aspro. Nondimeno se egli non temendo quella politezza starà del tutto ostinato in questo, le rotelle grandi postevi a questo fine lo sforzeranno aprir la bocca e ricevere la imboccatura. Potrassi parimente variare il morso aspro così col fargli le guardie brevi come lunghe. Ma siano fatti i morsi come si voglia bisogna che tutti si snodino facilmente. Perche quando il morso sta duro, il cavallo dovunque il prende viene a ritenerlo tutto fra le mascelle; sicome pigliando tu uno spiedo, lo leverai tutto intero: ma l'altro a guisa d'una catena solamente in quella parte dove vien preso non si piega, le altre rimangono libere; e mentre il cavallo sta continuamente su 'l pigliarle, fra quel mezzo abbandona il morso fuor delle mascella. Questa è la cagione che fa mettere degli anelli nell'asse; accioche prendendoli con la lingua e co' denti abbandoni il morso fra le mascelle. Ma se alcuno per avventura non sapesse quali siano i morsi leggieri e quali gli aspri lo darò ad intender ora. Perche il morso leggiero è quello che negli assi ha delle snodature liscie e larghe: e similmente tutti i guernimenti che si mettono attorno gli assi, quando saranno larghi e non stretti, faranno che il morso si chiami leggiero. Ma quel morso il quale in tutte le sue parti si snoderà difficilmente,e toccherassi per tutto,sarà aspro. [p. 307 modifica]Nondimeno sia il morso di che sorte si voglia se altrui desidererà che il suo cavallo vada in mostra di quella maniera che l'abbiamo descritto poco fa; bisogna che con questo egli faccia le cose le quali dirò quì a basso. Dunque fa di mestiere scuotere la bocca del cavallo, non però con tanta forza che egli non stia saldo: nè con tanta piacevolezza che non senta; e dappoi scossa, quando il cavallo alzerà il collo, bisogna subito rallentarne il morso e far il rimanente; il che si tenga a memoria sempre, sinche egli ci obbedisca di buona voglia, cioè dall'altro canto accarezzarlo. Quando poi ci accorgeremo che il cavallo si compiaccia del portamento alto del collo e delle redine lente bisogna allora avvertire di non far cosa alcuna che gli dispiaccia, quasi il voler nostro fosse di condurlo a travagliare; ma obbligarlo si con carezze, e dargli speranza di riposare; perche a questo modo egli verrà poi nel maneggio a portarsi più gagliardamente. Si deve saper anco che i cavalli si dilettano di correre a questo segno; che non se ne trova alcuno il quale, quando è sciolto, vada di passo; ma tutti corrono; perche questo veramente è il piacer de' cavalli; se però nelle carriere non vengono date loro strette fuor del dovere; conciosiache ogni cosa, passando i termini, sia ella di che sorte si voglia, fa dispiacere così agli uomini come a' cavalli. Ma quando nel maneggiarsi il cavallo s'allegrerà, essendo però prima stato ammaestrato al maneggio di spiccarsi fatta la volta al corso; ed avendo imparato a far questo che stia bene; allora se il cavaliere tirando la briglia il fa parare; e faccia qualche segno di spingerlo egli ritenuto dal morso e spinto dal cenno, alzerà con furia il petto e le gambe non già molli; perche i cavalli quando sentono di esser offesi non adoprano le gambe snodate. Dunque mentre il cavallo sarà in questa guisa alterato, se gli darai dolce la man della briglia, allora da allegrezza pensando per esser allentato il morso, di trovarsi sciolto, anderà con la persona tutta piena di gioja, levando leggiadramente le gambe e senza dubbio facendo una mostra così bella, come i cavalli sogliono fare quando vanno alla volta d'altri cavalli. E coloro che sono alla presenza, dicendo che questo cavallo è di buona natura volonteroso di gran maneggio, feroce, altero ed insieme piacevole e bravo da vedere. Bastici di avere scritto queste cose sin quì per coloro li quali ne sono curiosi. Ma se alcuno cercasse fornirsi di un cavallo solamente per pompa: e che sia uso di andar raccolto in alto, e farsi veder grazioso; sappia egli che questa non è impresa per ogni cavallo; ma per quelli solamente che sono [p. 308 modifica]d'animo arditissimo e di grandissime forze. Quello poi che pensano alcuni che il cavallo il quale snoda facilmente le gambe sia atto al maneggio alto è falso: ma si ben quello che ha i lombi (chiamo ora lombi non quelli che vanno al dritto della coda; ma quelli che fra le coste e le coscie tendono verso i fianchi) moli, raccolti e robusti potrà entrare in buono spazio con le gambe di dietro sotto quelle dinanzi. Quando accaderà questo allora se il cavallo sarà battuto col morso egli si piegherà su le cavicchie di dietro, e fermerassi levandosi dalla man dinanzi di maniera che mostrerà a' circostanti il ventre e l'anguinaglie. Dunque allora bisogna rallentargli la briglia; accioche il cavallo paja a coloro che lo veggono di far volentieri tutte quelle cose le quali in questa professione sono tanto belle. Trovandosi eziandio alcuni che ammaestrano i cavalli, battendoli con la bacchetta su le cavicchie; ed altri facendo che uno corra a traverso, e li percuota nelle coscie. Ma par a me che il miglior precetto di tutti sia quello che ho ricordato tante volte, nè bisogna mai metter da canto; che sempre si lasci riposare il cavallo ogni volta che egli abbia obbedito il cavalcatore. Perche tutte le cose che dal cavallo vengono fatte per forza (sicome anco dice Simone) si fanno malamente e sgarbatamente, a guisa d'un istrione che venga spinto a recitare con gli stimoli e con la forza. Conciosiache così il cavallo, come l'uomo a questo modo faccia molte più cose vergognose che degne di lode. Onde bisogna che noi abbiamo certi cenni co' quali teniamo svegliato il cavallo a farsi vedere disposto in tutte le parti leggiadramente ed illustremente. Ma se dopo il maneggio, e dopo che sia ben sudato; e similmente quando s'abbia portato bene a maneggiarsi alto da terra; il cavalcatore smonterà subito, e gli levi la briglia; non dobbiamo temere che per l'avvenire egli non si levi da se medesimo. Si dipingono sopra i cavalli di questa sorte li quali hanno buon maneggio, gli Iddj e gli Eroi; e quegli uomini che sanno maneggiarli come si conviene, pajono eccellenti: ed è cosa tanto bella, meravigliosa ed anco desiderabile il cavallo che sa maneggiarsi in alto che non ci è uomo per giovane, o vecchio che sia che non si senta rapir gli occhi verso di lui. Perche niuno mai si parte di là, o si sazia di starlo a mirare, finche egli non abbia finito il suo maneggio fatto con tanta leggiadria. Ma se per avventura bisognasse che il padrone di un cavallo così fatto fosse capitano d'una compagna di cavalli, ovvero di tutta una schiera; non starà bene che attenda a farsi veder egli solo in questa guisa fuori degli altri; ma piuttosto che tutti coloro che lo [p. 309 modifica]seguitano, facciano ancor essi bella mostra. Però se quel cavallo il quale vien tenuto fra tutti gli altri il primo andarà innanzi agli altri in questa forma, non facendo quasi mai altro che maneggiarsi altissimo da terra, non solamente egli caminerà più lento; ma eziandio bisognerà che gli altri lo seguano passo passo; cosa che non è punto bella da vedere. Nondimeno se il Capitano spingerà il cavallo non presto, nè tardo fuori di misura; ma in guisa tale che gli altri li quali tengono dietro a lui, per questa cagione si mostrino animosissimi e terribilissimi, e nel travagliarsi leggiadri e ben disposti; allora si sentirà l’anitrir e lo sbuffar de’ cavalli; e così non solamente egli; ma tutta la compagnia sarà bella da vedere. Dunque se uno averà buona fortuna in comperare il cavallo, e lo allevi in modo che sia bastante a comportare ogni sorte di fatiche, e se ne serva convenevolmente così nelle cose di guerra, come nel far la mostra del suo maneggio, ed anco negli abbattimenti da scherzo; che cosa [per mia fè] potrà vietargli che egli non faccia riuscire il cavallo di maggior prezzo, che quando gli venne alle mani, e non abbia cavalli eccellentissimi, e non porti il vanto fra tutti gli altri cavalcatori, se il favor di Dio non gli manca? Quali debbano essere le armi d'un soldato Voglio anco far menzione dell’armi che fanno bisogno per armarsi a colui che vuol far professione di soldato a cavallo. Dunque prima d’ognaltra cosa il conforto a mettersi indosso una corazza, o armatura che gli stia comoda e bene alla persona; perche quella armatura che è proporzionata è sostenuta da tutto il busto; ma quella che è troppo larga, solamente dalle spalle; e quella che è troppo stretta, si può dir piuttosto legame che armatura. E conciosiache anco il collo sia una parte delle vitali; però voglio che anco a questo si faccia una gorgiera di piastre che lo copra; perche ella non solamente adornerà il cavaliere, ma quando sia fatta convenevolmente potrà, parendoci così, coprirci la faccia sin al naso. Io lodo sopra ognaltra cosa quella sorte di celate che si fannno in Beozia; perche elle coprono eccellentissimamente tutte quelle parti che giacciono fuor della corazza sopra il busto e lasciano la vista libera. La corazza sia lavorata con tal maestria che ella non impedisca nè il sedere nè il piegarsi. Si guerniscano poi le anguinaglie, e le parti men che oneste di tante ali e così fatte che le coprano tutte. Ma perche quando la man sinistra del cavaliere è indebolita egli non può adoperarsi, io lodo quella invenzione d’armatura per coprirla che si dice manopola e bracciale, perche ella ripara non solamente la spalla, ma il braccio ed il gombito, ed anco le dita medesime le quali tengono le redine, [p. 310 modifica]e si snoda a tutte le parti e copre, dove sotto le ascelle non può esser difeso dalla corazza. Ma la man destra, se il cavaliere vorrà lanciar i dardi, o ferire è necessario che l'alzi. Però bisogna tirar via dalla corazza tutto quello che può impedirla ed in quella vece appiccare nelle snodature certe ali le quali nell'allungar la mano quasi scorrano e nel ritirarsi di nuovo si uniscano. Il braccio si armerà meglio a guisa di gambiera, che tenendosi legato con l'armatura. Ma quella parte che nell'alzar la man destra rimanerà nuda presso la corazza, bisogna che mettiamo ogni diligenza perche sia divesa o con qualche coperta di cuoio, o di rame; altrimente si verrebbe ad aver poco pensiero di quella parte che è più vitale dell'altre. Ma perche in occasione che il cavallo venga ferito, anco il cavaliere corre grandissimo rischio; bisogna armare similmente il cavallo con la frontiera, col pettorale e con le barde, le quali difenderanno anco le coscie al cavaliere. Dunque sopra tutto arminsi i fianchi del cavallo; perche le ferite in questi luoghi sono mortalissime; oltre che quaste parte non resiste punto. Potrassi eziandio coprire col guernimento della sella la quale nel luogo dove posa il dosso del cavallo, bisogna che sia fabbricata in modo che il cavaliere vi sieda sopra sicuramente, nè faccia male alla schiena del cavallo. L'armatura di tutte le membra così del cavallo come del cavaliere,doverà esser fatta in questa guisa; ma gli stinchi ed i piedi penderanno sotto le barde; nondimeno si potranno armare ancor essi, se saranno fatti stivali di quella sorte di cuojo che si fanno le piante; perche ad un medesimo tratto serviranno alle gambe per armatura ed in vece di scarpe a' piedi. Queste sono le armi da cavaliere con le quali ajutati dal favore degl'Iddj possiamo difenderci da ogni violenza che ci venga fatta. Ma per offendere gl'inimici, a parer mio, egli è meglio assai la spada che lo stocco; perche venendo il colpo da alto la ferita si farà con maggior forza dalla spada, la qual arma ferisce di taglio, che dallo stocco. In luogo poi delle aste Camacine fatte di legno le quali sono fragili e grevi, io lodo quelle di corno; perche si lanciano più facilmente; e perche colui che sa adoperarle potrà lanciarne una e adoperar l'altra così sotto mano come per traversa ed al dritto; e perche similmente elle sono più forti e più facili da maneggiare. Tengo oltre di questo che il saper lanciare l'armi assai lontano sia giovevole grandemente; perche a questa guisa si ha maggior tempo di girare il dardo e di cambiarlo. Dirò anco brevemente le cose che si debbono osservare a lanciar l'armi eccellentissimamente. Perche se il cavaliere, facendo [p. 311 modifica]inanzi il fianco sinistro e ritirando il destro si punterà su le coscie; ed alzando un poco la punta lancierà l’asta egli la tirerà molto di lontano e farà grandissimo ed anco certissimo colpo, quando però la punta guardi sempre a quel verso dove si vuol tirare, quasi segno detto dà Greci σκοπός. Questi sono gli ammaestramenti e ricordi li quali ho voluto distendere ad istanza de’ cavalieri privati. Quegli altri poi che doveranno esser imparati e posti in esecuzione dal Capitano sono da noi stati dichiarati in un’altro libro.


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