Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo/Capitolo I

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Capitolo I

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Discorso Terzo Discorso Terzo - Capitolo II

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CAPITOLO I.


Strade ferrate già attuate o solo ancora divisate nel regno di Napoli.



Il porto di Napoli, capitale di un Regno in cui sono meglio di sei milioni d’abitanti, la Sicilia esclusa, avrebbe certamente in quel numero di consumatori una gran sorgente di traffico, se potesse pretendere a provvederli tutti ed a servire di mercato pello scambio delle produzioni loro con quelle estere; se non che il punto estremo quasi d’una parte del Regno in cui giace; e la facilità che alcuni altri porti di quello offrono maggiore d’assai: rendono tale scambio men conveniente a Napoli, e non [p. 112 modifica]concedono di pensare che una via ferrata qualunque, per entro il Regno longitudinalmente tracciata, oltre alle più vicine province, potesse notevolmente accrescere il mercato partenopeo1.

Questo, difatti, quando serva allo scambio de’ prodotti necessari agli abitanti di quella Dominante, e d’alcuna delle ricche province che l’avvicinano, con i prodotti di esse; — quando serva pure di secura stazione alle navi cui occorresse di colà fermarsi; e quando si consideri qual grato e mirabile ospizio che offrono un bel cielo, una popolazione d’ingegno svegliato, le curiosità naturali, ed i monumenti dell’arti belle che vi si trovano: avrà, a senso nostro, adempiuto a tutto quello scopo cui può naturalmente pretendere.

Cotesto scopo però, affrettiamoci a dichiararlo, non cessa di essere importantissimo in una popolazione così numerosa, nell’immensa incessante frequenza degli arrivi e delle partenze dei viandanti che le maraviglie della natura e dell’arte ivi traggono; e perchè trovasi in situazione molto propizia, onde condurre nell’interno della Penisola pelle vie che da Napoli vengono a Roma.

Molto opportuna fu quindi l’idea che suggerì la costruzione d’una strada ferrata tra Napoli e Capua; la quale, prolungata [p. 113 modifica]insino a Roma ed oltre, sarebbe l’elemento d’una delle principali arterie della Penisola, e mentre servirebbe ai tanti avventori che convengono alle due Dominanti, gioverebbe altresì alle esportazioni ed importazioni de’ due Stati2.

La strada da Napoli a Caserta ed a Capua, costrutta ed esercitata per conto diretto del governo napoletano, è quasi interamente terminata ed in esercizio, e ben tosto arriverà alla città di Capua; d’onde sembra che sarebbe nell’interesse della difesa militare del Regno utile protenderla ancora fino all’antemurale d’esso da quella parte che è Gaeta.

La vicinanza poi di quel punto al confine pontificio sarebbe occasione d’un ulteriore protendimento, il quale vi giugnesse; perchè cessando, come non può mancare di succedere, certe prevenzioni ch’or diconsi esistenti a Roma contro quel maraviglioso mezzo di comunicazione, sorgerà un dì certamente anche l’occasione della continuazione della via in discorso nella direzione di quella capitale del mondo Cristiano.

Malgrado questa evidente utilità, non resulta che il governo napoletano sinora abbia in alcun modo statuito, con provvedimenti amministrativi, nè tampoco legislativi, anche preliminari, intorno alla continuazione da Capua verso Gaeta; molto meno verso il confine pontificio della strada in discorso, se si eccettua l’elezione di una commissione incaricata di qualche lavoro relativo, di cui parleremo nel seguito.

Neppure consta d’alcun provvedimento concernente alla determinazione in altri Stati presa di fissare una rete di strade ferrate, e di prescrivere come quelle si debbano governare in avvenire.

[p. 114 modifica] La strada detta Regia sembra essere stata ideata dapprima, non nell’interesse dell’universale e del commercio, sibbene qual più facile comunicazione tra Napoli e la Real Villa di Caserta, la quale offre una stanza deliziosissima e sopramodo gradita al re ed alla regina.

Nel seguito, comprendendosi come per savie vedute militari potesse convenirne il prolungamento sino a Capua, quello ordinavasi; e le stesse considerazioni consigliandolo ancora, come fu detto, sino a Gaeta, v’ha luogo a credere che si continui pure almeno sino a quel punto, d’onde poco resterà a fare per giugnere poi al preallegato confine pontificio, ove cotesta direzione sia preferita.

Il progetto della strada Regia venne compilato dal cavaliere Clemente Fonseca. Non fu sottoposto al preavviso del Reale Consiglio degl’ingegneri di ponti e strade, il quale a Napoli, come in altri Stati, dee per legge sopravedere a tutti i pubblici lavori; e neppure venne subordinato alle formalità amministrative concernenti alla spesa; perocchè fu cominciata e proseguita l’esecuzione delle opere, come per lavoro relativo alla Reale Villeggiatura, e nulla più.

S. M. il re personalmente soprantendeva all’impresa, commessa al detto cavaliere Fonseca, il quale alla M. S. unicamente dava ragione del suo operato.

Onde nasce che la spesa dell’opera suddetta non si conosce, perchè non ebbe a figurare tra le spese generali dello Stato, sebbene sopperita dal pubblico erario.

L’opera riuscì però, al dire degli intendenti, di grande solidità, e molto onora il paese.

Solo sarebbesi desiderato nell’andamento o direzione di essa scansati alcuni errori, i quali troppo sono evidenti per non essere notati.

Difatti, osservano, essersi la via condotta ed incominciata per punti dove non sarebbe stato mestieri di condurla, onde ne vennero ostacoli, i quali debbono aver fatto crescere notevolmente il dispendio per superarli; locché non sarebbe forse succeduto se più accurati studi geodetici avessero preceduto la compilazione [p. 115 modifica]del progetto, e non si avessero dovuto correggere durante l’esecuzione de’ lavori quegli errori, che i detti studi avrebbero somministrato il mezzo di prevedere e quindi di scansare.

La necessità di rimediare ad alcuni dei detti errori, e il desiderio di toccar varii punti distanti dalla direzione più naturale e più breve, condussero ad un altro inconveniente da notarsi pare, quello del soverchio prolungamento della strada.

Difatto da Napoli a Caserta ci ha miglia 13 per la strada consolare, e per la strada ferrata se ne hanno a percorrere 18. Da Napoli a Capua per altra strada diretta, anche consolare, ci ha miglia 16; e per la strada ferrata invece ce ne ha 24.

Da quella soverchia lunghezza della strada ferrata Regia deriva l’inconveniente, che i mezzi di trasporto delle vie ordinarie fanno una gran concorrenza alla detta strada ferrata; tanto più che, oltre al piccol prezzo con cui si trasportano viandanti e merci sulle dette strade consolari, sopra di queste camminasi con celerità quasi uguale, in ragione di tempo, grazie al velocissimo corso cui sono avvezzi i magri e piccoli, ma agili e snelli cavalli del Regno.

Accadde perciò, che la tariffa de’ trasporti de’ viaggiatori sulla strada ferrata Regia Capuana (poiché ancora non vi si fa trasporto di mercanzie) debba essere molto mite; e tuttochè sì mite, spesse volte la gente preferisce di condursi sulle vie consolari, mentre l’opera della strada ferrata non trae profitto quanto sarebbe necessario, non che a porger guadagno netto, ma a rifarsi, delle spese di esercizio: le quali perciò non si possono per questa strada presumere, come pel più delle altre, ascendenti alla sola metà circa del prodotto lordo del prezzo de’ trasporti.

La strada Regia venne incominciata nel 1840. Nel dicembre del 1843 fa aperta al pubblico, con un solo corso di ruotaie da Napoli per le stazioni intermedie di Casal Nuovo, Accerra, Cancello e Maddaloni a Caserta, nella lunghezza di miglia 18. In giugno 1844 venne aperto altro tratto di sei miglia da Caserta per la stazione intermedia di Santa Maria a Capua.

Sebbene per ora costrutta ad un solo binario di ruotaie, [p. 116 modifica]l’apertura del suolo è disposta in modo a potere stabilire il doppio corso di esse.

Non essendo fatto di pubblica ragione il prodotto della via, ignorasi il numero de’ viandanti trasportati lungo di essa in un dato tempo, come suolsi d’ordinario per le altre strade registrare 3.

Ogni opera venne eseguita e diretta da’ militari, ai quali pure resta affidato in parte il governo della sua manutenzione ed esercizio, controllato, quanto agli introiti, da un uffiziale dell’amministrazione delle contribuzioni indirette.

Sono promulgati certi regolamenti pel servizio attribuito agli agenti minori; i quali regolamenti però non si considerano che come provvisionali ed a mo’ d’esperimento, nè vennero finora preventivamente discussi ne’ Consigli governativi.

I viaggi quotidiani sogliono essere quattro o cinque di andata ed altretanti di ritorno. Ma per esservi frequenti le gite della real corte, ed un solo il corso delle ruotaie, sovente è variata l’ora de’ viaggi aperti al pubblico, sicché meno esatta riesce l’ora delle partenze e degli arrivi.

Vuolsi che quando sia stabilito il doppio corso delle ruotaie e venga la strada interamente prolungata e terminata, sarà la medesima definitivamente assegnata a pubblico servigio; e fatto caso degli sperimenti lungo di essa fatti, si promulgheranno, riducendola a regia azienda, ordini definitivi per la medesima, come infatti pare utile ed opportuno.

Cotesta condizione di cose fin qui narrata, se impedisce di [p. 117 modifica]conoscere maggiori particolari, in altre strade noti; porge però argomento a credere, che il costo dell’opera superò quello cui potea altrimenti ascendere, e che il prodotto dell’esercizio è ben lontano dal riuscire adequato alla spesa.

Nè può credersi, che tale prodotto possa mai ascendere ad un frutto adequato; perocché la soverchia estensione già notata della via, e la circostanza del percorrere la medesima luoghi popolati bensì, ma non popolatissimi, di gente d’altronde esclusivamente data all’industria agraria, quando non venisse prolungata in regioni più popolate di gente data al traffico, non è a sperare che aumenti gran fatto il numero de’ viaggiatori sur essa strada condotti.

Il materiale della strada regia consiste in sei macchine locomotive inglesi di Stephenson e di Longridge, oltre ad una americana del Norris. Ha carrozze solidamente costrutte negli arsenali militari. Coloro che vi ebbero stanza non le trovano però di sufficiente ampiezza. Sono di tre classi o specie, in ragione de’ prezzi de’ posti. Due sono coperte, la terza, con scanni, a cielo scoperto.

Le macchine e vetture sono, all’uopo, ristaurate al grande opificio meccanico-pirotecnico, detto, di Pietra-Arsa, dalla contrada ove trovasi, appartenente al Genio militare; onde nasce che, quand’anche volesse sapersi al giusto la spesa della costruzione di parte del detto materiale e manutenzione dell’esercizio, sarebbe difficilissimo, atteso il concorso dell’opera e de’ materiali, cui da altre amministrazioni si sopperisce, non tenendosi conto speciale e separato di tal concorso.

Non è possibile pertanto istituire alcun calcolo comparativo della spesa di questa strada con altre; bastando il dire che l’esercizio diretto, così com’è governato, sarebbe, essendolo altrimenti, suscettivo forse di più adeguata rendita, che non debbe esserlo di presente, regolato com’è in modo affatto temporaneo.

Dalla stazione di Cancello ora si apre la traccia d’un’altra liaea costrutta nell’interesse militare, per condurre a Nola, stanza principele dell’esercito napoletano ch’ivi tiensi raccolto. L’opera è cominciata collo stesso sistema. Non può contendersi [p. 118 modifica]l'utilità politica e strategica di cotesta linea, mercè della quale, avendosi materiale sufficiente, in tempo brevissimo può condursi alla capitale un numero ragguardevole di regia truppa.

Quantunque fin ora i resultati della strada io discorso non possano chiamarsi gran fatto soddisfacenti, per quanto concerne al servizio dell’universale ed alla somma de’ prodotti; e quantunque in alcune parti dell’amministrazione del Regno siasi notata scarsa tendenza a favorire cotali imprese: l’evidenza però dell’utilità di esse gradatamente sembra migliorare nell’opinione de’ governanti, come de’ governati. E la strada regia sarà, comunque ordinata in origine, un utilissimo benefico addentellato, pel progresso del Regno in questa materia. E vuolsi ad onore e riconoscenza verso la maestà del re notare: come l’opinione della M. S. preceda ogni altra al proposito, essendo noto che, malgrado qualche opposizione d’idee men progressive in alcuni de’ suoi consiglieri, quel principe illuminato recentemente istituì una commissione d’ingegneri, posta sotto gli ordini diretti della M. S., affidandole l’incarico «di riconoscere l’andamento più facile da darsi a un prolungamento della regia strada ferrata di Capua, sia per Ceprano verso il confine romano e gli Abruzzi, sia per la Puglia e Molise».

Sebbene fin qui non sia nota alcuna determinazione od idea relativa, cotesta regola dell’assegnato mandato sembrerebbe escludere il divisamento d’una proluùgazione verso il confine romano nell’indicata direzione di Gaeta e Paludi Pontine; e preferito in vece l’altro, quantunque forse men facile e più costoso, ma più utile però nel rispetto dell’accesso che porgerebbe a contrade più salubri e più popolate, e ad una provincia tra le più ragguardevoli del Regno.

Dall’altra parte poi là direzione verso la Puglia e Molise avrebbe ugualmente lo stesso oggetto: attalchè può dirsi che quella determinazione sovrana indica il largo e liberale pensiero d’estendere il sistema di vie ferrate a tutti que’ punti del Regno dove potrà resultarne profittevole l’applicazione. Per la qual cosa, siccome il governo napoletano può fondatamente vantarsi di aver pel primo in Italia accordata la concessione di costrur vie [p. 119 modifica]ferrate, come si dirà di quella di cui stiamo per pariare; così noi nutriamo fiducia che continuerà l’assunto coll’illuminato discernimento che lo distingue, a singolar beneficio de’ popoli commessi alle cure di lui.

Se non che stimiamo ci sia lecito osservare, come sarebbe per ogni verso conveniente, che, studiata prima ed imparzialmente discussa la rispettiva condizione economica delle varie province, e determinati i diversi bisogni di esse, si stabilisse, fatto caso delle attuali e future possibili relazioni delle dette province, una ben intesa rete di quelle nuove strade, da farsi successivamente in ragione dei mezzi de’ quali è dato disporre, sì del governo, che dell’industria privata compensata da onesto lucro in ragione del beneficio ch’essa procura.

La cosa così ordinata in modo normale e ben ponderato, oltre al riuscir men costosa forse che altrimenti fatta, avrebbe molte altre cautele di più certo buon esito, che ognuno di leggeri comprende, senza che occorra perciò entrare in ulteriore discorso. Epperò, tacendo della strada Regia e dell’estensione da darsi alle sue diramazioni, ne occorre trattare di quella che l’ha preceduta, e di cui abbiamo aspettato a parlare dopo di essa, perchè possiamo tenerne ragionamento con maggiore estensione di dati statistici raccolti, esponendone gli ottimi resultamenti: i quali, mercè della savia protezione conceduta da S. M. il re Ferdinando delle due Sicilie, potranno un giorno forse accrescersi ancora con beneficio ragguardevole del Regno.

Se la strada tra Napoli e Capua, prolungata a Gaeta ed a Roma, può tornare utilissima ai due Stati, al traffico di tutta Italia, e specialmente del Regno: debb’essere molto profittevole quella già in parte costrutta ed esercitata da Napoli a Nocera ed a Castellamare, conceduta alla compagnia francese Bayard. Cotesta strada, estesa sino a Nocera de’ Pagani, debb’esserlo ancora sino a Manfredonia o ad altro porto ravvisato più conveniente ancora sull’Adriatico, così congiunto al Mediterraneo.

Ecco la storia de’ fatti che la riguardano desunta da sicura fonte: «Ne’ primi giorni dell’anno 1836 un ingegnere francese, [p. 120 modifica]signor Armando Bayard de la Vingtrie, venuto in Napoli con progetto di costruire una strada con ruotaie di ferro, dimandò ampia concessione di aprirla tra Napoli e Nocera, a patto ch’egli, insieme ad una sua compagnia, farebbe l’opera a proprie spese e rischi, e la dirigerebbe a suo talento. In frutto delle sue fatiche e del danaro da spendere chiedeva poi gli si lasciasse per anni novantanove l’usufrutto della strada; la quale da quel tempo innanzi diverrebbe proprietà dello Stato. Molti patti di rilievo minore si pretendevano dal Bayard, che qui non accade di riferire.

Gradiva il re che l’opportunità si presentasse di recare ne’ suoi domìni una nuova maniera di comunicazioni interne, senza che s’arrischiasse, in dubbiezza dell’evento, il denaro dello Stato: commetteva però al ministro degli affari interi, cavalier don Nicola Santangelo, trattasse dell’affare. Questi non mettendo tempo in mezzo, e presto ponderate le cose, ragguagliava il re: essere quella la prima volta in Napoli che il governo darebbe privilegio o concessione ad una privata persona o compagnia di far lavori pubblici a spese, rischi e benefici di lei medesima; dichiarava ad esempio d’altri potenti e civili Stati aversi a preferire talvolta che una grand’opera di pubblica utilità s’imprendesse per mezzo di simiglianti concessioni, quando, o quella fosse d’insecura riuscita, o non vi si potesse tostamente spendere gran somma di denaro del pubblico erario; stimava dunque si accettasse la domanda del Bayard, e si negoziasse con lui amichevolmente de’ patti, dappoichè per la novità della cosa era miglior prudenza escludere le gare all’asta pubblica. Quindi il ministro a parte a parte discuteva innanzi al re quanti più minuti patti e condizioni fossero da accordare, negare o richiedere pella convenienza e sicurtà dell’impresa.

Accolse il re di grato animo le gravi e giuste osservazioni secondo le quali, senza più dimandare altrui consiglio, volle poi con un suo decreto del 19 giugno dell’anno 1836 dare al Bayard la chiesta facoltà di far la strada, ma con limitazioni assai più strette di quelle che il Francese avrebbe voluto: indi con altro posterior decreto de’ 3 di febbraio dell’anno 1838, in parte [p. 121 modifica]allargò ed in parte anco ristrinse i termini della prima concessione in seguito di rimostranzee fattegli dal ministro degli affari interni, e col consentimento ancora del Bayard, secondo che l’esperienza avea consigliato per lo miglior bene e fine dell’opera.

Adunque la somma principale delle cose concesse fu: permettersi ad Armando Bayard de la Vingtrie, che a sue spese e rischi facesse una strada ferrata dalla parte orientale di questa città (Napoli) fino a Nocera in provincia di Principato Citeriore, passando pe’ comuni di San Giovanni, a Teduccio, Portici, Resina, Torre del Greco e Torre dell’Annunziata, dal qual comune avrebbe dilungato un altro ramo di essa strada per giungere sino alla città di Castellamare. Il cammino ferrato venne statuito non occuperebbe mai parte delle antiche vie comuni; e dove si incrocicchiasse con queste, prowederebbesi pe’ passaggi delle ruotaie di ferro o a livello, o di sotto o di sopra delle strade istesse, di maniera da non disturbarne il commercio pubblico. Obbligavasi il Bayard di condurre la nuova via accosto alla città di Pompei, ma non la traverserebbe, rispettando il terreno dove s’ammirano disseppellite, o dove giacciono tuttavia sepolte le sue ruine, venerande reliquie dell’antichità. Per non impedire che il fiume Sarno potesse mai restituirsi navigabile, siccom’era in tempi remoti, getterebbe sopra di esso o un ponte girante, ovvero un ponte fabbricato con alto arco.

Questi lavori tutti tra sei anni dover essere compiti. In sicurtà di che il ministro degli affari interni torrebbe al Bayard la somma di ducati centomila, prima di permettergli di porre mano all’opera; e terrebbela in suo potere come deposito, per confiscarla ove mai dentro il tempo stabilito e sotto le sancite condizioni non s’adempissero le promesse da lui fatte. Davasi eziandio al Bayard facoltà di poter diramare la detta strada fino a Salerno e ad Avellino; a patto che desse mano ai lavori almeno in tutto un anno dopo i sei, ne’ quali dovea compir la via sino a Nocera ed a Castellamare.

Due altri ampi privilegi davansi poi in suo favore: il primo che, dichiarata opera d’utilità pubblica la nuova strada ferrata, que’ terreni o edifizi che il Bayard scontrasse sul cammino, e gli [p. 122 modifica]fosse forza occuparli, acquisterebbe col sussidio di que’ procedimenti sicuri ed abbreviati, che le nostre leggi (del regno di Napoli) consentono per affrettare l’eseguimento de’ lavori pubblici; intantochè, a garantire pienissimamente ogni proprietà de’ cittadini, statuivasi per precetto solenne, che dal Bayard si pagasse prima di fatto in danaro (tacendone deposito legale nella cassa di provincia per soddisfarne poi il reale creditore) il compensamento de’ danni che recherebbe alle altrui possessioni; indi si permetterebbe a lui di porre i ferri in terra. L’altro privilegio fu: potere il Bayard trarre dallo straniero il ferro, i materiali, gli strumenti, le macchine ed i carri, e tutte le altre cose necessarie a costruire la strada di ferro e a mantenervi quindi il commercio, senza che il tesoro pubblico riscuotesse dazio alcuno alla loro entrata nel Regno.

"Riserbava a sè il re, in vista de’ disegni che gli sarebbero presentati, dare poi la sua definitiva approvazione perchè si cominciasse l’opera e continuassesi, sempre diretta, per talento e cura del solo Bayard: e se in questo suo regio atto imporrebbe altri obblighi troppo gravi a costui, lasciava pure a di lui scelta, di ricusare tutta la concessione già ottenuta, riprendendo il denaro dato in sicurtà.

"Fu quindi stabilito, perchè fosse magnifica la strada e capace d’ogni concorso, farebbesi con doppio corso o con quattro file di ruotaie, per dar luogo ai trasporti di andare e venire in un tempo stesso, fatta eccezione di qualche punto, ove difficilissimo riuscir potesse di costruire così larga la via. Le locomotrici la trascorrerebbero per dar luogo a quel desiderato e si pronto traffico, senza vietare che in altre ore si traessero altri carri dalle bestie da traino.

"Inoltre fu determinata una tariffa, secondo la quale il Bayard esigerebbe dai passeggeri o negozianti il nolo di un posto o delle mercanzie, derrate, bestiami ed altro da trasportare, permettendosegli ancora di diminuire i prezzi stabiliti col sentimento dell’autorità superiore. Della convenienza della quale tariffa in beneficio del commercio basti solo qui dire che il nolo delle merci per ogni cantaio e per un miglio di via è stabilito non [p. 123 modifica]maggiore di un grano e 2/10 mentre che il nostro esercito pe’ trasporti militari paga bene un grano e 8/10 4. Da ultimo dicasi che l’usufrutto della concessione fu limitato pel Bayard a soli anni ottanta; nel qual tempo sotto la tutela e vigilanza della potestà regia, egli o la compagnia, e chi altri stesse in sua vece, terrebbe la via con obbligo di far che con sicurtà ed esattesza vi si potesse trafficare quotidianamente su carri da lui fabbricati, mantenuti e tirati da sue locomotrici, o dai suoi cavalli. Venuto il qual termine del privilegio, colui, che allora rappresenterà la persona del Bayard, consegnerebbe la strada in buono stato al governo del Regno, che terrebbela come sua libera possessione per l’avvenire. Laddove poi la detta strada fosse stata cominciata e non finita dentro il periodo di anni sei, provvederebbe il [p. 124 modifica]governo regio che presto si menasse a compimento da altri, e che vi si esercitasse commercio. Nè si trasandò di determinare con che modo sarebbesi mantenuto continuo traffico su pe’ varii tratti o prolungamenti di strade ferrate, che, costruiti da altre compagnie, mettessero capo in qualunque punto del cammino aperto da Napoli per a Nocera e a Castellamare 5.

» Ottenuta la regia concessione, Armando Bayard de la Vingtrie rendeala comune per atto autentico di notaio a sè e a due suoi fratelli, ed al signor De Vergès di Francia. I quali, preso accordo tra loro di unirsi in società che chiamano in nome collettivo, e di far eglino stessi l’opera a cottimo; attendevano intanto a formare una compagnia e società in accomandita, siccome pur la nomina il Codice delle leggi Commerciali (di Napoli), di persone, le quali dessero i loro capitali per mandare a fine l’impresa. Solo vicario o gerente, come ora il dicono, di tutta la compagnia, e primo ingegnere a dirigere i lavori rimaneva Armando Bayard in Napoli; mentre che i suoi fratelli e il De Vergès, con titolo pur di gerenti, si dimoravano in Francia, dove fu stabilita la sede sociale.

» Laonde presentaronsi tosto da Armando al ministro degli affari interni i disegni definitivi de’ due primi tratti di strada da farsi tra Napoli ed il porto del Granattello nel comune di Portici, e di là per Resina a Torre del Greco e quindi delle successive tratte. Il nostro direttore generale di ponti e strade fu eletto a presedere un’assemblea di tre ingegneri regii e di un capitano [p. 125 modifica]ingegnere militare a fine di esaminare il progetto, e dire se per esso salvi rimaneano gli interessi dello Stato secondo la regia concessione; quindi fu che il re appresso il costoro avviso e il rapporto del ministro degli affari interni; permise di darsi principio ai lavori6 ».

Ci siamo espressamente serviti della lunga citazione che precede d’una pubblicatone officiale concernente alla strada in discorso per meglio tenerci ne’ più esatti confini del vero, volendo narrare la storia prima di quella impresa, la quale, come vedremo ne’ seguenti particolari, ebbe un felice resultamento.

Ora aggiungiamo:

I.° La strada da Napoli a Nocera ed a Castellamare è interamente compiuta, anche nella costruzione de’ casamenti accessorii, i quali sono molti ed assai bene intesi per comodo servizio, specialmente nelle tre stazioni principali di Napoli, Nocera e Castellamare..

2.° Da Napoli la strada procede sempre sulla riva del mare sino a Castellamare, ed ha le seguenti stazioni intermedie. Da Napoli a Portici, che ne dista quattro miglia e mezzo; a Torre del Greco, un miglio e tre quarti; a Torre dell’Annunziata, quattro miglia.

3.° A cotesto punto la strada dividesi in due tronchi, ambo a due corsi di ruotaie. Il tronco a Mezzodì e Levante per poco più di quattro miglia raggiunge Castellamare; l’altro tronco, che va tautto a Levante e per quasi dieci miglia raggiunge Nocera detta de’Pagani; contiene lungo il medesimo una stazione per ogni luogo di cui segue l’indicazione: i.° L’antica Pompei; 2.0 Scafati; 3.° Angri; 4.° Pagani, d’onde a Nocera.

4.° Da principio si divisava di fare in altri punti le stazioni; anzi presso Napoli se ne fece un maggior numero; e più verso Nocera voleasene fare un numero minore; poi migliori convenienze persuasero a stabilire ed attuare soltanto quelle prima indicate. [p. 126 modifica] 5.° Tutta codesta strada adunque è in totale circa miglia 24; e misurata consta esattamente di metri N.° 43,350.

6.° È per ora incerto se quella strada sarà prolungata; il diritto di farlo verso Salerno ed Avellino riservato ai concessionari sembra scaduto; nuovi patti potrebbero farlo rivivere e sarebbero convenienti, a quel che pare, sì nell’interesse pubblico, che della società, la quale nella numerosa popolazione di que’ luoghi troverebbe larga copia di avventori, onde ne sarebbero cresciuti i proventi.

7.° La strada, compreso il materiale tutto di esercizio, costa alla compagnia 12,500,000 lire, essendo stata fatta a cottimo dall’ingegnere direttore in compagnia degli altri soci gerenti sopra indicati7.

8.° Le stazioni sono in numero di dieci. Le locomotrici sono al numero di quindici, col corrispondente necessario numero di carrozze, waggons e carri. I convogli sono da 9 a 15 al giorno, ed altretanti di ritorno, in ragione delle stagioni e delle giornata di maggiore o di minore concorso. Cinque motori sono sempre accesi; la velocità ordinaria di essi consta di 28 a 3o kilometri l’ora.

9.° I concessionari-gerenti, terminata l’opera, e collaudata sì dal governo che dai delegati della società, hanno rimessa la strada a questa che ora la governa per proprio conto, esercitandola per mezzo d’appositi agenti ed amministratori, come scorgesi da documenti a stampa pubblicatisi intorno ad essa, che abbiam sott’occhio8.

10.° Già s’è veduto il massimo delle tariffe. Nel fatto la compagnia ora solo riscuote pel trasporto delle persone e per ogni kilometro: pegli ultimi posti stando in piedi, ma coperti, [p. 127 modifica]centesimi di franco 2.6; pe’ secondi 5.8; pei primi 8.4. La tariffa delle merci per ogni kilometro e per ogni tonnellata, è dai 10 ai 12 centesimi, secondo la natura e la quantità del genere.

11.° Nel 1844 si sono trasportati sulla detta strada

viandanti ......... N.° 1,117,713
i quali produssero la somma di ...... lire 806,972
e di mercanzie ..... cantaie 344,813
colla rendita di ..... lire 100,000
compresi i bagagli dei viaggiatori, piccoli colli, ec. Vuolsi notare però, che il ramo di quasi 10 miglia (16 kilometri) da Torre dell’Annunziata a Nocera non venne aperto al traffico che al 19 maggio 1844.

12.° Gli azionisti pella strada da Napoli a Nocera ed a Castellamare ebbero pel 1.° settembre del 1844 un utile netto a ragione del 5 per % l’anno. Pel 2.° semestre un utile in ragione del 5 ¼ per %; nell’anno presumesi almeno del 6 per %.

13.° Non si può dare esatto conto della spesa dell’esercizio nel detto anno, perchè non ebbe luogo sulla strada intera, che per sette mesi; e gl’interessi pei primi cinque mesi non vennero attribui ti all’intero capitale, ma solo a lire 6,900,000, cioè pro poporzionalmente al solo tratto di strada allora costrutto fra Napoli e Castellamare.

14.° Le azioni della società francese non sono tassate alla Borsa di Napoli, possedute come sono quasi tutte da residenti in Francia. In vendite private a Napoli, come in altre a Parigi, voglionsi pagate anche col 10 per % di premio. Nè vuolsene muover dubbio o stupore; perocché l’ultimo rendiconto sociale sopra indicato dimostra la rendita netta dell’impresa ormai superiore al frutto legale del danaro a Napoli non solo, ma in tutta Italia ed oltre l’Alpi, e il mare, superiore ancora al frutto comune dei capitali9. [p. 128 modifica] 15.° Cotesto provento della strada in discorso debbesi fondatamente presumere crescente, specialmente se verrà prolungata nelle indicate direzioni, e perchè appena ora incominciasi dal pubblico a gustare il pregio di quel nuovo veicolo.

16.° La concessione della strada, come già si è detto, è per anni ottanta, compiti i quali, essa diventa proprietà del governo o dello Stato, senza compenso, eccettochè pel materiale mobile ed approvvisionamenti, il cui acquisto è riservato all’erario pubblico ove li voglia.

17.° Il capitale dell’impresa è di 12,500,000 franchi di Francia, divisi in tante azioni da 1,000 franchi ciascuna. I fondatori della società, costruttori come si è veduto della strada a cottimo (a forfait), per conto della compagnia, ebbero lire 11,500,000

[p. 129 modifica]in danaro, e 1,000 azioni beneficiarie, stimate lire 1,000,000. Le dette azioni beneficiarie però non possono toccare alcun frutto od interesse insino a che le altre, cioè il fondo reale dell’impresa, abbiano conseguita la rendita dell’8 per %. Attalchè per ora i fondatori suddetti non ricavano profitto del capitale assegnato loro, ma per opinione comune poco tarderanno ad ottenerlo, atteso il presunto aumento degli utili.

18.° Finalmente, le azioni suddette finora non furono, la Dio mercè, occasione ad alcun aggiotaggio, a Napoli segnatamente, dove, come si è detto, non se ne fa commercio attivo alla Borsa, e neanche in Francia. Perocché le azioni medesime essendosi fin sulle prime ripartite fra genti serie e molto attinenti dei fondatori loro compaesani, non si fece di esse gran clamore alla borsa di Parigi; la fiducia nei fondatori preallegati consigliando i possessori d’esse a conservarle, finché, attuata appieno l’impresa, se ne conseguissero gli annunciati vantaggi; de quali già alcuni sonosi verificati, e gli altri possono fondatamente or più che mai presumersi10.

Noi ci siamo lungamente fermati a ragionare di cotesta strada:

1.° Perchè, essendo la prima e la sola finora che in Italia siasi ordinata e compita, almeno nel principale suo divisamento con buon successo, dovea necessariamente occuparci di preferenza.

2.° Perchè il detto suo ordinamento essendosi così bene inteso da non presentare gl’inconvenienti economici notati in altre [p. 130 modifica]imprese di tale natura diversamente regolate: ci parve un esempio proficuo da proporre all’imitazione altrui, quando sorgessero circostanze affatto consimili.

In prova d’imparzialità, e non già col fine di molesta o di men riverente censura, vuolsi qui notare però, che se ricavansi dai documenti pubblicati i descritti riscontri; d’altra parte, per testimonianza di persone degne di fede, le quali percorsero le principali strade ferrate d’Europa, e poterono istituire il necessario confronto, ne consta: la costruzione della strada ferrata in discorso benché collaudata dagli ingegneri governativi e dai commissari della società intraprenditrice mpstrari tuttavia, anche ai meno veggenti, fatta dai Bayard e soci con molta economia e con pregiudicio della sua solidità, durata e comodo de’ viandanti. Il collocamento delle ruotaie e dei travicelli specialmente allegasi fatto con sì poca esattezza, che assai incomodo riesce il corso dei convogli. Ancora, le vetture sono disagevoli e meno eleganti. Il materiale scorgesi in generale donzinalmente fatto, e prevedesi bisognevole di prossimo rinnovamento. Insomma, vuolsi che fra le strade d’Europa quella da Napoli a Castellamare sia la meno comoda e buona, come la meno solidamente costrutta. Noi, che non la vedemmo, consegniamo questo giudizio di persone reputate meritevoli di credito, perchè doveasi notare, senza però volerlo guarentire, contenti come saremmo, che fosse meno esatto, perciò chiamato troppo severo.

3.° Siccome nel Discorso II mostrammo dubitare assai che alcuna impresa di vie ferrate in siffatta guisa ordinata, senza sussidio governativo, potesse riuscire a buon fine, tranne qualche rarissima eccezione, così al fine di non mostrarci contradicenti alle bandite dottrine, debbonsi notare coteste eccezioni là dove si presentano, e spiegare per qual motivo abbiasi in tai casi resultati dissimili da quelli generali, preveduti pel maggior numero delle imprese suddette, quando alla sola industria privata si concedono.

Abbiamo detto al preallegato Discorso II ripetutamente, che le speculazioni di strade ferrate concedute all’industria privata libera, senza alcun sussidio governativo, erano da noi credute [p. 131 modifica]dover riuscire per lo più così poco profittevoli da correre grave pericolo di fallimento, nell’Italia nostra specialmente, dove la necessità di far venire dall’estero ruotaie, macchine, operai ed il combustibile che serve ad alimentare le locomotive, debbe naturalmente rendere assai più costose le imprese, sì per quanto concerne alla costruzione, che per rispetto al successivo esercizio delle strade medesime.

11 fatto opposto seguito in Napoli dovendosi ora spiegare, occorre notar per esso, che seguiva in luogo difficile a trovarsi altrove nella Penisola in condizioni consimili.

Una strada che porge accesso ad una città popolatissima d’oltre 400,000 abitanti, lungo una riva di mare amenissima per situazione, da innumerevoli forestieri sempre visitata per la delizia de’ luoghi, pel clima ridente e salubre, per le mirabili curiosità della natura e dell’arte: non si troverebbe certamente a fare in circostanze pari altrove, e sicuramente quand’elle esistessero ne sarebbe uguale l’effetto.

Così vedremo la strada tra Padova e Venezia, due gran centri di popolazione posti a contatto col nuovo mezzo, produrre, se non uguali, certo approssimative conseguenze.

Così del pari ne siegue tra Livorno e Pisa, come succederà da Firenze a Pisa ed a Pistoia; quando quella linea sarà terminata. Così pure ne succederà alle linee che scorreranno tra Genova e Torino, e tra Genova e Milano, come fra Milano e Torino, fors’anche sull’intera linea da Milano a Venezia, come su quella da Bologna ad Ancona, perchè tutte quelle linee sono e saranno poste frammezzo a contrade popolatissime.

Sempre quando pertanto la tratta sia breve, la popolazione agglomerata e molta, e le condizioni di relazioni facili per nessuna interruzione di linee daziarie, o di altri ostacoli, non è a dubitare che l’impresa d’una strada ferrata si potrà assumere da una società privata industriale con fiducia di profitto.

Ma siccome, perchè grande sia rispetto all’universale il vantaggio di quelle vie, importa che le linee d’esse sieno lunghe assai, ed abbraccino lontane relazioni di traffico, allora la grave spesa e la non adequata rendita che ne derivano tosto dimostrano [p. 132 modifica]vero il canone da noi fondato della necessità d’un intervento governativo, o per mezzo d’efficace sussidio agli imprenditori che assumon l’opera, o per il fatto del governo istesso che la eseguisce per cura e conto proprio.

Il caso di Napoli adunque, ed anche altri all’incirca consimili, non distruggono la verità delle bandite dottrine; e se quello merita lode verso coloro che idearono l’impresa, e con molta prudenza ed abilità non comune la governarono; come vuolsi encomiare il pubblico reggimento che la favoriva e la proteggeva, non ne avviene però che un tal caso si debba ripetere in altri luoghi senza il concorso di circostanze uguali.

Il protendimento poi di detta linea da Nocera sino alla riva dell’Adriatico, e quello verso Avellino e Salerno, avranno un diverso resultato.

Quello verso l’Adriatico giovando al commercio universale, ma necessitando una spesa non adeguata al presunto più scarso frutto, non si potrà forse attuare senza il concorso del sussidio governativo. Tuttavia sarebbe utilissimo concederlo, quando consenta ad onesti patti, alla società medesima, la quale può meglio condurre l’impresa di qualsiasi altra.

Quanto all’altro protendimento poi, trattandosi di tratta più breve, che mette capo a contrade popolatissime, potrà forse ancora compiersi come i precedenti senz’altro concorso.

Cotesti pensieri, che la sola vista della carta corografica de’ luoghi, e le notizie statistiche del Regno destano in noi, si saranno certamente affacciati alla mente de’ reggitori napoletani; ond’è che noi abbiamo lusinga ch’essi li manderanno ad effetto quando che sia possibile, e ne deriverà certamente ad essi fama d’esperti ed accorti governanti.

Difatti quanto al congiungimento de’ due mari al punto prima accennato di Manfredonia od altro, ognuno di leggeri comprende che la comunicazione fin qui descritta avvicina la Grecia all’Italia, ed agli arrivi che di colà a questa convengono sulle rive del Mediterraneo sino al punto di Napoli; — che, attraversandosi in que’ luoghi la Penisola, risparmiasi un lungo giro a chiunque abbisogni di prontamente giugnere alla Grecia, quindi al [p. 133 modifica]Levante, o voglia andarne a Venezia, a Trieste, o viceversa; — che grandemente possono quindi esserne attivate le relazioni reciproche tra Napoli, i porti greci e del Levante, come con quelli di Sinigaglia, Ancona, Venezia e Trieste; — che lo stesso traffico germanico e slavo, a questo porto più convergente, come sarà detto di poi, può riceverne non indifferente vantaggio; perocché ne’ traffici tutti più sono moltiplicate, avvicinate e facilitate le comunicazioni, più crescono le speculazioni, per quella legge di equilibrio che cerca diffondere le transazioni dovunque meglio può giungere l’umano commercio.

Nè ci si venga dire per avventura:

1.° Il porto di Cività Vecchia essere l’emporio naturale degli scambi dello Stato pontificio per quella parte; escludere perciò la convenienza di protendere la via ferrata napoletana da Gaeta a Roma, perchè piuttosto un’altra linea converrebbe dal detto porto alla città Santa, che meglio concilierebbe l’interesse di quello Stato.

2.° Il giro in mare fino al punto estremo della Penisola dal Mediterraneo all’Adriatico essere scarso incomodo e tenue aumento di spesa a confronto dell’incomodo e della spesa nascente dallo scarico e dal carico delle merci, che dovessero per scansarlo passare lungo la via ferrata destinata a congiugnere que’ due mari.

Conciossiachè sembra a noi potersi a siffatte eccezioni rispondere:

1.° Una strada ferrata lunga le cinquanta miglia romane circa, che distano da Cività Vecchia a Roma, essere tale una spesa, che non sarebbe certo compensata dal prodotto di scarsi transiti.— Bastare al trasporto di merci e di persone da quel porto a Roma e viceversa le presenti vie terrestre ordinaria e fluviale pel Tevere, se non preme l’impiego del tempo. — Preferirsi per le dette merci e persone, cui premerebbe invece un pronto arrivo, la proposta via ferrata tra Napoli e Roma, come quella che, servendo di punto d’arrivo e di partenza a due capitali, ambo gran centri di numerosa popolazione, e d’un gran numero di viaggiatori, in poche ore farebbe lor fare quel cammino ch’ora costa, se tutto per [p. 134 modifica]terra, parecchi giorni, e se per mare in parte, tuttavia ancora una giornata ed una notte intera. — Doversi perciò aumentar grandemente le relazioni tra le due città, ed accrescersi così notevolmente il rispettivo commercio di esse colla proposta via ferrata da Gaeta a Roma.

Se si valutano 1.° le incertezze del tempo in mare; 2.° il tempo delle fermate dei battelli a vapore in ogni scalo; 3.° la non sempre sicura e pronta partenza dagli scali marittimi alle città dell’interno della Penisola, scorgesi notevolmente ridotto il preteso beneficio del risparmio del tempo ne’ viaggi fatti lungo la Penisola coi detti battelli a vapore. I corrieri che vanno sulle strade ordinarie solitamente mettono un tempo di poco maggiore, e di più han sempre la certezza dell’arrivo, perchè non esposti, come i battelli, alle fortune di mare.

Questo è forse il motivo per cui le amministrazioni postali non si servono di que’ battelli pel trasporto de’ dispacci.

Quando pertanto una strada ferrata da Napoli portasse a Roma in poche ore, certochè nessuno che viaggi con premura andrebbe col battello a Cività Vecchia per ugual fine; perocché consumerebbe almeno un tempo triplo, con maggior pericolo e più grave incomodo.

2.° Sta benissimo che il giro del punto estremo della Penisola, per le navi che vanno o vengono dall’Oceano a Trieste e Venezia, è valutato scarso aumento di tempo e di nolo; ma non cosi, a nostro parere, può dirsi di quelle che dai porti del Mediterraneo a quelli sopra indicati dell’Adriatico dovessero andarne o venirne, specialmente quando si tratti di merci e di persone cui prema un pronto arrivo, e per le quali resulti prezioso il tempo da impiegarsi nel tragitto; segnatamente quando la via ferrata attraversante il Regno dal Mediterraneo all’Adriatico partisse ed arrivasse a due mercati di qualche importanza, dove i carichi di ritorno potrebbero trovarsi.

Nell’aumento pertanto delle relazioni commerciali tra i varii popoli, noi crediamo il sistema fin qui adottato per le strade ferrate del regno di Napoli singolarmente atto a facilitare coteste relazioni, ed a crescere perciò la civiltà e la prosperità materiale del Regno medesimo. [p. 135 modifica]Egli è forse diretto da questi pensieri che un nostro amico degnissimo, il chiarissimo signor commendatore Ferdinando de Luca, pubblicava nelle Ore solitarie, giornale napoletano, alcune sue idee sulla estensione più conveniente da darsi alle strade ferrate del Regno.

Il dotto matematico prese a dimostrare, che la strada divisata da Napoli a Manfredonia, per avviso di lui, dovea piuttosto rivolgersi altrove. Poiché quella città essendo in un punto segregato e nel gomito meridionale che fa il monte Gargano, sarebbero escluse dalla strada ferrata per essa diretta tutta la provincia della Capitanata settentrionale, quella di Molise ed i tre Abruzzi.

Invece dimostrò che la strada dovea piuttosto avere un tronco da Napoli a Troia, prolungando la strada attuale per la valle del Calore, d’onde doveasi poi bifurcare in due rami; l’uno da Troia a Termoli, in mezzo a popolatissime città, l’altro da Troia a Barletta, scalo principale del commercio de’ cereali esportati dal Regno. Questo secondo ramo vorrebbe diretto per Foggia tra Civignate ed Ascoli.

Termoli merita, per avviso del De Luca, la preferenza, perchè quello scalo ha clima più salubre di Manfredonia, e perchè mette ai tre Abruzzi, de’ quali può dirsi la porta.

Volendosi poi una più compiuta comunicazione tra l’Adriatico ed il Jonio col Mediterraneo, proponeva altresì il De Luca un terzo ramo da Napoli a Taranto, collo stesso scopo probabilmente, che altri propone la direzione d’Otranto ancora più avanzata, come diremo fra non molto.

I suggerimenti del chiarissimo professore ci sembrano invero, dovendosi giudicare, degni della più seria attenzione. Perocché, quando venissero mandati ad effetto, non può contendersi che sarebbero atti a dare molto impulso e nuova vita al traffico di que’ luoghi, coll’esecuzione delle proposte linee; se non che pare a noi che la spesa occorrente per esse non conseguirebbe forse tutto l’adequato prodotto necessario a porgere un sufficiente frutto del capitale che vi dovrebb’essere impiegato.

Sarebbero pertanto coteste linee da annoverare tra quelle che molto conviene tentare nell’interesse dell’universale, senzachè vi [p. 136 modifica]sia contemporaneamente quello diretto d’una speculazione privata, che possa incitare alcuno a tentarla saenz’altro concorso. Il perchè allora, ripetiamolo ancora, gli è il caso dell’intervento governativo diretto od indiretto, praticato in uno degli accennati modi; e noi non dubitiamo che il governo napoletano saprà, diretto com’è da un principe illuminato, prendere quel partito, che un accurato esame della vera condizione de’ luoghi e delle presunte emergenze del traffico in essi sapran consigliare a coloro che dovran decidere la quistione, e vorran farlo guidandosi colle norme di economica liberalità sinora predicate.

Ancora; un chiarissimo nostro concittadino ed amico carissimo, in alcune pagine recentemente scritte, le quali rifulgono per logica verità in ordine ai vantaggi delle strade ferrate italiane, celebrando con irrecusabili argomenti e con dati statistici, che reputiamo fondati, il beneficio risultante dalle pronte e dirette relazioni così create lungo la Penisola, e per essa da tutta Europa coll’Oriente, estende le linee da noi proposte fino ad Otranto, scalo estremo di qualche importanza commerciale che al detto Oriente conduce.

Cotesto sistema essendo alquanto diverso dal nostro più lievitato come si è veduto, e ristretto alla comunicazione tra Napoli e Manfredonia o Termoli, vuol essere pure qui da noi brevemente discusso 11.

Non può contendersi che il beneficio del più pronto e più [p. 137 modifica]facile arrivo allo scalo suddetto d’Otranto, c quindi pel mare ai varii scali più essenziali della Grecia e del Levante, sarebbe così a tutta Europa assicurato, e che perciò ne avverrebbe, se non di merci, di persone un andirivieni ragguardevolissimo, anche atto a fornire notevoli prodotti.

Se poi cotesti prodotti sarebbero sufficienti a compensare una società, la quale assumesse senz’altro l’impresa, non assistita da governativi sussidi, osiamo dubitarne assai; perocchè la molta estensione della linea, e la non agglomerata popolazione di varii fra’ luoghi in cui essa dovrebbe passare sono motivo di credere che i passaggeri regnicoli non porgerebbero grande guadagno.

Ordinare le strade a intero carico governativo, come quella per Caserta e Capua, sarebbe forse impresa eccedente le facoltà del pubblico erario, e non adeguata alle proporzioni segnate al credito di lui.

Forse l’assicurazione d’un interesse minimo, conceduta dal governo ad una compagnia, sarebbe atto a risolverla a tentare l’assunto, e se pei primi anni potrebbe nascere un peso pell’erario suddetto, ne’ successivi quel peso sarebbe certamente compensato da altri proventi indiretti pel fisco, in conseguenza dell’accresciuto moto delle persone, delle cose e dei valori a queste attribuiti, in ragione dell’aumentata utilità di esse; fors’anche cesserebbe poi il carico diretto istesso pel crescente prodotto de’ trasporti.

Comunque sia, noi giudicammo doverci ristringere a quelle direzioni che ci parvero di più probabile esecuzione e di men dubbio presunto utile per ora.

Ma ciò non toglie che, se si potessero per avventura vincere gli ostacoli che ci fecero esitare ad indicare nel nostro sistema la maggiore estensione suggerita dal nostro concittadino, d’arrivare, cioè, fino ad Otranto o ad altro punto, quella estensione maggiore si lodi pelle addotte cause. Chè certamente, ripetesi, quanto più sarà la nostra Penisola intersecata in vario senso da vie ferrate incominciate e terminate (non a solo pretesto di speculazioni d’aggiotaggio intraprese), tanto più ne deriverà immenso vantaggio alle sue relazioni commerciali e civili, perciò al suo progresso.

Cotesta terra italiana, stata due volte per decreto benefico della [p. 138 modifica]Divina Provvidenza fregiata d’un incontrastabile primato civile e morale, che ad altri Stati (confessiamolo pure ancora con intera imparzialità) ora compete, ha tuttavia sempre in essa un fecondo elemento di risorgimento.

Lo spirito positivo, diretto all’utilità vera, dei suoi abitanti, in certe determinate condizioni di tempo e di luogo prudentemente incitato, sicuramente saprà trarre da quelle condizioni medesime tutto il possibile partito.

Solo debbono gl’Italiani, ripetiamolo pure ancora, e non mai abbastanza, rinunciare alle grette rivalità, le quali sempre furono causa principale del decadimento loro; chè se, educati una volta a vera e maschia virtù, essi concordi invece al solo unico assunto tenderanno di fare della Penisola una sola famiglia, col proposto scalo che tenda all’estremo Oriente, cui porga più facile e più sicuro accesso, deriverà certo l’intera consecuzione del bello ed utile scopo di viepiù accrescere la nostra potenza, la nostra ricchezza, la nostra civiltà!

Terminando il nostro discorso sulle strade ferrate del Regno, ci resta a dire, non conoscersi, per quanto accertano persone informate, se il governo pontificio vorrà consentire ad una comunicazione colle linee di Napoli, come pur sarebbe desiderabile.

Noteremo, finalmente, rispetto all’isola di Sicilia, che finora non ci ha strade ferrate. Solo un avvocato napoletano ricorse, tempo fa, onde ottenere la concessione di costruirne una tra Palermo e Termini (lunga 24 miglia circa) a totale suo rischio e pericolo. Allegava essergli possibile di trarre d’Inghilterra e di Francia i capitali occorrenti; ma non avendo provate sussistenti le allegazioni di lui, temendosi a ragione di qualche speculazione d’aggiotaggio, venne la sua domanda reietta.

Riepilogando ora il fin qui detto relativamente alle strade ferrate già attuate ed ancora ideate nel regno delle Due Sicilie, sembra resultarne:

1.° Che la strada, detta Regia, da Napoli a Caserta, con diramazioni a Capua ed a Nola, costrutta a tutte spese dell’erario, e per suo conto esercitata, è un’opera lodevole quanto all’esecuzione de’ lavori, ed all’oggetto cui già serve di porgere adito [p. 139 modifica]alla Villa Reale ed a due stazioni militari di molta importanza, da una delle quali, Capua, potrebbe collo stesso scopo condursi al’antemurale del Regno, che è Gaeta, e quindi al confine pontificio.

2.° Solo doversi lamentare che, per difetto di sufficienti studi, siasi quella strada soverchiamente prolungata, attalchè cotesto errore, giunto alla relativamente troppo cara tariffa, è causa che la strada ordinaria sia ancora preferita, e non si ottenga dall’esercizio di quella Regia un prodotto adeguato alla spesa presunta d’essa; la quale spesa tuttavia non è nota per non essersi compresa ne’ conti del pubblico erario.

3.° Che la strada da Napoli per Castellamare a Nocera de’ Pagani, conceduta alla società Bayard e compagni, la prima che siasi in Italia eseguita, fu ordinata in modo conveniente sì nell’interesse pubblico, che de’ concessionari; i quali fecero un’ottima speculazione, da cui ritraggono un adeguato profitto, che promette ancora di crescere quando quella linea sia prolungata fino a Manfredonia, com’è pensiero, o ad altro porto dell’Adriatico, onde operare così l’utilissimo congiungimento de’ due mari.

4.° Che però alcune persone assai versate nella materia pretendono i lavori e provviste fatte dal Bayard essere men solidi e duraturi, e specialmente i veicoli ed il suolo stradale riuscire incomodi ai viandanti; e doversi certamente fra non molto gli uni e gli altri rinnovare: alla qual cosa sono indubitatamente tenuti i concessionari, che il governo saprà certamente costringere all’osservanza dei patti stipulati.

5.° Che il prolungamento di quella strada verso l’Adriatico e le ubertose e popolate province che avvicinano la capitale, come la sua direzione alle altre più lontane, quali sarebbero gli Abruzzi e le Calabrie, non sembra poter promettere un adequato compenso alla società che ne otterrebbe la concessione, quando questa si volesse regolare colle condizioni stipulate dal Bayard. Tuttavia, attesa la somma utilità dell’impresa, essere appunto il caso de’ sussidi governativi applicati col sistema da noi preferito della garanzia dell’interesse minimo, quando la condizione [p. 140 modifica]dell’erario napoletano non conceda che il governo, come fece pella strada Regia, assuma egli stesso direttamente l’opera.

6.° Che quanto alle direzioni da darsi a due linee, conducenti l’una a Termoli, l’altra a Barletta, dal commendatore Ferdinando De Luca preferite ad una linea diretta su Manfredonia da Nocera, sembrano assai fondati i riflessi che mossero quell’insigne scienziato a consigliarle, come sarebbe certamente utilissima l’altra diramazione, da esso pure proposta insino a Taranto, onde giugnere così ad uno scalo che metta più avanti verso all’Oriente, come potrebbe anch’esserlo quello di Brindisi, già emporio del traffico antico.

7.° Che cotesto pensiero d’utilità europea, il quale può far dell’Italia intera la strada per all’Oriente, più ancora sarebbe mandato ad effetto quando si conducesse una linea sino al punto estremo d’Otranto, da dove la Grecia e l’Egitto sarebbero grandemente avvicinati. La quale idea, esposta non ha molto da uno scrittore chiarissimo, cui ogni bene d’Italia muove a singolar premura, noi abbiamo creduto dover riferire, perchè non andasse per avventura perduta; e sebbene temasi difficile l’esito di tal impresa, non già rispetto all’arte, ma quanto all’ordinamento de’ mezzi, non abbiamo voluto tralasciare dall’encomiarne l’utilità.

8.° Che quantunque l’Italia centrale abbia il massimo interesse a congiungersi colle vie napoletane, finora non resultano appiccate pratiche al proposito, e vuolsi temere possano ancora tardare assai le relative intelligenze, per certe sfavorevoli prevenzioni che suppongonsi allignare in alcuni governanti; i quali però, ove seriamente meditassero sull’argomento, senza opinioni preconcepite, tosto si convincerebbero, che le obbiezioni poste in campo non possono reggere ad una discussione seria e leale, mossa da retti fini, i quali possano farsi palesi.

9.° Ch’egli è probabilmente col fine d’invitare il governo limitrofo ad un convegno, che a Napoli si nominò una commissione per istudiare i punti di contatto sul confine, che sarebbe più spediente di scegliere; ed è a desiderare che, fatto noto il lavoro della detta commissione, vengano tosto intavolate le occorrenti pratiche onde conseguire il divisato congiungimento. [p. 141 modifica] 10.° Finalmente, che nell’isola di Sicilia finora non trattasi di far strade ferrate, sebbene siasi altre volte presentata una domanda di concessione relativa, poi non accolta pel fondato timore che servisse d’occasione a speculazioni d’ aggiotaggio.

Coteste diverse indicazioni e resultanze provano: che il regno delle Due Sicilie debbe occupar un luogo assai ragguardevole nell’ordinamento della rete di strade ferrate nella Penisola.

Che il governo d’esso si mostrò il primo in Italia favorevole a tali imprese, sia accordando la prima concessione, e sia intraprendendo egli stesso altre imprese direttamente.

Ch’esso non sembra alieno, anzi mostrasi favorevole ad ulteriori protendimenti, de’ quali fa intanto studiare le convenienze nel rispetto strategico, politico ed economico. — Laonde questi fatti sono un’arra non dubbia del liberale concorso del governo preallegato nell’impresa tutta italiana da noi esposta e studiata per viemeglio promuoverla.

Note

  1. Il commercio antico nel regno di Napoli dovette essere molto fiorente allorquando alcuni scali marittimi d’esso, come Brindisi e Taranto specialmente, erano emporii delle merci provenienti dall’Oriente a Roma; e quando l’Annona provvedevali nella Sicilia e nell’Egitto. — Nel medio evo Amalfi fu pe’ traffici fiorentissima; ma la prima tra le italiane repubbliche soggiacque alle tempestose vicende onde fu il regno travagliato. — Durante le successive conquiste de’ Normanni e degli Aragonesi i traffici non poteano prosperare, per le incessanti guerre tra i baroni ed il principe. — Nello spagnuolo dominio il Regno era in preda al più deciso mal governo, onde non derivò mai alcuna operosità commerciale. — Assunto dai Borboni il pubblico reggimento, alcuni loro ministri tentarono di far risorgere i traffici, ma con iscarso successo. — Nell’occupazione francese, lo stato di continua guerra era ostacolo permanente al bene del commercio. — Ristaurato il governo borbonico si cercò nuovamente di farlo prosperare, e le cose paiono a buon fine avviate. Vedi Giannone, Storia Civile, ecc. - Colletta, Storia del reame di Napoli.
  2. Vedasi in fine, per questo, come pei successivi capitoli, la carta corografica (Documento N.° 19), nella quale sono con segni convenzionali tracciate le linee di strade ferrate:
    1.° Già costrutte ed in esercizio;
    2.° In corso di costruzione;
    3.° Decretate od approvate dai governi pei relativi, studi;
    4.° Ideate o proposte soltanto;
    5.° Colla rete intera dall’autore adottata.
  3. Così almeno ci viene da Napoli affermato da persona che debb’essere informata con esattezza di quanto a detta strada concerne. Però non dobbiamo tacere che nel fascicolo del gennaio 1846, pag. 89, degli Annali universali di statistica di Milano, il novero de’ viandanti condotti su quella strada è come segue registrato pei tre mesi di settembre, ottobre e novembre 1844.
    Settembre ... N.° 76,216
    Ottobre ... » 77,807
    Novembre ... » 71,685

    Ignoriamo da quale più o meno sicuro fonte derivi cotesta indicazione.

  4. «Nella concessione fatta pel real decreto de’ 19 giugno dell’anno 1836, coll’articolo 13 è stabilita la seguente tariffa pe’ trasporti sulla strada di ferro, la quale non può mai accrescersi, diminuirsi bensì. » L’esazione avrà luogo a ragione di ogni miglio, senza tenersi conto delle frazioni di distanza: per un miglio incominciato si pagherà come se fosse stato percorso tutto intero. Di più, per ogni distanza percorsa minore di tre miglia il dritto sarà pagato per tre miglia intere. » Le frazioni di peso inferiore a due cantaia e mezzo pagheranno come se giungessero al peso di due cantaia e mezzo. Così ogni peso fra due cantaia e mezzo e cinque, pagherà per cinque; ogni peso fra cinque e sette e mezzo, pagherà per sette e mezzo, ecc., ecc.

    TARIFFA.
    Dritto pel corso di un miglio.

    Viaggiatore pe’ primi posti grani 5
    idem pe’ terzi posti, non più di » 3
    Bue, vacca, toro » 5
    Cavallo, mulo od altro animale da tiro » 3 ½
    Vitello, porco, montone, pecora, capra » 1 ½
    Per ogni dieci cantaia di mercanzie, derate e materie » 12
    Vettura sopra piatte-forme » 12 ½

    » Per ogni pacchetto o collo, che pesi isolatamente meno di 2 cantaia ½, cioè 222 ½ kilogrammi, si pagherà a seconda del prezzo fissato nella tariffa generale. Tali pacchetti o colli saranno giudicati isolati quando essi non facciano parte di una spedizione che, riunita, pesi 2 cantaia e ½, o più, da o ad una medesima persona.

  5. «In seguito dei due reali decreti, uno del 19 giugno 1836, contenente la concessione in favore del Bayard, l’altro del 3 febbraio 1838, riguardante le modificazioni ai patti della primitiva concessione, furono stipulati gli atti pubblici tra il governo reale di Napoli ed il Bayard, il primo ai 18 ottobre 1836, pel pubblico e regio notaro Carmine Galgano di Napoli, nel suo studio, strada Costantinopoli, N.° 77; l’altro a 19 aprile 1838 pel pubblico notaio Giuseppe M. Pacifico, nel suo studio, strada Querica, N.° 40. »Vedi l’atto di società della strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellamare, stipulato in Parigi pel pubblico notaio M. Hailig, nel suo studio, strada di Autin, N.° 9, agli 8 ed ai 24 febbraio 1837; il volgarizzamento italiano autentico del quale atto poi pubblicato in Napoli, venne depositato presso lo stesso notaio in Parigi».
  6. Vedi il fascicolo XLI degli Annali civili del regno delle due Sicilie del febbraio 1840. Un articolo intitolato: Della strada ferrata da Napoli a Nocera, con un ramo per a Castellamare, scritto nel 1839 da Achille Antonio Rossi.
  7. Vuolsi che il costo reale sia minore d’assai, e massimo il lucro ricavatone dal Bayard.
  8. Vedi: Chemin de fer de Naples à Nocera et à Castellamare. Procès verbal de l’assemblée générale du 15 novembre 1844, et rapports: 1.° de MM les commissaires de la commandite, l’un sur les mouvements des actions et les comptes de gestion, l’autre sur la reception du chemin, de ses batiments, du matèriel, etce; 2.° De MM. les concessionaires gérants. Paris, Imprimerie de Leantey, rue Saint-Gulllaume, 21.
  9. Il frutto dei danaro a Napoli, per le rendite inscritte al gran libro del debito pubblico redimibile dello Stato, è del 5 per %, ed il valore al corso di esse essendo dal 100 al 105 per ½, come vedesi, di poco è inferiore al frutto legale. — L’impiego di capitali in istabili è vario assai in ragione de’ luoghi, e può dirsi che sta tra il 2 ½ e il 6 od il 7; ed anche più talvolta secondo la natura delle proprietà.
         - I mutui sono molto difficili, e però se ne domanda il maggior interesse possibile, attese le difficoltà che presenta la legge di spropriazione forzata, imitata dalla francese, e com’essa difettosa; ond’è che, mancando mezzi pronti e facili onde riscuotere per autorità de’ tribunali i capitali dati a mutuo, quando il mutuatario non li renda: accade che i mutuanti pretendono grossi interessi in qualunque contratto di mutuo. L’inopportunità della legge sulla spropriazione forzata va unita al vizioso sistema di pubblicità delle ipoteche generali e legali di privilegio, pure imitato dalla legislazione francese, sol finora in Italia in gran parte corretto negli Stati Sardi. Queste circostanze, allontanando gl’impieghi di capitali in terre, avrebbero dovuto favorir invece quelli nelle società commerciali, se non fosse del cattivo esito toccato alle molte società anonime attuatesi in Napoli dal 1830 al 1835, le quali fecero di molti affari in mutui, sconti ed assicurazioni sulla vita. Ma una legge promulgata allora, tassando come usurarie queste, senza tener conto della natura aleatoria d’esse, e riducendole a mutui semplici, con interessi, per i quali ad ogni mutuo fatto con buona ipoteca, e non già con assicurazione di vita, erano assimilate: ne derivò esser quello un atto esiziale, che fece fallire quasi tutte quelle società dov’erano collocati molti piccoli capitali accumulati. Allora seguirono brutte speculazioni d’aggiotaggio, nelle quali lordaronsi le mani anche parecchi amministratori di quelle società, e, sparita la pubblica fiducia, non si trovarono più avventori ad altre speculazioni sociali, quantunque buone ed oneste. Onde ne derivò al paese gran danno per lo scemato cumulo della ricchezza, da cui nasce la creazione dei capitali produttivi.
  10. Le vicende seguite per le società anonime fallite, di cui nella nota che precede, furon causa che il Bayard non trovò a Napoli il mezzo di formare la società da esso creata in Parigi; perchè allora nessun Napoletano, coll’esempio poco prima avuto, e specialmente trattandosi di cosa affatto nuova, avrebbe voluto comprar quelle azioni. Però, ora che il buon successo dell’impresa la dimostrò utile e conveniente, molte azioni sonosi cominciate a vendere a Napoli anche col premio del 10 per %, come si è detto prima; e gradatamente perduta la memoria de’ passati disastri, è a sperare che lo spirito di associazione, così utile quando non è invaso dall’abuso dell’aggiotaggio, fatto profitto dell’avuta lezione, risorgerà prudente e prospero con vantaggio della produzione generale: alla qual cosa contribuiranno certamente le buone leggi sulle società commerciali, e specialmente il rispetto de’ dritti acquistati all’ombra e sotto la tutela delle leggi precedenti.
  11. Forse Brindisi sarebbe da preferire agli altri scali. Sappiamo che quel porto era l’antico emporio del traffico orientale con Roma, per cui quel municipio saliva a grande ricchezza, e poteva dirsi il convegno di tutti coloro che dalla Grecia, dall’Asia Minore o dall’Egitto andavano a Roma, o ne venivano per colà tornare. — Noi non insisteremo più per Taranto, Otranto, Brindisi od altro porto, perchè lo scegliere più l’uno che l’altro di que’ luoghi, ne pare principalmente subordinato alla maggior facilità ed economia del farvi pervenire una via ferrata, non essendo dubbio che qualche miglio di navigazione prolungato è nulla a confronto d’una strada ferrata, men lunga, men difficile, men costosa. — È noto che recentemente il governo napoletano accordò privilegi e franchigie al porto di Brindisi. Quest’atto porgerebbe forse argomento a creder ciò fatto col pensiero di restituire quello scalo all’antica destinazione, e certo allora una strada ferrata che vi conducesse compirebbe l’opera ed il beneficio derivante da essa.