Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo/Capitolo II

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Capitolo II

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CAPITOLO II.


Strade ferrate già attuate, decretate od ideate soltanto nel regno Lombardo-Veneto.


Venezia fu altre volte regina del commercio coll’Oriente ed, insieme a Genova, dominatrice de’ mari che vi conducono; i quali spesso erano campo di sanguinose contese tra le due signorie rivali. Ma Venezia, come Genova, successivamente pure decadde, dopo che, mancata al suo governo ogni energia pei cessati traffici e per le guerre infelici, si trovò ridotta a perdere colle consunte ricchezze anche la nazionale indipendenza, primo tra i beni di un popolo.1 [p. 142 modifica]Lo squallore e la miseria dell’antica Vinegia erano così crescenti or son pochi anni, che i suoi palagi monumentali, abbandonati, rovinavano per difetto de’ necessari ristauri, o demolivansi da possessori inetti ad abitarli, onde trarre almeno partita de’ preziosi materiali con cui erano fabbricati ed ornati per soccorrersi nell’inopia che li opprimeva.

Le ricche manifatture chiuse e rovinate, la popolazione decrescente ridotta all’estrema indigenza, accusavano una condizione infelicissima, che i cinque porti dell’estuario, ormai colmati dalle sabbie, rendevano tuttodì peggiore pei traffici di mare.

Quantunque il governo austriaco, divenuto signore delle venete province, continuasse non perciò a curare il progresso dello [p. 143 modifica]scalo di Trieste, da esso in certo modo creato, e lo rendesse fioritissimo: tuttavia non tardò a persuadersi come premesse agli interessi ed all’onore della novella signoria di tentare il risorgimento dell’infelice Venezia, e come l’uno e l’altro scalo non più rivali, ma concordi, potessero giovare al traffico generale del vasto impero.

Consolata pertanto Venezia dapprima colla concessione d’un Porto Franco, anni sono accordata (rimedio di poi provatosi inefficace), provvide il governo austriaco ad assicurarvi la navigazione col dar opera alla conservazione ed al miglioramento dei porti; favorì ancora singolarmente la maravigliosa opera del ponte sulla laguna; il qual ponte sarà il primo scalo della grande linea di strada ferrata detta Ferdinandea, conducente da Venezia a Milano2 [p. 144 modifica] Codesta opera promette alla regina dell’Adriatico il maggiore risorgimento che per essa potesse sperarsi mai. Ancora, l’elemento di vita che può presumersi dalla detta strada, diffuso su tutte le province che debbe percorrere,giudicasi da noi così importante per la prosperità dell’intera Penisola, che stimiamo essere pregio dell’opera nostra d’esporre i principali particolari di quest’impresa, le sue vicissitudini ed i soccorsi ad essa apprestati.

I progettisti dell’impresa di costruire una strada ferrata da Venezia a Milano furono i signori Sebastiano Wagner e Francesco Varè.

Con ricorso presentato nel settembre dell’anno 1835 cotestoro chiedevano alla camera di Commercio di Venezia, che ottenesse ad essi la facoltà di fondare a tal’uopo una società in accomandita.

Il governo rispose alla Camera, che avea favorito la domanda del di lei voto conforme: non occorrere alcuna speciale licenza per la fondazione divisata; desiderare però d’essere successivamente informato del corso di cotesta pratica, la quale non esitò a dichiarare interessantissima.

La Camera, professando un’opinione consimile, nominò una commissione particolare di cinque suoi membri, onde studiasse il progetto, sentito il signor Varè, uno de’ suoi autori, posciachè l’altro, il signor Wagner, erasi reso defunto nel frattempo.

La commissione tosto si accinse ai relativi studi: ma credette necessario, anche prima di meglio compirli, che fosse invocato dal governo un privilegio pell’opera con essi divisata, onde l’impresa non fosse prevenuta da altri progettisti di quella o dì altre strade ferrate che si volessero ideare nel Regno.

E perchè il privilegio non fosse personale, ma comune a [p. 145 modifica]coloro che si volessero dedicare all’assunto, procurò che il primo progettista rinunciasse a domandar solo il privilegio suddetto, promettendogli in compenso azioni beneficiarie, le quali, non essendo state poi permesse, furono commutate in un premio in danaro.

Il governo, ricevuta la domanda d’un privilegio collettivo, non l’accolse, ravvisandola intempestiva; però promise di secondarla quando si fosse costituita una rappresentanza morale dell’ideata società, la quale rappresentanza prendesse direttamente parte nel progetto, assumendone all’uopo il carico.

La commissione della Camera in fatti non avea ricevuto altro mandato che di studiare quel concetto, siccome essa fece appunto, esponendo in accurata relazione le proprie indagini ed opinioni; e proponendo alla Camera istessa che fosse eletta una nuova commissione coll’incarico di promuovere l’esecuzione dell’impresa in concorso dei Milanesi.

Cotesta proposta venne accolta, e la Camera di commercio di Venezia invitò quella di Milano ad operar con essa d’accordo acciò fosse conseguìto il divisato fine.

Dopo molte discussioni rispettivamente seguite, i due corpi collegiali vennero in questa sentenza: che l’intervento loro nella pratica, d’altronde degna di somma cura, altro però non potea essere che di protezione.

Frattanto la prima commissione sollecitò ed ottenne dalla Camera l’elezione d’una commissione di dieci notabili, la quale assumer dovesse l’incarico d’aprire una sottoscrizione di lire 60 mila austriache, onde far fronte alle prime spese del progetto, con dichiarazione d’ammettere per la metà di quella somma i sovventori milanesi.

La nuova commissione veneta dei dieci, temendo pregiudicarsi col menomo ritardo nell’insinuare le occorrenti domande del privilegio, non solo assunse l’impegno delle lire 30 mila preallegate, ma tosto spedì a Vienna due deputati per le opportune sollecitazioni nell’aprile del 1836.

Contemporaneamente la Camera di commercio di Milano partecipava a quella di Venezia, che ventiquattro principali [p. 146 modifica]negozanti lombardi, accogliendo la proposta impresa, assumevano l’impegno delle altre lire 30 mila, ritenendosi coi dieci sovventori veneti tutti come Soci Fondatori, e tali dichiarandosi nelle forme legali richieste per la costituzione delle società in accomandita.

Graditasi a Venezia la dichiarazione, si convenne che dieci dei ventiquattro soscrittori lombardi si costituissero pure in commissione; sicché le due commissioni veneta e lombarda procedessero concordi nel proposto assunto, intitolandosi Commissioni Fondatrici.

Un primo convocato delle due commissioni seguì a Verona al finire di maggio del 1836.

I due governi di Milano e di Venezia riconobbero le due commissioni .

S. M. l’imperatore, secondando le istanze dei deputati spediti a Vienna, come già si è detto, con sovrana risoluzione del 25 febbraio 1837 si degnò di permettere la formazione d’una società di azionisti per la costruzione d’na strada ferrata da Venezia a Milano, promettendo anticipatamente per essa un apposito privilegio alle ulteriori condizioni da prescriversi per norma dell’impresa.

Nell’aulico dispaccio del 15 aprile 1837, partecipato con decreto del governo del 10 maggio successivo, col quale si comunicò la detta risoluzione sovrana, scriveasi: "alla società che finora si è privatamente formata, si permette che possa costituirsi in pubblica società di azionisti regolarmente autorizzata. Essa però non potrà pubblicamente entrare in attività, se prima non abbia documentata la sottoscrizione di almeno un milione di fiorini (3 milioni di lire austriache), in modo da non lasciar dubbio sulla solidità delle firme; e se non abbia presentato gli statuti della Società, ed ottenutane, previo esame, l’approvazione sovrana3.

Gli statuti sociali furono presentati il 20 giugno 1837, e la garanzia fu prestata il successivo giorno 8 luglio. [p. 147 modifica] I soci fondatori veneti e milanesi, riunitisi in conferenza a Venezia intanto, stabilirono sino dal giorno 8 maggio precedente di quell’anno 1837 il numero delle azioni paganti al novero, di 50 mila, ed al prezzo effettivo fissato di lire Austriache 1,000 ciascuna, attribuendone

ai fondatori veneti ..... N.° 28,000
ai fondatori lombardi ..... " 22,000
Di coteste azioni ..... " 50,000
ne furono distribuite ..... " 27,000
al pari; cioè a Venezia ..... " 22,000
a Milano ..... " 5,000

I fondatori veneti (10) si distribuirono fra di loro inoltre 600 azioni cadauno. I fondatori milanesi (24) se ne assegnarono ciascuno N.° 708.

I possessori de’ primi certificati interinali (promesse d’azioni) furono invitati al primo versamento del 6 per % da farsi prima del 31 luglio 1837, e codesto versamento in quel primo fervore fu da tutti eseguito, sicché vennero versati i primi 3,000,000 di lire austriache, sulle quali debbe decorrere il frutto stabilito del 4 per %

Il 21 agosto 1837, i possessori suddetti dei certificati interinali furono convocati in Venezia, dove accettarono gli statuti ad essi presentati per l’approvazione dai soci fondatori, e nominarono la Direzione della Società, composta di dieci membri, e divisa in due sezioni, l’una veneta, l’altra lombarda, di cinque direttori ciascuna.

Approvati in quel convocato gli atti de’ soci fondatori, costoro tosto cessarono d’esercitare le proprie incumbenze, le quali restarono quindi affidate alla direzione preallegata.

Alla compilazione del progetto, come alla direzione de’ lavori, fu assunto ingegnere-capo l’ingegnere Giovanni Milani di Verona. Egli tosto s’accinse al progetto sommario o di massima, il quale, cominciato nel giugno del 1837, con mirabile diligenza compiuto, venne rassegnato ai primi giorni di settembre del 1838 a S. M. I. e R., che si trovava allora in Milano.

Il giorno 15 ottobre dello stesso anno 1838 S. M. I. e R. si [p. 148 modifica]degnò d’approvare gli statuti; e nel dì 7 aprile del 1840, approvando il progetto tecnico, concedeva alla società il privilegio definitivo per la costruzione della strada ferrata da Venezia a Milano, prefiggendo per la compiuta esecuzione di essa il termine d’anni 10, decorrendi dalla data della patente di privilegio, firmata da S. M. il 27 ottobre 1840.

Il 30 luglio dello stesso anno era seguito a Venezia il primo congresso generale degli azionisti, il quale deliberò l’incominciamento dei lavori dal lato veneto. Allora nacque la troppo nota controversia tra i Bergamaschi e gli altri interessati lombardi, controversia stata così fatale al processo dell’impresa nella parte lombarda. Pretendevano i primi che la nuova strada toccasse da Milano lungo il piè dei monti direttamente l’abitato di Bergamo a piè di essi pure situato, quindi andasse a Brescia sempre a piè dei monti; volevano gli altri che pel sottoposto piano invece andasse a Treviglio, ed oltre sino a Brescia e Verona; però, promettevano ai Bergamaschi il compenso di far loro una particolare diramazione da Bergamo a Treviglio.4 [p. 149 modifica] Nel principio del 1841 si pose mano alla costruzione della tratta da Padova alla laguna della lunghezza di metri 33,100, e tanta fu la diligenza del lavoro, che essa fu aperta al pubblico il 12 dicembre 1842.

Nel giorno di san Marco, 25 aprile 1841, S. A. I. e S. il vice-re arciduca Raineri avea posto la prima pietra di fondazione [p. 150 modifica]del gran ponte sulla laguna, il quale debb’essere terminato con tutto l’anno 1845.

Intanto, cessato il primo calore della speculazione, sopragiunte acerbe contestazioni fra gl’interessati, seguito il solito rigiro dell’aggiotaggio, succedeva l’ordinaria conseguenza di esso, la crisi commerciale o mercantile; sicché gli azionisti, i [p. 151 modifica]quali erano nella massima parte speculatori di azioni, si rifiutarono, vedendo queste venute di nessun valore alle borse, a soddisfare agli ulteriori versamenti, laonde a termine dello statuto, grandissimo era il numero delle azioni perente.

In siffatta critica condizione di cose, ond’era minacciata seriamente l’esistenza futura della società, la direzione molto opportunamente pensò di supplicare S. M., perchè il sovrano [p. 152 modifica]favore venisse in suo soccorso, mercè specialmente dell’addomandata garanzia d’una rendita, corrispondente al frutto del capitale impiegato nell’acquisto delle azioni.

Ma il presidente della Camera Aulica (ministro delle Finanze Imperiali) col suo dispaccio del 14 luglio 1841 dichiarò illegale la domanda della direzione, perchè quando la pubblica amministrazione si risolvesse per avventura a concedere qualsiasi [p. 153 modifica]soccorso alla periclitante impresa, onde nell’interesse dell’universale non tornasse fallita; si richiederebbero sempre gli estremi di preventiva prova, ai quali la direzione non poteva sola assoggettarsi, richiedendo l’articolo 27 dello statuto sociale altre giustificazioni dell’allegata critica condizione.

Per la qual cosa, soggiungeva quel ministro, allora soltanto che la società medesima si rivolgesse nelle vie regolari all’amministrazione delle Finanze, destinando a tal uopo alcuni rappresentanti con illimitata procura, si potrebbero prendere in esame le pretese della società, accertato che fosse il vero stato di essa, onde poter proporre di poi a S. M. I. e R. il modo e le condizioni dell’eventuale assistenza, che potrebbe tornar spediente ed opportuno di concedere a carico dello Stato.

Nel congresso degli azionisti tenutosi il 12 agosto 1841 doveasi deliberare su codesto argomento; ma il congresso fu sciolto, perchè parecchi azionisti avendo richiesta la verificazione dei poteri degli intervenuti al convocato, alla quale domanda erasi fatta viva opposizione da altri, il commissario imperiale governativo, incaricato di soprantendere alle discussioni, non permise quel dibattimento.

Recata la quistione a notizia di S.A.I. e S. l’arciduca vicere, sempre mostratosi caldo quanto illuminato protettore della bella ed utile impresa, l’A.S., conosciuta l’emergenza, con dispaccio del 17 settembre del 1841 si degnò di prescrivete le norme per la legale rappresentanza degli azionisti, ed ordinò che fosse prontamente convocato un nuovo congresso, il quale venne fissato pel dì 17 febbraio 1842.

In cotesto frattempo emanarono le sovrane risoluzioni del 19 dicembre 1841 e 3 gennaio 1842, concernenti alle strade ferrate dell’Impero, ed al migliore e più cauto ordinamento di esse.

La prima risoluzione promulgò la creazione delle strade ferrate dello Stato, tra le quali annoverasi la linea d’esse da Venezia al lago di Como, passando per Milano, al quale riguardo il sovrano provvedimento così si esprime: «Per quelle strade di ferro che fossero dichiarate strade di Stato, e sulle quali delle private imprese avessero conseguito [p. 154 modifica]un privilegio, saranno le società trattate a norma dei privilegi loro concessi, con questo però, che qualora le società non fossero in grado di mandare a compimento l’opera della strada, sarà la strada compita a spese del governo.

Coll’altra risoluzione del 3 gennaio 1842, sopra citata, S.M.I. e R. degnavasi di ordinare.

"Che venga eccitata la società degli azionisti per la strada ferrata Lombardo-Veneta a dare una precisa e ben fondata dichiarazione sul punto se trovasi essa in grado di portare a compimento l’opera della strada medesima da Venezia a Milano nel tempo e lungo le linee che furono designate colle condizioni dell’accordato privilegio".

La convocazione degli azionisti, chiamata pel 17 febbraio di quell’anno 1842, fu prorogata al 28 di aprile; ed il congresso, convocato in quel giorno come in quello successivo del 4 di maggio, deliberò di nominare una commissione di nove azionisti, alla quale venne imposto il mandato di studiare la vera condizione attuale della società, con farne relazione all’adunanza generale, proponendo le deliberazioni che ravviserebbe più adequate al caso.

Disimpegnata l’incumbenza, il Congresso deliberò di rispondere alla sovrana domanda sopra indicata: "La società trovarsi in grado di portare a compimento la strada nel tempo, lungo la linea, e colle condizioni del proprio privilegio".

Ma S.M.I. e R. più avvedutamente, per quanto sembra, giudicò l’emergenza; perocché con sovrana risoluzione del 10 di luglio 1842, "riconoscendo non soddisfacenti le illustrazioni ottenute sullo stato della società per la strada ferrata Lombardo-Veneta, e non possibile alla medesima di conseguire lo scopo senza i sussidi del governo, ordinava che fossero chiamati presso il signor presidente della Camera Aulica in Vienna i delegati della società (i quali erano due direttori scelti, uno per ciascheduna delle sezioni; un membro della commissione che era stata eletta per la revisione dello statuto, ed un membro scelto fra i proprietari delle azioni cadute in difetto di [p. 155 modifica]pagamento, ch’erano allora in numero di 33,000 circa su 50,000); e ciò a fine di conoscere i desidèri, anche circa al modo onde avessero a prestarsi i sussidi".

I delegati andarono a Vienna nell’ottobre del 1842, e comunicarono colla presidenza della Camera Aulica, sulle proposte della quale S.M.I. e R. degnavasi di promulgare, il di 22 dicembre del detto anno 1842, le definitive sue determinazioni sovrane.

Le concessioni di S.M. e le corrispettive condizioni intese ci vennero, per favore di persona informatissima della pratica, cui partecipava sebbene in modo indiretto, come segue riepilogate:

"1.° Il governo rinunciò al dritto che si era riservato, concedendo il privilegio il 27 novembre 1840, di dichiarare la caducità del privilegio medesimo, quando la strada non fosse ultimata nel termine assegnato di 10 anni.

"2.° La società ebbe l’affidamento, che se i mezzi che possiede o quelli che si procurerebbe nel seguito, fossero esauriti, senza che essa potesse compiere l’assunto con terminare la strada, questa verrà ultimata a spese del governo, riservata ad esso però la proprietà dei tronchi costruiti.

"3.° Entro il periodo d’anni due dall’epoca dell’ultimazione della intera strada da Venezia a Milano (se questa verrà realmente compiuta coi mezzi della società) o dei soli tronchi da essa costrutti, qualora la società medesima intendesse di rinunciare al privilegio della proprietà della strada, pel tempo residuo che quello ancora dovrebbe durare, verrebbe ammessa a suo favore la facoltà di cedere allo Stato la strada suddetta, mentre per tutte le azioni che furono interamente pagate, la pubblica amministrazione rilascerebbe a compenso dei possessori d’esse obbligazioni dello Stato fruttanti il 4 per % per l’intero valore capitale delle dette azioni, con decorrenza de’ frutti dal giorno della consegna della strada al governo, divenuto questo in tal caso pieno proprietario della medesima".

Perchè l’evenienza delle prevedute circostanze fosse assicurata colle opportune cautele, si convenne inoltre: [p. 156 modifica]"1.° Che ad ognuna delle due sezioni della direzione veneta e lombarda verrebbe aggiunto, sì per la durata della costruzione, che per due anni posteriori al termine de’ lavori e dell’incominciato esercizio, un ufficiale amministrativo, incaricato dal governo di soprantendere alla gestione dell’amministrazione sociale, ed un ingegnere del governo, coll’incumbenza di sopravedere alla parte tecnica, il quale dipenderà immediatamente dalla direzione generale delle strade ferrate dello Stato, e dovrà invigilare onde ogni lavoro venga eseguito nel modo che è, o sarà prescritto per le dette strade.

"2.° Che sarebbe fatta facoltà alla società di lavorare contemporaneamente da Milano verso Venezia, e da Venezia verso Milano; ma, se non si ultimasse poi da essa l’intera strada, che è riservato al governo il dritto di permutare i tronchi intermedii che verrebbero da lui costrutti contro altri tronchi di eguale lunghezza, i quali partissero da uno dei punti estremi, senz’alcun compenso, eccettuato quello del rimborso del casamento delle stazioni. Se però la società venisse a trovarsi in grado d’acquistare i detti tronchi costrutti dal governo, ed intendesse di ciò fare, quelli verrebbero ad essa ceduti, previo rimborso della spesa incontrata dal pubblico erario per la costruzione loro, si e come verrebbe calcolata e liquidata ne’ suoi uffici di contabilità, compreso anche il frutto del capitale al 4 per % pel tempo che questo sarebbe stato impiegato.

"3.° Che le costruzioni si dovrebbero ripartire in annate distinte ed eseguire nel tempo che verrebbe assegnato.

"4.° Che i pagamenti degli azionisti ancora da farsi si dovrebbero distribuire in tante rate semestrali, e quelli morosi sarebbero riabilitati dall’incorsa decadenza, conche versassero incontanente le quote arretrate.

"5.° Che ogni proposta relativa al buon governo dell’impresa spetterebbe sempre alla direzione sociale; ma dovrebbe sottoporsi alla decisione favorevole, contraria o modificata della presidenza della Camera Aulica".

Per l’accettazione di queste concessioni e condizioni fu convocata un’adunanza straordinaria degli azionisti, la quale seguì [p. 157 modifica]a Venezia il giorno 24 aprile 1843. In essa i patti surriferiti vennero accolti con grato animo senz’alcuna restrizione o riserva, come appunto era spediente ed opportuno d’accoglierli.

Un versamento del 10 per % fu chiamato agli azionisti pel giorno 10 maggio del detto anno 1843, e quello fu dichiarato obbligatorio anche pegli azionisti morosi che volessero essere riabilitati nel modo prima detto.

L’universale d’essi corrispose all’appello; perocché sopra le

le . . . . . azioni 50,000
si versarono le quote di . . . . . " 49,445
onde solo eran petente . . . . . " 555

le quali a mente dello statuto poteansi ad altri vendere.

La società pertanto della strada ferrata Lombardo-Veneta, la quale assunse l’onorevolissimo titolo di strada Ferdinandea, fregiandosi così del nome del principe che soccorreva prudentemente alle sue peripezie, tornò per le narrate provvisioni a vita novella. — Le sue azioni, prima così decadute in credito, che dopo gli esagerati aumenti del loro valore al corso più non aveano prezzo alcuno, non trovandosi nella crise che le travagliava acquisitore effettivo d’esse, tornarono tosto al pari, ed in breve risalirono fino al 130 per %. — I lavori che le seguite controversie non aveano mai lasciato intraprendere ancora sulla sezione lombarda, vennero finalmente in essa pare cominciati nell’agosto dello stesso anno 1843; mentre quelli della sezione veneta, con maggiore fortuna, se non altro, governati, non solo mai non vennero interrotti, ma, con nnova alacrità procedendo, porgono fondata lusinga di potersi compiere ancora nell’epoca prima assegnata, la qual cosa forse non potrebbe dirsi fondatamente della tratta lombarda.

I riscontri pubblicati di poi c’informano che nel giorno 10 giugno 1844 ebbe luogo in Milano l’annua ordinaria adunanza degli azionisti, a’ quali fu presentato il rendiconto relativo all’amministrazione del 1° aprile 1842 a tutto marzo 1843; il qual conto, molto chiaramente intavolato ed esposto, venne dal congresso approvato. Si provvide, inoltre, da quel consesso alle azioni perente. Queste erano al 10 maggio 1843, come abbiamo [p. 158 modifica]

detto, in . . . . N.° 555
Si accrebbero ancora d’altre . . . . 137

fino al 31 gennaio 1844 pel tardo pagamento del 6 per % mandato a conto agli azionisti.

Laonde erano perente azioni N.° 692. Ma la direzione avendo proposto che per casi speciali fossero riabilitati 242 certificati d’azione, atteso il fatto deposito delle rate arretrate, si ordinò dal congresso la sola emissione di certificati N.° 450 nuovi, dichiarate definitivamente perente le prime azioni relative.

La direzione venne pure autorizzata a ricever ne’ casi previsti e spiegati il versamento di tutte le rate maturande dagli azionisti che ne facessero la domanda.

In quell’adunanza il congresso fu ragguagliato dello stato delle opere a quell’epoca, e del presunto termine d’alcune fra di esse5.

Dalla notizia pubblicatasi consta: che sul territorio lombardo i lavori, troppo tardi cominciati, tuttavia, avuto riguardo al breve tempo trascorso, progredirono con notevole alacrità e buon successo. Attalchè, essendo anche molto avviate le provviste del materiale fatte all’estero, speravasi allora vedere nel 1845 aperta al pubblico ed esercitata la linea da Milano a Treviglio, della lunghezza di metri N.° 31,674, mentre erano già molto avanzati i tracciamenti della linea tra Treviglio e Brescia. [p. 159 modifica] Sul territorio veneto, oltre la strada fra Venezia e Padova attuata fino dal 13 dicembre 1842, erano in pien corso d’esecuzione i lavori di costruzione del gran ponte sulla laguna, ormai giunto allora ai due terzi del totale suo compimento:— si era cominciata la sezione di strada da Padova a Vicenza: — erano in corso le espropriazioni ed approvati i compartimenti della stazione di Venezia, e si lavorava al tracciamento ed ai progetti esecutivi della strada da Vicenza a Verona, della quale dovea nel 1845 cominciare la costruzione, mentre sarebbe nel detto anno aperta al pubblico la linea da Vicenza a Padova 6 [p. 160 modifica] L’esercizio già attuato tra Padova e la laguna da due anni e più, dimostra proventi assai notevoli, atti non solo a compensare il frutto meritato per la spesa fatta per la sistemazione ed esercizio di quella strada, ma a porgere altresì un’eccedenza in premio. Cotesti proventi sembrano dover crescere ancora, terminato che sia il gran ponte ed estesa la linea verso Vicenza ed oltre, specialmente quando al trasporto delle persone sarà aggiunto quello delle merci, non ancora attuato su quella linea.7

Altri più recenti riscontri ancora ne informano che nel Veneto i lavori progredirono ancora più attivamente, sicché l’attuazione dell’intera linea da Venezia a Vicenza può sperarsi [p. 161 modifica]sicura nel 1845, od, al più tardi, al principiare del 1846. I progetti particolarizzati delle linee che da quella città verranno a Verona, sono compiti o prossimi ad esserlo, ed indi a non molto approvati.

In Lombardia resultavano date nel 1844 le disposizioni più energiche pella prosecuzione attiva de’ lavori e delle provviste da Milano a Treviglio; — per la continuazione sollecita de’ progetti particolareggiati da Treviglio a Chiari ed a Brescia; ma sia pel ritardato principio de’ lavori, sia pel grandissimo numero d’opere d’arte occorrenti su quella tratta non era certa ancora l’epoca di sua apertura.

A tutto gennaio 1845 i lavori del ponte sulla laguna erano terminati pei 74/100 attalchè speravasi vicino il termine nel resto dell’anno.

Mentre codesti resultati faceano sperare che nuove peripezie non venissero più a turbare il corso de’ lavori, e lasciavano ancora qualche fondata lusinga che l’intera linea da Venezia a Milano si potesse compiere, com’era stato divisato, fra tutto l’anno 1849 egli è con sommo rammarico che udivansi nuovamente insorte dissidenze, per cui si rallentava il corso de’lavori sulla tratta lombarda.

Fattosi il programma delle materie da sottoporsi all’annuale congresso del 1845 da tenersi a Venezia, sorgevano contr’esso opposizioni degli azionisti esteri, che sono il maggior numero.

Voleano le direzioni, a quanto affermasi;— che, oltre all’esame del conto annuale ed all’elezione dei due direttori che debbon succedere a quelli uscenti, si deliberasse 1.° Sulle azioni perente; 2.° sull’emissione di nuove azioni di lire 500 cadauna pei 25 milioni, che mancherebbero a compiere la strada; 3.° perchè i direttori potessero anche sciegliersi fra i possessori di 10 azioni, dacché in Italia i soli direttori attuali possiedono le 50 azioni richieste dallo statuto.— Ma il presidente della Camera Aulica fece conoscere per mezzo de’ rispettivi governi avere in vece il più gran numero degli azionisti che sono a Vienna, fatta istanza perchè la direzione dell’impresa sia assunta dalla pubblica amministrazione, onde quella sia più presto mandata al termine [p. 162 modifica]desiderato; doversi perciò deliberare su questo punto di preferenza ad ogni altro, perciò non ammesso. — A questa intimazione, che mostra poco probabile la continuazione dell’impresa privata, supponevasi replicata la prima domanda in via subordinata pel caso in cui la proposta degli azionisti viennesi non vincesse il partito.

Ma convien credere che non venisse accolta la nuova istanza. Perocché nel programma pubblicato dal foglio ufficiale la domanda degli azionisti viennesi vedesi compiutamente accolta, nè fatto parola delle altre.8 [p. 163 modifica]Aggiungeremo supporsi al momento in cui scriviamo (giugno 1845) dall’opinione più comune degli intendenti; che la proposta di affidare all’amministrazione pubblica la gestione dell’impresa, senza distruggere però la società, possa riunire il voto della maggiorità.

La domanda degli azionisti viennesi; sebben possano avere qualche fondato motivo di farla, è però da lamentare per gl’italiani; poiché tende, in fin di conto, a dichiarare interdetta la società, e ad abbandonare la gestione del patrimonio sociale alla pubblica amministrazione, senza alcuna cautela di controllo o condizione, rinunciando così alle concessioni del privilegio, con lesione dei benefici resultamenti della sovrana concessione successiva del 22 dicembre 1842.

Vuolsi che l’istanza degli azionisti preallegati sia fondata alle seguenti ragioni da essi addotte:

[p. 164 modifica] "Nel regno Lombardo-Veneto, dicon essi, non vi sono più di 4 o 5,000 azioni, se pur vi sono; le altre 45,000 sono a Vienna9.

"In Italia l’arte di costruire strade ferrate è ancora troppo imperfetta, e gl’ingegneri che vi attendono non provaron sin qui sufficiente perizia in tal bisogna. Gli amministratori ridotti a pochissimi possidenti di 50 azioni (i soli che siano eligibili all’ufficio di direttore) ossia perchè sempre confermati non si curassero più di attender con premura al detto ufficio loro; ossia per altra causa, non si mostrarono diligenti ed attivi, come pur era mestieri.

"La direzione, non potendosi concentrare a Vienna, perchè troppo lontana dai luoghi dove si eseguiscono i lavori, ed il maggior numero degli interessati però essendo nella capitale dell’impero, dove si debbon d’altronde mandare i progetti per [p. 165 modifica]esservi approvati dalla direzione suprema delle strade di Stato, ne segue che si perde un tempo infinito dalla compilazione all’approvazione. Epperò è naturale, che dai detti maggiori interessati (poiché non vi è a Milano ed a Venezia chi sappia o possa curare a dovere gl’interessi loro), si desideri che il capitale della società venga affidato alla gestione del governo, sulla di cui integrità e benefiche intenzioni non è lecito muover dubbio; tanto più che il governo medesimo mostra la massima premura pel più pronto compimento delle opere; le quali, pel maggiore impulso dell’azione governativa, e pel minor tempo impiegato nella compilazione ed approvazione dei progetti, saran così più presto mandate al lor termine".

Noi, nell’atto che siamo pienamente convinti delle benefiche intenzioni del governo, al postutto troppo chiaramente fatte palesi dai provvedimenti sin qui da esso dati; e mentre dobbiamo, sebbene con grande nostro rammarico, riconoscer pure che il buon governo dell’impresa, specialmente in Lombardia, non procedette fin qui colla desiderabile e possibile attività, ci asterremo però dal dichiarare, se le imputazioni degli azionisti siano fondate, segnatamente quelle concernenti a scarsa perizia ed a men buona volontà.

Noteremo, tuttavia, molta essere la fama degli ingegneri italiani, alcuni de’quali sono impiegati dalla direzione suprema delle strade di Stato, capo d’essi vedendosi il già indicato [p. 166 modifica]ingegnere Francesconi; nè meno riputata pur essere l’amministrazione de’ Lombardo-Veneti, i quali come sempre tutti gl’italiani provansi peritissimi nel buon governo di qualsiasi impresa.

Ne conchiuderemo adunque, che allo speciale concorso di qualche altra malaugurata circostanza debbesi attribuire il men felice successo dell’assunto finora, e che se un maggior numero d’italiani avesse preso parte al medesimo, se non vi si fosse intromessa quella disgraziata solita nostra tendenza esclusiva ed emulatrice del municipalismo, antico nostro malanno, certo non mancherebber tra noi uomini di largo, avveduto e generoso proposito, i quali farebbero attivamente e bene procedere l’assunto medesimo.

Quali deliberazioni siano per derivare dalla proposta, tanto per parte del convocato generale degli azionisti; i quali, per essere, come si è detto, in maggiorità favorevoli forse l’accoglieranno; quanto per parte del governo imperiale, noi non possiamo per ora dichiararlo.

Sembra però naturale ed ovvio, in quanto a questo, che poco si mostri arrendevole ad accogliere la proposta tal quale è formolata; perocché accettandola, il governo in certo modo si costituirebbe l’agente di una società privata, la qual cosa non sembra nel suo interesse, come nel suo decoro.

Però, ammettendosi dall’immensa maggiorità degl’interessati, che l’impresa non procede col desiderabile buon successo; ed essendo perciò avvenuto il caso preveduto dall’ultimo provvedimento emanato a favore della società, ch’essa si riconosce in certo modo non atta a proseguire e terminare l’impresa medesima, pare a noi potersi prevedere probabile una decisione conforme a quella di cui fu dato l’affidamento nella provvisione preallegata, cioè, che il governo riceva la strada tal quale trovasi, ne assuma il compimento per opera diretta a cura dei propri ufficiali, e liquidate le spese già fatte per essa, quelle compensi, rimborsandole con obbligazioni dello Stato fruttanti il 4 per cento.

Cotesto provvedimento, in sostanza, allo stato attuale dell’impresa e nell’infelice concorso di circostanze che la travagliano, ed ostano a che ella sia, come pur avrebbe dovuto essere; una [p. 167 modifica]speculazione italiana, alla quale il paese, ricco com’è, ripetiamolo, il regno Lombardo-Veneto, avrebbe potuto largamente far fronte, è forse quello solo che sia ora più conveniente ed utile. Perocché per esso sarà più prontamente ed ugualmente assicurato il vantaggio che debbe derivare all’universale dall’ideata comunicazione10 [p. 168 modifica]Premessa la particolareggiata istoria delle vicende occorse alla strada Ferdinandea, or ne resta a dare l’indicazióne speciale della direzione e sviluppo della medesima, servendoci della descrizione datane dal riputato geografo Adriano Balbi, il quale n’ebbe i particolari elementi dallo stesso ingegnere Milani, autore, come già abbiamo notato, del progetto di massima, e deputato fin ora a sopr’intendere ai progetti particolareggiati, ed a dirigere i lavori e le provviste 11

[p. 169 modifica]La lunghezza della strada da Milano a Venezia sarà di kilometri 271.

Le stazioni principali saran dodici: Milano — Treviglio — Chiari — Brescia — Castiglione delle Stiviere — Verona — Villanuova — Sei Vie — Vicenza — Padova — Mestre e Venezia.

Vi saranno inoltre molte altre stazioni minori o secondarie.

Le pendenze, sopra più della metà della linea, non arriveranno all’uno per mille.

Nelle altre parti, varieranno dal 2 al 3 per 1,000.

In soli tre 0 quattro punti, al passo de’ fiumi Oglio ed Adige, il massimo delle dette pendenze sarà del 4 o 5 per 1,000.

La larghezza della strada sarò di metri 10 in totale.

Più tardi avrà due vie di ruotaie onde non seguano incontri nel cambio delle direzioni (disposizione questa indispensabile appena sarà attuata la più gran parte della linea, attesa la frequenza delle corse, resa necessaria dal maggiore concorso); per ora se ne porrà una sola.

Il calcolo della spesa ascende alla somma di lire

austriache ... 64,500,000

e così per kilometro a ... 238,000

La qual somma noi non crediamo errare nell’ affermare insufficiente; perocché, anche non tenuto conto dello straordinario dispendio, a poche strade ferrate occorso, d’un ponte come quello della laguna, il quale per kilometri 3,600 costerà oltre ai

ai ... 5,000,000,

Non fatto caso della stazione di Venezia, la quale costerà, come

si è detto, .... 2,000,000.

Non avuto anche riguardo al gran numero di ponti, viedotti, acquedotti ed altri edifizi occorrenti in luoghi dove ad ogni


[p. 170 modifica]passo incontransi fiumi, torrenti, canali, roggie e strade, che la via ferrata dovrà intersecare; posta che sia la doppia ruotaia, certo non sarà inferiore alla spesa media d’ogni kilometro più comunemente, calcolata in franchi o lire 3oo,ooo.

Ora pei kilometri 271
Occorrerebbero invece franchi 81,300,000
pari a lire austriache 936,448,273
onde si vede una fondata presunta eccedenza di 28,948,273

Laonde resulta ben vera la risposta che vedemmo data dal governo alla società quando affermava bastare i mezzi di lei al proprio assunto: non credere cotali mezzi sufficienti all’uopo. Quindi più manifesta rendesi la necessità di pensare ad un provvedimento, il quale assicuri l’esecuzione de’ lavori ed il termine di essi; al cui fine gioverà pertanto lo spediente da noi preveduto, che sarà più probabilmente adottato dal governo imperiale.

Sono comprese tra le spese calcolate quelle del materiale pel trasporto de' viaggiatori.

Questi sono calcolati annualmente al numero di 325,000 dal Balbi; noi crediamo che cotesto numero sarà molto oltrepassato, avuto riguardo alla gran popolazione agglomerata lungo la detta via; e l’occorso soltanto sulla tratta da Padova a Venezia prima ancora che sia compiuto il gran ponte sulla laguna, prova vera cotesta nostra opinione 12

Vero è che il Balbi vorrebbe giustificare il calcolo preventivo del Milani, allegando la tratta da Padova al ciglio della laguna aver costato per kilometro solo lire austriache 215,090, ma nè ivi è compresa la spesa del ponte e della stazione di Venezia, che vedemmo tra ambo ascendere oltre ai 7,000,000, nè quella della doppia ruotaia, come prima notavasi; ondechè ne deduciamo doversi quel calcolo di lire 238,000 per kilometro notevolmente aumentare.

I principali lavori d’arte sono tre gallerie (tunnel), delle quali [p. 171 modifica]una sotto il torrente Guà, e le altre due nelle alture presso a Vicenza, conosciute sotto il nome di Colli Berici, e molti ponti in cotto ed in pietra da taglio sui fiumi.

I principali di questi sono l’Adda; — il Serio; — l'Oglio; — il Mella; — il Chiese; — il Mincio; — l'Adige; — il Bacchiglione; — la Brenta, e finalmente il portentoso, più volte già citato, viedotto che attraversa la laguna; il quale è l'opera più colossale fattasi nella Penisola ed anche altrove a' di nostri13

I due punti estremi di quel ponte sono Venezia e la sponda della laguna, là dove, prima di giungere da Venezia a Mestre, sorge il forte di Malghera, sur una lunghezza già indicata di metri N.° 3,600.

Cotesta immensa linea è divisa in sei sezioni da cinque isolotti artefatti per servire di piazzali. Quello del mezzo, più grande, ha la lunghezza di metri 136

sopra la larghezza di metri 40
in mezzo ed alle due estremità " 18
I quattro altri sono ciascuno lunghi " 100
sopra la larghezza di " 18
La parti del viedotto fra le isole hanno uno sviluppo di " 600
supportate da 37 arcate di " 10
[p. 172 modifica]di corda, divise in sette sezioni, con pile di maggiore dimensione di quelle degli archi ordinari intermedii.

La larghezza del viedotto è di metri 9, ed oltre allo spazio necessario alla via ferrata, avrà pei pedoni un marcia-piedi, e servirà anche ad un acquedotto che porterà in tubi di ferro fuso, murati entro il ponte, un’ottima acqua potabile condotta così dalla terra-ferma a Venezia, la quale spesso or n’ha difetto14.

Cotesta opera portentosi sarà compita nel corrente anno 1845, come già s’è detto; ed essendo nell’anno pure terminata la tratta tra Padova e Vicenza, si avranno da Vicenza a Padova kilometri ... 29

da Padova a Mestre 23
da Mestre a Venezia 8
________
Totale in esercizio nel 1845 kilometri 60
Da Milano a Treviglio essendovi " 31
________
sarebbero " 91

di strada ferrata, circa 1/3 della totale lunghezza che potrebbe aversi finiti nel corrente anno se i lavori di quest’ultima tratta fossero spinti attivamente. Speravasi, quando scrivea il Balbi, [p. 173 modifica] arrivare nel 1846 da una parte a Brescia, dall’altra a Verona, e nel 1848 aver compiuta l’intera linea. Ora si vedrà se i temperamenti che saranno adottati conseguiranno o no uguale resultato15.

Esposte le vicende e gli sperati vantaggi della strada Ferdinandea, or ne tocca parlare d’altra via ferrata, che debbe compiere la linea decretata da Venezia a Como passando per Milano, e narrar pure i fatti per essa seguiti.

S. M. l’imperatore d’Austria con sovrana patente del 28 luglio 1837 accordò al nobile signor Zanino Volta ed all’ingegnere Bruschetti il privilegio di costruire una strada di ferro da Milano a Como. Successivamente l’ingegnere Bruschetti cedette la sua parte di quel privilegio al nobile signor De Putzer, dal quale la comperò lo stesso signor Volta, divenuto così l’unico proprietario della concessione, e per tale riconosciuto dal governo di Lombardia con decreto del 17 giugno 1839.

A tenore del progetto tecnico, compilato dal defunto [p. 174 modifica] ingegnere Nicodemo Gatti, e presentato il 14 dicembre 1840, la strada da Milano a Como dovrebbe essere della lunghezza

di metri 39,121,70
e costare, compreso il materiale d’esercizio, lire austriache 8,526,00016

Questo progetto fu approvato dal governo di Lombardia con dispaccio del 24 marzo 1841.

Il Volta fece costrurre a sue spese un miglio metrico della novella strada (tra Camnago e Lentate) nel termine prescritto dalla patente di privilegio, e questa costruzione venne riconosciuta ed approvata dal governo di Milano col dispaccio del 18 luglio.

[p. 175 modifica] L’intera strada da Milano a Como debbe essere compiuta entro dodici anni dalla data del privilegio, cioè al 28 luglio 1849, sotto pena di estinzione del medesimo.

Onde raccogliere i mezzi pecuniari occorrenti pér sopperire alla spesa di costruzione della strada il Volta combinò nel 1840 una società in accommandita; ma avendo la costituzione di questa trovato ostacoli presso l'autorità; essa venne nell’anno suddetto disciolta.

Ebbe quindi il signor Volta ricorso a S. M. impetrando la concessione preliminare per la formazione d’una società anonima divisa in azioni, concessione ch'egli ottenne dalla sovrana grazia colla risoluzione del 29 gennaio 1843.

Le condizioni per la formazione di codesta società possono riassumersi nelle seguenti:

1.° Il capitale d’essa è fissato a lire austriache 10,500,000 diviso in 7,000 azioni di lire 1,500 cadauna.

2.° I sottoscrittori delle azioni sono obbligati ad anticipare il 25 per % dell’importo dell'azione, e versarlo in una^cassa dello Stato a garanzia dell’impresa, e seguito il pagamento debbon esser loro rilasciate le cedole interinali ammesse quindi alla libera circolazione.

3.° Entro sei mesi dopo compiuta la sottoscrizione pel capitale fondiario, dovrà essere versato un altro 15 per % del montare d’ogni azione ed i successivi versamenti si faranno a termini dello statuto.

4.° Non potendosi nello spazio di sei mesi compiere la sottoscrizione, saranno restituite ai possessori delle cedole interinali le somme per essi o loro autori depositate.

5.° Compiuta in vece la detta sottoscrizione, saran convocati i possessori delle cedole in una prima adunanza, nella quale si sottoporrà all’approvazione loro lo statuto già preparato dal Volta ed acconsentito dalla pubblica amministrazione, per esser quindi rassegnato alla suprema sanzione di S. M., ottenuta la quale, la società verrà proclamata come legalmente e pubblicamente costituita, ed il danaro versato nelle casse del governo sarà restituito alla cassa sociale. [p. 176 modifica] 6.° Ad istruzione del pubblico, invitato a sottoscrivere le azioni, sarà fatto noto: che la linea per la di cui esecuzione viene formata la società non è ancora stata dichiarata parte di quella strada ferrata dello Stato, la quale, a tenore della sovrana risoluzione del 19 dicembre 184«, dev’essere condotta da Venezia al lago di Como passando per Milano; e che quindi la Società non è autorizzata nè a sperare una sovvenzione dal pubblico erario, nè ad opporsi ad altra linea che con diversa direzione fosse quindi condotta al detto lago di Como.

Perchè il signor Volta potesse pubblicare il programma d’associazione occorreva che il governo indicasse la cassa dello Stato in cui doveasi versare l’anticipazione preallegata del 25 per %, e determinasse le modalità del deposito e della restituzione. Il governo di Lombardia pertanto, con dispaccio del 6 luglio 1844, comunicò al Volta un estratto di nota di S. E. il presidente della Camera Aulica a S. A. I. e R. il vice re arciduca, nel quale sono prescritte queste regole: 1.° Il versamento del detto 25 per % d’ogni azione a cautela dell’impresa sarà investito nella cassa di deposito del fondo d’ammortizzazione dell’I. R. monte del regno Lombardo-Veneto.

2.° Eseguito il pagamento dagli associati, verrà loro dal cassiere rimesso il certificato interinale, ad essi intestato, colla ricevuta del fondo versato, presente il signor Volta o suo procuratore.

3.° Il signor Volta dovrà provvedere prima quella cassa dei detti certificati, da lui sottoscritti, onde siano come sopra rimessi all'atto del versamento.

4.° Per la legittimazione delle parti, il signor Volta rimetterà loro degli assegni corrispondenti alle indicazioni dei detti certificati, coi quali assegni si presenteranno i soscrittori alla cassa pel versamento, onde avere il certificato.

5.° La forma degli assegni è ad arbitrio del signor Volta, tenuto però ad indicarvi il numero del certificato corrispondente, il nome dell’azionista, il termine fissato alla durata dell’assegno.

Questa indicazione ultima è necessaria, perchè gli associati non ritardino troppo lungamente il pagamento. [p. 177 modifica]

6.° La cassa, coll’osservanza delle cautele prescritte, accorderà l’interesse del 3 per % sulle somme depositate, in ragione d’anno, dal dì del fatto deposito sino a quello della seguita restituzione.

7.° Rispetto a questa, due possono essere i casi: — I.° Quello in cui l’associazione abbia riuscito per intero, e quindi siasi la società anonima costituita; — 2.° Quello opposto. — In ambo i casi la restituzione avrà luogo un mese dopo il seguito diffidamento dell’occorso evento.

8.° Nel primo caso, la restituzione sarà fatta alla società, in ragione di lire 100,000 per ogni settimana successivamente; e così di lire 400,000 al mese sino al fine.

9.° Nel secondo caso, sarà fatta ad una deputazione, eletta a tal fine dagli interessati, contro ricevuta e restituzione del certificato in ragione di lire 150.000 per settimana, e così di lire 600,000 al mese sino al fine. La deputazione dovrà poi distribuire agli interessati suddetti il danaro restituitole dalla cassa, sì in capitale, che in interessi.

Col sopra citato dispaccio governativo del 6 luglio 1844 il signor Volta fu invitato a presentare il programma per la sottoscrizione delle azioni, con un modulo delle cedole interinali, in cui fossero comprese le accennate indicazioni, ed il governo si riservi» di provvedere per l'approvazione. Conformossi il Volta al precetto nel successivo agosto ma il governo diffidò il concessionario, che non sarebbe dato corso alla pratica se prima non veniva decisa la causa pendente davanti ai tribunali civili tra esso Volta ed il signor Antonio Grassi intorno alla competenza dell'ottenuto privilegio del 28 luglio 1837.

In fatto nell’intervallo dei prima narrati casi il signor Volta avea pensato che, profittando dell’approvazione del progetto esecutivo già ottenuto, avrebbe potuto principiare i lavori, se avesse l'occorrente fondo. Però ai primi di gennaio 1844 gli si era presentato il signor Antonio Grassi suddetto di Milano, richiedendolo della cessione del privilegio. Volta accettò la proposta, e rilasciò al Grassi una lettera del 12 detto mese di gennaio, colla quale impegnavasi in proposito. Nacque quistione se codesta [p. 178 modifica]lettera obbligasse definitivamente il Volta, e sulla contemporanea prestazione del convenuto corrispettivo. Una sentenza del Tribunale d'Appello, confermata dal supremo Senato di Giustizia nel gennaio 1845, risolvette la pendenza ne' seguenti termini, che sono quelli identici della lettera del Volta già citata, del 12 gennaio 1844.

"Essere tenuto il Volta a consegnare al Grassi l’originale partente di privilegio del 27 luglio 1837, con tutti i vantaggi, oneri e dritti del privilegio medesimo; il tronco di essa strada già eseguito; non che gli accessorii descritti nella lettera, e ciò contro il simultaneo pagamento per parte del Grassi da farsi nell'atto della consegna, come sopra, della somma di lire austriache 550,000, e contro l’offerta e corrispondente obbligo del Grassi di concorrere all’atto medesimo col Volta, al relativo istromento da rogarsi da un notaio al Volta beneviso, a norma e di conformità al suddetto contratto di compra e vendita risultante dall'accennata lettera 12 gennaio 1844; non che contro l’obbligo di concorrere all’atto medesimo col Volta a combinare, per mezzo di detto notaio, i patti che assicurino la più pronta e lodevole costruzione della strada, e le indennizzazioni da farsi ai proprietari dei terreni ed acque che venissero danneggiati colla strada medesima; mantenendo esso Grassi la linea approvata dal governo, salvo però tutto quanto nell’interesse del pubblico, o privato trovasse l’autorità medesima di esigere, ordinare o concedere, variare, modificare, o come meglio; riservati al Volta gli onori che siano inerenti alla strada stessa, e che non riescano in pregiudizio del Grassi; non che (pel caso che per cessioni o convenzioni con altro, la detta linea venisse allungata più d'un miglio e mezzo) il guadagno» che da tale cessione o convenzione si ricavasse; e riservata al Volta, stabilita che il Grassi avrà la società, la facoltà, pel termine di tre mesi successivi all’emissione delle azioni, di averne tante quante ammontino al complessivo valore di lire austriache 2,200,000 da conteggiare al pari, non che tanto quante ammontino al complessivo valore di simili lire austriache 300,000 al 5 per % di premio, cogli oneri e dritti degli [p. 179 modifica]altri azionisti di tale società; e ciò tutto nel senso della succitata lettera contrattuale del 12 gennaio 1844 17".

Il Grassi domandò l’esecuzione della sentenza, ritenendo obbligatoria la consegna del privilegio contro il simultaneo pagamento delle lire austriache 550,000, rimandando ad accordi futuri la prestazione degli altri corrispettivi. Il tribunale di Como rispinse la domanda del Grassi, perchè non appoggiata alla cosa giudicata; ed egli, reputandosi gravato, ricorse al tribunale d'appello, indi al supremo senato, i quali mantennero la prima sentenza di questo. E siccome nelle condizioni non sono d’accordo le partì, si fa nuova lite per stabilir quelle; ondechè rimane sospesa ancora la costruzione della divisata strada.

Queste erano le notizie raccolte a Milano da persone bene informate, che ce le favorivano, a tutto maggio scorso; e certo è a desiderare di veder risolta prontamente la vertenza, onde non sia ulteriormente protratta un’opera che debbe risultare così profittevole il commercio della Lombardia colla Svizzera e colla Germania.

Vuolsi che il signor Grassi non sia che il mandatario della ditta Arnestein-Escheles di Vienna, proprietari della strada da Milano a Monza, i quali acquistarono il privilegio del Volta al solo oggetto di prolungare la loro strada da Monza a Como.

Ora ne rimane a discorrere pure delle vicende della detta strada da Milano a Monza, la prima che siasi posta in esercizio nel Regno Lombardo-Veneto, onde compire la serie delle notizie da noi raccolte su tale argomento.

Il privilegio per la costruzione, di quella strada fu conceduto alla ditta Holzamer e comp. di Bolzano, rappresentata dal nobile signor De-Putzer: il permesso d’eseguire gli studi è del 26 aprile 1838.

Le spese di costruzione e del materiale d’esercizio furono preventivamente calcolate nella somma di lire austriache 1,680,000.

La strada è lunga metri 12,870. 70.

Il signor de Putzer ne appaltò la costruzione e l’allestimento, [p. 180 modifica]all'ingegnere milanese Giulio Sarti per la somma, tra essi convenuta, di lire austriache 2,000,000. Poi vendette la strada ed il materiale d’esercizio alla ditta Arnestein-Escheles di Vienna per la somma di lire austriache 2,600,000; e questa dovette inoltre spendere altre lire 400,000 nel materiale d’esercizio, il quale era insufficiente. Cotesta ditta, come si è già detto, pose in commercio 1,200 azioni da lire 3,000 cadauna, eguali a lire austriache 3,600,000, e le dette azioni nell’aprile del 1840 furono spinte sino al 240 per% per speculazioni di aggiotaggio. Ma il governo intervenne, e costrinse, come già si è detto pure, la ditta preallegata a ritirar quelle azioni, perchè non ne era stata permessa l’emissione; in oltre sempre rifiutò d’annuire alla domanda d’istituire una società anonima, a cui venisse ceduta la proprietà della strada ed il relativo privilegio.

La strada di Monza venne aperta a pubblico servizio il dì 18 agosto 1840. Essa appartiene tuttora alla ditta suddetta Ernestein-Escheles.

L’annua rendita lorda d’essa strada è di lire austriache 360,000. Sono ignote le spese d’esercizio, essendone l’amministrazione affatto privata.

Paragonando questa strada ad un solo corso di ruotaie, sufficiente, attesa la sua brevità, a quelle vedute fuori d’Italia, scorgesi assai male eseguita, e molto incomoda pei continui risalti provenienti dall’inesatta armatura; ed inoltre notansi assai disagevoli le vetture, sicché giova sperare che non serva d'esempio alle future strade ferrate italiane.

Assai tardo inoltre resulta il corso de’ convogli lungo detta via, per modo che, a confronto degli altri da noi veduti, neppur direbbersi mossi da locomotive; la qual cosa però vuolsi che sia prescritta per cautela di sicurezza.

Esposte le vicende e le condizioni delle tre strade già concedute nel regno Lombardo-Veneto, ci rimane ora a far parola delle estensioni ch’esse potrebbero ancora ricevere; delle modificazioni che potrebbero ancora farsi alle direzioni di quelle tratte che non sono eseguite, e degli effetti che possono presumersi da tali variazioni. [p. 181 modifica] Nel progetto di massima della strada Ferdinandea dall’ingegnere Milani compilato, approvato dalla Direzione della società lombardo-veneta, come dall’autorità superiore governativa, la linea che scorrer debbe tra Brescia e Verona, invece di volgere, come la strada regia ordinaria, direttamente a questa città, toccando Lonato, Desenzano e Peschiera, sulle sponde del lago di Garda, in siti ameni e popolatissimi d’uomini attivi ed industriosi; devia per Castiglione delle Stiviere e Villafranca, onde correre, a quel che pare, in siti più piani, è per avvicinarsi forse maggiormente alla città di Mantova, fortezza importante, dalla quale così più poco dista 18

Nel rispetto della sua popolazione e del suo traffico, come forse per motivo strategico, certo conveniva che la strada medesima avesse una, se non diretta, almeno prossima relazione colla detta città.

Codeste considerazioni assai gravi sembrano però potersi ugualmente rispettare, senza allontanarsi dalle sponde del detto lago. Perocché la navigazione a vapore, ivi già stabilita, porterebbe un più gran numero d’avventori e di merci alla nuova strada, dalle fiorenti sponde del lago medesimo, e dalla vicina strada del Tirolo, mentre la linea condotta su quelle rive a Peschiera, [p. 182 modifica]Desenzano e Lonato fino a Brescia, da dove in vece vorrebbe farsi deviare, poi sino a Chiari, continuerebbe per Treviglio a Milano nella proposta direzione.

Dal detto luogo di Chiari inoltre si vorrebbe deviare un’altra linea diretta a Lecco sul Lario, intersecando ad angolo retto la linea che da Monza si vorrebbe pure protendere sino a Bergamo.

Questa città poi, in vece di raggiungere la via Ferdinandea verso Treviglio, come vuolsi divisato, la raggiungerebbe a Chiari, con il predetto tronco particolare, il quale verrebbe al suddetto punto d'intersecazione, sicché da una parte per Monza si andrebbe a Milano, dall'altra per Caprino a Lecco, e dall’ultima a Chiari.

La maggior spesa di cotesta nuova linea aggiunta sarebbe certo abbondantemente compensata dalla minore distanza che vi sarebbe da Venezia a Lecco, dove trovasi la gran strada, che va a Riva ed a Chiavenna, onde alle alpi dello Spluga, per cui il transito dall’Adriatico alla Svizzera ed alla Germania meridionale sarebbe assai vantaggiato da una maggiore brevità.19 [p. 183 modifica]Cotesto progetto ci sembra d’una utilità così evidente, nel rispetto economico, che noi non esitiamo ad approvarlo, sembrandocene opportuno il momento. Perocché, siccome si stanno ancora compilando e discutendo i progetti particolareggiati da Chiari a Brescia, fintanto che ottengasi la decisione dell'autorità superiore cui essi furono rassegnati, è possibile introdurre nel progetto di massima la discorsa variazione.

Un’altra ancora ne venne proposta, la quale a noi pare egualmente utilissima, perchè raggiunge lo scopo che si avea forse in mira col deviare da Brescia, per Castiglione delle Stiviere e Villafranca, la strada Ferdinandea: d’avvicinarsi cioè a Mantova; e sarebbe di derivare da Peschiera un’altra linea, la quale venisse per Roverbella a quella città direttamente 20.

[p. 184 modifica] L'aumento di spesa che ne resulterebbe ci sembra pure doversi compensare forse colla maggiore concorrenza di persone e di merci che potrebbero per detta linea particolare venire alla strada Ferdinandea, verso la quale le popolazioni ed i prodotti del Modenese, del Parmigiano e del Piacentino, come delle province lombarde, in quella direzione situate, arriverebbero più facilmente convenendo a Mantova, dove troverebbero l'anzidetto tronco conducente a Peschiera.

Ancora; un’altra giunta o ramo sarebbesi ideato nelle province lombarde, vogliamo dir quello che dal passo del Po a Piacenza, ove terminerebbe la linea di cui parleremo nel seguito ai capitoli 6.°, 7.° e 8.°, proveniente da Ancona per l'Emilia, il Bolognese, gli Stati estensi e parmensi, arriverebbe per Casalpusterlengo, Lodi e Melegnano alla città di Milano, la quale avrebbe così due grandi linee da essa dirette verso l'Adriatico ai punti di Venezia ed Ancona. L’una, tutta interna, senza uscire dal Regno Lombardo-Veneto; l’altra, per gl’indicati Stati di Parma; Modena e pontificio, chiamati così ad ancora più attive relazioni coll’operosa e ricca capitale insubre 21.

Cotesta linea avrebbe un ostacolo grave assai, nel rispetto però più della spesa che dell’arte. Intendiamo di accennare il ponte da farsi in tal caso sul Po a Piacenza, il qual ponte, costrutto [p. 185 modifica]in modo a lasciar libera la navigazione, dovrebbe certamente costare una ragguardevole somma.

Questa difficoltà dapprima costringerebbe forse ad una interruzione della linea al detto passo del Po, con istabilire due servizi separati, di cui l’uno solo venisse a quel punto; l'altro da Piacenza procedesse oltre pe' tre Stati preallegati, coi necessari concerti e cautele di cui faremo nel seguito parola.

L'interruzione sarebbe forse men dannosa quando si adottasse un Porto natante con ruotaie, atto a ricevere i treni disgiunti dalla locomotiva, che li avrebbe sino, alla sponda condotti; e mosso il detto porto, o da una macchina a vapore con esso natante, o da una macchina, pure a vapore od anche idraulica, ma fissa su l'una di esse sponde.

Malgrado questo notevole miglioramento all'attual modo di passare quel fiume, e molti altri non muniti di ponti fissi, vuolsi riconoscere tuttavia, che la mancanza d'uno di questi sul Po a Piacenza, per congiungere le due linee, torrebbe a queste un gran pregio, sia pel maggior tempo occorrente, e sia pure nel rispetto economico della maggior spesa che forse ne deriverebbe ai viandanti ed alle merci; ondechè meriterebbe gran lode quello sforzo e concerto che farebbe superare l’ostacolo, mercè della costruzione d’un ponte stabile sul fiume Po.

Tolta una tale difficoltà, la linea da Milano agli Stati parmensi, estensi e pontifici, i quali hanno frequentissime attuali corrispondenze di persone e di merci con la detta Milano, sarebbe grandemente utile, e perciò può presumersi dover essere forse, se non produttiva quanto la strada Ferdinandea, almeno d’una rendita approssimativamente adequata. Perocché i luoghi per cui passerebbe, tutti assai popolati, e le varie città importanti che essa porrebbe in più pronta continua relazione, somministrerebbero alla divisata via un gran numero di viandanti, e fors'anche un ragguardevole trasporto di merci.

Noi, riservandoci di parlarne ancora più diffusamente al relativo capitolo 8.°, facciamo intanto fin d’ora voti sinceri acciò, superati gli ostacoli, che pur troppo non ci dissimuliamo gravissimi, fors'anche per ora invincibili, finché non prevalgano idee più [p. 186 modifica]larghe e progressive, in senso ben inteso però (e senza la menoma lesione de’principi conservatori che ci vantiamo quant’altri di professare), la detta linea possa una volta essa pure attuarsi nella nostra Penisola, la quale avrebbe così nelle sue parti più popolale e più ubertose una compiutissima rete delle nuove comunicazioni.

In tal guisa Milano, cui non può contendersi nell’alta Italia un primato ragguardevole per grandi ricchezze, popolazione ed attività già somma di relazioni personali e di traffico, vedrebbe codesto primato notevolmente crescere ancora in breve, mercè delle indicate varie linee che dalla capitale lombarda partirebbero per scorrere l’intera Penisola.

Siffatto aumento sarebbe poi tanto più grande, se le vie ferrate del subalpino Stato sardo, delle quali parleremo al capitolo 5.°, venissero, com’è spediente, a congiungersi ai varii punti che indicheremo, onde stabilire non interrotte comunicazioni tra Genova, Torino e Milano.

I punti di partenza pertanto da questa città, ommessi per ora quelli provenienti dagli Stati sardi preallegati, di cui parleremo altrove, sarebbero, a parer nostro, i seguenti:

Il primo della gran via Ferdinandea per Treviglio, Chiari, Brescia, Lonato, Desenzano e Peschiera a Verona; indi per Vicenza, Padova e Mestre a Venezia; la qual via avrebbe lungo di essa le due proposte deviazioni; una, recedente da Chiari per andare a Lecco; e da Trezzo poi procedente con altra deviazione per arrivare a Bergamo; — l’altra da Peschiera su Mantova.

L’altro punto di partenza da Milano, per la già fatta strada di Monza, ivi si devierebbe a sinistra verso Como, ed a destra per l’accennato punto di Trezzo, andrebbe a Bergamo, intersecando la suddetta nuova linea proposta da Chiari a Lecco.

Il terzo punto di partenza sarebbe quello diretto per Melegnano, Lodi e Casal-pusterlengo al Po verso il Piacentino, a fine di arrivare alla divisata via degli Stati parmensi, estensi e pontifici.

Le stazioni di partenza e d'arrivo, una già fatta a Porta Nuova, continuerebbe a servire per Monza ed altre delle direzioni sopra indicate. — L’altra già ideata fuori a Porta Tosa, tra essa [p. 187 modifica]e l'Orientale, ma non ancora costrutta, servirebbe unicamente alla via Ferdinandea. — L'ultima, per la strada di Melegnano, Lodi e Casal-pusterlengo, potrebbe idearsi e costrursi a Porta Romana.

Questo triplice concetto di separate partenze nelle indicate direzioni pare a noi ad ogni altro suggerito preferibile.

Il secondo specialmente migliorerebbe le attuali condizioni, che diconsi poco prospere della linea esercitata da Milano a Monza.

Senza allungare poi di molto il cammino per Como, avrebbe il vantaggio di ridurre notevolmente la spesa della via per colà decretata, risparmiando circa un terzo della nuova strada da farsi; poiché la tratta da Milano a Monza, cui basterebbe aggiungere una seconda via di ruotaie pello scambio delle direzioni, supplirebbe al detto terzo risparmiato.

Cotesto ordinamento delle suddette linee farebbe inoltre cessare ogni malcontento de’ Bergamaschi, i quali avrebbero, per venire a Milano, una diretta linea; mentre per andare a Brescia ed oltre, avrebbero l’indicata deviazione di Chiari, che per quel punto li porterebbe alla Ferdinandea; e per andare al lago, a Como ed oltre pure., avrebbero anche l’accennato tronco tendente a Lecco, e quello da Monza a Como. Per tal modo l’attiva e così industriosa popolazione di Bergamo e delle sue valli avrebbe un facile, comodo e profittevole sfogo ai molti suoi prodotti.

Quanto al tronco veneto della ridetta strada Ferdinandea, notiamo che di alcune sue diramazioni già venne chiesta la concessione, ed anche, per quanto recenti notizie affermano, questa venne accordata per una linea verso il Tirolo.

Quella da Padova per Monselice e Rovigo andrebbe a Ponte Lago Scuro, dov’è il confine del regno Lombardo-Veneto verso lo Stato pontificio; ivi, passato il Po cogli attuali mezzi, ovvero con quello migliorato, che già indicammo anche pel passo del Po a Piacenza (posciachè ivi non può pensarsi ad un ponte stabile); si verrebbe ad incontrare colla linea che da Ferrara potrebb’essere diretta a Bologna, della qual linea sarà fatta parola al capitolo 8.° [p. 188 modifica]Un’altra linea, partendo da Mestre, potrebb’essere diretta su Treviso, dal qual punto potrebbe poi essere rivolta a Trieste.

Finalmente, migliorato che fosse il Porto di Chioggia, com’è possibile, una linea ferrata che da esso partisse, e per Cavarzeri ed Adria venisse ad uno dei bracci più navigabili del Po, sarebbe molto profittevole al traffico avviato per quella via.

La navigazione a vapore stabilita lungo il fiume da Torino a Ferrara, non sarebbe impossibile, quando s’eseguissero alcune opere d’incanalamento che occorrono, specialmente da Torino a Casale, per mantenere il fiume libero da ogni ostacolo sì nelle basse che nelle piene acque; ed immenso beneficio quello sarebbe pel traffico italiano, il quale certamente se ne servirebbe per tutte le merci di gran peso, e delle quali non preme il più pronto recapito. Cosi, per esempio, la canape, il riso ed il cacio lombardo, che prendon la via di Trieste, potrebbero dai varii scali del Po scendere il fiume, e portarsi a Ferrara ed a Goro con facilità ed economia di spesa, per esser quindi condotti all’indicato scalo triestino.

Codesto sistema veneto aggiunto alla già approvata via Ferdinandea, la quale tanto è più avanzata nella sua linea veneta di quella lombarda, andata sgraziatamente soggetta, alle narrate vicissitudini, ci pare molto pregevole e degno d’essere accolto dall’illuminato governo austriaco, con quegli ordini e cautele che esso governo stimerebbe di fissare.

La linea verso Treviso per Trieste essendo parte di quella che già notammo volersi probabilmente avere anche nel rispetto strategico dal governo medesimo, non sembra dover trovare in questo alcuna difficoltà.

E quanto alle altre due linee da Padova a Ponte Lago-Scuro, e da Chioggia al Po, malgrado il dubbio di veder per ora protratta poi la prima nello Stato pontificio, attesa l’ivi notata ripugnanza ad accogliere il nuovo sistema di comunicazioni, pare a noi tuttavia che sarebbe convenientissima, sia perchè quella linea avvicina contrade popolatissime, sia perchè, ambo mettendo al Po, debbon dar vita alla navigazione su quella grande arteria italiana, della quale, come già notammo, ora non traesi tutto il possibile partito. [p. 189 modifica]Riepilogando ora il sin qui detto rispetto alle strade ferrate già attuate, ed ancora decretate od ideate soltanto nel regno Lombardo-Veneto, ne emergono queste più sommarie indicazioni ed avvertenze.

1.° Venezia, grandemente decaduta dal primiero splendore, e fatta, da ricca, misera del tutto, venne dal nuovo suo governo e dall'illuminato patriottismo d’alcuni suoi cittadini richiamata a vita novella. Il porto franco concedutole restituiva qualche attività al traffico di mare. L’opera grandiosa della diga marmorea di Malamocco meglio assicura il ricovero degli approdanti. La colossale opera del ponte sulla laguna, congiungendo Venezia alla terra-ferma, compierà il pieno suo risorgimento, Perocché la detta unione faciliterà ogni speculazione di commercio sì interno, che estero allo scalo veneto.

2.° Milano e la Lombardia, dopo aver avuto altre volte fiorente industria sì agricola che commerciale, durante il dominio spagnuolo, non d’altro occupato che di smungere quelle terre ubertose, opprimendone le svegliate ed attive popolazioni, esse pure decaddero a segno, che al finire del secolo XVII ed al principiare del XVIII la terra lombarda, da guerre incessanti d’altronde desolata, come dalle pestilenze e dalle epidemie, presentava l’aspetto della più estrema miseria. Ma cessato, la Dio mercè, quel dominio letale, e succedutone un altro più castigato e paterno, sebbene pur forestiero, fino dal principiare del secolo scorso esse altresì risorgevano; se non che la prima soltanto di quelle due industrie fioriva, mentre l’altra appena dall’esordio del corrente secolo prese un notevole avviamento. E certo questo debbesi in gran parte all’ottima sistemazione delle strade ordinarie, le quali da abilissimi ingegneri fatte costruire e mantenute, nel cessato regno d’Italia, come dopo il tornato dominio austriaco, da cui costituivasi il regno Lombardo-Veneto, potevano e possono altrui servire d’esempio.

3.° La novella maniera d’ordinare le comunicazioni, mercè delle vie ferrate, dovea naturalmente mostrarsi applicabile al regno suddetto, specialmente collo scopo d’avvicinate il primo scalo marittimo, e la seconda città d’esso regno alla sua prima [p. 190 modifica]capitale, comprendendosi come Milano e Venezia, congiunte con poche ore di cammino, avrebbero dovuto grandemente-vantaggiare i rispettivi traffici a vicenda.

4.° Se i primi autori del divisamento d’aprire una via ferrata tra Venezia e Milano furono certamente mossi dal pensiero, altrove mandato con buon successo ad effetto, di tentare una profittevole speculazione bancaria, non è men vero però, che l’idea loro trovò favore nell'universale, perchè la coscienza del maggior numero sentiva l'utilità dell’assunto.

5.° Quindi è che, non solo le autorità municipali assentivano al progetto; ma le stesse autorità superiori cui appartiene conoscerne e giudicarne si mostrarono ad esso propense; nè, dopo avere studiato l'affare, denegarono quella protezione efficace, che sola potea farlo procedere a seconda del bisogno.

6.° Compilato da valente ingegnere il progetto di massima, e costituitasi la società, da alcuni notabili fondatori, perchè potesse la società medesima operare legalmente, ricorrevasi all'approvatone governativa, la quale dalla sovrana autorità con premura venne conceduta.

7.° È da lamentare però, che fin dal primo esordio l’impresa, da pochi considerata come un assunto italiano di pubblica utilità, fu dal maggior numero de' partecipanti riguardata come una speculazione di Borsa da tentarsi utilmente, atteso il preveduto aumento del valore al corso delle azioni.

8.° Quindi gli scandali dell’aggiotaggio e del giuoco che lo alimenta; quindi le sempre succedenti crisi di quelle operazioni di credito più fittizio che reale; quindi lo scoraggiamento dei perdenti al giuoco, onde il discredito ed il grave pericolo di veder tornare fallita l’impresa, con immenso pubblico danno, con disdoro del paese.

9.° Il governo, veduti gl’inconvenienti della speculazione privata, in cui s’era troppo insinuato il giuoco, saviamente arrivava a comprendere che difficilmente essa avrebbe potuto riuscire nelle imprese di grandi linee di vie ferrate, e che per conseguirne gl’incontrastabili vantaggi, era spediente ed opportuno il soccorso e l’opera del pubblico erario e de' suoi ufficiali. [p. 191 modifica]10.° Quindi con provvedimento legale il principe decretava le linee di Stato, il maggior numero delle quali assumeva di far eseguire a carico d’esso, mentre per le altre, concedute a forma di privilegio attribuito a' privati od a società, riservavasi di farle terminare a proprie spese, quando per difetto di mezzi non avessero i concessionari potuto compierle, salvo a rimborsar loro le spese prime.

11.° La società della via Ferdinandea non tardava ad avere necessità dell'applicazione a suo riguardo del provvido e paterno decreto. Chiamato il sussidio governativo, se ne concedeva il benefico affidamento; questo solo bastava a far risorgere il credito dell'impresa; ma le azioni d’essa, nuovamente poste al giuoco, tornate in pregio con largo premio, uscivano quasi tutte d’Italia.

12.° Allora in vece gl’italiani avrebbero dovuto procurare di conservare nella Penisola le azioni; e, postochè le medesime presentavano in fin di conto un sicuro e discreto collocamento, non avrebbero più dovuto cederle ai banchieri esteri, ed, unicamente occupati di mandare a termine l’opera, avrebbero dovuto cercare di sollecitare la pronta compilazione de’ progetti definitivi e l'approvazione loro per tosto curarne l’esecuzione.

13.° Nella sezione veneta questo scopo era in parte raggiunto; in quella lombarda sgraziatamente non ne succedeva altretanto; ossia che lo spirito di municipalismo vi fomentasse le seguite gare, o sia che lo scarso numero degli azionisti poca premura potesse aver per l’impresa, o sia che il concorso di varie circostanze la rendessero sempre tarda ed anche periclitante; fatto sta, che la gestione d’essa non procedeva con quell’attività ed energia di provvisioni, che pur era necessaria all’uopo.

14.° Allora il maggior numero degli interessati esteri ricorreva al governo, perchè con un più diretto suo intervento soccorresse all’assunto, onde mandarlo a termine; procurando cosi di renderlo produttivo per coloro che vi avevano investiti i propri capitali.

15.° Se debbesi lamentare che l’impresa, probabilmente a seguito di tal domanda disciolta, cessi dall’essere, come pur avrebbe [p. 192 modifica]dovuto una speculazione italiana, nell’interesse dell'universale, poiché gli è quello l’unico spediente atto a compir l’assunto, è forza desiderare che venga L’istanza, d’altronde all’equità non contraria, accolta.

16.° Fin qui della via Ferdinandea; un’altra pure ideata da Milano a Como, e conceduta ad un privato, benché di più facile esecuzione, non era più felice. Le contestazioni litigiose insorte tra il primo concessionario ed il suo rilevatario, faceano sospender l’opera, e l’ordinamento istesso della società che l’avrebbe dovuto assumere; sin visto l’esito della vertenza, la quale tuttora pende avanti i tribunali. E lecito sperare che, composta la lite o definitivamente risolta da ultimo giudicato, possan gli uni o gli altri attuare l’impresa.

17.° Un’altra concessione fu accordata ed attuata da Milano a Monza, e sebbene dapprima essa venisse valutata a somma di cui si poteva sperare frutto adequato, cresciuto il valore ideale dell’impresa, questa di poi cedevasi ad un prezzo cui si suppone non sia la rendita adequata. Codesta speculazione men buona adunque si potrà tuttavia migliorare quando estesa quella linea verso Bergamo e verso Como nel modo accennato, si potrà così procurarle un ben maggior numero d’avventori.

18.° Quantunque debbasi lamentare il ritardo frapposto alla compilazione ed approvazione de’ progetti particolareggiati; tuttavia, postochè esso è seguito, trovasi un compenso nell'opportunità di rettificare mercè di alcune varianti ed aggiunte, la linea proposta dall’ingegnere Milani nel suo progetto di massima. Queste varianti ed aggiunte sembrano consigliate dal pensiero:

1.° Di meglio far corrispondere l’intera linea inferiormente a Chiari, e specialmente dallo scalo veneto, col lago di Como, d’onde alla Svizzera ed alla Germania meridionale sarà facilitato il transito.

2.° D’assicurare alla città di Bergamo, così importante pe’suoi traffici, una più facile e più diretta corrispondenza con Milano e colla linea Ferdinandea intera, inferiormente al detto punto di Chiari.

3.° Di meglio accostarsi al lago di Garda colla proposta [p. 193 modifica]variante di direzione da Brescia a Verona, onde accrescere il numero degli avventori, che certo, da quelle rive e dalla vicina strada del Tirolo verrebbero.

4.° Di procurare, colla giunta proposta da Peschiera a Mantova, una più diretta comunicazione di quella fortezza colla via Ferdinandea, con profitto altresì -delle altre province che ne sarebbero più lontane verso quella parte.

5.° Di congiungere il termine di quella linea (Mestre) collo scalo di Trieste, onde assicurare così le comunicazioni in modo non interrotto da Vienna a Milano.

6.° Di congiungere ugualmente la detta linea via Ferdinandea collo Stato pontificio da Padova a Ferrara, ed atteso lo sperabile vantaggio della navigazione sul Po, non solo di procurare che la linea da Padova a Bologna intersechi a Ferrara il gran fiume, ma con altra breve tratta aggiunta da Chioggia alle foci meglio navigabili del Po verso Ferrara, pure accrescere il concorso delle merci a quel punto.

7.° Finalmente di porre Milano in relazione diretta colla via che pegli Stati parmensi, estensi e pontifici debbe condurre allo scalo d’Ancona, e col tempo fors’anche da esso; o frattanto da Bologna alla Toscana, a Roma ed a Napoli; congiungendo altresì le partenze da Milano per le direzioni finora accennate con altre linee che toccassero a quelle degli Stati.

Mercè di questi divisamenti e di quelli di cui sarà fatto parola al cap. 5.°, concernente agli Stati sardi, non vi ha dubbio che il traffico sì estero, che interno del regno Lombardo-Veneto avrebbe un notevolissimo incremento, il quale tutto intero tornerebbe a suo profitto, e dell'universale interesse della Penisola. Nè, conoscendosi come sia illuminata l'amministrazione austriaca, è lecito dubitare ch'essa concorra coi potenti mezzi de' quali può disporre, a meglio facilitare il buon esito del proposto assunto, e certamente essa vi è pure interessata, poiché, accrescendo viepiù la prosperità di quelle più ricche province dell’impero, aggiugne alla potenza di questo forza maggiore.

Note

  1. Se si riflette pure alle passate vicende dell’industria lombarda, vuolsi rammentare com’essa pur fosse importante nel medio evo, ed al rinascimento della civiltà, malgrado le continue guerre, sì civili che altre, onde fu travagliata.
          La storia dell’Insubria infatti ne racconta come, oltre all’industria agricola per tempo vantaggiata colla sapienza delle irrigazioni, in cui i Lom- bardi possono chiamarsi maestri, Milano, Como ed altre città lombarde aveano opifici d’ogni maniera, i quali provavano salita a grado esimio di perfezione l’industria fabbrile. Ma cessato un principe proprio, e sopragiunto il fatale dominio di Spagna, la terra lombarda essa pur decadeva, smunta com’era da quell’avaro reggimento, intento soltanto ad aggravare colà come altrove i sudditi, ad onorare l’ozio e l’infingardaggine, anziché l’operosità faticatrice, considerando meno onorate le speculazioni del traffico, solo pregevole l’esercizio della milizia. Al cessare di quel dominio somma era la pubblica e privata penuria; e la feracità del suolo, la natura svegliata de’ suoi abitatori, aveano inutilmente cercato di resistere contro tante cause di decadenza. Venuto un altro reggimento, estero pure, ma più castigato e prudente, nello scorso secolo cominciavan le province lombarde a risorgere per opera delle savie e rette cure d’un esimio governatore, il conte di Firmian, inspirato da uomini sommi, com’eran Carli e Neri, Beccaria, Verri ed altri: e trovati in Maria Teresa, in Giuseppe II cd in Pietro Leopoldo prìncipi illuminati, da retti fini animati, in breve cresceva il progresso lombardo. Era quello stazionario, se non retrogrado un’altra volta per le guerre dei decennio corso dal 1796. Ma ordinatovisi durante esso un governo proprio, quantunque pur soggetto ad estera direzione, tuttavia, quando la guerra non era più sui luoghi, ricominciava il progresso. Alle mutazioni del 1814, tornato l’austriaco reggimento, questo mostravasi sollecito di curare la prosperità delle recuperate province; quindi l’accresciuta industria, sì agricola che commerciale, da molti favori promossa; quindi le arti belle e fabbrili salite a maggior perfezione; quindi specialmente migliorate le vie di comunicazione ordinarie, le quali possono meritamente servire altrui d’esempio.
  2. È noto che Venezia avea cinque porti, ed erano Sant’Andrea, Del lido, Sant’Erasmo (ora ostrutti dalle sabbie), Chioggia, il più vasto e di facile accesso dal mare ma troppo lontano dalla città, cui da quella parte inoltre è più difficile l’arrivo pei tortuosi canali della laguna. Restava l’ultimo di Malamocso, esso pure in pericolo d’essere invaso dalle sabbie de’ fiumi, specialmente della Piave. — L’ingegnere Salvini, morto son molti anni, ideò una diga marmorea, la quale procede a Levante del porto suddetto, e serve di sosta al corso delle sabbie portate in quella direzione dai venti e dal moto radente che osservasi in quelle acque, oltre al flusso e riflusso delle maree. Napoleone decretò quell’opera, per consiglio del celebre ingegnere Prony; ma non ebbe tempo di farla eseguire. L’imperatore Ferdinando, appena salito al trono, ne ordinò la costruzione. La diga marmorea lunga 2,000 metri costerà al governo 1,500,000 fiorini austriaci. Si estende dalla Tuosa (canale che conduce l’acqua del mare nella laguna), ed attraversa lo scanno di sabbia che rende tortuoso e pericoloso quel canale. Arresta il corso delle sabbie, e stringendo nello stesso tempo il canale, accresce la forza della marea, la quale, liberata dalla massa arenosa sopravegnente, scava il detto canale e ne toglie le tortuosità. Codest’opera, per comune consenso de’ pratici, assicura a Venezia un quoto aumento di traffico marittimo, il quale può restituire a quell’emporio, se non tutta l’antica sua prospera condizione, gran parte almeno d’essa, atteso specialmente il congiungimento di Venezia alla terra-ferma, mercé del gran ponte o via ferrata che vi conduce. Difatti Venezia, la quale prima di essere congiunta alla terraferma, poteasi, nelle presenti pratiche navali, considerare come uno scalo poco atto a travasi pronti ed economici, di più facile arrivo ai luoghi di destinazione, assicurata una volta d’un ottimo porto, coi comodi che presenta di magazzini liberi pella franchigia di cui gode, la quale franchigia si renderebbe così meglio ad essa utile, può offrire al traffico generale un mercato grosso, un deposito, che poche altre città avrebbero, ed uno spaccio e trasporto facilissimo e sicuro, mercè della via ferrata.
  3. La lira austriaca vale 0,8% del franco, o lira italiana o di Piemonte. Il fiorino vale tre lire austriache, o lire 2,64 italiane o di Piemonte.
  4. Ecco alcuni particolari, che stimiamo aggiungere su quella mal augurata vertenza.
          Nei primi mesi del 1840 le azioni della strada ferrata Lombardo-Veneta correvano ad altissimi prezzi: delle 50,000 se ne dicevano a Vienna 36,000. In quel tempo istesso si costruiva la strada da Milano a Monza, e ne avea fatto l’acquisto la ditta Arnstein-Esckeles di Vienna, la quale avea spacciato, senza esservi autorizzata, azioni per lire 3,600,000, che vendette sino al 240 per %, e che fu poi costretta di ritirare.
          All’epoca medesima si stava formando una società per la strada da Monza a Bergamo, di cui si negoziarono le promesse d’azioni sino al 140 per %: e di altra società pure parlavasi per una strada tra Bergamo e Brescia, le cui promesse d’azioni toccarono il 109 per %, senza che neppure si avesse un primo progetto.
          Il 30 luglio 1840, come si è detto, era convocato in Venezia il primo congresso degli azionisti, della strada ferrata Lombardo-Veneta. Sapevasi aversi l’intenzione di proporre l’incominciamento dei lavori tanto da Milano verso Treviglio, che da Venezia verso Padova lungo la linea approvata dal governo. I proprietari della strada di Monza, ed i negoziatori delle azioni delle ideate vie di Bergamo e Brescia fecero il broglio, e convennero di far discutere una variazione alla linea approvata nella tratta tra Brescia e Milano, collo scopo di attrarre cori tutto il transito lombardo-veneto sulle loro linee speciali; o più propriamente di accrescere il lucro de’ loro aggiotaggi. Divise le azioni della strada Lombardo-Veneta che aveano acquistate a diecine, le investirono a persone da essi incaricate di rappresentarli, onde avere così una maggioranza nel congresso, e trovati per tal guisa agenti da essi diretti, ebbero eziandio nell’avvocato Castelli di Venezia, giureconsulto accreditato ed influente, l’uomo che s’incaricò di fare la proposta preallegata.
         Ma il partito della linea più breve, che volea il contemporaneo incominciamento de’ lavori dalle due parti, onde più presto fosse la strada completata, resisteva alla detta proposta, osservando non potere la quistione esser discussa, perchè non compresa nel programma di convocazione. I dissidenti ricorsero al governo di Venezia perchè dichiarasse lecita quella discussione, ma la domanda fu rejetta. Appellatisi della contraria decisione a S.A.I. l’arciduca viceré, questo, riformato il decreto governativo, permetteva la discussione.
         Venuto il dì del congresso, l’avvocato Castelli sorse a proporre: «Che si incominciassero subito i lavori del ponte sulla laguna e sul tronco dalla laguna a Padova, e pel lato lombardo fosse nominata una commissione, col mandato di giudicare, se fosse preferibile di congiungere Brescia a Milano per la via di Bergamo e Monza, anziché per Chiari e Treviglio, come nel progetto approvato». La proposta Castelli ottenne la maggioranza, ed essendo perciò stata accolta, nacque una divisione, la quale fu occasione d’animatissima polemica, lasciata dal governo ai contendenti piena libertà di discutere per mezzo della stampa le rispettive ragioni.
         La commissione eletta proferì un voto favorevole alla proposta nel termine fissato.
          Gli opuscoli sulla quistione e sul giudicio di essa furono in gran numero, e sarebbe opera lunga e malagevole, d’altronde di nessuna utilità allo stato attuale di cose, il darne un sunto. — Sono raccolti in un grosso volume, che si può, volendolo, consultare come storica curiosità. — Un altro volume pure si è fatto degli articoli pubblicati nell’appendice della gazzetta priviligiata di Venezia dall’aprile all’agosto 1841. — Sono principalmente degni di menzione gli opuscoli del chiarissimo ingegnere, cavaliere Paleocapa, direttore delle pubbliche costruzioni nelle province venete, e del dottissimi avvocati Manin, Castelli, Pasini ed Anselmi (allora consigliere d’Appello, or presidente del Tribunale di Como, che scrisse sotto i pseudonimo di Demetrio Lazzari). — Voglionsi pure notare quelli degli ingegneri Possenti e Rossetti, dei chiar. dottor Carlo Cattaneo, dell’ingegnere Milani, ec., ec.
         Il giorno 12 agosto 1841 si radunava in Milano il secondo congresso; ma le circostanze mercantili aveano mutate le volontà. Le azioni eran cadute a prezzi vili, senza più aver credito e spaccio, e stagnavano in grosse partite a mano di pochi. Il municipalismo bergamasco era stato grandemente concitato con ogni mezzo; ma esso; era impotente a sostenere l’assunto. — In quel congresso non si volea più parlare della linea, e solo divisavasi di eleggere una commissione, la quale si recasse in Vienna onde intercedere un soccorso governativo atto a dar nuovamente prezzo maggiore alle azioni. Il partito contrario alla linea per Bergamo, ed avverso all’aggiotaggio avendo interesse acciò l’altro non riuscisse nel proprio intento, prese il pretesto della verificazione dei poteri, perchè ogni deliberazione fosse in quella tornata impossibile, e riuscì; perocché, non avendo potuto componi la dissidenza delle opinioni, il commissario governativo dichiarò sciolto il congresso.
         Dopo quel giorno Milanesi e Veneziani (non mercanti) acquistarono azioni, e rappresentarono a S. M. I. e R. le cause che turbarono l’ordine della società, e la necessità di cominciare i lavori anche dal lato di Milano, lungo la linea del privilegio. — Emanarono in seguito le risoluzioni sovrane che si conoscono, le quali confermano la detta linea. — La strada Lombardo-Veneta fu dichiarata strada dello Stato lungo essa linea privilegiata, cioè da Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Treviglio a Milano, e la questione di Bergamo fu sepolta per sempre.
         Nel volume degli opuscoli può leggersi quello intitolato: Cenni sulla questione, ec., di I. P. (Iacopo Pezzato), nel quale accertasi esposta la storia più esatta della vertenza, e narrato l’esito delle imaginate strade da Monza a Bergamo, e da Bergamo a Brescia.
         Volendosi ora proferire su quella vertenza un’opinione in genere, sebbene di poca importanza, dacché trovasi la quistione decisa: diremo, che, se non si può a meno di condannare altamente il fine dell’aggiotaggio che suscitò la quistione: attentamente studiato il voto emesso dai chiarissimi membri della commissione eletta per giudicarne, i signori Carlini, Bazzini, Borgnis, Cattaneo e Zuradelli; il qual voto troviamo nella gazzetta di Milano del 14 marzo 1841; poste per vere le circostanze di fatto in detto voto allegate, esse ci sembrano meritevoli di seria considerazione; e che quindi, se per Treviglio era ed è il pregio della maggior brevità e delle minori pendenze, quindi fors’anche della minore prima spesa, dall’altra parte speravasi, forse con fondamento, una minore spesa di manutenzione proporzionatamente, ed una maggior copia d’avventori per la più grande quantità di popolazione agglomerata; ond’era ragionevolmente presunta una maggior rendita.
         Del resto, come vedremo noi seguito, le modificazioni che reputiamo ancora utili alla linea intera, quando venissero adottate, potrebbero forse accennare in gran parte ad esaudire il voto dei Bergamaschi, ed a rendere più proficua la strada di Monza, ch’or dicesi perdente, se si considera però, non il primo suo costo, ma l’attuale.
         Avevamo dimenticato di notare un’idea di conciliazione ch’erasi esposta dal signor de Kramer, di lasciare alle due società formatesi per la strada da Milano a Brescia per Bergamo il pensiero di coltivar quell’impresa, ed in vece di eseguire la linea Milani da Milano a Brescia per Treviglio, andare piuttosto da Milano a Lodi, Cremona e Mantova, indi a Verona, congiungendo con una linea trasversale Brescia a Mantova, risparmiando così le due linee pur proposte; l’una da Cremona a Treviglio per Soresina, e da Treviglio a Bergamo; e l’altra da Lodi a Crema ed oltre, sino alla detta linea da Cremona a Treviglio, risparmiando ancora la linea da Verona a Brescia per la Volta, che fu poi quella adottata. Di questa affatto diversa doppia, direzione, cessata la lite bergamasca, più non parlavasi. Vedremo altrove quali modificazioni, a nostro parere, sarebbero da preferire alla linea Milani (Vedasi l’opuscolo del signor Kramer, descritto all’elenco delle pubblicazioni seguite sulla vertenza bergamasca, documento N.° 3).
         Abbiamo cercato d’esporre ne’ più brevi termini possibili la vertenza gamasca, onde vennero tante contradicenti pubblicazioni, e sebbene ci siamo fatto carico di procurarci la collezione compita d’esse, di cui riportiamo in fine l’elenco suddetto, non esitiamo a dire che, dopo averle attentamente lette e studiate, varii sentimenti sonosi in noi destati al pari tristissimi. 1.° Il dolore di vedere uomini di chiaro ingegno, aventi patria comune, entrati in un’impresa, da essi tutti proclamata utilissima, abbandonarsi ad una polemica acerbissima, nella quale prevalsero le più dure e spiacevoli personalità; 2.° L’altro dolore di vederli più badare a quistioni di puntiglio, che non al vero utile obbietto cui avrebbero dovuto tendere, anche a costo di reciproci sagrifici d’amor proprio leso, e veder dato così agli estranei il mal esempio della poca nostra concordia, cedendo fors’anche alcuni, senz’avvedersene, a quel gretto municipalismo che sempre fu nostra rovina. 3.° Ancora; il rammarico di scorgere come quello stesso personale puntiglio muovesse a mutare opinioni, prima sostenute con gran calore e pari ingegno; e 4.°, finalmente, il giusto ribrezzo che desta una discordia sorta tra concittadini e fratelli, nata dall’incitamento d’esteri speculatori; ai quali molti piegavano il proprio voto, certo non per causa meno onorevole, che non vogliamo supporre ma pur sempre men cauta; posciachè ne doveva derivare, come nel fatto n’è derivato, gran danno all’assunto.
         Noi non vorremmo porgere argomento a nuove polemiche, delle quali ci preservi sempre Iddio; perchè niuno più di noi desidera concordi gli uomini che onorano la nostra Penisola per sentimenti onesti e per molto ingegno. Ma non potevamo tuttavia tacere l’impressione che produsse in noi l’esarne di quella polemica. Sia essa pertanto sepolta in sempiterno obblio; e coloro che vi presero parte, dimentichi del passato, cerchino, se ancora se ne presenta loro l’occasione nell’avvenire, di giovare coi molti studi da alcuni tra essi fatti sulla materia a rendersi utili alla patria comune!
         Così, rimediato in parte all’occorso, da quegli ottimi cittadini che pur li stimiamo, quanto alle intenzioni, essi avranno almeno la consolazione d’aver meglio queste secondate, e di aver contribuito al progresso ben inteso del vero spirito d’associazione, al difetto o debolezza del quale debbesi principalmente attribuire la seguita peripezia!
  5. Queste indicazioni, e quelle che seguono sono desunte dagli Annali universali di statistica di Milano, ne’ quali ogni mese contengonsi tutte le più importanti notizie concernenti alle strade ferrate, A italiane che estere, coll’indicazione specialmente dei perfezionamenti tecnici che l’umano ingegno va ogni giorno introducendo nell’ordinamento delle dette strade.
         Vedansi, al nostro proposito, segnatamente le dispense uscite dopo che cominciò l’impresa della strada in discorso; e più particolarmente quelle di giugno 1844, pag. 329; di dicembre detto anno, pag. 313; del gennaio 1845, pag. 89.
         Molti di quegli articoli sono estesi dall’avvocato Pasini di Vicenza, e dal signor Jacopo Pezzato di Venezia, i quali provarono amendue molta intelligenza della materia, e viste assai elevate e perspicaci intorno all’avvenire del commercio italiano, mercè delle nuove vie, se l’ordinamento di esse viene regolato con illuminata prudenza. (Vedasi in ispecie l’articolo del signor Pezzato, dispensa di marzo 1845, pag. 296).
  6. Posteriori notizie informano che al 15 di giugno 1845 lo stato dei lavori sulla strada ferrata Lombardo-Veneta era il seguente:
         La sezione da Milano a Treviglio può dirsi compiuta, compresi i ponti sulla Muzza e sull’Adda; tranne alcuni movimenti di terra presso quest’ultimo fiume. Da Milano all’Adda anche l’armamento è compito. Ma non si ottenne ancora l’approvazione al progetto della gran stazione di Milano, nè di quello della stazione di Treviglio, ambo spediti da otto mesi a Vienna.
         Il progetto particolareggiato da Treviglio a Chiari è pure compito, ed è prossimo ad esserlo quello da Chiari a Brescia.
         Giunsero dalla Francia dieci locomotive colà acquistate, con tutti gli attrezzi, meccanismi ed utensili per l’officina di Milano, come pure le sale e le ruote per le vetture, gli affusti o letti delle quali furono costrutti nell’officina della società a Mestre, e le casse fabbricate a Milano sono apparecchiate.
         La direzione lombarda protestò al fornitore le piatte-forme girevoli ed alcune locomotive, perchè non conformi al contratto pattuito.
         Nel territorio veneto è prossimo al termine il gran ponte sulla laguna; in parte già inghiaiata la via sur esso. Fu approvato il piano generale della stazione di Venezia, ma pende ancora l’approvazione dei varii edifizi. Quella stazione costerà, dicono, circa due milioni di lire austriache.
         Nella stazione di Padova è prossima l’ultimazione della nuova casa pei viaggiatori.
         La strada da Padova a Vicenza è pure vicina al suo termine, e dal lato di Padova se ne è già cominciato l’armamento; i materiali d’esso sono pronti pel resto.
         Il progetto esecutivo della sezione da Vicenza a San Bonifacio è già rassegnato per l’approvazióne; e, sciolta la quistione della linea sotto Verona dalla commissione militare per il passaggio dell’Adige nel raggio di quella fortezza, sarà sollecitamente compito anche l’altro progetto lareggiato da San Bonifacio a Verona; sicché sarà compiuto il diviso dell’intera linea veneta.
         Per l’attivazione della strada da Padova a Vicenza è pure già provvisto il materiale d’esercizio, aspettandosi di giorno in giorno dall’Inghilterra altre quattro locomotive in aggiunta alle nove già possedute dalla società su quel punto.
         L’officina di Mestre è provveduta in modo da bastare forse a tutta la strada da Venezia a Verona.
         Non vi è stato sospensione di lavori dalle due parti; ma vuolsi lamentare la molto lentezza di quelli della parte lombarda a confronto dei Veneti, più attivi, come vedesi dal resultato.
         È da notare però, che i lavori da Milano a Treviglio sol poterono incominciarsi all’agosto 1843, e che soltanto nell’aprile 1844 s’ottenne 0 permesso di lavorare da Padova a Vicenza.
  7. Vuolsi notare però, che se la tratta tra Padova e Venezia già rende un prodotto equivalente all’interesse adequato della spesa di essa, questa spesa non è compiuta ancora. Perocché manca il doppio binario di ruotaie. Arroge, che l’imperfetto collocamento di queste e dell’armatura loro sembrano doverne richiedere il rinnovamento; manca il compimento delle stazioni, e quando la spesa intera di queste, aggiunta a quella del gran ponte sulla laguna, sarà unita a quella già seguita della strada ora in esercizio; aggiunta ancora la rendita della tratta tra Mestre e Venezia, e fatta anche ragione dell’aumento successivo d’avventori, sarà ancora a vedere se il frutto intero sarà adequato compenso alla detta spesa totale.
         Noi lo speriamo, quando l’intera rete delle strade italiane avrà corrispondenza intera tra di esse, e con quelle oltremontane -che verranno ad incontrarle: ma finché sia questo resultato conseguito, noi confessiamo dubitarne assai.
  8. Programma della direzione della strada ferrata Lombardo-Veneta per la riunione degli azionisti della medesima da tenersi a Venezia il giorno 30 giugno 1845.
          "La direzione della strada ferrata Lombardo-Veneta ha pubblicato il giorno 10 corrente maggio nella Gazzetta Privilegiata di Milano e di Venezia il programma seguente:
          "La direzione della società dell’I.R. privilegiata strada Ferdinandea Lombardo-Veneta, agendo in conformità al § 25 degli statuti, convoca ii congresso generale degli azionisti che dovrà riunirsi in Venezia nel giorno 30 giugno 1845, nella sala che verrà indicata a tempo opportuno, ed avrà principio alle ore 9 antimeridiane, avvertendo che l’ingresso, aperto alle ore 7, verrà chiuso alle ore 9, e che il congresso sarà, ove occorra, continuato nei giorni successivi.
          Gli oggetti da trattarsi, oltre quelli di consueta deliberazione, giusta il § 26 degli Statuti, sono i seguenti:
          1.° Nomina della commissione voluta dal § 36 degli statuti.
          2.° Rapporto e proposizioni della commissione nominata nel congresso 10 giugno 1844 per l’esame dei conti.
          3.° Proposta dì varii azionisti nei termini seguenti:
          » a) La costruzione ed il compimento della strada ferrata Lombardo-Veneta, non meno che le cure di sua gestione, fino al compimento, vengano assunte dall’amministrazione dello Stato, ferma stante la sussistenza della società;
          » b) Verrà nominata una commissione di cinque azionisti, la quale immediatamente, e senza bisogno di ulteriore determinazione per parte della società, e in nome e per conto della medesima,
          » I. Verifichi la consegna della strada, suoi accessorii, dipendenze, materiali ed altri oggetti di sua proprietà, all’amministrazione dello Stato, e
          » II. Tratti e stabilisca coll’ammmistrazione dello Stato tutte le variazioni e modificazioni che si rende indispensabile di praticare allo statuto sociale in forza del cambiamento che occasiona all’attuale condizione dell’amministrazione sociale la proposta a);
          » III. Tratti e stabilisca coll’amministrazione dello Stato, ed effettui col consenso della medesima, tutte le altre misure che fossero stimate necessarie od utili per dare esatto compimento alta determinazione più sopra citata sub a);
          » 4.° Proposta intorno ad alcune perenzioni di certificati occorse dall’ultimo congessso generale in poi;
          » 5.° Sostituzione dei direttori cessanti per estrazione a sorte o per altra causa».
          La Direzione, ricordato che le determinazioni del congresso diventano efficaci per la società intera quando son prese a’ termini dei §§ 31, 32 e 33 degli statuti, e ricordato competere il diritto di intervenirvi a que’ soli proprietari di certificati interinali che un mese prima dell’adunanza, e quindi a tutto il giorno 31 maggio corrente, appariranno intestati nei libri della società almeno per. 40 certificati interinali d’azione.
          Vengono dappoi le discipline per le notificazioni dei certificati da prodursi alle sezioni direttorie in Venezia ed in Milano.
         Come si vede la direzione ricorda nel programma, che le determinazioni del congresso diventano efficaci per la società intera quando sono prese a termini dei §§ 31, 32 e 33 degli statuti. Su questo ricordo crediamo bene di avvertire per norma dei lettori, che, a senso del § 32 degli statuti, la proposta di varii azionisti indicata all’articolo 3.° del programma perchè il compimento e la gestione della strada ferrata Lombardo-Veneta vengano assunte dall’amministrazione dello Stato, si riterrà accettata dalla società quando l’accettazione sia decisa a pluralità assoluta di voti degli intervenuti.
          Crediamo bene di aggiungere altra notizia sulle somme che restano da pagarsi agli azionisti sui 50 milioni del capitale sociale. Nel fascicolo di aprile 1843, pag. 112, abbiamo riferito quanto segue:
          "Col versamento del 10 per % chiamato pel 10 aprile, e prorogato al 10 maggio 1843 cogli avvisi della direzione sociale in data 4-7 aprile 1843, si compie il versamento di 36 per % sull’ammontare nominale delle azioni.
          » Il residuo 64 per % sarà dai possessori dei certificati interinali pagato in dieci rate semestrali di 6 per % l’una, che scaderanno nei giorni 31 gennaio e 31 luglio degli anni 1844, 1845, 1846, 1847, 1848, ed in un’ultima rata del residuo 4 per % che scaderà il 31 gennaio 1849».
          Attenendosi a tale disposizione, i versamenti a tutto gennaio prossimo passato risultano al 54 per %, per cui resterebbe a versare il 46 colle rate semestrali del 6 per % dal 31 luglio prossimo avvenire al 31 loglio 1848, e l’ultima del 4 per % al 31 gennaio 1849.
          A tempo debito faremo conoscere le decisioni prese dal congresso degli azionisti il giorno 30 prossimo venturo giugno.
          (Annali universali di Statistica, maggio 1845. — NB. La sessione del Congresso fu posteriormente prorogata al 24 di luglio).
  9. Persona informatissima del collocamento delle azioni, delle quali possiede anzi un grandissimo numero, capitata in Torino tempo fa, ci afferma- va: appena enervi in Italia 3,000 azioni; le altre 47,000 essere a Vienna!
     - E ancora delle 3,000, la metà circa essere posseduta da due soli azionisti, i quali mai non vollero spacciarle, sempre lusingandosi di tenere la speculazione in Italia. — Ma l’opera loro, come scorgesi, non riusciva; e, malgrado la grande ricchezza che notasi nel regno Lombardo-Veneto, appena ivi sono distribuite nel maggior numero 1,500 azioni, la più grande quantità del numero totale (50,000) essendo stata acquistata, nelle operazioni d’aggiotaggio seguite, dai banchieri viennesi. — Ciò premesso, è chiaro che la pubblica opinione, malgrado gli sforzi generosi d’alcuni scrittori (i quali solitamente sono i men facoltosi) non si è mostrata gran fatto propensa all’assunto. Laonde questo più non può essere una speculazione italiana, ma dei forestieri in Italia, di cui però si debbe desiderare il buon successo anche pel bene dell’Italia medesima, della quale attiverà il traffico.
  10. .Essendosi formata a Londra, come si dirà ancora nel seguito, una società per l’intrapresa delle strade ferrate in Italia e nell’Austria, i mandatari d’essa tosto si recarono ne’ varii Stati della Penisola per attendere all’assunto loro, alla qual cosa cercarono di riuscire con larghe proposte d’ogni maniera. Non riuscirono a Torino ed a Bologna; riuscirono in vece in parte nella Toscana, come vedremo al capitolo 4.°, ed a Milano fecero la proposta di cui segue il tenore.
         

    «Proposizione di una compagnia inglese per compiere la strada ferrata Ferdinandea Lombardo- Veneta.


    » Una compagnia inglese, formatasi a Londra sotto la presidenza del signor William Jackson, con un capitate di tre milioni di lire sterline per la intrapresa di strade ferrate in Italia ed in Austria, avrebbe fatta alla società della strada ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta la seguente offerta:
         »1.° L’ingegnere J. R. Brunel erigerà i progetti esecutivi della strada ferrata, non per anco intrapresa, secondo le norme generali delle strade ferrate dello Stato, quei progetti, cioè, che non fossero per anco stati redatti ed approvati. I progetti esecutivi dell’ingegnere Brunel saranno sottoposti per l’approvazione alla direzione suprema delle strade ferrate dello Stato.
     » 2.° Approvati i progetti, si procederà immediatamente agli appalti delle opere col mezzo di asta pubblica, alla quale saranno anche invitati i principali costruttori di strade ferrate inglesi.
      » 3.° Deliberato l’appalto, la compagnia verserà in alcune rate la somma di 25 milioni di lire austriache per fare i fondi occorrenti alle costruzioni e all’acquisto del materiale di esercizio.
      » 4.° Di mano in mano che si effettueranno dalla compagnia i versamenti, la società della strada ferrata Lombardo-Veneta emetterà a favore della compagnia inglese tante nuove azioni da esserle cedute al pari fino al numero di 95,000, ossia fino a concorrenza dei 25 milioni versati.
      » 5.° Queste nuove azioni non verranno però consegnate alla compagnia, ma saranno passate in deposito fino al momento cui l’intera strada da Milano a Venezia sia compita ed aperta ad uso del pubblico: allora soltanto potranno esser messe in circolazione.
      »6.° Sulle somme versate dalla compagnia decorrerà l’interesse annuo alla ragione di 4 per %, e le nuove azioni saranno parificate alle 50,000 di cui è attualmente composto il fondo sociale. » 7.° Accettata l’offerta della-compagnia, questa darà subito dopo una cauzione di 5 milioni di lire in danaro effettivo».
     Che questa proposta, rassegnata alla superiore autorità, possa venir posta in deliberazione dalla società al prossimo suo convocato, e venir quindi da essa accolta e dal governo imperiale, noi dubitiamo assai. I provvedimenti precedenti di questo sembran provare che l’impresa delle strade ferrate voglia considerarsi come affare di governo, e non come speculazione industriale estera; quindi non pare probabile che vi si voglia ammettere l’intervento d’una compagnia straniera, le cui viste ad altro non tendono che ad un deciso aggiotaggio; imperocché i proponenti, i quali appena giunti, senza assumere la menoma informazione sulle condizioni di luogo, fanno cotali proposte, dimostrano voler giuocare alla borsa di Londra ed altre col tema delle strade ideate.
          Quantunque il giornale francese Des Debats abbia, gli 8 luglio 1845, affermato che le due direzioni lombarda e veneta, riunite a Verona il 22 giugno, aveano accettata la proposta, salva, ben inteso, la superiore approvazione, sappiamo da persone che si credono bene informate, che S. E. il presidente della Camera Aulica debbe aver reietta la proposta, dichiarando che se, come si era preveduto, la società lombardo-veneta non avea mezzo di compiere l’opera assunta, subentrerebbe a terminarla il governo, come le avea promesso, rimborsando nell’accennato modo l’esposto: senza che occorresse alcun straniero intervento, considerato allo stato della pratica meno dicevole. Codesta determinazione, ove sia vera, noi crediam degna di somma lode. Perocché ripetiamo essere bensì conveniente accogliere capitali stranieri per concorrere alla speculazione, assicurando loro un frutto adequato, ma quanto al regolar l’impresa, importare che lo sia o dal governo medesimo, o, se non lo può, da speculatori indigeni, non da quelli esteri. Abbiamo in Italia esempi che dimostrano men conveniente l’intervento di cotestoro.

  11. Vedi il Moniteur Universel del 24 gennaio 1845, supplimento N°.2, pag. 460, dove leggesi il detto articolo del signor Adriano Balbi, riguardo al quale articolo è a notare, per maggiore esattezza d’indicazione, che la risoluzione sovrana del 19 dicembre 1844, nel determinare le strade dello Stato, che intende far costruire il governo austriaco, non ha già detto, come accenna il Balbi: una strada attraversante il regno Lombardo-Veneto ma bensì: una strada da Venezia al lago di Como, passando per Milano; ora questa strada è compresa in due concessioni: quella da Venezia a Milano, alla società della quale finora abbiamo parlato; e quella da Milano a Como, accordata al nobile signor Zanino Volta, finora ineseguita, della quale parleremo nel seguito.
  12. È noto che la popolazione condotta su quella linea oltrepassa annualmente il numero della popolazione cumulata delle due città di Venezia e dì Padova.
  13. La prima idea di questa bella ed utile impresa fu nel 1836 pubblicata dall’ingegnere Tommaso Meduna, il quale in un suo opuscolo: Primi studi intorno ad un progetto di ponte sullla laguna di Venezia (Vedi Annali di Statistica di Milano, dicembre 1836), esponeva al proposito i suoi pensieri, e all’incirca nella direzione di quello dal signor Milani progettato con maggior estensione e con aggiunte tutte sue, come l’acquedotto, il condotto del gas, il tunnel sotto il ponte girevole e simili. — Prima ancora del progetto Meduna, e che si parlasse di vie ferrate, cioè nel 1830, l'ingegnere Pietro Baccanello di Venezia, avea progettato il congiungimento di quella città alla terra-ferma, mercé d’un ponte con pile in muratura ed archi in legno. Ma l'I. R. Consiglio aulico di guerra, nè quello, nè il posteriore del signor Meduna approvava, volendo, al caso, un ponte tutto in legno, senza selciato in pietra, facile ad essere prontamente intercetto, e dominato inoltre dal forte di Malghera, onde prevenir le sorprese della città dalla terra-ferma. Quello solo ideato dal Milani, tutto in muratura, fu approvato, forse per la cautela del ponte girevole, e per mutate idee sulla difesa di Venezia.
  14. Tra i varii progetti di condurre acqua potabile a Venezia merita singolare menzione quello pubblicato da un nostro concittadino col titolo: Memoria sull’origine e sullo sviluppo del progetto di condurre acqua potabile dal Continente a Venezia dell architetto idraulico e civile Ignazio Michela, presentata coi relativi disegni, e letta un compendio alla sezione di fisica e matematica del terzo congresso degli scienziati italiani a Firenze, lì 23 settembre 1841. — Torino, dalla tipografia Zecchi e Bona, 1842, un vol. in-4.° Noi ignoriamo qual caso abbia fatto il municipio di Venezia del progetto del Michela. Quello che sappiamo è, ch’esso ci par degno di molta fiducia, nota essendo la molta perizia del chiarissimo autore, che il celeberrimo idraulico italiano, il fu nostro cavaliere Bidone, indicava come il più distinto tra i suoi allievi. Facciamo voti pertanto acciò l’antica e bella Venezia aggiunga agli altri suoi portentosi monumenti, quello 'utile e bello del pari dell’acquedotto e gran fontana propostole dal Michela.
  15. Ecco come il Balbi giudica i vantaggi dell’impresa:
    «Il beneficio della strada in discorso è indubitato. Essa riunisce una città grande, ricca, industriosa e commerciale qual’è Milano ad una grande città marittima, Venezia, già così decaduta, e che ora risorge per cura del suo governo e del patriotistno illuminato d’alcuni suoi concittadini.
    »Le più frequenti comunicazioni assicurate dalla novella strada compiranno questo risorgimento.
    »La strada medesima attraverserà sei grandi città, le quali hanno ciascuna una popolazione dai 30,000 ai 200,000 (?) abitanti (la popolazione di Milano non arriva a tal numero).
    »Laonde valutasi un trasporto rapido ed economico procurato colla nuova via ad una popolazione di 3,000,000 d’abitanti circa, ed ai bisogni d’un commendo attivo d’industrie svariatissime.
    »Ancora; la novella strada, nella lunga sua estensione, tocca i punti principali delie grandi linee navigabili, sia artefatte che fluviali, del regno Lombardo-Veneto.
    »Quand’anche si ristringa l’esercizio di questa strada ad una zona di sei miglia geografiche, essa servirebbe ad una popolazione di 814,000 abitanti, distribuiti sur una superficie di 864 miglia quadrate; e così per una popolazione relativa di 942 abitanti per ogni miglio quadrato, che uguaglia, se non oltrepassa, quella delle contrade più popolate e più fiorenti.
    »Ma le sue più belle speranze non si arrestano ancora a questo punto; chè, allora quando la strada Ferdinandea sarà congiunta a quella da Genova a Torino e al lago Maggiore, da una parte, e dall’altra alla strada che da Vienna fra non molto arriverà a Trieste, ed alle linee convergenti sulla capitale dell’Impero, collegate colla vasta rete delle strade germaniche e della Polonia occidentale, le quali debbono toccare direttamente pel Danubio al mare del Nord, al Baltico ed al mar Nero, allora codesti paesi si troveran posti sur una delle quattro grandi linee che debbono congiungere l’Europa all’Oriente. — L’importanza delle quali grandi comunicazioni aumenta ogni giorno. Perocchè quelle belle regioni, onde ci vennero religioni, culti ed antica civiltà non possono ulteriormente sottrarsi al benefico conquisto di quella presente. Già le contrade comprese tra l’Ellesponto, il Nilo ed i confini della Cina sono più o meno animate da un progresso che tende ad avvicinarle all’Europa; già una grande rivoluzione si prepara nella via de’ traffici, e tende a ricondurne il centro in quel Mediterraneo, d’ond’erasi dipartita dopo la scoperta del Capo di Buona Speranza e del Nuovo Mondo, con tanto danno di Venezia e di Genova, le quali avevano d’allora in poi perduto lo scettro de’ mari ed il primato dell’incivilimento.
  16. Anche questo calcolo preventivo a noi pare inferiore al vero; perocchè una linea di kilometri N.° 39, valutata coll’estimo medio di
    Francia di lire 300,000
    dovrebbe costare franchi o lire italiane 11,700,000
    che sono lire austriache 43,448,275
    La spesa presunta dall’ingegnere essendo di 8,526,000

    vi sarebbe una differenza di austriache lire 4,922,275

    La quale a noi pare troppo ragguardevole, perchè non sia lecito credere che la spesa effettiva debba poi riuscire, facendosi la strada, assai maggiore.

  17. Abbiamo trascritta la decisione tal quale ci venne da Milano favorita.
  18. Il motivo principale per cui l’egregio e chiarissimo ingegnere Milani opinò per scostarsi dal lago, fu, come scorgevi dalle difese pubblicate del suo progetto, di evitare le difficoltà e le maggiori spese che prevedeva doversi incontrare in quella non piana regione; epperò preferito il giro scelto della Volta, divisava di assicurare ugualmente le relazioni tra il lago e la via Ferdinandea mediante un tronco diretto diramato da questa e portato a Desenzano. — Noi non pretendiamo giudicare tra questa sua opinione e quella del suo primario opponente dottore C. Cattaneo, nel rispetto tecnico, perocché il signor Milani ha una competenza che non abbiamo. Tuttavia essendovi pure altri ingegneri che affermano possibile di non abbandonare il lago, avendosi con tal partito un risparmio di 15 kilometri di strada, ed essendo certissimo il ben maggiore concorso che ne avverrebbe alla via Ferdinandea, ci pare che sarebbe anzi degno del chiarissimo autore del progetto di meglio studiare questo punto e cercare di superare le temute difficoltà, potendosi credere sicuramente compensata la spesa maggiore, e dal più grande concorso, e dall'economia predetta di 15 kilometri di strada.
  19. Prendendo per punto di confronto Riva di Chiavenna, all’estremità del lago di Mezzola, al termine di quello di Como, ove si uniscono le due vie di acqua e di terra; e calcolando la sua distanza dalla piazza di Venezia, secondo i diversi andamenti, si ottengono i resultati che seguono:
    1.° Da Venezia a Milano, secondo il progetto Milani, indi per Milano, Monza, Como e lago, si hanno metri 385,003»
    2.° Da Venezia a Milano, come sopra; indi direttamente a Como (progetto Volta), poi lungo il lago 376,824»
    3.° Da Venezia a Riva di Chiavenna per Peschiera, Desenzano, Bergamo, Monza, Como e lago 360,960»
    4.° Da Venezia a Riva, per Desenzano, Brescia, rettifilo di Trezzo e Monza, Como e lago. 366,000
    5.° Da Venezia a Riva, Desenzano, Brescia, Trezzo e Brivio in via d’acqua fino a Lecco e lago. 330,000»
    6.° Da Venezia a Riva per Desenzano, Brescia, Trezzo e con istrada pur ferrata fino a Lecco, indi per acqua. 328,400»
    7.° Da Venezia a Riva, mediante la strada ferrata fino a Lecco, indi per la superba strada militare costeggiante il lago. 324,585»

    Dal che resulta il grande vantaggio che presenterebbe la linea che abbiamo indicata preferibile, la qual linea favorirebbe pure il commercio ter- ritoriale, senza ledere menomamente i riguardi cui può aver giusto titolo Milano. (Veggasi, al proposito, la memoria inserita nel Llyod austriaco, 1842)».

    (Dall’opuscolo del cavaliere M. A. San Fermo, intitolato: Cenni sulle strade ferrate più convenienti all’alta Italia, ed all’Italia centrale. — Padova, tipografia Crescini, 1845. — Inserito anche nel giornale l' Euganeo del marzo 1845).

    Noi dichiariamo avere da cotesto opuscolo ricavate molte fra le idee qui esposte; quindi, se per avventura esse persuadessero governo e privati, non pretendiamo ad averne merito alcuno, chè tutto attribuiamo al detto chiarissimo autore."

  20. >A coloro che muovessero l'eccezione strategica, altre volte posta in campo da qualche ingegnere militare, del supposto pericolo d'una strada ferrata troppo vicina alla fortezza, che potesse così per essa più facilmente sorprendersi, risponderemo: oltre l’Alpi essersi pure quell’ostacolo incontrato, e le piazze d’Anversa, di Strasburgo, di Lilla, di Mons e di Valenziana, essersi credute dapprima pregiudicate se una via ferrata vi penetrasse, o solo di troppo le avvicinasse. Anzi alle due prime non essersi permesso che la stazione arrivasse che in luogo posto fuori della portata del tiro delle piazze medesime. — Ma di poi, considerata la facilità che v'ha di rendere in tempo brevissimo impraticabili quelle vie smuovendone le ruotaie; — la convenienza d’averle anzi sotto il tiro della piazza per poterle all’uopo difendere, e portarsi da esse più facilmente ai punti estremi della sua difesa; — il vantaggio di far giugnere alla fortezza soccorsi d’ogni maniera, cose o persone che vi si volessero condurre a salvamento, furono ragioni troppo evidenti perchè non si conservasse quel mal fondato timore; quindi quelle strade e le altre fatte di poi si lasciarono entrare od anche solo avvicinare senza timore alcuno.
  21. A coloro che, da grette idee soltanto guidati nel proprio criterio, opponessero a questa seconda linea, da Milano diretta per gli accennati tre Stati ad Ancona, il timore del danno ch’essa potesse per avventura recare alla strada Ferdinandea, scemandone gli avventori ed il trasporto delle merci provenienti o dirette allo scalo anconitano, è facile ed ovvio rispondere. — La linea per l’Italia centrale è troppo utile, perchè, a lungo andare, qualunque sia la somma degli ostacoli d’ogni maniera che incontra, essa non facciasi sino a Piacenza, ed ancora pegli Stati sardi non si protenda verso Genova e Torino; fors’anche oltre l’Alpi, come vedremo ai cap. 5.6.7. e8. Ora non è egli più conveniente a Milano, che di presente già ha tante relazioni personali e di traffico con que’ tre Stati parmense, estense e pontificio, di conservarle non solo, ma accrescerle offerendo loro un più pronto, più facile e men costoso accesso, che non segregandosene in certo modo, per tema di portare alla linea d’esse qualche lucro?... La risposta pegli uomini che vedono rettamente nel futuro, sembra men dubbia.