Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio/Libro secondo/Capitolo 31

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Libro secondo

Capitolo 31

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Quanto sia pericoloso credere
agli sbanditi.

E’ non mi pare fuori di proposito ragionare, intra questi altri discorsi, quanto sia cosa pericolosa credere a quelli che sono cacciati della patria sua, essendo cose che ciascuno dì si hanno a praticare da coloro che tengono stati; potendo, massime, dimostrare questo con uno memorabile esemplo addotto da Tito Livio nelle sue istorie, ancora che sia fuora del presupposto suo. Quando Alessandro Magno passò con lo esercito suo in Asia, Alessandro di Epiro, cognato e zio di quello, venne con gente in Italia, chiamato dagli sbanditi Lucani, i quali gli dettono speranza che potrebbe, mediante loro, occupare tutta quella provincia. Donde che quello, sotto la fede e speranza loro venuto in Italia fu morto da quelli, sendo loro promessa la ritornata nella patria dai loro cittadini, se lo ammazzavano. Debbesi considerare, pertanto, quanto sia vana e la fede e le promesse di quelli che si truovano privi della loro patria. Perché, quanto alla fede, si ha a estimare che, qualunque volta e’ possano per altri mezzi che per gli tuoi rientrare nella patria loro, che lasceranno te ed accosterannosi a altri, nonostante qualunque promesse ti avessono fatte. E quanto alle vane promesse e speranze, egli è tanta la voglia estrema che è in loro di ritornare in casa, che ei credono naturalmente molte cose che sono false e molte a arte ne aggiungano: talché, tra quello che ei credono e quello che ei dicono di credere, ti riempiono di speranza talmente che, fondatoti in su quella, o tu fai una spesa in vano o tu fai una impresa dove tu rovini.

Io voglio per esemplo mi basti Alessandro predetto, e di più Temistocle ateniese; il quale, essendo fatto ribello, se ne fuggì in Asia a Dario; dove gli promisse tanto, quando ei volessi assaltare la Grecia, che Dario si volse alla impresa. Le quali promesse non gli potendo poi Temistocle osservare, o per vergogna o per tema di supplizio, avvelenò sé stesso. E se questo errore fu fatto da Temistocle, uomo eccellentissimo, si debbe stimare che tanto più vi errino coloro che, per minore virtù, si lasceranno più tirare dalla voglia e dalla passione loro. Debbe, adunque, uno principe andare adagio a pigliare imprese sopra la relazione d’uno confinato, perché il più delle volte se ne resta o con vergogna o con danno gravissimo. E perché ancora rade volte riesce il pigliare le terre di furto, e per intelligenzia che altri avesse in quelle, non mi pare fuora di proposito discorrerne nel sequente capitolo; aggiugnendovi con quanti modi i Romani le acquistavano.