Egloghe (Chiabrera 1608)/II

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Egloga II

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I III
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II.

L

ICO, et Elpin; Elpin in val di Grieve
     Bel sonator d’ogni sampogna, e Lico
     3Gran maestro di cetra in val di Sieve;
Tirsi piangean sotto un castagno antico;
     Giunse primero Elpin dolce canzone
     6A le sue canne, et honorò l’amico;
Su la riva de l’Arno, e del Mugnone
     Di peregrina mirra, e d’altri odori
     9Tirsi i ricchi pastor santi corone;
E pur in sù l’Ombron ricchi aratori
     Innalzano sepolchri ad honorarti,
     12E lungo l’Arbia i guardian di tori.
Ma su per l’alpi in solitarie parti
     Ove poveramente io viver soglio,
     15O Tirsi per honor, che posso darti?
Con un poco di zufolo mi doglio,
     Ch’altro non si concede à miei desiri,
     18E di qui mi si cresce anco il cordoglio;
Qui tolse à la sampogna i suoi sospiri
     Elpino, e trasse la querela à fine;
     21Poi Lico die’ principio a suoi martiri;
Qual al tempo de ghiacci, e de le brine
     Consolato si pascola l’armento
     24Per lo tepido pian de le marine;
Tal per queste campagne andai contento
     Infin che non ci fu Tirsi rapito,
     27Tirsi, che di noi tutti era ornamento.

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Ma da quel giorno, ch’ei sotterra è gito
     Io misero simiglio in questa riva
     30Pur da la mandra un’agnellin smarrito;
Che sprezza il rezzo, e le belle erbe schiva,
     E sempre bela; il lupo al fin sen viene,
     33E de la mandra, e de la vita il priva;
Si disse Lico, e le minute arene
     Del bel torrente, e le montagne ombrose
     36Rispondeano ululando à le sue pene;
Poscia movendo su le piagge erbose
     Un’altra volta Elpin dal petto lasso
     39Sospinse inverso il Ciel voci dogliose;
Se per monte Morello unqua trapasso
     Si che da quelle balze io miri Sesto
     42Subito lagrimando gli occhi abbasso;
Indi colmo d’angoscia i passi arresto,
     Poscia dietro il furor, ch’à se mi tira
     45Conturbo le fontane, e i fior calpesto;
Per tal via disfogata alquanto l’ira,
     E contra la ria morte il mio disdegno
     48Per piangere il tuo fin tempro la lira;
Spezzola poi, che l’infelice legno
     Ben risuona dolente a i casi rei
     51Ma nol sà però far si come è degno,
Ne seconda piangendo i dolor miei.