Egloghe (Chiabrera 1608)/V

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Egloga V

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IV VI
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V.


Mopso, Dafne, Melibeo.


Mop.
O
GGI il quinto anno si rivolge, ah dura

Per noi memoria, che sul fior degl’anni
               3Tirsi fu chiuso ne la tomba oscura.
          Mira, che’l vago Sol par che s’appanni
               Di folte nubi, e questa piagga mesta
               6A qualche gran diluvio si condanni;
          Soave Rosignol qui non s’arresta,
               Solo s’arresta Tortora dolente,
               9O con ria voce Nottola funesta;
     

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          Ciò nostri danni ci ritorni à mente;
               E de l’alma gentil ne cor devoti
               12Non sian giamai le rimembranze spente;
          Dafni solleva su per l’aria, e scoti
               Il caro cembanel ben conosciuto
               15Quando con dita musiche il percoti;
          E tu buon Melibeo non esser muto;
               Con dotta mano ora riapri, or chiudi
               18I varii fori del tuo nobil fiuto;
          La gloria singolar de vostri studi
               Amorosi pastor non venga meno
               21Del nostro caro Tirsi à le virtudi;
Daf. Morte crudel non spense il tuo veneno
               Tirsi, che col bel canto à tutte l’hore
               24Spegneva l’ira de le tigri in seno?
Mel. Tirsi che col bel canto hebbe valore
               Frenare i fiumi in corso, invida morte
               27Non poteo raffrenare il tuo furore?
Daf. Non ti dolse di lui, di cui la sorte
               Ogni più dura rupe, ogni montagna
               30A grande onta di te piagne si forte?
Mel. Odi crudel, come per lui si lagna
               Come incolpando te traggono guai
               33Ogni fiume, ogni bosco, ogni campagna;
Daf. Hor se’l pregio de l’Arno amasti mai,
               E se pregi virtute, o peregrino
               36Un si caro sepolcro honorerai.
Mel. Spargi croco, viola, e gelsomino,
               Che non vedrai pastor tanto gentile
               39Ne da lontano mai, ne da vicino.

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Daf. Se lupo depredava il nostro ovile
          Tirsi dava ristoro alle sventure,
          42Che l’altrui pianto non haveva à vile;
Mel. Se tempesta offendea l’uve mature
          Sempre le nostre lagrime dogliose
          45Del soccorso di Tirsi eran sicure;
Daf. Qual fra la ruta mammole odorose
          Era Tirsi fra gli altri in questa riva,
          48Ma troppo tosto morte il ci nascose;
Mel. Qual fra stagni a mirar fontana viva
          Era Tirsi fra gl’altri in questa piaggia,
          51Ma troppo tosto n’è rimasta priva;
Mop. Limpido rivo, che da monte caggia
          Spruzzando in più zampilli il puro argento
          54Per solitaria via d’ombra selvaggia;
E tra rami di pin soffio di vento
          Quando il celeste can più coce l’erba
          57Non saprebbe adeguar vostro concento.
Su val di Tebro omai voce superba
          In van presume contrastar con voi;
          60A cantor di Firenze oggi riserba
Febo il più singolar de pregi suoi.