Garibaldi e Medici/Liriche/I martiri di Roma

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I martiri di Roma

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Liriche Liriche - A Bartolomeo Rasnesi
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I MARTIRI DI ROMA



A egregie cose il forte animo accendono
L’urne de’ forti.


UGO FOSCOLO.


Quando il pensier d’Italia
     Addolorata e bella
     Scuote l’indocil’anima
     Con torbida procella,
     E dal commosso petto
     Sprigionasi l’affetto
     7Coll’ansia del dolor;

        Fuggo — col volo indomito —
     Alle Romulee mura,
     Di San Pancrazio ov’ergesi1
     La combattuta altura:
     Bacio l’eroiche porte
     Cui già difese a morte
     14Santo di patrio amor.

E rimembrando i martiri
     Che insaguinâr quel suolo,
     Impreco eterna infamia
     Al rinnegato stuolo
     Che alla romana schiera
     La libera bandiera
     21Dal pugno osò strappar.

          E, fratricida tumido,
     Trafitta Italia in Roma,
     Tornolle la porporea
     Insopportabil soma.
     Morte a colui che al cuore
     Stringeva il vincitore
     28Sul profanato altar!2

Lugùbre è presso ai popoli
     L’insanguinata stola,
     Perso ha l’antico fàscino
     La mistica Parola;
     La Croce ha svergognata
     Nella fatal giornata
     35Che collegossi ai Re.

          Pastor, dal gregge profugo,
     Scelse a campione un vile,
     Lupo tornò famelico
     Per depredar l’ovile:
     Allor che il re codardo
     Visto il drappel Lombardo
     42Ratto a fuggir si diè3.

Ahi! raddoppiando i fulmini
     Sull’Itala Cittade
     Intorno le s’agglomera
     Selva di franche spade;
     L’inegual pugna han vinto:
     De’ forti il nerbo estinto,
     49Roma le porte aprì.
     
          Da queste ancor di sangue
     Contaminate zolle
     Delle immolate vittime
     Il fumo a Dio s’estolle;
     Ei lo raccoglie puro
     E scrive: È omai maturo
     56Della giustizia il dì.

Dal faral campo bellico
     Il trepido pensiero
     Vola a bearsi, a piangere
     Di Roma al Cimitero.
     Dall’immatura fossa,
     Interrogate — l’ossa
     63Risponderanno a mè...
     
          Ma che? sui nostri Martiri
     Non posa un’umil croce?
     V’incalza ancor nel tumulo
     L’ira di Pio feroce!
     Ei che dal santo trono
     — Ministro di perdono —
     70Già mitragliar vi fè?

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Non una croce elevasi
     Sull’urna di Manara?4
     Qual marmo a noi la spoglia
     Del generoso impara?
     La spoglia di quel forte
     Che fulminato a morte
     77— Eredità d’onor —

          Sacrava ai figli teneri
     Il glorïoso brando,
     E col languente anelito
     Gemeva: «Un dì pugnando
     Prodi fra patrie squadre,
     Vendicheranno il padre
     84Che per l’Italia muor».5

Sorta Milano — intrepido
     A’ propugnanti è duce,
     Indi dell’Alpe a guardia
     Sua valentìa riluce:
     Ei di patrizia gloria
     — Figlio della Vittoria —
     91Crüenta orma stampò.

          Poi che l’arcana mischia
     Sui campi di Novara
     Dischiuse a’ forti innumeri
     Bella, ma inutil bara;
     Ansio tuttor di guerra
     Dalla tradita terra
     98A Roma trasvolò6.

Ed ivi - formidabile
     Soldato e condottiero,
     Sereno in mezzo ai turbini,
     Al caricar primiero —
     Cadde nel dì supremo,
     Quando il singulto estremo
     105Fremeva la città.

          Viva Manara! ai posteri
     Sacra è la tua memoria.
     Tu che apprendesti al divite
     Volgo la vera gloria,
     Spada tu fosti ultrice,
     Favilla animatrice
     112D’una codarda età.

E a te qual croce o lapide
     Piange l’augusta creta
     Dolce Mameli, o Ligure
     Mestissimo Poeta?7
     Il santo ardor de’ carmi
     Lanciollo a stringer l’armi
     119Campion di libertà.

          E segno ai primi fulmini
     Cadde onorato in campo.
     Morto — sul volto esanime
     Pur gli raggiava il lampo
     D’una speranza cara:
     Che l’immatura bara
     126Italia piangerà.

Ed Ella piange l’inclito
     Vate che tanta in cuore
     Fuse a’ fratelli italici
     Vampa di patrio amore.
     Del veneto Lïone
     Cantava la tenzone
     133Del morbo al furïar.

          Allor che i ceppi a frangere
     Con bellicoso squillo
     Dall’Etna all’Alpi ergevasi
     Il tricolor vessillo...
     Ei di speranze altero
     Inno immortal guerriero
     140Primo s’udìa cantar.

Ed or la candid’anima
     Sciolta dal lento frale
     Liba l’eterno gaudio
     De’ Cherubin sull’ale:
     Ivi sua mesta lira
     Fatidica s’ispira
     147Sovra i futuri dì.

          Tu pur, Rasnesi, debile8
     La man, ma forte il cuore,
     Cercasti la battaglia
     Con indomato ardore.
     Il fronte sì gentile
     Ti ruppe il ferro ostile,
     154Precoce avel ti aprì.

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Qui pur riposa il cenere
     D’altro campion, gagliardo
     Duce ai cavalli indomiti
     Del condottier Nizzardo.
     Tela non v’ha che al vero
     Ritragga il pro’ guerriero
     161Anelo alla tenzon.

       Di mischia al primier’impeto
     Nel destro braccio è colto,
     Splende l’impavid’anima
     Sul fiammeggiante volto;
     Furente alla riscossa
     Ei si scavò la fossa
     168Nel disputato agon.

Lode a Masina! Un fremito9
     Ancor di pugna invade
     I fidi tuoi che intrepidi
     Teco impugnâr le spade;
     E nel vicin periglio
     Pur di Bologna il figlio
     175Vendicheranno in te.

          Prode non sol, magnanimo,
     Ferito il lato manco,
     Cadeva il mio Daverio
     Di Veneziani al fianco.10
     Quanti al feral cimento
     Vidde quel dì cruënto
     182Del corridore al piè!

Fida al garzon di Corsica
     — Amazzone novella —
     Pugnò con maschio anelito
     Elvira ardita e bella;11
     Il fianco fulminato
     Del suo fedele a lato
     189In braccio a lui spirò.

      Lui, che stemprato in lagrime
     La cara al sen raccolse.
     Un’improvvisa folgore
     Di mezzo il fronte colse.
     A morte anch’ei ferito.
     Il viso impallidito
     196Sul cuore a lei posò.

E Magni, il biondo milite
     Della Medicea schiera,
     Imporporò sì giovine
     La tricolor bandiera:
     Forato il baldo viso,
     Pari ad un fior reciso,
     203Morto trabocca al suol.

          E Morosini e Dandolo
     D’ardente e nobil’alma
     Vidde quel sol raccogliere
     La sanguinosa palma.
     Ahi, chè brev’urna involve
     Tanta gloriosa polve
     210Degna d’eterno duol!

Securi dell’eccidio
     In piccola coorte
     Contro agguerrito esercito
     Sfidarono la morte.
     L’onor d’Italia, o Eroi,
     Così fu salvo in voi!
     217Pugnaste... per morir.

          Soldato incorruttibile,
     Sacra al valor bandiera,
     Il Duce invulnerabile
     Freme, combatte e spera:
     Ahi! sol cedendo al fato
     Per questo suolo amato
     224Serbossi all’avvenir.

Oh quanti Eroi, cui l’invida
     Fama involava il nome,
     Bruttâr di sangue gallico
     Le giovinette chiome!
     Ma, la risorta terra
     Vedralli in nova guerra
     231Spettri — tremendi ancor!

          Ora de’ prodi l’anime
     Sciolte dal lento frale
     Liban l’eterno gaudio
     De’ Cherubin sull’ale;
     Ivi un fulgor riveste
     Purissimo celeste
     238Chi per la patria muor.

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Voi con bugiarde pagine
     Vergate a trista scola
     Tentan lordar d’infamia
     I figli di Lojola:12
     Ma la mia cetra umile
     Canta con franco stile
     245Immacolato il ver.

          «Vergin di servo encomio»
     Calda di nobil’ira,
     Solo pei prodi accendesi.
     Solo nel ver s’inspira;
     Or sulla muta fossa:
     Sien sacre a noi quest’ossa
     252Io griderò primier.

Ahi! ben di voi più misero,
     Gioco a destin ferale,
     Dannato a eterna tenebra
     Respira aura vitale
     Merlotti; a lui nel fronte13
     Di luce il solo fonte
     259Il piombo ottenebrò.

          Felice ancor! chè l’anima
     Paga, fidente in Dio,
     D’arcane gioje è prodiga
     Al generoso e pio!
     Mai di codarda morte
     Il rassegnato forte
     266Pensiero accarezzò.

Or son sue gioje: il povero
     Stringer fratello al cuore,
     Accomunar cogli orfani
     Il giubilo, il dolore;
     Blandir d’eccelsa speme
     Al tapinel, che geme
     273Dimentico, il sospir.

          Fors’è di lui più misero
     Chi libertà sospira
     Sepolto in duro carcere
     Segno a tirannich’ira...
     Appena ultima face
     Del giusto ancor la pace
     280Consola il reo martir.

Voto d’un’alma indomita,
     Figlio d’amore all’arme,
     A voi consacro, o Martiri,
     L’intemerato carme;
     Che sol s’inspira in voi,
     Cari ed estinti Eroi,
     287Dolente il mio pensier.

Va, generoso fremito
     Di patrio ardente affetto:
     Scalda a furor degli Itali
     Il dormiglioso petto,
     Sì che di truci lampi
     Il suol calpesto avvampi,
     294Spavento allo stranier.


Note

  1. [p. 45 modifica]Alla porta S.Pancrazio che quasi colle domina Roma, furono rivolti i principali sforzi dell’oste francese nell’assedio del 1849.
  2. [p. 45 modifica]È storia che entrati i Francesi in Roma, un Cardinale, celebrata una messa in ringraziamento all’Altissimo per la vittoria, abbracciava sull’altare il Generale vincitore.
  3. [p. 45 modifica]Anche il Borbone di Napoli mosse alla gloriosa impresa. Battuto a Palestrina e rintanatosi a Velletri, al primo luccicare delle bajonette della Legione Garibaldi senza colpo ferire, si diede a precipitosa fuga.
  4. [p. 45 modifica]Ciò che non avvenne della spoglia di Manara che la pietà e l’oro de’ consanguinei poté trasportare in terra lombarda, avvenne di tanti altri non meno prodi e degni d’onorevole sepoltura.
  5. [p. 45 modifica]Ultime parole del moribondo.
  6. [p. 45 modifica]La sagacità colla quale superò i pericoli dell’intercetto cammino, provano la sua smania di portarsi a Roma in soccorso dei fratelli.
  7. [p. 45 modifica]Mameli prode Genovese ed esimio poeta contemporaneo.
  8. [p. 45 modifica]Questo gentilissimo giovine, a 19 anni, cadde vittima di due colpi di bajonetta in una sortita e moriva all’ospedale di Roma compianto da tutti che ne conobbero l’anima bella e generosa.
  9. [p. 45 modifica]Masina prode Bolognese. Nella sua breve carriera nell’armi spiegò indomito coraggio e non comuni talenti militari.
  10. [p. 45 modifica]Questi due giovani egregi per la loro intelligenza e per valentia nell’armi non saranno mai abbastanza compianti.
  11. [p. 45 modifica]Animose giovinette, spinte da amore o al fratello o all’amante, seguirono e divisero coi lor cari la sorte dell’armi.
  12. [p. 45 modifica]Molti libelli e qualche romanzo lordarono le stampe a disdoro dei difensori di Roma: ma è storia che la gioventù italiana vi illustrò la propria bandiera.
  13. [p. 45 modifica]Merlotti, giovine milanese, a 18 anni si portò guercio a Roma. Battutosi in varii scontri con fortuna e valore, il 3 giugno cadde vittima del piombo di Vincennes che gli sfiorò dalla fronte l’unico occhio.