I monologhi di Pierrot/Introduzione

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Introduzione

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I monologhi di Pierrot I


Noi navighiamo giorno per giorno su di un
fiume d'illusioni, e ci divertiamo con le città
dei castelli in aria, da' quali gli uomini intorno
a noi si lasciano ingannare. Ma la vita è
sincerità.
EMMERSON Representative man.


Queste menti superiori ci sono d'ajuto in
quanto hanno la percezione della identità e
della reazione. La percezione di queste leggi
dà quasi la misura della mente. Le menti
piccine sono piccine appunto perchè mancano
di questa percezione.
Ibid.


Tra la nebbia e la neve un gallico entusiasmo estrasse questa bianca figura di Maschera. Per ciò in torno a un cuore bollente e lucido come una fiamma costrusse un corpo pallido e malinconico, ed in vece di una tromba alle labra livide apprestò per le agili dita una mandola. Spesso vediamo Pierrots e Pierrettes, altalena una mezza luna sdrajata in mezzo alle nubi, seder sui corni estremi, cantando una pastorale di Getry, mentre le stelle incisive e maligne come un ironico complimento di damina guardano e beffano.

Esso è l’appassionato; magro, miserabile, fantomatico chiama a sè e sofre l’amore come una vendicazione, come un desiderio insoddisfatto; ha una storia di dolori e di passioni per tre secoli lunga, nè morto ancora, aspetta e sogna il suo avvento spirituale nella società futura. Di fronte al Poeta appare il corollario umanato delle idee strambe ed impossibili che pur tanto si fondano sopra ad una indiscussa realtà. Per la luna, lunatica figura! Le ricchezze passate dei festini golosi, rubacchiati nelle cucine di Pulcinella e di Cassandre, sono delle memorie ed i bei nastri, di cui Florian vestiva l’Estella spagnola, si bruttarono nel sangue: Maschera moderna, audacemente parigina, sorvisse, genio popolare, come Gavroche a tutte le sociali perturbazioni, e viene con un passato di lagrime e di impeti a noi.

La mente italica forse male si acconcia al suo aspetto; i nostri bimbi ne ridono, perchè i papà non conoscono il valore e la potenza di queste figurazioni. All’esotismo la moda si appresta, breve soffio capriccioso sopra una stabile entità; e furono visti passeggiare i Pierrots nelle pantomime, quando, saziato ogni desiderio di spettacolo, si voleva ancora qualche cosa sulle tavole coreografiche.

Pierrot è un Mito; dalla storia la leggenda. Da Parigi s’incarnano nel simbolo funambulesco e protervo dell’arte contro la vita placida e bruta della Borghesia. Da François Villon, il bandito aedo del medioevo, che squillava il canto bacchico tra gli arcieri della Prevostura e tra i grassi saccheggi, e da Verlaine antifisico, s’impunta di una critica e di una rivoluzione. Ora, nelle taverne dalla ’Banlieue, sotto ai pergolati equivoci e polverosi, vicino alle fortificazioni, si ritrovano questi refrattari illustri dell’arte, dell’idea, della bellezza. La Bohême fu un cotal poco tra costoro nelle morti violenti e nei suicidi. Se Baudelaire non si fosse inspirato all’Oriente dell’oppio, avrebbe, invece del Caraguez priapro turco e fescennino delle Reliquiae erotiche, espresso un Pierrot; come, senza nominarlo, Gérard de Nerval gli dedicò tutta l’opera sua. Jules Vallés ha suscitato una lunga, miserevole ed eroica serie di tipi sacri alle rivendicazioni; e, tutti, Pierrots, sparirono nel mistero di una morte gloriosa e sconosciuta come lui, del quale si ricerca in vano la tomba.

Pierrots, i fuggitivi delle proscrizioni di Dicembre, li illuminati di Febbraio; nei quali Barbaroux, Clooz, e Restif hanno lasciato il lievito, per cui Foruier e Saint— Simon hanno dato la scienza e la religione: e sono i salvati dal Père Lachaise e di Cajenna, che bevono, dopo il magro pranzo di salame e di cipolle, il vino violetto affaturato; sognano ancora, discorrono ancora di Filosofia e d’Arte. Sono pallidi ed hanno viaggiato l’Inghilterra, seguendo Sterne e Carlyle, vittime della morta Bohême, vittime universitarie di Fallaux, giovani affamati di poesia e d’a venire, che al banchetto gargantuesco di Balzac, di Delacroix e di Gericault raccolgono le bricciole; e tra i Goncourt, Barbey d’Aurevilly e Zola, non sanno ancora la via della loro originalità, mentre attendono l’avvenimento che li riveli a loro stessi, in quelle manifestazioni che non avranno mai forma letteraria, tanto più nobili, in quanto più sincere daranno l’intimo svolgersi del loro genio.

Pierrettes; le modistine succinte e brune, le fanciulle delle mansardes; le industri fioraje che traggono dalle sete e dai velluti le corolle false, senza profumo; le cercatrici d’amore vero in quel mercato di amore, le venditrici d’amore, sfatte ed angosciate dal mercato; le «Dames aux Camelias» coll’occhi di Mimì Pinson, le fosche tragiche dei sobborghi, le fulve ingioiellate dei saloni, che non sanno per dove vadano, che desiderano sempre, che si entusiasmano per tutto ciò che luccica, piange ed urla, che, tra una tazza di tea ed un fondant, volano, volano oltre il recinto di Parigi alle palme d’Egitto ed ai fiords di Norvegia; Pierrettes.

Or io m’interrogo: «Dentro di me, in alcuni giorni d’insoddisfatta mestizia pruriginosa, dentro di voi, amica, nell’ore di un’insolita e grave malinconia, o nei rossi momenti della rivolta, Pierrot e Pierrette non hanno vita e grida?» Risuscitano; da noi prendono forma; noi ci agitiamo come l’intimo daimon Maschera vuole; ed esso è tutto. E se alle ribalte ideali ora salgono, non declamano, ma accennano; non piangono, ma lacrimano Mimi di soferenze; e, ad un tratto, sotto il silenzio, popolato il deserto di fantasime, urlano ed imprecano; noi non ci rispecchiamo nell’azione dramatica? La Folla a basso tende il grugno in su ed in ogni atto trova lo scherzo quando invece esprime una profonda ferita del cuore e della mente. Oh coscienza! La Folla intende quanto insudicia ed ha bisogno di battesimo e di crisma.

Or dunque questi saranno i nostri muti Pierrots delle Pantomime, e codesti Monologhi, Gesti ed Idee, non Parole, mai. Escono e fanno.