Iginia d'Asti/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto
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ATTO QUINTO.

Piazza. — È buio.



SCENA I.

Due CITTADINI.


Uno di essi.1Oh luttuoso, atroce caso!
L’altro.2                                                       Antonio!
Sei tu? — Qui in notte così oscura!
Il primo.                                                             Oh Pietro!
Che mai vid’io? — Dalle prigioni io vengo.
A mirar gl’infelici io mi recava
Che morir denno: oh che pietà! Speranza
Per la figlia del console gran tempo
Ci restò: già Roberta avea con forza
Udito il suo destin: la sventurata
Fanciulla fuor di mente era, e talvolta
Con sì funesto riso, ahimè, ridea,
Che tutti fea raccapricciar: talvolta
Raggio di senno la colpia; e scorgeva
Tutta allor la sventura, ed abbracciando
L’amica, sovra lei miseramente
Urlava di dolor: «No, separarmi
» Non potranno da te: non morrai sola!»
Poi succedean nuovi delirii.... e cose
Spaventose parlava, ahi, che i mortali....
Credi.... non san, se in lor non parla Iddio!
Orrendamente il nome della morte
E d’Evrardo mesceva, e dell’iniqua

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Città, ove il parricidio alto passeggia;
E sterminio e del cielo ira annunciava!
Alfine, ecco, d’Iginia la sentenza
Recasi: delirante ode, ma ignora
Ciò che’ ella udì; tranquilla gioia è in lei.
Ma a tal colpo Roberta un grido manda,
A’ piè d’Iginia cade.... era spirata!
Oh qual la giovinetta orfana allora
Divenne! Oh come si gettò sul corpo
Amato! Oh come il fatal dono a lungo
Le tornò di ragion! Come piangendo,
Pur dicea fortunata, e invidiava
L’estinta, che al patibolo sottratta
Dal ciel’venia!... — Resister più non seppi:
Mi scoppiò il cor: fuggii. No, l’altre morti
Veder non vo’.... lacrimar vo’, e i tiranni
Maledire, e stancar co’ preghi il cielo,
Perchè i fulmini suoi scagli una volta
Sui ghibellini!
Il secondo.                              Che dicesti?
Il primo.                                                  Ardita
Parola, il so, che reo fa di supplizi:
Ma frenarla non posso: i ghibellini
Son tiranni esecrandi.
Il secondo.                                        Amico.... ah un altro
Compagno dunque io trovo.... Hai tu coraggio?
Il primo.Qual dimanda! Oh potessi!
Il secondo.                                             Io non m’appago
Di maledire e piangere. — Due ancora
Dardi ho con me, prendi; mi segui.
Il primo.                                                            Dove?
Il secondo.Perchè tardasse la sentenza a Iginia,
Il sai?
Il primo.          No.
Il secondo.                    Giano l’apportava: io ’l vidi
Immerso là nel sangue suo....
Il primo.                                                  Chi?
Il secondo.                                                            Giano.

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All’uscir del palagio.... sconosciuto
Volò un pugnale.
Il primo.                              Oh, ben gli sta.
Il secondo.                                                            Più cose
Apprenderai. — 3 Ma qui appartato è il loco:
Lunge ancora è il mattino: odimi: in breve
Ti narrerò: di Giulio un dì (t’è noto)
Io fui scudier....
Il primo.                               Sì.
Il secondo.                                    La sventata trama....
Non s’era ordita senza me.
Il primo.                                             Tu? E a parte
Non m’appellavi del periglio?.
Il secondo.                                                       Onesto,
Perdona, più che forte io t’estimava.
Ma senti. Noi tradi fortuna: e questa
Notte, che agli empi esser dovea l’estrema,
Contro noi volta s’è in terror. Disperso
Tosto per la campagna il già vicino.
Guelfo esercito mosse, allor che in ceppi
Esser gl’Isnardi e gli altri capi intese.
D’ogni speme deluso, io meditava
Disperati pensieri: ecco, ier sera,
Parecchi amici, al letto mio, frementi
Del parricidio, cui s’accinge Evrardo
Scellerato a compir. M’inspirò il cielo.
Giurar li feci. Pronti son. Dai muri
Una freccia scoccai dove (appostato
Da Giulio) un fido pescator sta sempre:
Dal pescator tolta è la freccia; e il foglio,
Che unito stavvi, a Giulio reca.
Il primo.                                                             E scritto?
Il secondo. Che al novo sol mozze le teste vuonsi
De’ nostri prodi, e in un d’Iginia: «Pochi
» Se per ritrarli d’infra’ sgherri, ahi! siamo
» (Scrissi), ma siam bastanti a darti schiusa
» La porta: pel vicin bosco t’avanza:

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» Vien’pria ch’aggiorni, e noi co’ fuochi avverti
» Quando fuori del bosco irromperai.» —
Molto tardar non può. Due miei compagni
Stan sul muro a vegliar, gli altri nascosti
Son poco lungi. Trucidar le guardie,
La città aprir, combatter, morir tutti,
O vincer: ecco il giuramento.4 ’ .
Il primo.                                                            Io giuro!
E all’uccisor della sua figlia, io il core
Io strappar vo’!5
Il secondo.Taci: alcun viene.


SCENA II.

Un terzo CITTADINO, e detti.


Il terzo.                                                            Pietro!
Pietro! Sei tu?
Il secondo.                              Son io.
Il terzo.                                         T’affretta: i fochi!
Il secondo.I fochi? Oh gioia! poco omai distanno.
Ma che sento? il feral bronzo già suona?
Che? Pria del dì s’immolerian? — Ah, in tempo
Giunga il soccorso!6


SCENA III.


La campana dell'agonia suona a lenti monotoni tocchi. — A tal suono, mentre i suddetti partivano, uscirono dalle case parecchi CITTADINI. Hanno il terrore in volto. Donne e fanciulli si mettono alle finestre e a’ poggiuoli, chi con un lume e chi senza. Da diverse vie altri vengono sulla piazza. Il guardingo passo, il mirarsi or questi or quelli senza spiegarsi, il cupo universale silenzio, tutto manifesta immenso dolore e spavento. La folla va sempre accrescendosi. Gli sguardi sono rivolti con ansietà dalla parte delle prigioni, che si fingono non a gran distanza dalla piazza; dopo qualche tempo....


Parecchi.7                                             Eccoli.
Un vecchio.                                                  Statti.
Il figlio.                                                            Voglio

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Vederlo ancora! In tre battaglie insieme
Ci trovammo: in valor niun lo agguagliava!
Altro citt. Chi?
Altro.           D’un Solaro ei parla.
Il vecchio. Zitto, o figlio:
Le spie temiam.
Un cittadino.                               Dannate anche le donne?
E potè il padre?... Oh mostro!
Altro.                                                        E perchè prima
Che spunti il dì?
Altro. Taci: s’avanzan.


SCENA IV.


Alcune guardie a cavallo colla spada nuda cacciano duramente un gruppo di gente che era nella via delle prigioni, e vanno qua e là respingendo il popolo, il quale s'ammucchia foltissimo in fondo della scena. Vengono quindi molti alabardieri, e si schierano dinanzi al popolo, facendo obliquamente due file, fra le quali i rei possano venire condotti con sicurezza al luogo del supplizio, che si suppone non molto lontano, in fondo d'una via che è dalla parte opposta alle prigioni. — Succedono preceduti da alcune fiaccole, e circondati da folta guardia gli otto o dieci cittadini condannati: questi sono giovani di nobile aspetto. Le guardie siano tutti uomini di guerra, e fra loro nessuna figura infame. — Vanno a passo alquanto lento. Gran silenzio. — Dopo lo stuolo suddetto, comparisce fra alcune poche guardie IGINIA. È sostenuta da una parte da ARNOLDO, e dall' altra da una damigella. Cinque o sei altre donne la seguono col fazzoletto agli occhi. — All' allontanarsi de' primi condannati, una guardia fa cenno, che IGINIA aspetti qui il suo momento. — IGINIA ha i capelli sparsi: i suoi occhi sono essiccati dal gran piangere. — Tace ora la campana funebre, supponendosi che l'esecuzione incominci.

Iginia.                                                            Giunti
Non siamo ancor? Perchè fermarci?8 Ahi, veggo
Orrendamente illuminato.... un palco!
Arnoldo.9Figlia — all’estremo di tue pene omai,
Non t’avvilir.

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Iginia.                    No, padre: in quest’istante
Forza mi sento: non tardiam: potria
Venir men questa forza.
Arnoldo.                                        Ebber sentenza
Prima di te que’ miseri, e te quindi
Uso vuol che precedan: quivi a breve
Indugio ti rassegna.
Iginia.10                              I tuoi singhiozzi
Frena, mia buona Rienza: e genitori
E fratelli ti restano.... solinga,
Io sulla terra, io rimanea! Bisogno
Ho di morir! — Laura — Eloisa.... liete
Sieno, Eloisa, le tue nozze! Apprezzi
Guido il tuo cor, com’io l’apprezzo!11 — Oh andati
Giorni miei di speranza! Oh dolci cure
Di vicino imeneo!... No, Giulio stato
Immolator de’ suoi figli non fora!
Quant’io l’amava! e, all’amor pari, oh quanta
Di sue virtù magnanime la stima!
Troppo felice, troppo eri, o sperato
Avvenir! Ciò ai mortali il ciel non dona.
No, de’ tremendi tuoi decreti, o cielo,
A umana polve mormorar non lice:
Ma, deh, non ti sdegnar, s’io presso a morte
Questi palpiti serbo: amo, sì, ancora!
Giulio amo! Volli, e non potei, dal core
Nè in questo istante cancellarlo! Io ’l vedo
Pianger sopra il mio fato: il suo lamento
Odo: chi lo consola?... Ei più non cerca
Nè letizia, nè gloria: i giovani anni
Suoi.... son misero fior, che solitario

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Sovra un sepolcro s’appassisce!... Giulio,
Sì, piangi, sì, sul mio sepolcro: è dolce
A me il tuo pianto! Dolce anco agli estinti
La fè, l’amor di chi sorvive!...12
Arnoldo.13                                                        Figlia!
Iginia.14 A me, si vi stringete. Io non l’offesi,
Tu il sai, Roberta, io non l’offesi; ei sempre
Mi move incontro!
Arnoldo.                                    Che rimiri?
Iginia.                                                   Al volto
Uom si diria, ma d’altra sconosciuta
Stirpe nascon tai cose.... uom non s’abbevra
Di sangue uman così. Dacchè respiro,
Sempre (quasi mortifero serpente)
D’intorno mi s’aggira; ed or m’incanta
Col fascino degli occhi, e a sè mi trae
Per divorarmi; or duolsi, ch’ei non sappia
Feri martír donarmi oltre la morte,
E a maggiori mi sorba. A quai? Martíre
Maggior di morte v’ha?... Sì: il perder pria
Persona amata! Oh mai non discostarti
Da me, Roberta! Ov’è? Madre, ove sei?
Perchè m’abbandonò? Nol sa? condotta
Vengo al supplizio: e a me i supremi uffici
Non presta? Chi di tua figlia le membra
Comporrà nella bara? Oh madre, al pio
Atto, fuorchè materna, altra non debbe
Esser la man! Deh, per pietà! Che dico?
Non la vid’io di duol morta a’ miei piedi?
Oh rimembranza!15
Arnoldo.                                    Ahimè! Figlia, il coraggio

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Richiama: ecco il momento.
Iginia.16                                                  Eterno Iddio,
Deh, l’olocausto benedici, e plachi
L’ira, onde questa rea terra t’accese!
L’ultimo sia innocente sangue il mio
Che qui si versa! Alfin dona alla patria
Figli che non s’abborrano, e a que’ figli
Dona tai genitor, cui non rincresca
Di lor prole la vista! ed a vicenda
Qui regni pace, amor, virtù, concordia!
Perdona a chi mi uccide: anch’ io perdono!
Piangerà Evrardo misero.... deh, tempra
I suoi rimorsi! abbi pietà di sua
Desolata vecchiezza! A lui perdoni
Giulio pur!... Deh, proteggili!... Proteggi
Quest’alme pie che nelle estreme angosce
Mi fur sostegno, e l’alma mia ricevi!17
No, magnanimo zio: lasciami. Troppo
Crudel sariati.
Arnoldo.                              Nè un istante io voglio
Abbandonarti, e teco possa quindi
Tormi d’infra i viventi il dolor mio.
Iginia.Tu il vuoi? Negartel non poss’io. Ma a queste
Misere, no, giammai fia ch’io ’l conceda.
Per pietà di voi stesse.... E indebolirmi
Vostra vista potria: prego e comando
Ven fo, restate.— 18 Addio! Siate felici! 19

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SCENA V.


Da una via opposta a quella del supplizio cominciano a sentissi alcune grida confuse in lontananza. I soldati schierati, e parte del Popolo guardano sorpresi da quel lato.

Un soldato.Che fia?
Un altro.               Non senti? « All’armi!»
Voci lontane. All’armi! all’armi!20
Voci lontane, e alcuni del popolo.
I guelfi! I guelfi! I guelfi!
Alcuni Ghibellini.                                                   Un tradimento?
Un uomo autorevole ghibellino.
Arti son de’ ribelli: i condannati
Vorrian salvar: ma si eseguisca!21
Voci lontane. Viva!
Viva i guelfi! Vittoria! A terra, a terra
Il ghibellin senato! Morte a Evrardo!


SCENA VI.

Tace la campana dell’allarme. Prorompe GIULIO con molto numero di Guerrieri e di Popolo vincitori.


Giulio.Che intesi? Iginia! ah corrasi!
Un uomo.22                                                            Ella parla:
Sul palco è già: misera!
Giulio.23                                                   — Deh, fermate,
Fermate il colpo!
L’uomo dal balcone e il popolo.24                                         Ah!...
Il popolo.25                                                  Tardi è! Tardi!

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Giulio.26                                                             Iginia! — 27
Oh inaudita barbarie! Iniqui! E tanta
Virtù e beltà pería! Non una spada
Si snudò per salvarla! E a che vi giova
Vostra codarda vita, ahi! se vendetta
Grida su voi dell’innocenza il sangue?
E che a me la vittoria? Empi! Sgombrate
Il passo! Ancor vederla.... Ah no! Che dico?
Oh raccapriccio! Quella spoglia.... Iginia!...
Sì; vederti e morir! Ma pria, vendetta!
Vendetta avrai! Dove s’asconde Evrardo?
Ove sei, parricida? A me le infami
Canute chiome: sovra il sangue io voglio
Dell’immolata sua figlia svenarlo!


SCENA VII.

I due CITTADINI della prima scena (atto quinto) strascinano EVRARDO, che a stento si regge: è mortalmente ferito.


Uno dei due cittadini.
Eccolo il mostro!
Giulio.(si avventa contro per trafiggerlo, ma vedendolo moribondo s’arretra, e lo guarda con orrore.)
Evrardo.28                                   Ah, sì! quel brando in core
M’immergi: affretta: — e a che il rattieni? A questo
Di scellerata vita orrendo avanzo
Toglimi. Oh smania! Oh inutili rimorsi!
Figlia!... Oh d’ambizïon truci delitti!...
Amata figlia!... Ma già il ciel tutt’arde
Di folgori: sottrarmi in qual profondo
Abisso?... In ogni parte eccoli!... e in mezzo
Ai folgori una scure — ahi, come gronda!
Oh vista! È sangue tuo, figlia — e il versai!29

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SCENA ULTIMA.

Alle ultime parole di suo fratello giunge ARNOLDO sostenuto da alcuni: egli è nella più deplorabile desolazione.


Arnoldo. Oh spaventosa notte!... Empio! Egli muore....
Nè compiangerlo posso!
Giulio.30                                              Iginia!
Arnoldo.                                                        Ahi! vide
Per più martíre il tuo soccorso, e cadde!
Giulio.31Vendetta ancor! Compiuta strage almeno
Di tutti i rei!
Popolo.                               Vendetta ! Sì, vendetta!
Oh di città divise orribil sorte!
Stragi a stragi succedono!... il buon cade....
O inferocisce, ed emula i tiranni!32

Note

  1. Viene da una parte facendo gesti di gran compassione.
  2. Veniva dalla parte opposta, ed era mosso per traversare sollecitamente la piazza, ma udendo quella voce si rivolge dal luogo per cui s’avviava, e s’accosta all’amico.
  3. Per condurlo via: fa alcuni passi: poi guardando intorno, si ferma.
  4. Gli porge la mano.
  5. Partono.
  6. S’avviano.
  7. Esclamano.
  8. Guarda nella via del supplizio.
  9. Ritraendola tosto.
  10. Conserva per tutta la seguente parlata la presenza di mente: — abbraccia con gratitudine lo zio; poi abbraccia la damigella che le sta al fianco: le altre donne vorrebbero abbracciarla pure; conosce il pio desiderio di esse, e lo appaga: le abbraccia lungamente una dopo l’altra. — Ella non piange e vorrebbe col dignitoso sembiante ispirar coraggio altrui. — Tutto il popolo è commosso. — Iginia mostra una particolare tenerezza a quelle a cui parla.
  11. Si stacca da quella giovinetta.
  12. Le fibre sconcertate del suo corvello non reggono a tanta emozione: passa tutto a un tratto allo stupore.
  13. La scuote.
  14. Immobile, con occhi spalancati: prende pel braccio lo zio e la damigella, e a sè gli avvicina; la voce è dolente e atterrita.
  15. Dalla parte ove furono condotti i primi rei, si alza un cupo sussurro, come se sia terminata l' esecuzione. Un soldato a cavallo viene, e fa cenno alle guardie d’Iginia.
  16. Si scuote: la ricordanza di Roberta i’ha rimessa pienamente in senno: si getta in ginocchio; e pronuncia con fervore questa preghiera.
  17. Si alza risoluta, saluta in fretta per non commoversi Arnoldo e le donne, e si muove per seguire le guardie. Arnoldo e le donne vogliono seguirla.
  18. Quelle ritirandosi accennano d’obbedire, Iginia le saluta, fa un passo per partire, poi corre ancora ad abbracciarle a una a una teneramente.
  19. Parte collo zio tra le guardie. Molto popolo la segue. Le damigelle, piangendo desolatamente, si ritirano.
  20. Suona improvvisamente con tutta velocità la campana a martello. Le file dai soldati si scompongono: un guerriero a cavallo viene a chiamarli: corrono alla battaglia. — Gran disordine nel popolo.
  21. Si fa largo colla spada, e corre nella via del supplizio gridando: Si eseguisca. Il popolo è andato quasi tutto a combattere. La scena resta presso che sgombra. Si sente per qualche tempo il fragore dell’armi.
  22. Sopra un balcone al principio della via.
  23. Correndo grida con quanta più voce può.
  24. Mandano un lungo grido d’orrore.
  25. Fa pietosamente retrocedere Giulio, esclama.
  26. Vorrebbe sciogliersi dai circostanti, che fortemente lo trattengono
  27. Un lungo momento di silenzio e di terrore: si ode soltanto il mormorio della folla, che ritorna indietro dalla via. — Con estrema angoscia, e disperazione esclama.
  28. A Giulio.
  29. Muore.
  30. Ad Arnoldo.
  31. Passando dal sommo abbattimento al furore.
  32. Cala il sipario.