Il Manifesto del Partito Comunista/Prefazione

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Prefazione del traduttore

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Prefazione del traduttore
Ai lettori I


E conoscerete la verità, e la
verità vi farà liberi.
San Giovanni


Quello che, qui sotto, si riproduce è un documento storico dei più interessanti. In esso è riassunto serenamente, e con freddo raziocinio logico, il pensiero demolitore dei veri e proprj precursori del socialismo moderno.

Tale scritto è conosciuto sotto il nome di manifesto dei comunisti, e fu compilato nel 1847 da K. Marx e da F. Engels, i due grandi agitatori Alemanni.

Se bene la idea abbia fatto, dall’epoca in cui il manifesto fu redatto, passi addirittura giganteschi, se bene la critica demolitrice degli attuali ordinamenti economico-politici abbia raggiunto in estensione ed intensità il periodo acuto – oltre il quale la teoria non può che incamminarsi all’azione – malgrado le energie vivaci aggiunte per via alla corrente largamente novatrice, e gli aspetti nuovi del già vecchio problema, che appena ora si offrono alla indagine dello studioso; oltretutto, e dopo tutto questo – il manifesto del 1847 è uno dei prodotti sinteticamente più geniali, e rigorosamente logici del movimento socialistico dei tempi moderni.

Come tale è bene riprodurlo per il popolo. A questo lavoro una prefazione è – per lo meno – inopportuna.

Altri, meglio di noi senza dubbio, riprodurrà in Italiano, (a quanto si annunzia – e tra breve) il manifesto del 1847. Tanto meglio per il progresso degli studii sociali – in Italia troppo trascurati – e per la propaganda delle idee emancipatrici fra le masse popolari, cui solo – per ora almeno – confortano alla lotta il presentimento vago di forme sociali, più elevate delle presenti, e l’imperativo categorico di un disagio infinito, che su loro massimamente si ripercuote.

Si tratta – innanzi tutto – di rendere coscienti queste masse, che si agitano confusamente, sotto l’impulso di prepotenti bisogni, innanzi all’albore dell’idealità nuove. Si tratta – dopo tutto – di far convergere le forze molteplici e le energie latenti di questa folla anonima al fine umano, a cui s’inspirano quanti, lanciati nella corrente varia e vivace dei sentimenti e dei principii demolitori, intendono e comprendono i caratteri di universalità assunti dal movimento più spiccato del socialismo moderno.

Senza fare riserve – esplicite o mentali – sulle idee esposte nel geniale documento, che riproduciamo, non sarà inopportuno adombrare – alla sfuggita – un nostro pensiero. Il socialismo moderno, preannunziatesi come lotta di, classe, affermatosi da prima come aspirazione del quarto stato al potere sociale ed alla conquista dei suoi diritti di casta, sinora sfruttata, si avvia ormai per vie più vaste a fini più larghi ed umani.

Questo nuovo carattere assunto dalla poderosa corrente delle idee diroccatrici, e dal sentimento, che ognora più prevale nelle masse rivoluzionarie, al conspetto del mesto problema, rappresenta un tipo elevato, e nuovissimo nella storia degli uomini – offre una fisonomia solenne di battaglia, ormai non più voluta in nome degl’interessi di una classe più o meno sofferente, o con le mire di una chiesuola e di una conventicola settaria, ma vagheggiata nell’irraggiamento d’idealità più balde e serene, ma combattuta in nome di rivendicazioni a larga base, e di interessi universali.

Per rivoluzione sociale non può, ai dì nostri, umanamente concepirsi che il rinnovamento sostanziale della società nei suoi rapporti economici, intellettuali, e morali a vantaggio della monade uomo, e dell’ente collettivo umanità.

In questo senso, ed a questi scopi la dinamica rivoluzionaria non può avere un obiettivo, che si restringa nella orbita angusta delle antiche frontiere politiche; non può limitarsi alla demolizione pura e semplice dei vecchi ceppi economici e politici, onde la borghesia avvince, da oltre un secolo, il proletariato. Non può, in una parola, significare, avvento al potere del quarto stato.

Questa rivoluzione dovrà essere trasfigurazione immensa e profonda di tutti i rapporti sociali, o non sarà. Se non vorrà arrestarsi ad un’altra forma di tirannide, forse peggior dell’antica, alla signorìa demagogica, dovrà – nel rimescolìo infinito dei vecchi atomi sociali in movimento per la costruzione nuova – trovare la resultante di conciliazione fra gli interessi dell’individuo e quelli, supremi, della specie; dovrà cementare la spontanea e naturale armonia del benessere e della libertà.


Pietro Gori