Il rimedio infallibile/1

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A’ la Santità di Clemente Papa VIII

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A’ LA SANTITA’ DI

BEATISSIMO VICARIO DI

CHRISTO, ET SIG. NOSTRO.


B E A T I S S I M O  P A D R E.


AA
L carico del Santiſsimo Vicario di Christo, che è di paſcere, è certo obligato ogni Catholico portar la parte del ſuo aiuto. Et queſto aiuto (ſecõdo la retta ragione) pare che deuria eſſere in ſuggerirli per la verita più vie, onde ſi poteſſero aiutare ne l’occorenze tutte le neceſsità de’ Chriſtiani. Coſi, & al Rom. Pont. ſi faciliteria il peſo, ch’egli preſe a portare di Vniuerſal Paſtore, & commun Padre di tutti; & ſenza dubio ſi

[p. iv modifica] ridurria tutto ’l mondo ad amarlo, predicarlo, ſeruirlo, & riconoſcerlo per quel vero Padre, & per quel legitimo Signore ch’egli è, di tutte le Poteſtà Terrene. Nè ſaria queſto, ch’io dico, ſtudio, al quale non doueſſero homai volger l’animo tutti quelli, che fan profeſsione di Chriſtiana pietà. Nè è da credere che la Santità V. che, & ne le diuine, & ne l’humane coſe incomparabilmente, & di gran lunga più che tutti li Principi inſieme ha, ò può hauere copia d’homini ottimi, & peritiſsimi; vorrà qualche volta reſtarſi di penſare molto ſtudioſamente da quai di loro potria hauere queſto tale aiuto, che ſi dice: non guardando, che ’l motiuo ne le ſia ſuggerito da me minimo de la Chieſa, homo di neſſuna autorità, & quaſi incognito in eſſa. Beniſsimo è noto a la ſapienza ſua, Che nulla coſa pare ſi difficile (maſsime ſe ſarà cercata per fine di far ſeguire vn gran publico bene tra gli homini,) che penſandouiſi, non ſi poſsi venire a capo, & di veramente trouarla, & di bene eſſeguirla. Et che ſolamente vn certo vero, & cordiale amore in cercarla ci è neceſſario; & inſieme il non ſtraccarſi di tornare a [p. v modifica] penſarui: Che come queſto ci ſia; ſenz’altro fra non molto ſe ne vince l’impreſa. Io per la mia parte vengo a portare particolarmente al Pontificato di V. Beat. queſto aiuto, che non ſi guaſterà mai più vino nel mondo; ancora che ſia di labruſche, ò di viti quante ſi poſsino eſſer più mai ſaluatiche, & inculte. Coſa che farà forſe in tutti i tempi per la metà più facile il vitto di tutti gli homini. Et più di questo anco vederà ch’io le hauerò portato, ſe come fonda il ſuo humano contento nel poter vedere il commodo publico di tutte le genti, & ſpecialmente del ſuo amato Popolo, & ſtato; così perſuaderà a ſe ſteſſa di leggere, & leggerà con effetto, & bene tutto il preſente Libretto. Leggendolo, ne potria venire anco in coniettura, che ho coſe migliori da darle, come le ho veramente. Et ſarà bene atto degno de la pietà di V. Beatitudine, ſe ſi degnerà curarſi di ſaperle: già che ne le faccio con ogni humiltà, & riuerenza publica offerta. Ma queſto preſente di adeſſo di non far mai guaſtare il Vino, l’harei fatto gran pezzo prima a la Santità V. ò a li suoi Santiſs. Predeceſſori, ſe non foſsi ſtato [p. vi modifica] impedito dal non hauer potuto ottenere da tutti gli altri Principi, & Republiche almeno de l’Italia, Priuilegij conformi a quello che hebbi da quattro anni fa da la R. Camera Apoſtolica. Quali Priuilegij hò deſiderato non per cupidigia mia, ma per hauere il modo da ſuſcitare altri Chriſtianiſsimi, & publici beni ne gli ſtati de gli ſteſsi Principi, & communemente in tutto il dolce, almo Paeſe d’Italia, nel quale ancor io mi trouo eſſer nato. Spero che quelli Principi, & Republiche, che ſono rimaſi a concedermi detto Priuilegio, come d’animo corteſe, & degno del Principato che tengono, ſubito che dal legger queſto Libretto vederãno la realita del negocio, che particolarmente a manifeſto ſervitio loro io promouo; ſi degneranno di loro ſpontaneo moto mandarmi detti Priuilegij, ò procurati, ò non procurati ch’io gli habbi da l’Altezze loro. Se ciò faranno; non certo faranno coſa degenere da la bonta de’ Principi. Et ſe no ’l faranno; reſteranno anco ſicuri, che in neſſun conto io mi riputerò disfauorito da loro. Solo per debito Chriſtiano deſidererò, che faccino da ſe ſteſsi, mediante l’emolumento, [p. vii modifica] che potran cauare da tal negocio, quello che ne vedranno fare a me in ſeruitio de’ lor popoli, & primamente di Dio. Da la Santita Voſtra in tal materia ſolo humiliſsimamente ſupplico, che ſi degni benignamente, & viuamente favorire detta mia Inuentione qual metto a campo in ſoccorſo de l’humana Società tãto al diuino ſuo Officio Paſtorale raccommandata. Maſſimè che trouera in eſſa mia Inventione ſimplicita, ſincerita, & verita. Conditioni, che ſe ſi trouaſſero in tutti gli affari, bene ſenza dubio ſi ſarebbe ridutto il mondo. Col qual fine humiliſsimamente bacio a V. B. li ſantiſſimi piedi. Pregandole dal Signor Dio vita ſana, & lunga: & tuttauia ogni genere dì bono accreſcimento a gloria di Sua Diuina Maeſtà. In Roma a li 20. di Decemb. M. D. LXXXXIII.


D.        V.          Beat.


Humiliſs. deuotiſs. & deditiſs. Seruo
Gio: Antonio Fineo.


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A’ LA SANTITA’ DI

BEATISSIMO VICARIO DI

CHRISTO, ET SIG. NOSTRO.


B E A T I S S I M O  P A D R E.


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L carico del Santissimo Vicario di Christo, che è di pascere, è certo obligato ogni Catholico portar la parte del suo aiuto. Et questo aiuto (secondo la retta ragione) pare che devria essere in suggerirli per la verita più vie, onde si potessero aiutare ne l’occorenze tutte le necessità de’ Christiani. Cosi, et al Rom. Pont. si faciliteria il peso, ch’egli prese a portare di Universal Pastore, et commun Padre di tutti; et senza dubio si

[p. iv modifica] ridurria tutto ’l mondo ad amarlo, predicarlo, servirlo, et riconoscerlo per quel vero Padre, et per quel legitimo Signore ch’egli è, di tutte le Potestà Terrene. Nè saria questo, ch’io dico, studio, al quale non dovessero homai volger l’animo tutti quelli, che fan professione di Christiana pietà. Nè è da credere che la Santità V. che, et ne le divine, et ne l’humane cose incomparabilmente, et di gran lunga più che tutti li Principi insieme ha, ò può havere copia d’homini ottimi, et peritissimi; vorrà qualche volta restarsi di pensare molto studiosamente da quai di loro potria havere questo tale aiuto, che si dice: non guardando, che ’l motivo ne le sia suggerito da me minimo de la Chiesa, homo di nessuna autorità, et quasi incognito in essa. Benissimo è noto a la sapienza sua, Che nulla cosa pare si difficile (massime se sarà cercata per fine di far seguire un gran publico bene tra gli homini,) che pensandovisi, non si possi venire a capo, et di veramente trovarla, et di bene esseguirla. Et che solamente un certo vero, et cordiale amore in cercarla ci è necessario; et insieme il non straccarsi di tornare a [p. v modifica] pensarvi: Che come questo ci sia; senz’altro fra non molto se ne vince l’impresa. Io per la mia parte vengo a portare particolarmente al Pontificato di V. Beat. questo aiuto, che non si guasterà mai più vino nel mondo; ancora che sia di labrusche, ò di viti quante si possino esser più mai salvatiche, et inculte. Cosa che farà forse in tutti i tempi per la metà più facile il vitto di tutti gli homini. Et più di questo anco vederà ch’io le haverò portato, se come fonda il suo humano contento nel poter vedere il commodo publico di tutte le genti, et specialmente del suo amato Popolo, et stato; così persuaderà a se stessa di leggere, et leggerà con effetto, et bene tutto il presente Libretto. Leggendolo, ne potria venire anco in coniettura, che ho cose migliori da darle, come le ho veramente. Et sarà bene atto degno de la pietà di V. Beatitudine, se si degnerà curarsi di saperle: già che ne le faccio con ogni humiltà, et riverenza publica offerta. Ma questo presente di adesso di non far mai guastare il Vino, l’harei fatto gran pezzo prima a la Santità V. ò a li suoi Santiss. Predecessori, se non fossi stato [p. vi modifica] impedito dal non haver potuto ottenere da tutti gli altri Principi, et Republiche almeno de l’Italia, Privilegij conformi a quello che hebbi da quattro anni fa da la R. Camera Apostolica. Quali Privilegij hò desiderato non per cupidigia mia, ma per havere il modo da suscitare altri Christianissimi, et publici beni ne gli stati de gli stessi Principi, et communemente in tutto il dolce, almo Paese d’Italia, nel quale ancor io mi trovo esser nato. Spero che quelli Principi, et Republiche, che sono rimasi a concedermi detto Privilegio, come d’animo cortese, et degno del Principato che tengono, subito che dal legger questo Libretto vederanno la realita del negocio, che particolarmente a manifesto servitio loro io promovo; si degneranno di loro spontaneo moto mandarmi detti Privilegij, ò procurati, ò non procurati ch’io gli habbi da l’Altezze loro. Se ciò faranno; non certo faranno cosa degenere da la bonta de’ Principi. Et se no ’l faranno; resteranno anco sicuri, che in nessun conto io mi riputerò disfavorito da loro. Solo per debito Christiano desidererò, che faccino da se stessi, mediante l’emolumento, [p. vii modifica] che potran cavare da tal negocio, quello che ne vedranno fare a me in servitio de’ lor popoli, et primamente di Dio. Da la Santita Vostra in tal materia solo humilissimamente supplico, che si degni benignamente, et vivamente favorire detta mia Inventione qual metto a campo in soccorso de l’humana Società tanto al diuino suo Officio Pastorale raccommandata. Massimè che trovera in essa mia Inventione simplicita, sincerita, et verita. Conditioni, che se si trovassero in tutti gli affari, bene senza dubio si sarebbe ridutto il mondo. Col qual fine humilissimamente bacio a V. B. li santissimi piedi. Pregandole dal Signor Dio vita sana, et lunga: et tuttavia ogni genere dì bono accrescimento a gloria di Sua Divina Maestà. In Roma a li 20. di Decemb. M. D. LXXXXIII.


D.        V.          Beat.


Humiliss. deuotiss. et deditiss. Servo
Gio: Antonio Fineo.