Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 27

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Cap. 27. Della proprietà, & natura delle cavalle.


Parmi cosa conveniente dir’hora alcune proprietà delle cavalle di razza, e della natura loro insieme; havend’io ragionato allungo dello stallone [p. 39r modifica]e d’altri cavalli la natura e proprietà, delle quali è come quella del cavallo eccetto che non è così vigorosa & forte, ne animosa tanto; per non essere di complessione così calda; ma è generalmente più gentile, delicata & piacevole: benche ancora sia più disdegnosa. Sono communemente le cavalle gran corritrici, & massime le Arabe, le quali, dicono che, correno cento miglia in un giorno. Et noi vediamo universalmente che le cavalle correno assai veloci, & durano nel corso più delli cavalli. Hanno le cavalle quello di più dei cavalli, che nel tempo della monta si raddunano insieme, si rallegrano, & gioiscano più della compagnia, e della campagna che di prima: menano la coda più spesso, mutano la voce, mandano fuor dalla natura humor simile alla genitura, & però più sottile molto del seme de’ cavalli. Il qual’humore alcui addomandano hippomane. Ma non è però quel vero hippomane, del quale io ve ne ragionerò più sotto. Orinano anco nel predetto tempo più spesso dell’ordinario; & tra loro giocano, & fanno festa quando desiderano il coito. Et à guisa delle donne sogliono molto insuperbire delle chiome, e della coda. Di modo che per niente per questo rispetto patiscano che l’asino le salisca & cuopra; ma gl’accorti perorighi, & capi cavallari subito le tagliano i crini, & la coda, & poi le menano al fonte à bere; accio che in quello come in specchio, vedano la lor deformità & bruttezza: & visto che hanno perduto il decoro, che i crini, & la crinatura della coda le recavano: non ricusano di poi l’asino: dal quale con la cavalla si fa il mulo: si come anco dal mulo, & dalla cavalla si fanno quei cavalli piccolini che latinamente si dicano Inni, manni, & pumili, benche Paolo Mannuccio & altri dicano che dall’asina, e dal cavallo nascano sifatti ronzini, le cavalle per tutta la vita loro, & in ogni stagione vanno in amore, & appetiscano il coito. Cresuto per fin al principio del sest’anno, come fa ancora il cavallo. Alcuni affermano che le cavalle, de’ Cretensi amano tanto li lor stalloni che se gli sono tolti d’appresso, astrette dal grande amore libidinoso, lasciando la campagna, ne si lasciando approssimare alcuno, correno verso l’Aquilone, over Austro, tanto che è cosa da non credere, senza fermarsi mai: o fin che non siano del tutto stracche; overo giunte al mare; dove entrano e si bagnano molto bene. Per il che credo che sia ben fatto che le cavalle che si tengano in istalla per cavalcare, quando vanno così in amore, si debbiano cavalcare, & affaticare; & bagnarle anco assai bene, & spesso la natura di acqua fredda. Ma lo andare in amore conoscerete à molti segni, tra li quali principalissimo è quello dell’humor che gettano fuori dal lor vaso; da vedergli la natura più gonfia dell’ordinario, & nel toccarla sentirla più calda del consueto; del qual toccamento vedrete che piu se ne dilettano allhora, che quando non son calde. Vedrete anco che quando vanno in amore lasciano il magnare, è se non del tutto da qual che solcano, in parte, & si colcano & [p. 39v modifica]levano in piede spesso. Dicano alcuni che se una cavalla gravida sarà tocca da donna che habbia il suo tempo, si disperderà. Et aggiunge che non solo essendo tocca, ma veduta; se però sarà quel menstruo il primo, che habbi la donna havuto. Similmente dicono che fa aborto la cavalla se toccherà vestigij et le pedate del lupo. Farà il medesimo sentendo l’odore d’una lucerna spinta all’hora, che facci fumo. Il che accade ancora ad alcune donne; secondo Aristotile & altri auttori. Dicano ancora che la gentiana herba, & la favina fanno il medesimo effetto. Et altri han detto che le cosche, & ferole cavalline, & altre herbe triste fanno morir il poledro inanzi che la madre faccia aborto. Porta la cavalla un’anno, la l’herede che nasce dopo questo tempo è vitioso, e inutile. Et quando partorisce sta in piede, stando tutti gl’altri animali quadrupedi à giacere, secondo Aristotile. Ben che in Imola io vidi il contrario in una bellissima & buona cavalla la quale parto sì stando à giacere. La Cavalla di poi il parto ha poco purgamento, & poco profluvio & flusso di sangue dalla natura. Il che aviene per haver corpo grande. Et partorito che ha subito devora le seconde, cioe le pellicole nelle quali è involto il parto, & che escano dopo quello. Così anco l’hippomane le cavalle diventano magre se le sono tolti troppo presto da lato gl’heredi; non per altro che per il desiderio & amore che hanno de’ suoi figliuoli absenti. Però vuol Columella che sempre si lasciano andare con le madri insieme; & che paschino in un medesimo pascolo, fin che siano in età da levarli; & metterli alle fatiche. Ma io sono di altro parere; come dirò al suo luogo. E tanta amorevolezza è tra loro, per la compagnia che hanno insieme per la campagna, che se una cavalla venisse à morte, l’altra allevarebbe il suo poledro. Godeno molto del suono, e del canto. Io non voglio nel fine pretermettere questo, che ho trovato in auttori degni di fede, che se la calvaria d’una cavalla, che havvia fatto heredi sarà posta in un orto, lo farà fecondo & abondante.