Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 3

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Cap. 3. Dell'utile, che fa il cavallo.


Le utilità, che porge all’huomo il cavallo, sono quasi infinite: & chi volesse in questo estendersi d’intorno alli individui, & alla moltitudine delli essempi farebbe di quelle solo un libro. Et io perche intendo di essere breve, le andarò restringendo più che mi sarà possibile. Et intendo di parlare hora dell’utile così apparente come vero: sì per fuggire ogni dubbia, & vana disputatione: sì perche l’imperfettione humana non la sua, intieramente conoscere il vero. Di modo, che l’apparente non vi habbia gran parte ancora, & ben spesso la maggiore. Dico adunque, che l’utile è quello, che giova ò all’animo. ò al corpo, ò all’uno, & l’altro insieme. Le quai tutte tre parti adempie il cavallo. Percioche se bene potrà parer strano à molti, che il cavallo possi giovare all’animo, non potendo darne precetti, ne documenti,

[p. 11v modifica]ne insegnar scientie alcune, d’intorno alle quali la forza dell’animo, & dell’intelletto nostro versa, non è però che il cavallo non induca l’homo nella contemplatione del Sommo Iddio; se vorremo rivoltar l’animo alle sue nobili parti, & à i tanti servigi, & utili, che ci reca in questa vita, li quali altro non ci mostrano & sgridano, se non che si come il cavallo noi serve si bene, & in tante guise, & con tanto piacere, honore, & utile: doveriamo ancor noi servire al Sommo Signor nostro Iddio, che ci ha creati, & egli, & noi così nobili, & rendergli gratie infinite, & immortali di tanto dono. C’induce ancora il cavallo nella cognitione della natura de gl’altri animali, domestichi, & fieri, & selvaggi, più che altro animale; partecipand’esso della natura domestica, & mansueta, & della fiera ancora; come di sotto si dirà diffusamente. Ci fa similmente filosofare, penetrando della natura, & complessione sua con tante ragioni, quante si diranno di sotto à i luoghi soi, fa etiandio l’homo molto patiente, & accorto nel reggerlo, & maneggiarlo, bisognando à ben reggerlo, & maneggiarlo, accortezza, & temperanza, & patientia quasi infinita. Et chi altramente crede, & pensa con la forza poter fare quanto bisogna ad ammaestrare, & domare ardito cavallo, & non vole adoprarsi più presto la patientia, & la piacevolezza; di quanto si trovi ingannato ciascun gentilhomo, & cavalliero lo pò giudicare, & l’esperienza stessa lo dimostra; & io ne i libri disotto mi sforzerò di farlo chiaro à tutti. Dandoci dunque il cavallo da speculare per mezzo suo nella bontà di Dio, & nella natura sua, & de gl’altri animali: parmi che chiaramente à tutti gli homini rechi utile non poco, quanto all’animo, & intelletto. Ma gl’utili, che dà al mondo circa le cose del corpo, sono quasi infiniti. Percioche l’uso del cavallo giova molto alla sanità del corpo; essendo esso un’esercitio molto nobile, & temperato, & di tutti i membri quasi ugualmente, bisognando nell’agitar cavalli adoprarvi ogni membro distintamente, & tutto il corpo insieme con una proportione di moto incredibile, & impossibile ad isprimerla con parole. Il qual’essercitio per essere universale di tutto il corpo, & per esso lograndosi ugualmente gl’umori, che potesseno alterare la complessione, necessariamente giova à tutto il corpo. Genera anco nel cavalcare humor allegro, & dà bando alla maninconia humor pessimo, & gravissimo nel corpo humano. Et questo si pò facilmente vedere, che da qualunque gran dolore sia oppresso alcuno col cavalcare cavallo, che satisfacci, se ne sente alleggerire assai: Et secondo che dicono alcuni gravi auttori; & massime Aetio il cavalcare sopra tutti gl’esercitij fortifica lo spirito, tutto il corpo, & massime lo stomaco; purga i sensi, & gli rende assai più acuti, Ma queste cose sono debole, & di poco momento appresso gli utili infiniti, che reca à i stati; percioche essendo la militia patrona de i stati, & essendo essa militia di due parti composta, pedestre, & equestre. Delle quali senza dubbio la equestre è [p. 12r modifica]più nobile; ciascun po’ vedere, che il cavallo reca utilità infinita sopra tutte le cose, alli stati, facendosi con esso tutte le fattioni importanti, & più necessarie nella militia. Percioche l’assicurar le strade per gli esserciti, & vettovaglie, il romper quelle alli nemici, le scaramuccie, il tentar l’essercito adversario, il riconoscere, & dar cognitione delli paesi de’ nemici; & in somma i muri delli eserciti con l’ordinanze de gl’homini d’arme in campagna aperta, & nelle giornate; in che altro consisteno, che ne i cavalli leggieri, & homini d’arme. Et s’alcuno dicesse, che si deve tener più conto della militia à piede, che della militia à cavallo: & sopra questo m’allegrasse tutte le ragioni, essempi, & auttorità, che adduce un certo autore del discorso, che sopra à questo fa; gli rispondo, che l’isperienza ci dimostra il contrario. Percioche se bene alcuna volta i Romani smontarono da cavallo: & hebbeno à piede quella vittoria, che à cavallo havrebbono perduta al lago Regillo contra i Latini, & à Sora: com’egli nel suo discorso allega; si pò credere, che questo fusse per altra cagione, ch’esso non isprime. Et chi dubita, che al tempo de’ Romani, almeno della Repubblica, non ci era uso bono del cavalcare, ne selle da poter stare bene à cavallo, ne freni atto à reggerlo, come si deve, ne arme da armare, ne l’homo à cavallo, ne esso cavallo? Ne si legge, che alcuno de’ Romani in quei tempi si esercitasse à cavallo in Campo marzo; ma si bene à piede. Et pò ben esser anco che all’hora non fusse così ben conosciuta l’utilità grande della militia equestre, come dipoi di tempo in tempo è stata ogn’hora conosciuta meglio. Et si pò credere, che usassero i cavalli solamente in quanto la necessità delle guerre, e non come la utilità richiedeva; & in quei casi, che esso allega, secondo Livio, i Romani smontassero à piedi: ò per la qualità de’ sciti aspri, ò per la strettezza de’ luoghi; ò per la debolezza de i cavalli, ò per altro accidente non espresso. Et se Livio non ha scritto queste particolarità, è degno di scusa, parlando di cose molto antiche, le quali non essendo specificate nelli annali, che seccamente solo i fatti raccontano, senza renderne ragione, è necessario, che seguendo quelli, racconti ancor esso seccamente le cose, che trova scritte. Ne gl’essempi di Sguizzari à Novara, & contra il Re Francesco, & del Tarmoglia, provano cosa alcuna; essendovi infiniti altri esempi, & cento per uno in contrario, che i cavalli han rotto i fanti: Et quello di Carmagnuola si vede essere per le armi, non per la sorte della militia. Ne si deve dar orecchio à quelle ragioni, che esso allega. Delle quali la prima è, che l’huomo à piede pò andare in molti luoghi, dove non pò andare à cavallo, perche il cavallo ancora pò fare molte fattioni, & più utili, che non pò far l’homo à piede. Et che riceva più ordine la militia à piede, che la militia à cavallo, in bona parte è falso, perche i cavali boni possono tener ogni ordine & à tempi nostri se ne sono veduti infiniti essempi. Et similmente le altre ragioni [p. 12v modifica]da lui addotte si vedeno esser dette più à persuadere à Principi à tener maggior esserciti di a piede, che è loro più facile, & di assai manco spesa, che di à cavallo; essendo; essendo di troppa spesa; & molto assai più difficultoso. Ma chi dubita, che la militia pedestre sia inferiore alla equestre, riguardi di gratia le fattioni, che l’una, & l’altra fa, & veda, che la pedestre appena serve alle scaramuccie, alle giornate, al guardar le terre, & luoghi forti, dove i cavalli non solo fanno queste cose medesime, ma molt’altre di sopra dette, & infinite, che non è di bisogno à raccontarle. Et ben consideri di chi si tien più conto di uno che habbi una compagnia di pedoni, ò di uno che l’habbi di cavalli. Et pur hoggi sono le medesime considerationi della militia, delle vettovaglie, & de’ governi, che prima fusseno, ancor che la cavalleria non fosse così ben conosciuta come s’è detto; & se bene in alcuna cosa, diverse, con le medesime ragioni però necessariamente si governa, Et facciasi prova se ci è alcun soldato tanto ardito, che si offerisca à piede parimente armato contrastar à corpo, à corpo con un altro à cavallo similmente armato. Et in somma insieme con Annibale Capitan singolarissimo diremo à questo, se pur si trovasse, quello che disse nel fatto d’arme di Canne, quando vidde, che i Consoli haveano fatto smontare à piè de’ gl’homini à cavallo. Quam malem vinctos michi traderent equites: beffandosi di così grande errore. Ma lasciando questa disputa, & digressione: dico che è molto utile anco il cavallo nelle cose de’ governi à far subito sapere ogni occorrenza per potervi dipoi subito provvedere per via delle poste. Et gl’antichi, & i tempi moderni ne possono render testimonianza. Et vi sono populi Settentrionali, che hanno talmente accomodate le poste per ogni spaccio di venticinque ò trenta miglia, che possono con questo modo, & con cavalli avezzi al corso far tra dì, & notte trecento miglia. Et i Romani sapevano in due giorni le nove di tutta Italia col mezzo anco de’ cavalli. Claudio Nerone quando da Calabria andò in Toscana segretamente à congiungersi con l’essercito di Livio à Siena per oprimere Asdrubale, & in sei giorni fece quel viaggio sì velocemente, che di lui disse il Petrarca, c’hebbe occhi al vedere, al volare penne. E forse da credere, che altramente havesse possuto farlo, che per via di poste, mezze poste, & carri? Havendo fatto per tutte le terre commandar cavalli à chi ne havea, per condur in frettai soldati. Probo Imperatore, come havrebbe potuto far battaglie così secure, & scorrere tanto & così presto senza lo aiuto del suo cavallo alanico? Il quale fu di tanta velocità, & gagliardezza, che correva d’improviso in un sol giorno cento miglia, durando in questo senza mai mancare per dieci di continui. Ma lasciando la moltitudine delli essempi. Chi negherà il cavallo non essere estremamente utile per la securezza dell’homo? Il quale essendo sottoposto à tante insidie d’homini maligni, che cosa lo pò più assicurare d’uscir d’ogni gran periculo, che la virtù [p. 13r modifica]d’un bono forte, & ardito cavallo? Nessuna per certo, poi che nè le armi, nè la forza de gl’huomini, nè malignità de’ luoghi possono impedire un valoroso cavallo che ò col corso, ò con l’urto, ò col salto, & calci, & morsi, percosse de’ piedi anteriori non iscampi, & seco ne meni salvo il suo patrone. Come si vidde in Dario Re di Persia, che sconfitto nel fatto d’armi à Iasso per via d’una velocissima forte & animosa cavalla, che seco havea condutta à questo fine di servirsene ne i bisogni maggiori, sapendo il valor suo si salvo la vita. Et come hoggi di molte isperientie ne potrebbon far fede, se noi volessimo prolungarci.