Il cavallarizzo/Libro 3

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Capitolo 65 Dialogo primo
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IL TERZO LIBRO


DEL CAVALLARIZZO


DI CLAUDIO CORTE

DI PAVIA.

DIVISO IN TRE DIALOGHI.

DIALOGO PRIMO.
RITROVANDOMI una di queste mattine à cavallo con molti cavalieri, il Commendator Fra Prospero Ricco gentilhuomo Milanese molt’honorato, & nel mestiere che ad ottimo cavallarizzo s’appartiene molto eccellente, mi disse: io non so già perche voi Messer Claudio habbiate intitolato il vostro libro il cavallarizzo, non parlando pur mai (& sia con sopportatione detto) di quello che se gl’appartenghi? per che se in questo titolo havete voluto immitare Marco Tulio nel suo oratore, Plutarco nel Principe che fa al suo Imperatore Troiano, & altri che titoli tali convenevoli alli lor libri hanno dati, dovevate ancor voi scriverne come hanno fatto loro, & non passarvene così seccamente come havete fatto; che per vero se bene havete scritto in tutti due i libri di molte cose belle & utili, non havete però ne atteso quel che prometteste nel terzo libro, ne sodisfatto à quello che al titolo si richiede. Et parmi veramente che se non sodisferete ad ambedue le cose, & a molt’altre ancora che vi si potranno opponere, & adimandare, che voi mancherete assai all’aspettatione del debito vostro, & à quella che noi altri habbiamo di voi. Là ond’io sovrapreso da altri pensieri, & ritrovandomi affaticato molto dalle aggitationi di molti cavalli, ch’io havevo fatte, lo pregai che per allhora mi concedesse il tacere, & lo andarmene à riposare, & che nel giorno seguente di poi disinare io lo havrei più che volentieri sodisfatto, & non solo in questo, ma in molt’altre cose, ch’io vedevo di già essere apparecchiato, & desideroso di adimandarmi. A che s’interposero alcuni gentilhuomini & cavallieri dicendo essere ben fatto differire le amichevole tenzoni per il giorno seguente nell’hora da me deputata, & che ciascuno di noi si dovesse trovare nel medesimo luogo, dove determinariamo le nostre liti amichevolmente, per essere allhora à caso cavalcati il Commendator & io nel dilettevole giardino d’Agostino Ghisi, nel quale ancora molte volte venivamo à diporto, à correr lancie, maneggiar cavalli nelle sue belle, dilettevoli strade per fuggire la malvagità del caldo, & esser solamente tra noi sequestrati dalla moltitudine giudicatrice delle operationi altrui vanissima [p. 111v modifica]Piacque à ciascuno questo parere, & così si ritirassemo à casa, & il seguente giorno nell’hora detta tutti comparsemo à cavallo nel luogo istesso, eccetto che il Cavallier Prospero, che tardò alquanto dopo gl’altri à venire; per la qual cosa parendomi d’haver per ciò campo assai commodo d’assalirlo, con amico motto lo assaltai dicendo. Ben si pare cavallier Prospero che di gia dubitate del giuoco quando nel comparire sete stato l’ultimo. Anzi nò, soggiunse subito messer Roberto Mantoano cavallerizzo molto eccellente, & persona molto affabile, & piacevole, ma pò ben essere che il studiar delle dimande, & argomenti, che vi ha à far contra lo habbi trattenuto questo poco di piu de gl’altri, & voi messer Claudio ve n’accorgerete nelle proposte, & risposte, che vi farà s’egli è, com’io vi dico. Guardate pure che non sia il contrario rispose il Signor Giambattista Pignatello gentilhuomo napoletano, & veramente non men faceto, & cortese, che nel mestier del cavalcare molto raro, perche essendo il Commendatore molto amico, & servitore di gentili, & belle donne, si sarà voluto accomiatare dalla sua signora prima che entri in questro ballo, parendosi forse che troppo habbi à durare per lui, che ha à fare con uno che li saprà rispondere. Si per mia fe, ridendo sogiunse il cavalier Seloro, Gentilhuomo non men dolce nella conversatione, che saggio nel governo di cavallarizza, & suave nel dire in rima i suoi concetti, che voi direste il vero, quando noi non sapessimo che’l Corte non pò impattarla non che vincerla col Comendatore, che ha disertissima lingua, & è Dialettico perfetto. A questo si rise alquanto, & furono dette piu cose, ma poi subito il Comendadore prese il parlare e disse. Hora vi accorgerete Signori per che causa io sia tardato piu de gl’altri à venire; ma di gratia cavallieri dismontiamo, & ritirianci di là sotto la bella loggia à sedere, & poscia veremo alle mani con la lingua; la quale ancor che in me sia impedita alquanto, spero però di snodare così bene, che per aventura legarò quella di Messer Claudio. Et ridendosi à questo ciascuno dismontò volentieri, parendosi ben fatto di ritirarsi là, & postoci à sedere, diedemo di comun consenso l’auttorità del giudicio in questa lite al Signor Giovan’ Antonio Catamusto, & al Signor Giovan Aloigi di Ruggiero; li quali son ambi cavallieri consumatissimi in quest’arte; ma lor scusandosi recusorono il carico, & rivolti all’Illustrissimo Signor Giulio Orsino ch’ivi à caso si ritrovava dissero, à voi signore tocca il peso di questo giuditio; gia che di tante bellissime parti sette dottato. Et il limite dissemo tutti noi altri, conoscendo in vero che tra tutti i cavallieri egli era si come Capitano, segnalatissimo, cavalliere singularissimo, & di molto sapere, & sforzandolo à questo mal volentieri l’acettò; ma di poi subito iscusandosi & rendendo gratie à ciascuno della bona opinione che di lui havevano disse. Di gratia cavallieri siate contenti, che cosi come per compiacervi io ho accettato questa impresa, & [p. 112r modifica]non già per che ciascuno di noi non sia piu atto di me a fare questo giuditio, da che ciascuno di voi è venuto al colmo del sapere aggitar cavalli, & di molt’altre virtù insieme, così per cortesia vostra possi disgravarmene, & dar il peso à che havrà miglior spalle che non ho io da sopportarlo. Piacque a ciascuno concederli che ciò facesse, per vedere chi aggravar ne volesse; & egli rivolto all’Illustrissimo Signor Pompeo Colonna anch’esso à caso trovatosi con noi quel giorno, per haver havuto savocondutto da sua Santità disse: gran torto vi si farebbe signore il torvi cotal giuditio, & pero accettate il peso di gratia che, & di ragion vi viene, & noi di comune parere vi doniamo. A che subito s’interpose il Comendatore dicendo, non fate Signor Giulio, perchè io havrei il Signor Pompeo, sì come ho per capitano Eccellentissimo, & cavallier valorosissimo, per giudice sospetto: per la qual cosa fu riso alquanto, ma il Signor Giulio non aspettando altra risposta, a noi dunque disse Cavallier Prospero tocca tal carico. Al che consentimmo tutti, & tutti aplaudetimo, non curandosi ch’egli fosse giudice, & parte. Et così non piacendo a nessun di noi ch’egli facesse altra scusa, ne risposta, gl’imposemo che tacesse, & che desse principio al dimandare. Et così fu dato principio alla tenzone, & al Dialogo tra’l Comendador Prospero, & Claudio Corte. Il Dialogo adunque in dui è questo.