L'Anfiteatro Flavio detto il Colosseo/Esterno del Colossèo

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Introduzione Interno del Colossèo
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ESTERNO DEL COLOSSÈO.


La circonferenza dell’intiera mole è di palmi romani 2449, e l’altezza di 220 e un quarto. La lunghezza dell’ovale è di palmi 860, e la larghezza di 740.

Tutta l’altezza esteriore è divisa in quattr’ordini; i tre primi (cominciando dal più basso) con colonne; e l’ultimo con pilastri. Il primo ordine è dorico, ed ha di altezza 42 palmi: il secondo jonico, di palmi 54: il terzo corintio, di 54: ed il quarto parimenti corintio, di 64. Queste quattro altezze parziali formano la totale, di sopra accennata, di palmi 220, compresi sei palmi dell’altezza dell’Attico, in cui si appoggiavano i pali del velario. Questi pali erano incastrati nel cornicione entro guaine o trafori, che hanno di fronte palmi 2, e di fianco 1 e tre quarti.

Le arcate, che formano il contorno esteriore del magnifico edifizio, sono 240; 80 cioè in ognuno dei tre ordini colonnati: giacchè nel quarto di pilastri vi erano 40 finestroni.

[p. 7 modifica]Quelle del secondo e terz’ordine eran guernite di parapetti, da ognuno de’ quali sporgeva un piedestallo con di sopra una statua; senz’esservi in ciò altra differenza, che quella che parea dovuta ai quattro principali ingressi del Colossèo; su i quali, invece di statue, posavano con basamento di marmo altrettante quadrighe.1

Le 80 arcate del prim’ordine erano altrettante porte, per le quali si entrava nell’interno [p. 8 modifica]dell’anfiteatro. Quattro di esse han di larghezza 22 palmi e di altezza 32 e mezzo: tutte le altre sono egualmente alte, ma per larghezza han due palmi di meno.

Queste porte minori o popolari, in numero di 76, eran tutte numerate, acciocchè vedessero a colpo d’occio gli spettatori, per quale di esse doveano introdursi, a fine di andare al posto, che assegnato era ad ognuno. Chi entrava per esse, saliva un falso piano di pietra tiburtina, largo 6 palmi e mezzo; e trascorso in seguito un altro piano orizzontale della stessa pietra, largo palmi 6, trovavasi nel primo ambulacro, di cui poi si parlerà. Con due soli scalini, alto ognuno di essi tre quarti di palmo, si giungeva, per dentro, al pari del plinto delle più basse colonne di fuori.

Le quattro porte principali eran situate in distanze uguali, fuor della piccola differenza, che porta per sua natura la figura ovata. Due eran poste nell’estremità della larghezza o asse minore; e due nelle estremità della lunghezza o asse maggiore. Quelle posson chiamarsi imperiali, perchè servivano al solo Imperatore; e queste ultime magnatizie, perchè per esse entravano i Consoli, Senatori, ed Ambasciatori, ed anche le Vergini vestali.

Le due porte magnatizie, per mezzo d’un atrio spazioso a tre grandi arcate, portavano immediatamente al terzo ambulacro del pian terreno.

Le due imperiali, sì per fuori che per entro, eran più maestose. La decorazione esterna era di colonne strisciate, fatte di marmo pavonazzetto; le quali, insieme col lor cornicione marmoreo, sporgevano in fuori a guisa di corpo avanzato. La interiore consisteva in due superbi atrj, che conducevano fino al quarto [p. 9 modifica]ed ultimo ambulacro, adornati tutti con varietà di stucchi. Il primo atrio era simile al magnatizio, ed il secondo di arcate più basse.

Note

  1. Che le arcuazioni esterne dell’Anfiteatro Flavio nel secondo ordine e nel terzo ornate fossero di statue, è cosa dimostrata per modo delle medaglie, che non può esser posta in controversia da alcuno, senza impugnare la fede de’ monumenti tanto autorevoli. Incominciando da Tito sino al terzo Gordiano, la rappresentanza dell’Anfiteatro non è scompagnata da questo ornamento, siccome può vedersi nelle medaglie poste in fronte di questa memoria, già replicatamente divulgate e celebri fra numismatici. Chi stimò che le statue non fossero altrimenti infisse e proprie di questo insigne monumento, ma sì aggiuntevi temporariamente in istraordinarie circostanze, e crediamo che fosse primo fra questi il Guazzesi (diss. sugli Anfiteatri), si fondò specialmente sulla mancanza delle basi o piedistalli di esse statue, che avrebbero dovuto trovarsi ancora ne’ luoghi dove le statue erano collocate. Quindi il Marangoni scrisse: «Ma per quello che concerne le statue negli archi di questo edificio, noi volentieri concorriamo nell’opinione del signor Guazzesi, ch’elleno non fossero stabili o di marmo, ma dipinte o d’altra materia e mobili; sicchè si esponessero in mezzo degli archi secondo la qualità de’ spettacoli che si rappresentavano nell’Anfiteatro. Ciò argomenta questo erudito dal non vedersi nel mezzo di detti archi alcun segno di basi o di piedistalli, che se statue fossero stabili e di marmo dovrebbero comparirvi» (sin quì il Marangoni memorie sacre e profane dell’Anfiteatro Flavio a carte 16). Ma l’argomento del Guazzesi cade innanzi all’osservazione più accurata del monumento. Non vi sono è vero i piedistalli o le basi delle statue; ma come pensare che vi potessero durare, essendo stati essi in marmo o non difficili da rimuover dal luogo, quando si sappia quel governo si è fatto, e per molti secoli, del materiale del Colossèo. Se però i piedistalli o le basi furono tolte, rimangon bene segnati i luoghi dove furono, vedendosi ancora le cavità dove erano posti i perni di bronzo per meglio assicurarli ove fu stimato che ne avesse mestieri. Per questo dunque, che il diligentissimo Lucangeli debbe avere osservato senza meno nelle sue investigazioni, e per la testimonianza delle medaglie, credo che egli abbia con ogni ragione aggiunto le statue nel suo commendevolissimo ristauro della stupenda antica mole.

    P. E. Visconti