L'Anfiteatro Flavio detto il Colosseo/Introduzione

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L'Anfiteatro Flavio detto il Colosseo Esterno del Colossèo
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L’eccelsa mole romana, dell’Anfiteatro Flavio celebre sotto il nome di Colossèo, fu innalzata dall’imperatore Flavio Vespasiano fra gli anni 70 e 79 dell’era volgare, e messa in opera immediatamente dal di lui figlio Tito, vissuto dopo il padre due anni soli.

Carlo Lucangeli, architetto meccanico insigne, autore della sorprendente copia di cotesto capo d’opera dell’antica architettura, avea già reso celebre il suo [p. 4 modifica]nome per molti altri lavori simili, ammirati dalle più colte nazioni. Basterebbero, per immortalarne la memoria, i due grandi monumenti, che se ne conservano negl’imperiali musei di Pietroburgo, e Parigi: il primo de’ quali è la facciata della basilica vaticana in legno, insieme colle cuppole, a perfezione tale, che perfin l’illuminazione vi si eseguisce, come nella fabbrica originale: e la seconda è il Colossèo, copiato in sughero come al presente si vede; senza neppur mancarvi i cespugli ed arbusti, che coll’andar de’ secoli vi son nati, e cresciuti.

Ma l’opera, che assicura più la di lui fama presso alla remota posterità, è quella di cui ora si favella, rappresentante in legno il Colossèo intiero, come uscì dalle mani del suo primo architetto. Per eseguire questo difficilissimo lavoro, unico sicuramente nel suo genere, egli non si è fidato di nessuno de’ tanti Antiquari ed Artisti, che ne han pubblicate le descrizioni; perchè ha conosciuto evidentemente colla propria esperienza, che alcuni, per non averne potuto vedere le molte ed importantissime parti, non ancora a que’ tempi scoperte, han preso degli equivoci, e commessi errori non pochi; ed altri, per desiderio di far onore a sè medesimi, o alla professione loro, adoperati si sono ad abbellirlo con capricciose invenzioni. Bramoso egli, più che d’ogni altra cosa, di scansare ambedue questi scogli, prese due espedienti i più opportuni ed efficaci. Il primo si fu quello d’intraprendere a proprie spese i più necessarj scavamenti: per i quali, vedutasene l’utilità, fu prima dal Governo ajutato il Lucangeli perchè li proseguisse, ed in appresso se ne continuarono dal pubblico i lavori. Fu tale difatti il talento, e l’avvedutezza; [p. 5 modifica]con cui egli ora scavava, ed or solamente verificava; che si leggono con sorpresa ne’ suoi pochi fogli manoscritti, or chiaramente accennate, ed or quasi direi vaticinate, varie cose scoperte dopo la sua morte. Il secondo mezzo, a cui egli si appigliò, fu quello di misurare da se medesimo a palmi romani con maravigliosa costanza, non solo il totale del Colossèo, ma tutte eziandio le più piccole parti che lo compongono, le interne e l’esterne, le patenti e le nascoste, le esistenti e le mancanti; prendendo lume da quelle che esistono, per fissare con sicurezza architettonica tutte quelle che mancano. A tenore di queste misure, nell’esecuzione del suo lavoro ridusse egli il tutto, ed ogni parte di esso, all’esatta proporzione, che ha il minuto relativamente al grado del circolo, oppur all’ora del tempo, che è quella dell’uno al sessanta. A queste utili e faticose occupazioni dedicò il Lucangeli, quasi per intiero, gli ultimi ventidue anni di sua vita, con applicazione tanta e sì indefessa, che ne contrasse insensibilmente la dolorosa infermità, che giunta poi al suo colmo, gli cagionò la morte ai 27 di Novembre del 1812, nell’età di anni 65.

Avendo lasciata l’opera essenzialmente compita, mancante però di parecchi voltoni e gradini, e delle decorazioni e politure, che meritava la dignità del lavoro; il di lui genero Paolo Dalbono, giovine inclinato al meccanismo, ed istruito ancora dal benemerito suocero; presi alcuni artisti in ajuto, intagliatori, e pittori, l’ha ridotta in breve tempo a tutta quell’esatta perfezione, che può dal pubblico desiderarsi; senza mai essersi discostato un punto dalle idee ed intenzioni del primo e rispettabile autore. La copia de’ sotterranei [p. 6 modifica]dell’arena, scoperti dopo la di lui morte, è l’unica cosa che può chiamarsi aggiunta; questa si è fatta per seguire ancora in ciò la volontà del defonto, il quale impazientemente ne aspettava lo scoprimento per formarne esatto disegno.

La seguente descrizione, ricavata la maggior parte da’ manoscritti del Lucangeli, porrà sotto gli occhi dei leggitori tutte le parti e misure del Colossèo, copiate esattissimamente da lui colle dianzi accennate proporzioni nel suo lavoro.