La persuasione e la rettorica (1915)/La rettorica nella vita/Il singolo nella società

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PARTE SECONDA
DELLA RETTORICA

III
LA RETTORICA NELLA VITA
I. Il singolo nella società

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PARTE SECONDA
DELLA RETTORICA

III
LA RETTORICA NELLA VITA
I. Il singolo nella società
La rettorica nella vita La rettorica nella vita - La sicurezza


l°. L’altro lato dell’iperbole.
(xo1 yo1 = )


«Vede», mi diceva dopo un pranzo abbondante in conclusione d’un lungo discorso un grosso signore «vede? la vita ha pure i suoi lati belli. Conviene saperla prendere – non pretender rigidamente ciò che già ha fatto il suo tempo, ma adattarsi ragionevolmente – e godere di ciò che il nostro tempo ci offre che nessun tempo ha mai offerto ancora ai propri figli. Fruire di questa maravigliosa comodità della vita, e cogliere fra la varietà aumentata dei piaceri, di questo e di quello con saggia misura; habere – non haberi, come dicono».

«Lei è un artista!».

«Sì, infatti, credo che sono un artista; non che io scriva o dipinga ma – lei m’intende: artista, artista nell’anima; io ho un buon cuore, pieno di sentimenti gentili coi quali mi rendo poetica ogni situazione e mi faccio bella la vita, mi creo i piaceri...».

«Secondo la sua fantasia...».

«Ma badiamo! non da eccentrico! ma nella via e nel modo come il nostro provvido tempo facili e leciti ce li offre».

«Gaudente, ma uomo di mondo».

«Certo, ma gaudente... intendiamoci» Bisogna concedere un po’ al corpo e un po’ allo spirito. – Oh la poesia e la letteratura sono state sempre la mia passione. Anche la storia! c’è un compiacimento a pensare: "ecco, tutto questo abbiamo fatto noi" e d’altronde constatare la via che s’è fatta per cui la nostra vita s’è evoluta al presente grado di civiltà. È una bella cosa, la storia. – Chissà, se non fossi stato preso nell’ingranaggio amministrativo... – Mah. – Del resto io credo che nel tempo che corre ogni uomo, che voglia camminare col progresso, debba possedere una varia ed eletta coltura umana. Né debba esser del tutto ignaro delle scienze esatte, per le quali siamo i veri signori del creato e nessun mistero sfugge ormai al nostro occhio».

«Ma lei è multilatere!».

«Oh, un dilettante...».

«Lei trova tempo per tutto!».

«Certo! Ma... bisogna aver la coscienza d’aver fatto il proprio dovere. Oh questo si, sul dovere non si transige. Altro è compiacersi di letteratura, di scienza, d’arte, di filosofia nelle piacevoli conversazioni – altro è la vita seria. Come si direbbe: altro la teoria altro la pratica! Io, come vede, mi compiaccio di queste discussioni teoriche, mi diletto degli eleganti problemi etici e mi concedo anche il lusso di scambiare delle proposizioni paradossali. – Ma badiamo bene – ogni cosa a suo tempo e luogo. Quando indosso l’uniforme vesto anche un’altra persona. Io credo che nell’esercizio delle sue funzioni l’uomo debba esser assolutamente libero. Libero di mente e di spirito. Nell’anticamera del mio ufficio io depongo tutte le mie opinioni personali, i sentimenti, le debolezze umane. Ed entro nel tempio della civiltà a compiere la mia opera col cuore temprato all’oggettività! Allora io sento di portare il mio contributo alla grande opera di civiltà in pro dell’umanità. E in me parlano le sante istituzioni. Dico bene eh?».

«Io ammiro la sua fermezza. – E – lei non pensa ai suoi interessi?».

«Lo stipendio... corre ed è sicuro. E poi, lei sa, gli incerti...».

«Già, già – ma... e poi quando – dio lo tenga lontano – questa sua mirabile fibra sarà affievolita?».

«C’è la pensione: – lo Stato non abbandona i suoi fedeli, – che?».

«Ma – scusi se Le suscito brutte imagini – ma siamo uomini deboli – nel caso di una malattia – sa, ce ne sono tante ora in giro...».

«Niente, niente – appartengo a una cassa per ammalati, come tutti i miei colleghi. Il nostro ospedale ha tutti i comodi moderni e si vien curati secondo le più moderne conquiste della medicina. – Vede?».

«Ah, – vedo! ma – non saprei, i casi son tanti – capisco che siamo difesi dalle leggi – pure – i furti sono all’ordine del giorno».

«Sono assicurato contro il furto».

«Ah! ma... e... metta il caso d’un incendio».

«Assicurato contro il fuoco».

«Perbacco! Ma – un cavallo – scusi, volevo dire: "un automobile" che c’investe; un tegolo...».

«Assicurato contro gli accidenti».

«Ma infine morire – moriamo tutti».

«Fa niente, sono assicurato pel caso di morte».

«Come vede», aggiunse poi trionfante, sorridendo del mio smarrimento, «sono in una botte di ferro, come si suol dire».

Io rimasi senza parole, ma nello smarrimento mi lampeggiò l’idea che il vino prima d’entrar nella botte passò sotto torchio.


Quest’uomo del suo tempo1 – colla sua προθυμία e la sua «botte di ferro» è dunque l’individuo sognato da Hegel al sommo della chiesa gotica che gli antichi ignoravano2 – all’ultimo momento della libera evoluzione del sistema della libertà;3 – egli è l’obiettivazione della libertà che è fine a sé stessa e di sé stessa gode;4 – e «la persona ch’egli veste» nell’esercizio della sua carica, quella è la seconda natura5 – la libertà morale, medio concreto che unifica l’idea e le passioni umane6 – fine essenziale dell’esistenza soggettiva, unione della volontà soggettiva e della volontà razionale; questa è dunque l’idea divina,7 ciò che Iddio ha inteso di fare col mondo per ritrovare sé stesso.8 – Pure io credo che la fame, il sonno, la paura – anche se li chiamiamo «volontà razionale» – restino pur sempre fame sonno e paura, e così tutte l’altre cose per le quali non so dove sia tranquilla la riva al nostro egoismo,9 che quanto è tale tanto non può arrivare – né dove siano la libertà morale e l’idea e il fine essenziale. –

«Ma» mi direbbe il mio uomo «tutto ciò a me che importa? – io so che sono sicuro e nella coscienza dei miei diritti e dei miei doveri libero e potente». Oppure con le parole di John Stuart Mill (Saggio sulla libertà) «non è qui questione della cosidetta libertà del volere che così inopportunamente viene contrapposta alla dottrina erroneamente detta della necessità filosofica, ma della libertà civile o sociale».10 Della «libertà d’esser schiavo» dunque? E va bene.


Infatti è questo che l’uomo cerca, è così che crede giungere alla gioia – né può uscire di sé per vedere di più. – Soltanto egli paga l’ignoranza col lento oscuro e continuo tormento – ch’egli non si confessa e che altri non vede, – poiché il destino è come un’equazione e non si lascia ingannare.

È l’altro lato dell’iperbole.11 L’uomo è vivo ancora, occupa ancora uno spazio, e qualche cosa piccola egli deve ancor sempre fare così ch’egli senta infinito il postulato della sicurezza. –

Come all’altro lato l’uomo non si sentiva mai tale da poter chiedere con giustizia qualche così come giusto per sé, così qui presume sempre la sufficienza della sua qualsiasi persona; e come l’altro postulava la giustizia nella liberazione dalla volontà irrazionale, così questo cerca la sicurezza nell’adattamento a un codice di diritti e doveri: la libertà d’esser schiavo; dove l’altro domandava la soddisfazione attuale tutta in un punto, questo cerca il modo di poter continuar con sicurezza ad aver fame in tutto il futuro. E come quella era la via delle più grandi individualità che domandano un valore e lo assomigliano nella loro volontà libera e incrollabile, questa è la via del disgregamento dell’individualità, di coloro che si preoccupano della vita come se già avesse valore (sufficienza) e vivono ὡς ἐόντος l’assoluto con la previsione limitata all’attimo – ché l’uno ama e volge gli occhi al possesso totale, all’identificazione – l’altro è tenero e zelante di ciò che crede possedere, perché rimanga per lui anche in futuro, mentre tanto lo possiede quanto è posseduto. «E si rivolge alle cose che sono dietro a lui». Ricordatevi della femina di Lot – dice Cristo. Ὅς ἂν ζητήσῃ τὴν ψυχὴν αὐτοῦ περιποιήσασθαι, ἀπολέσει αὐτήν12 (S. Luca). – Questa è la via che ognuno batte se voglia procacciarsi il piacere della vita (v. P. I, c. 2°). Ma qui troviamo questi individui ridotti a meccanismi, previsione attuata nell’organismo, non pero, come ci aspetteremmo, vittime della loro debolezza – in balìa del caso, ma «sufficienti» e sicuri come divinità. – La loro degenerazione e detta educazione civile, la loro fame è attività di progresso, la loro paura è la morale, la loro violenza, il loro odio egoistico – la spada della giustizia –: ὄρφνης καλλωπίσμασιν ἀνθεῖ κακῶν περ ὕπουλος ἡ πρὸς βίον κοινωνία. – e διὰ τὸ τὴν τέχνην καλῶς ἐξεργάζεσθαι ἕκαστος ἠξίου καὶ τἆλλα τὰ μέγιστα σοφώτατος εἶναι13

Per loro disse Cristo: εἰ τυφλοὶ ἧτε, οὐκ ἂν εἴχετε ἁμαρτίαν· νῦν δὲ λέγετε ὅτι βλέπομεν· ἡ ἁμαρτία ὑμῶν μένει.14

Si son fatti una forza della loro debolezza, poiché su questa comune debolezza speculando hanno creato una sicurezza fatta di reciproca convenzione. –

È il regno della rettorica.

Infatti per quanto ognuno è limitato all’attimo, la società estende la sua previsione nello spazio e nel tempo perché ognuno possa κοινωφελῶς φιλοψυχεῖν, ognuno nel suo piccolo posto pensare alla propria piccola vita, ma questo soltanto possibile in quel modo determinato perché anche ogni altro a sua volta possa fare altrettanto, ognuno girando sul suo pernio e sapendo via via nei suoi denti i denti delle ruote connesse, ὁρμῶντές τε καὶ ὁρμῶμενοι, mossi e motori ad un tempo, infallibili e sicuri tutti, in quanto attraverso di loro viva la vita del grande organismo con la sua previsione complessa e squisita, cristallizzata negli ingegni delicati e potenti che eliminano dal campo della vita umana ogni contingenza.–

E come perché uno metta in un organo meccanico una data moneta e giri l’apposita leva, la macchina pronta gli suona la melodia desiderata, poiché nei suoi congegni è cristallizzato il genio musicale del compositore, e l’ingegno tecnico dell’organista, così al determinato lavoro che l’uomo compie per la società, che gli è famigliare e istintivo nel modo, ma oscuro nella ragione e nel suo fine, la società gli largisce sine cura tutto quanto gli è necessario, poiché nel suo organismo s’è cristallizzato tutto l’ingegno delle più forti individualità accumulato dai secoli: – ὁ βίος ὁ μετ’ ἀσφαλείας ἥδιστος.15


Note

  1. Hegel – Philosophie der Geschichte – Rekl. Bibl., 4881-85 (non traduco le citazioni da Hegel perché dispero di poter riprodurre in italiano il loro ineffabile callopismatismo – ): Die Lebendigkeit des Staates in den Individuen ist Sittlichkeit genannt worden. Der Staat, seine Gesetze, seine Einrichtungen sind der Staatsindividuen Rechte;... Alles ist ihr Besitz ebenso, wie sie von ihm besessen werden, denn es macht ihre Substanz, ihr Sein aus. – p. 93.
  2. Von sokhem gotischen Dombau haben die Alten nichts gewusst. – p. 88.
  3. Das System der Freiheit (ist) freie Entwicklung ihrer Momente. – p. 88.
  4. Die Freiheit ist sich der Zweck, den sie ausfuhrt. – p. 54. Er (der Staat) ist so der näher bestimmte Gegenstand der Weltgeschichte überhaupt, worin die Freiheit ihre Obiectivität erhält und im Genusse dieser Obiectivität lebt. – p. 78.
  5. Die Sittlichkeit aber ist die Pflicht, das substantielle Recht, die zweite Natur, wie man sie mit Recht genannt hat, denn die erste Natur des Menschen ist sein unmittelbares, tierisches Sein. – p. 78.
  6. Die konkrete Mitte und Vereinigung beider (der Idee und der mensittlichen Leidenschaften) tst die sittlichc Freiheit im Staate. – p. 59.
  7. Der Staat ist die göttliche Idee, wie sie auf Erden vorhanden ist. – p. 78.
  8. Dieser Endzweck ist das, was Gott mit der Welt will, Gott aber ist das Volkommenste und kann darum nichts ak sich selbst, seinen eignen Willen wollen. – p. 54. – Ma:

    Quidve novi potuit tanto post ante quietos
    inlicere ut cuperent vitam mutare priorem?
    Nam gaudere novis rebus debere videtur
    cui veteres obsunt: sed cui nil accidit aegri
    tempore in anteacto, cum pulchre degeret aevom,
    quid potuit novitatis amorem accendere tali?
    (LUCREZIO, V, 168)

  9. Dalla contemplazione scoraggiante delle sanguinate vie della storia ci riconfortiamo così: dass wir in die Gegenwart unsrer Zwecke und lnteressen, kurz in die Selbstsucht zurücktreten, welche am ruhigen Ufer steht und von da aus sichcr des fernen anblicks der uerworrenen Trümmermasse geniesst. - p. 56.
  10. Le prime parole del primo capitolo (Rekl. Bibl., 3491-92).
  11. Al limite C1 = piacere senza vita. x = la pretesa di piacere sicuro (sufficienza – presunzione di diritto). y = azione individuale. x01 = lim x = ∞: sicurezza dei propri piaceri

    finita per infinite contingenze. y01 = lim y = 0: eliminazione dell’attività (dell’impegno personale). xy = : La vita è una grandezza irriducibile e a questo limite la società s’avvicinerà infinitamente ma non vi giungerà mai.

  12. Intraducibile per l’effetto del περί, del medio e del doppio senso di ψυχή (anima e vita); (chiunque cerchi di assicurarsi la conservazione della propria persona – la porterà al dissolvimento).
  13. Plat., Apol., 22 d.
  14. Giovanni, 9, 41.
  15. Arist., ’Ρητ., A 5, 15.