La bioetica deve continuare a stare fuori dalla scuola?

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Giuseppe Deiana

2007 Saggi La bioetica deve continuare a stare fuori dalla scuola? Intestazione 5 maggio 2009 25% Saggi



Lettera aperta
al Ministro della P.I. on. Giuseppe Fioroni
e al Presidente del CNB Casavola



Il 2007 dovrebbe essere l’anno in cui delineare la struttura della riforma del sistema di istruzione e formazione non solo dal lato degli ordinamenti, ma anche da quello dell’impianto culturale. E’ a questo secondo aspetto che qui intendo prevalentemente riferirmi, pensando agli obiettivi strategici per il decennio 2000-2010 posti dall’Agenda di Lisbona, con la quale l’Unione europea punta a rispondere alle sfide presentate nella società globale da una nuova economia basata sulla conoscenza, entro la quale un ruolo determinante è e deve essere svolto dalla formazione e istruzione. In questo senso, la nuova economia esige nuova conoscenza, la nuova conoscenza si specifica soprattutto nei nuovi saperi: tra questi un peso molto rilevante è esercitato dalle bioscienze che hanno determinato l’irruzione della bioetica nella cultura e società globale, a partire dalla capacità sempre più evidente delle biotecnologie di modificare la vita, umana e non.

La bioetica come nuovo sapere è costituita da un territorio di confine rispetto al complesso delle discipline convenzionali ed ha posto a fondamento della conoscenza il criterio della complessità, che è di natura interdisciplinare ed è destinato a mettere in crisi anche il sistema di insegnamento tradizionale centrato sulle discipline autonome. Questo viene da dire pensando ai nuovi programmi scolastici che non possono non costituire l’aspetto nodale e qualificante della (ancora ipotetica) riforma della scuola, che dovrà sostituire il testo della Moratti dopo la presentazione in Parlamento, a metà 2006, del disegno di legge rivolta a sospendere l’entrata in vigore della legge n. 53 del 2003.

Perciò, Le chiedo: intende – come ha fatto la Moratti – affidare a un gruppo ristretto e sconosciuto la stesura dei nuovi programmi ufficiali e conseguentemente calarli dall’alto sulla testa degli insegnanti, oppure stimolare un dibattito nel mondo della scuola e recepire proposte qualificate? Inoltre, ritiene di dover dare il debito spazio ai nuovi saperi come la bioetica sulla base di una necessaria e sicura giustificazione educativa che, nella “svolta epocale” in atto, è legata alla progressiva affermazione del paradigma biocentrico e alla crisi dell’idea di natura come modello assoluto?

A dire il vero, alla riforma Moratti va riconosciuto il merito di aver introdotto per la prima volta la bioetica nei programmi scolastici, limitatamente però al quinto anno, nell’ambito dell’insegnamento della filosofia, in due degli otto licei previsti, quello tecnologico e quello economico (chi sa perché proprio questi!), con la seguente sintetica espressione: “Nuove tecnologie e il futuro della vita: questioni di bioetica”. E’ evidente che si tratta di una novità del tutto insufficiente, in perfetta sintonia con un progetto culturale di istruzione complessivamente arretrato e ideologicamente parziale se si pensa, ad esempio, alla forte polemica suscitata dall’esclusione dell’evoluzionismo dai programmi di scienze.

Le chiedo ancora: ritiene di dover accogliere le proposte provenienti da associazioni qualificate, come la Consulta di Bioetica, istituita nel 1989 per sviluppare la ricerca e la riflessione pubblica di ispirazione laica e pluralista? Essa ha fissato alcuni punti nodali da cui non si può prescindere nel riconoscere la presenza qualificante dell’educazione alla bioetica nel quadro di una riforma della cultura scolastica che sia capace di orientare e responsabilizzare le nuove generazioni nella trasformazione globale. Ne indico alcuni. In primo luogo, i nuovi programmi devono essere segnati da alcune linee di fondo: a) la presenza della bioetica in tutti gli indirizzi di studi delle superiori (curricolo orizzontale) e in tutti i cicli scolastici (curricolo verticale); b) la considerazione della bioetica in tutta la sua estensione tematica (bioetica globale: bioetica di inizio vita, bioetica della salute e della cura, bioetica di fine vita, bioetica animale e bioetica ambientale); c) l’approccio didattico di impianto pluridisciplinare, che esclude la configurazione di una disciplina autonoma e trae l’impulso dalla convergenza tematica delle diverse materie del curricolo, con particolare riferimento alla biologia, alla filosofia e al diritto.

In secondo luogo, risulta determinante la formazione degli insegnanti, in relazione alla quale è stato firmato nel 1999 il Protocollo d’Intesa tra il Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer e il Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica Giovanni Berlinguer. Un testo che però è rimasto sulla carta, inoperante anche a seguito di una modifica che, nel 2000, ha introdotto il Comitato paritetico composto dal forum delle famiglie, degli insegnanti e degli studenti: un modo per porre i sigilli ideologici in una materia che è segnata dalla forte contrapposizione – soprattutto in Italia - tra la bioetica cattolica (che difende il paradigma della sacralità o disponibilità della vita ontologicamente fondato) e la bioetica laica (che propone il modello della qualità o disponibilità della vita, che escute riferimenti assoluti). Quando invece, pensando alla formazione critica e responsabilizzante dei giovani, sarebbe opportuno cercare soluzioni condivise e dialogo costruttivo nello spazio pubblico, estraneo al “furore ideologico”. Il recupero della parte migliore del Protocollo oggi dovrebbe essere favorito dalla nomina del nuovo Presidente del CNB Francesco Paolo Casavola. E’ d’obbligo chiederle: intende muoversi in questa direzione?