La cooperazione regionale in ambito UE: il caso della Corsica/Capitolo I

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Storia corsa ed insularità

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Premessa Capitolo II


Un’evoluzione
è un destino.
Thomas Mann


1. La storia antica della Corsica

Il presente è lo specchio del passato, quindi per comprendere meglio la Corsica attuale è bene fare un salto indietro nel tempo e vedere come questo susseguirsi di invasori hanno sì conquistato la Corsica a più riprese ma non hanno mai scalfito l’identità di questo popolo1.

Il “punto di forza” della storia della Corsica, forgiata nel corso dei millenni dalle sue caratteristiche geofisiche, dalla sua mentalità, dalla sua cultura, si radica nel popolo corso allo stesso tempo isolano, montanaro, mediterraneo e fonte di un nazionalismo permanente2.

La traccia più antica della presenza dell’uomo in Corsica risale al neolitico, come testimonia lo scheletro della “Dame di Bonifacio” datato al 6570 a.C. circa. I primi abitanti dell’isola arrivarono presumibilmente dalla Toscana ed il ritrovamento di ceramiche, punte di freccia e attrezzi agricoli dimostra che la sedentarizzazione ebbe inizio verso il 3300 a.C.. Queste popolazioni ben presto dovettero scontrarsi contro i torreani-sardari che arrivati dal mare distrussero le opere dei loro predecessori ed eressero delle torri. I navigatori fenici, etruschi e cartaginesi probabilmente fecero scalo su quest’isola situata nel mezzo delle rotte commerciali del Mediterraneo, ma non hanno lasciato tracce del loro passaggio. Nel VI secolo a.C. i greci focesi vi si insediarono fondando Alalia (Aléria) ed iniziarono a svilupparsi i commerci. I romani si interessarono alla Corsica per motivi strategici: non potevano certo lasciare che quest’isola, situata proprio di fronte alle loro coste, cadesse nelle mani dei nemici cartaginesi. Nel 259 a.C. conquistarono Alalia, subito ribattezzata Aléria, e la annessero alla Sardegna formando un’unica provincia. Con la caduta dell’Impero romano la Corsica fu depredata dai vandali ed ostrogoti, riconquistata dai bizantini e tale rimase fino al 725, anno in cui fu occupata dai longobardi.

2. La dominazione pisana e genovese

Teoricamente compresa nelle terre donate da Pipino al papato, nel IX secolo la Corsica divenne preda dei saraceni, che ne furono cacciati con due spedizioni pisane nel 1014 e nel 1050 circa. Rivendicata nel 1077 da Papa Gregorio VII, i poteri apostolici vennero dati al vescovo di Pisa e poi nel 1092 all’arcivescovo; da questo momento si attuarono la supremazia religiosa di Pisa e l’azione linguistica, artistica e culturale di stampo toscano sull’isola.

Con la sconfitta pisana della Meloria del 1284 iniziò la dominazione genovese che dovette affrontare le lotte intestine tra feudatari e la rivolta antigenovese guidata da Sampietro Corso (1533-1569) con l’appoggio della Francia. Il 1755 segnò la ripresa della rivolta corsa e vide Pasquale Paoli prendere le redini dell’insurrezione e guidare i rivoltosi contro i genovesi. Grazie al suo spirito tenace nacque un vero e proprio stato e, giustapposto alla Corsica genovese, si sviluppò il concetto di una Corsica indipendente. Paoli ristabilì l’ordine, promulgò una costituzione democratica trent’anni prima della Rivoluzione francese, promosse lo sviluppo agricolo, risanò le paludi ed in una quindicina di anni riuscì a creare un’università, a battere moneta, diede all’isola il suo stemma con la testa di moro, ma soprattutto dimostrò ai corsi che uno di loro poteva decidere il destino dell’isola.

3. La Corsica francese

La Francia, che sperava di mettere le mani sulla Corsica, diventò ben presto rivale di Paoli e nel 1764 con il trattato di Compiègne ottenne il consenso di Genova per sistemarsi nelle roccaforti di Bastia, Ajaccio, Calvi e Saint-Florent. Quattro anni dopo, nel 1768, il trattato di Versailles sancì il passaggio dell’isola alla Francia. Nel 1769 Paoli ed i suoi seguaci furono sconfitti dalle truppe francesi nella battaglia di Ponte Novo e venne instaurato un regime militare francese. Solo il 30 novembre 1789 l’Assemblea Nazionale proclamò la Corsica «parte integrante dell’impero francese»3. Da allora l’isola ha seguito le sorti della Francia.

Nel corso del XIX secolo la Corsica non tardò a mostrare la sua particolarità rifiutando alcune decisioni del potere centrale, dimostrò che la struttura dei clan4 era ancora ben radicata e che il banditismo imperava, mentre i problemi legati alla povertà, al sottosviluppo, all’agricoltura erano più che mai attuali.

Nel corso delle due guerre mondiali i corsi combatterono a fianco dei francesi, ma il “malessere” corso nei confronti di una madrepatria lontana ed assimilatrice riemerse prepotentemente sul finire degli anni ’60 con la creazione dell’Action régionaliste corse (ARC) e più tardi nel 1976 del Front de libération nationale de la Corse (FLNC)5. La questione del separatismo e della storia più recente della Corsica verrà trattata nel corso dell’ultimo capitolo dove saranno illustrati i problemi ancora aperti e gli scenari futuri. Bisogna tuttavia sottolineare che dai romani ai francesi, in qualunque epoca della sua storia, la Corsica non è mai stata completamente sottomessa alla legge “straniera”6.

4. Lo statuto speciale della Corsica

La Corsica, staccata dalla regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, divenne il 15 maggio 1975 la ventiduesima regione francese cioè un “établissement public régional” (EPR), organo dotato di competenze speciali, di un’assemblea designata (il consiglio regionale) e di un esecutivo (il prefetto di regione). La Corsica, per via della sua storia, della sua insularità e delle sue rivendicazioni autonomiste, venne dotata di uno statuto speciale e di un’Assemblea di Corsica eletta per la prima volta nell’agosto del 19827. Gaston Defferre, che è stato uno dei principali promotori dello statuto speciale, dichiarava davanti all’Assemblea di Corsica che questo statuto, tenendo conto della specificità dell’isola darà ai corsi la possibilità di affermare la loro identità culturale, di amministrarsi liberamente e condurrà alla pace sociale ed allo sviluppo economico8. Dopo soli due anni l’Assemblea si sciolse ed iniziò un periodo di riflessione sul futuro dell’isola che portò ad un nuovo statuto, chiamato statuto Joxe, ed alla creazione della Collectivité territoriale de Corse (CTC) grazie alla legge n° 91-428 del 13 maggio 19919. Il nuovo statuto mirava alla creazione di una più ampia autonomia di gestione attraverso:

- l’Assemblea di Corsica, composta da 51 membri eletti per cinque anni, che regola con le sue delibere la CTC;

- il Consiglio esecutivo, composto da un Presidente e sei consiglieri eletti dall’Assemblea tra i suoi membri, che dirige l’azione della CTC;

- il Consiglio economico, sociale e culturale, che assiste il Consiglio esecutivo e l’Assemblea di Corsica;

- il Prefetto e la Camera Regionale dei conti, che controllano gli atti della CTC.

Un’ ulteriore modifica e completamento dello statuto è stato fatto con la legge del 22 gennaio 2002 (scaturita dal Processus de Matignon iniziato nel 1999) che prevede l’attribuzione di nuove competenze alla CTC quali l’educazione, lo sport, lo sfruttamento razionale del territorio, lo sviluppo sostenibile, i trasporti, il turismo, le risorse idriche ecc.10. Inoltre è previsto un meccanismo di adattamento delle disposizioni legislative alla specificità della Corsica; uno statuto fiscale chiamato a succedere alla zona franca, orientato verso lo sviluppo economico e la promozione degli investimenti; la riforma fiscale delle successioni; l’insegnamento della lingua corsa agli alunni delle scuole materne ed elementari, salvo volontà contraria dei genitori; la realizzazione di un programma eccezionale di investimenti che mira a colmare il ritardo di cui soffre ancora la Corsica in molti settori11.

5. L’insularità

Le ragioni del ritardo della Corsica in termini di sviluppo economico (e non solo) sono riconducibili in gran parte alla condizione di insularità che penalizza questa terra sotto molti punti di vista. Grazie ai lavori di Crusol, Salmon, Célimène la tesi della specificità delle piccole economie insulari (PEI) si è pian piano affermata12. Essa consacra una rottura logica tra l’isola ed il continente e rari sono oggi gli autori che definiscono i territori insulari uguali a quelli continentali. Si identificano tradizionalmente tre fattori che contribuiscono a rendere fragile l’economia delle isole: la distanza, le piccole dimensioni e la dipendenza.

Distanza

Il concetto di distanza comprende diversi aspetti quali la lontananza dalla “madrepatria”13, la difficoltà di approvvigionamenti, il rincaro dei prezzi di trasporto, il tempo supplementare per raggiungere le realtà insulari, i costi aggiuntivi delle infrastrutture14, la lontananza dai grandi poli di sviluppo economico15, lo scarso scambio culturale…

Non vi è dubbio quindi che l’insularità sia una componente estremamente penalizzante e proprio per ovviare a tale situazione la Comunità europea ha previsto una forma di aiuto tramite i Fondi strutturali16.

Piccole dimensioni

L’assenza di ricchezze naturali e la limitatezza del mercato interno sono fra le prime cause per comprendere le ragioni della debolezza economica delle isole. In sostanza non c’è un tessuto produttivo perché non c’è niente da “trasformare” e tanto meno ci sono i compratori. Questo spiega lo scarso radicamento del settore industriale ed anche le piccole dimensioni delle imprese.

Fig. 1.1 - Numero di imprese per settore
Fonte: elaborazione da INSEE Corse

Queste micro-imprese non sono in grado di contrastare la concorrenza esterna che può vantare prezzi più bassi sfruttando le economie di scala17 e soccombono. A ciò si aggiunge la penuria di investimenti esteri e quindi di afflussi di capitali. La Corsica dovrebbe seguire la legge generale di Poirine18 secondo la quale più un’economia insulare è piccola, più deve aprirsi agli scambi per raggiungere un congruo livello di sviluppo, rispetto ad un’economia insulare più grande.

Dipendenza

Circa un terzo delle risorse provengono dall’estero; la Corsica è nettamente dipendente nel settore energetico, agricolo, agro-alimentare (importa latte, frutta, verdura, legumi) e dei combustibili. Non bisogna tuttavia dimenticare la terziarizzazione estrema dell’economia locale che causa un forte spostamento di manodopera dai settori tradizionali al terziario. Questi fattori non contribuiscono di certo al decollo dell’economia corsa.

6. Uno sguardo in avanti

La storia corsa, la sua specificità e la condizione di insularità (con le sue relative conseguenze) hanno gettato le basi di partenza per un discorso sull’integrazione territoriale e lo sviluppo dell’isola nel quadro della politica regionale dell’Unione europea. Nel prossimo capitolo si vedrà inoltre come i Fondi strutturali cercheranno di colmare le disparità regionali fornendo un importante contributo per un duraturo ed armonico sviluppo.


Note

  1. Sul tema dell’identità corsa nel corso dei secoli, cfr. P. Poggioli, Le Nationalisme en question(s), DCL éditions, France 2003, pp. 13-16.
  2. Cfr. Organisation Européenne pour les Droits de l’Homme et pour ses Libertés Fondamentals–Délégation générale de Corse, La Corse, l’Europe et le droit, La Marge édition, Parma 1991, p. 8.
  3. Cfr. Cercle Vincent De Moro Giafferri, L’avenir institutionnel de la Corse, La Marge édition, Ajaccio 2000, p. 66.
  4. Sul tema dei clan e dei notabili, cfr. J.L. Briquet, Le problème Corse, «Regards sur l’actualité», n. 240, La Documentation Française, Paris 1998, pp. 26-27.
  5. Sul tema del separatismo e dei relativi gruppi politici, cfr. P. Poggioli, Le Nationalisme en question(s), DCL éditions, France 2003; e la prima parte di E. Simeoni, Corse: la volonté d’être, Albiana, Ajaccio 1995.
  6. Organisation Européenne pour les Droits de l’Homme et pour ses Libertés Fondamentals-Délégation générale de Corse, La Corse, l’Europe et le droit, La Marge édition, Parma 1991, p. 5.
  7. Cfr. http://www.vie-publique.fr/decouverte_instit/instit/instit_3_6_0_q4.htm.
  8. J.L. Briquet, Le problème Corse, «Regards sur l’actualité», n. 240, La Documentation Française, Paris 1998, p. 34.
  9. Cfr. http://www.ladocumentationfrancaise.fr/dossier_actualite/corse/statuts.shtml.
  10. Cfr. http://www.corse.pref.gouv.fr/scripts/display.asp?P=COexp_loi2002.
  11. Cfr. G. Pardini, L’État en fuite, Éditions du Rocher, Monaco (France) 2001, pp. 255-256.
  12. Cfr. N. Levratto, Économie de la Corse: Y a~t~il une vie après la rente?, Albiana, Ajaccio 2001, p. 7.
  13. Il caso della Corsica appare abbastanza singolare visto che essa è più vicina alle coste italiane (90 km da Piombino, 150 km da Genova, 12 km dalla Sardegna) che a quelle francesi (la città più vicina è Nizza situata a 170 km).
  14. I paesi continentali, anche se piccoli, hanno il vantaggio, rispetto alle isole, di essere collegati al resto del mondo attraverso strade e ferrovie potendo così “condividere” i costi delle infrastrutture che li congiungono.
  15. Questo argomento verrà ampiamente illustrato nel corso del prossimo capitolo.
  16. Per una descrizione accurata dei Fondi strutturali si rimanda al prossimo capitolo.
  17. Si ricorda che le economie di scala si innescano solo dopo una determinata soglia dimensionale, di produzione e di specializzazione.
  18. Cfr. B. Poirine, Les Petites Économies Insulaire: Théories et Stratégies de Développement, l’Harmattan, Paris 1995.