La favorita del Mahdi/Parte III/Capitolo IV

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IV - Il delatore

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CAPITOLO IV. — Il delatore.

Erano le dieci di sera.

Le innumerevoli orde del Mahdi si erano ritirate nel campo e dormivano profondamente, alcune sdraiate sotto i tugul di foglie, altre, sotto le tende prese agli egiziani nelle ultime battaglie, o a ciel sereno ma tutte colle armi accanto, sempre pronte al primo rullar dei noggàra a rimettersi in marcia.

Qua e là ardevano dei fuochi attorno ai quali vegliavano le sentinelle appoggiate alle lancie o ai fucili, borbottando sottovoce preghiere.

Silenzio profondo per ogni dove, ma che di tratto in tratto veniva rotto degli ululi lamentevoli degli sciacalli o dagli scrosci di riso delle iene, che rese audaci dalla oscurità si arrischiavano a metter piede nel campo cercando gli avanzi delle cene. Proprio in quell’ora due uomini accuratamente ammantellati sfilavano come ombre fra le tende, fra i tugul, fra i fasci di fucili e fra i cannoni, arrestandosi di quando in quando per girare intorno uno sguardo indagatore.

— Ci siamo? chiese ad un tratto il più alto di essi, nel cui accento si riconosceva il beduino che si era mostrato tanto accanito contro Abd-el-Kerim.

— Non ancora, rispose l’altro, che era lo scièk El-Mactud. Ma arriveremo presto.

[p. 330 modifica]— Per che ora ti diede l’appuntamento?

— Per la mezzanotte.

— Io ho sempre creduto che Ahmed alla notte dormisse.

— Io l’ho messo in curiosità.

— Credi che mi accoglierà bene?

— Ti accoglierà come deve essere accolto uno che ha pugnato come un leone per la santa causa, rispose lo sceicco.

— E la rivelazione?

— Lo farà andare in bestia. Io lo conosco bene quell’uomo e so che ama ancora quella donna.

— Che farà di Abd-el-Kerim?

— Lo farà sbranare dai leoni.

— Ma io devo salvarlo a qualsiasi costo.

Sul volto dello sceicco si dipinse una vivissima sorpresa.

— Ma come! esclamò. Questa mane lo volevi morto e ora vuoi salvarlo.

— Ho cambiato idea. A proposito, sai nulla della donna che io cerco?

— Assolutamente nulla. Parlai con tutti i guerrieri che combatterono a Kasghill e sul Bahr-el-Abiad, ma senza frutto. Dalla descrizione che feci ed essi alcuni supposero che la donna che tu cerchi fosse la favorita del Mahdi. Il medesimo sospetto è venuto anche a me.

— V’ingannate tutti, s’affrettò a dire il beduino che impallidì. Somiglia assai all’ex-favorita ma non è lei. Adunque non se ne sa nulla?

— Proprio nulla. Sarà caduta a Kasghill.

— No, non è morta a Kasghill, poichè ho esaminato ad uno ad uno tutti i cadaveri. Può essere caduta nelle mani degli sceicchi che combattono i baggàra del lago Tscherkela.

— Può essere.

— Aprirò bene gli occhi, quando gli sceicchi torneranno al campo, disse il beduino.

— Ma che vuoi fare di questa donna?

— Te lo dirò al momento opportuno.

[p. 331 modifica]— Alto! esclamò lo scièk. Siamo giunti.

Dinanzi a loro stava il tugul di Ahmed Mohammed, sulla cui cima maestosamente ondeggiava la verde bandiera dell’insurrezione.

Sul dinanzi ardeva un gran fuoco che gettava sinistri bagliori sulle scabrose pareti, sui cannoni e sulle mitragliatrici che erano sparse all’intorno.

Venticinque guerrieri di un provato coraggio, vegliavano, immobili come statue, spiccanti vivamente sulla splendida cortina in fiamme.

El-Mactud si avvicinò al capo di quegli uomini che gli aveva prontamente puntato contro il remington, e gli disse:

— Va a dire all’inviato di Allàh che sono giunte le persone che egli attende.

— Chi sei? chiese il guerriero.

— Lo scièk El-Mactud.

— E quello che conduci?

— Un fedele seguace di Ahmed.

Il guerriero entrò nel tugul, e pochi istanti dopo usciva avvisandoli che l’inviato del Signore era pronto a riceverli.

— Coraggio, disse all’orecchio del beduino lo sceicco.

Entrarono nel misero tugurio.

Seduto su di un angareb, se ne stava il Mahdi con una corona di vetro giallo in mano e i piedi nudi vicini ad un focolare formato da due assi e da una bracciata di legna.

Nello scorgere il beduino e lo scièk, si alzò lentamente in piedi.

— Ah, esclamò egli. Sei qui El-Mactud.

— Sì, Ahmed, rispose lo scièk, baciandogli rispettosamente le mani.

— E quello che conduci è...?

— L’uomo di cui ti parlai.

Ahmed squadrò da capo a piedi il beduino che sostenne quell’esame colla testa alta e le braccia incrociate sul bianco taub.

— Lasciaci soli, El-Mactud, disse poi.

[p. 332 modifica]Lo scièk si affrettò ad ubbidire, dopo di avere scambiato col beduino un rapido sguardo.

Ahmed fece due o tre giri attorno alla stanzuccia, poi fermandosi improvvisamente dinanzi al beduino sempre impassibile:

— Chi sei? gli chiese,

— Siamo soli? domandò invece l’interpellato.

— Perchè? chiese Ahmed con sorpresa.

— Perchè quello che ho da dirti nessuno deve udirlo.

— Quando è così puoi parlare. Nessuno ardirà udire quello che narrerai.

— Sai già che io non sono un beduino.

— El-Mactud mi disse che tu sei un bianco.

— Sai che ho rinnegato la mia religione per seguire la tua?

— Lo so e ringrazio Allàh che ti fece ravvedere.

— Una volta ero cogli egiziani, poi disertai; sul Bar-el-Abiad caddi prigioniero di El-Mactud e voltai le mie armi contro gli antichi miei compagni, contro gli stessi soldati che io guidavo.

— Mi dissero che tu eri coraggioso come un leone e che a Kasghill fosti il primo a entrare nel quadrato di Hicks pascià. Veniamo al fatto ora: che hai da dirmi?

— Andiamo adagio: Ahmed. Prima di parlare devo proporti un patto.

— Un patto!

— Sicuro.

— E quale sarebbe?

— Sai che io vengo a denunciare un uomo che tu esecri, un uomo che ucciderai appena ti avrò detto chi sia esso e che cosa fece.

— Ebbene?

— Bisogna che tu giuri di abbandonarmi quell’uomo onde io lo faccia morire come meglio mi piacerà.

— E se io non acconsentissi?

— Non saprai nulla.

Ahmed lo guardò con maggior sorpresa. Nei [p. 333 modifica]suoi occhi balenò un lampo di collera e le sue labbra si contrassero mostrando i denti.

— Sai che tu sei ben ardito per parlare così, diss’egli sforzandosi di sembrare calmo.

— Non dico di no.

— E se io t’imponessi di parlare?

— Mi mozzerei la lingua onde non abbia ad emettere suono alcuno.

— E se io ti minacciassi?

— Morrei! disse fermamente il beduino.

Ahmed portò le mani alla cintura cavando l’jatangan, ma lo ricollocò a posto e battè tre volte le mani.

La tenda di pelle che separava in due stanze il tugul si alzò e comparve un negro di statura colossale, con una testa orribile ed enorme piantata su di un collo grosso come quello di un toro. Aveva su di una spalla una pelle di leone e teneva in mano una scimitarra dalla larga lama.

— Vedi quest’uomo? disse Ahmed al beduino.

— Lo vedo.

— È il carnefice. Basta un mio cenno perchè ti faccia saltare la testa; basta un mio cenno perchè ti tagli in mille pezzetti, perchè ti strappa la pelle a brano a brano, perchè ti abbruci le carni coi ferri roventi. Parlerai ora?

— No, Ahmed no. Mi occorre l’uomo che io tradisco.

— Vòkara, impadronisciti di quell’uomo. Se si ostina a rimanere muto gli farai cadere la testa.

Il beduino indietreggiò di qualche passo e un tremito agitò le sue membra, ma ricuperò subito la sua impassibilità, anzi un sorriso sdegnoso, quasi di sfida, sfiorò le sue labbra.

Il carnefice gli si avvicinò e lo fece inginocchiare. Provò il taglio della sua scimitarra e attese.

— Persisti ancora a tacere? chiese Ahmed che sentivasi preso da una viva ammirazione per quell’uomo che sfidava così imperterrito la morte.

— Persisto, rispose il beduino.

[p. 334 modifica]Ahmed battè le mani. Il carnefice alzò la scimitarra che balenò alla luce del fuoco.

— La morte ti sfiora, disse Ahmed.

— La sfido.

Ad un tratto la scimitarra si abbassò non già sul collo del beduino, ma per terra.

— Tu sei irremovibile come una rupe e io ti ammiro! esclamò il Mahdi. Alzati, parla e io ti giuro che ti darò vivo l’uomo che mi chiedi.

— Grazie, Ahmed.

Il carnefice sparve dietro la tenda. Ahmed si sedette sull’angareb invitando il beduino a fare altrettanto.

— Parla che ti ascolto, disse.

— Ahmed Mohammed, disse il beduino dopo aver meditato alcuni istanti. Ti ricordi di Fathma, la tua favorita.

Il Mahdi fece un soprassalto sull’angareb e la sua fronte si aggrottò.

— Perchè richiamarmi alla memoria quella donna? chiese egli con ira.

— Lo saprai dopo. Sai tu, con chi fuggì?

— Se l’avessi saputo quell’uomo non vivrebbe più.

— Te lo dirò io. Fuggì con uno sceicco che era ai tuoi servigi.

— Eh!... dov’è questo sceicco?

— Morì nella battaglia di Kadir.

— Maledizione.

— Fathma, rimasta sola, discese al Sud, giunse a Hossanieh dove accampava l’armata di Dhafar pascià e qui si innamorò di un altro uomo che non ebbe paura di amare l’ex favorita dell’inviato di Dio.

Ahmed cacciò fuori un urlo strozzato; gli occhi gli schizzarono dalle orbite e portò ambo le mani al petto cacciandosi le unghie nelle carni.

— Dov’è questo secondo amante che io lo fulmini! ruggì egli.

— In questo campo.

— In questo campo!...

— Sì, Ahmed e tu lo hai salvato, capisci, tu lo hai salvato dalla morte.

[p. 335 modifica]— Io!...

— Sì, l’hai salvato questa mane facendogli combattere un leone a cui avevi dato da bere un filtro.

— Perdio! tuonò Ahmed, balzando in piedi. È lui quest’uomo? È lui questo amante della mia favorita?

— Sì, è proprio lui, l’arabo Abd-el-Kerim.

Ahmed si morse le dita rabbiosamente, poi si avvicinò al beduino che sogghignava e lo scrollò furiosamente.

— Non ingannarmi.

— Perchè ingannarti?

— Ma sai che non ti credo? Tu odi quell’uomo e vuoi perderlo.

— Sicuro che l’odio, ma ti giuro che dico la verità.

— Lo giureresti sull’Alcorano!

— Lo giurerei.

Ahmed si slanciò verso la tenda e tornò subito con un libro dalle pagine d’oro sulle quali vi erano incisi dei versetti. Era il libro sacro dei maomettani, il Corano.

Questo Corano chiamato più comunemente Alcorano, oppure Al Torkan, Al Dhikr o anche Al Kitab è il codice fondamentale delle leggi sì civili come criminali dei maomettani. Esso è una collezione di tutti i frammenti che Maometto, durante il tempo della sua supposta missione, promulgò successivamente come tante rivelazioni del cielo, ciascuna parte delle quali, secondo i Mussulmani, fu scritta dinanzi al trono di Dio con una penna di luce, sulla tavola dei suoi eterni decreti e di cui una copia fu recata in terra e rivelata a Maometto dall’angelo Gabriele.

È diviso in 114 capitoli che portano la data della Mecca e di Medina, e sono chiamati questi capitoli sura. Furono raccolti da Said-ben-Thabet schiavo di Maometto e uniti in libro da Abù Bekr due anni dopo la morte del profeta avvenuta il XIII secolo dell’egira (652 anni avanti Cristo).

Sette sono i principali testi del Corano: due di Medina, uno della Mecca, uno di Cufa, uno di Bassora, uno di Siria e l’Alcorano volgare.

[p. 336 modifica]Uno contiene 6000 versetti, gli altri 6200 e anche 6236, ma tutti contano 77,639 parole e 323,015 lettere.

Ahmed lo aprì dinanzi al beduino e gli disse:

— Giura su l’Alcorano che hai detto la verità.

— Giuro! gridò il beduino senza esitare.

— Sta bene; ora so cosa devo fare dell’uomo che osò amare la favorita dell’inviato di Dio.

— Ahmed! Quell’uomo è mio! me l’hai promesso.

— Non temere che io manchi alla parola data. Ho promesso che te lo darò vivo, ma prima gli strazierò le carni e farò scorrere ai suoi piedi rivi di sangue. Va, e che Allàh ti guardi!...