La scotennatrice/XV. La caverna dei morti

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XV. La caverna dei morti

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XIV. Nelle mani di Minnehaha XVI. Gli orrori di una prigione
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XV.


La caverna dei morti.


Il Consiglio che doveva giudicare i quattro prigionieri, si era radunato nella spaziosa e bellissima tenda di Minnehaha, formata di pelli di bisonte accuratamente cucite ed adorne di geroglifici rossastri sia all’esterno che nell’interno, e che volevano figurare animali feroci mai esistiti nella prateria.

Già gl’indiani non sono mai stati pittori, quantunque mettano una [p. 148 modifica]certa cura nelle loro pitture di guerra che li rendevano un tempo veramente spaventosi.

Il Consiglio era formato da Nube Rossa, Mocassino Rosso e altri quattro guerrieri scelti fra i più valenti che rispondevano ai nomi curiosissimi di Mocassino Pesante, di Piede Agile, di Uccello Bianco e di Bisonte Gobbo.

Minnehaha come accusatrice, era stata esclusa, ma si poteva considerare come la presidentessa del Consiglio.

Vedendo entrare i prigionieri, tutti si erano alzati, salutandoli con un a’ hu piuttosto ironico che benigno.

Gli uomini bianchi, sapendo già quale era ormai la loro sorte, avevano risposto con un’alzata di spalle.

Furono liberati dai legami che impedivano quasi loro di camminare e fatti sedere su una pelle di bisonte, poi la tenda fu chiusa e circondata da due dozzine di guerrieri armati di carabine e di winchester.

Nube Rossa caricò il suo calumet, lo accese al fuoco che ardeva in mezzo alla tenda, fra quattro pietre, e che tramandava un puzzo insopportabile bruciandovi rami di pino, aspirò alcune boccate senza fretta, poi lo fece circolare fra i suoi compagni terminando con Minnehaha.

S’intende che i prigionieri erano stati esclusi da quell’onore, niente affatto desiderato però, quantunque quella fumata costituisse una prova di fraterna amicizia.

Terminata quella singolare cerimonia, Nube Rossa si volse verso Minnehaha e le disse con voce brusca:

— Accusa.

La terribile donna, degna in tutto e per tutto di sua madre, della crudele Yalla, si sbarazzò del mantellone e, puntando una mano verso l’indian-agent, disse con voce fremente:

— Io accuso dinanzi a voi, che siete i più valorosi ed i più illuminati guerrieri delle nostre tribù, quell’uomo d’aver scotennata mia madre, la grande sakem degli Sioux.

Poi puntandola successivamente verso Harry e Giorgio, aggiunse:

— Io accuso quegli uomini di aver fucilato mio fratello, l’Uccello della Notte, nella gola del Funerale.

«Domando vendetta ai miei guerrieri.

How!... — disse Nube Rossa, il quale, quasi rannicchiato su sè stesso, terminava la carica di tabacco del calumet, con una lentezza degna d’un fumatore olandese. — Tu hai accusato. How!... che l’uomo pallido dai capelli grigi si difenda.

«Noi siamo qui ad ascoltarlo.

John, a cui erano dirette quella parole, fece un gesto sdegnoso, poi rispose:

— È vero, io ho scotennato la madre della piccola sakem per vendicare il mio colonnello, che era stato scotennato da quella donna. [p. 149 modifica]

«Io non ho fatto altro che compiere un atto che tutte le leggi della prateria ammettono.

«D’altronde queste sono tutte difese inutili, poichè so bene che la mia sorte è stata già decisa. Fate: prendetevi la mia capigliatura e sia finita una buona volta, ma vi avverto che i vendicatori non tarderanno a prendere le vostre.

— I larghi coltelli dell’ovest sono ancora lontani — disse Nube Rossa. — Se l’uomo bianco conta su quelli s’inganna di grosso.

«Toro Seduto si incaricherà di spazzarli via o di sterminarli nelle gole dei Laramie.

«Agli altri ora.

— Io non ho nulla da dire — disse Harry. — Se ho fucilato, insieme a molti altri, l’Uccello della Notte, io non ho fatto altro che obbedire agli ordini impartiti dal comandante dei volontari della frontiera.

«Un buon soldato non può nè deve rifiutarsi agli ordini che riceve, specialmente quando si trova in campagna.

— Tu non avevi alcun motivo d’odio contro l’Uccello della Notte? — chiese Nube Rossa.

— Nessuno, perchè prima di quella notte io non l’avevo mai conosciuto.

— Ed il tuo compagno che cosa ha da dire?

— Niente — rispose Giorgio. — Mio fratello ha risposto anche per me.

How!... How!... Tocca al quarto.

— Che sono io — disse Turner.

— Che cosa sei venuto a fare tu sui nostri territori?

— A cacciare il bisonte.

— Si soffre dunque tanta fame nel tuo paese per venire qui a privare gl’indiani di ciò che il buon Manitou ha assegnato esclusivamente a loro?

— Molta fame! — rispose Turner, col suo solito accento un po’ beffardo. — L’inondazione dell’Arkansas aveva distrutti tutti i nostri raccolti, mia moglie ed i miei figli chiedevano da mangiare ed io sono partito per la caccia per non vederli morire.

Un risolino ironico spuntò sulle labbra di Nube Rossa.

— E precedeva, mio fratello bianco, gli esploratori del generale dei larghi coltelli dell’ovest — disse.

— Chi te lo ha detto, vecchio?

— L’uomo rosso è più furbo dell’uomo bianco.

— Tu sei un grand’uomo — disse Turner.

— Perchè mio fratello il volto pallido dice questo?

— Per darti una patente di gran minchione. Se io fossi stato una spia del generale americano sarei venuto qui con una buona scorta e non già solo, e me ne sarei tornato lestamente poichè le mie gambe sono sempre buone. [p. 150 modifica]

— Nube Rossa vede ben più lungi di mio fratello l’uomo pallido.

— Mio fratello rosso è troppo vecchio per vederci bene — rispose Turner. — Questa discussione è perfettamente inutile, quindi è meglio che il mio carissimo fratello chieda senz’altro la mia capigliatura come un brigante qualunque della prateria chiederebbe la borsa o la vita.

«È vero, mister Sandy?

Il bandito sorrise, ma non rispose.

Nube Rossa si volse verso sua figlia e le chiese:

— Hai qualche cosa da rivendicare contro quell’uomo?

— È un uomo pallido, un nemico della razza rossa e basta — rispose la Scotennatrice.

How... How!...

— Corpo di cento corna di bisonti!... — esclamò Turner. — Questo bravo indiano trova sempre che tutto va bene, anzi benissimo.

«Sappiamo che cosa pensarne.

— Che cosa dice mio fratello il volto pallido? — chiese Nube Rossa.

— Che siete dei veri malandrini — rispose Turner. — Ecco la mia opinione.

Il gran sakem dei Corvi aspirò una boccata di fumo, la lasciò disperdere lentamente nell’aria, seguendo cogli occhi socchiusi le nuvolette di fumo, poi disse:

— Gli uomini bianchi ritornino nel loro wigwam. Il Consiglio deciderà sulla loro sorte.

Mocassino Rosso, o meglio Sandy Hook, si alzò, chiamò i guerrieri che vigilavano dinanzi alla tenda e condusse via i prigionieri.

— Per essere voi un uomo bianco che ha bevuto con me del mezcal, vi siete condotto come un vero furfante — gli disse John, quando furono fuori. — Potevate dire una parola in nostra difesa.

— A che avrebbe servito? — rispose il bandito. — Sapete quanto me chi sono gl’indiani.

Poi, avvicinandoglisi di più, gli sussurrò agli orecchi:

— Sperate.

— Su chi?

— Su Custer: il generale si avanza.

— Mentite spudoratamente.

— Non conoscete forse ancora interamente Sandy Hook.

— I briganti della vostra razza non hanno mai saputo che cosa sia la generosità, nè la lealtà.

— Che cosa ne sapete voi? Potreste ingannarvi.

— Intanto Minnehaha si prenderà la mia capigliatura.

— Se ne avrà il tempo e non credo che ne abbia tanto. Custer ed i suoi volontari sono più vicini di quello che credete ed io solo lo so.

— Sareste, per caso, un bandito eccezionale?

— Può darsi.

— Ah!... La vedremo.

[p. 151 modifica]— Lasciate fare a me: tutto finirà bene. Diamine!... Il famoso indian-agent non deve finire malamente come vorrebbe Minnehaha.

«In fondo sono rimasto un uomo bianco, quantunque mi sia verniciato di rosso.

Introdusse nel loro wigwam i prigionieri, dispose intorno le sentinelle e tornò verso la tenda di Minnehaha, per prendere parte al terribile Consiglio che certo non doveva accordare nessuna grazia ai quattro disgraziati.

— Amici, sperate — disse John, appena che furono soli.

— Che ci scotennino presto? — chiese Harry.

— Anzi, tutt’altro.

— Che cosa è avvenuto dunque?

— Il generale Custer si avanza a gran passi verso queste montagne.

— Chi ve l’ha detto? — chiese Turner.

— Sandy Hook.

— Corpo d’una bombarda!... Stanno per giungere!... Non m’ingannavo io dunque ed avevo ben ragione di non disperarmi.

— Adagio, mister Turner — disse Harry. — Dovremo noi prestar fede alle parole di quell’avanzo di galera?

— Sì — disse John, tutto lieto di poter salvare una volta ancora la sua capigliatura. — Sandy Hook è un gran birbante, ma io sono convintissimo che abbia detta la verità.

— Ed anch’io — disse Turner. — Purchè giungano in tempo quei bravi volontari e spazzino subito via tutti questi mascalzoni e la loro bella sakem.

— Qui sta il pericolo — rispose l’indian-agent. — Se le pelli-rosse hanno qualche sospetto affretteranno la nostra esecuzione.

— Vi è una cosa che mi stupisce — disse Giorgio. — Io vorrei sapere come quel bandito ha avuto sentore dell’avvicinarsi del generale, mentre pare che le pelli-rosse ancora lo ignorino.

— Chi lo sa — rispose John. — Forse è stato informato da qualche indiano rimasto in vedetta oltre il cañon e non ha ancora detto nulla alla sakem per non fare affrettare la nostra esecuzione.

— Ecco un bandito simpatico — disse Turner. — Anche come sceriffo lo assolvo fin d’ora di tutte le bricconate che ha commesso.

«Aspettiamo ora la nostra sentenza, che spero non verrà eseguita subito.

— Non prima dell’alba di domani — disse John. — Ai prigionieri si accorda sempre un riposo d’una giornata, perchè si mostrino più gagliardi nel momento terribile della partenza per l’altro mondo e per...

Si era bruscamente interrotto, udendo il galoppo sfrenato d’un cavallo.

— Un corriere!... — esclamò. — Brutto segno e nel medesimo tempo buon segno.

Alzò leggermente un lembo della tenda e guardò al di fuori.

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Un cavallo grondante di sudore e bianco di schiuma erasi fermato dinanzi al wigwam di Minnehaha, ed attorno al cavaliere si erano prontamente radunati gl’indiani del campo.

Anche i capi del Consiglio si erano affrettati a lasciare la tenda.

— Quel cane reca la notizia che gli americani si avanzano — disse John, volgendosi verso i suoi compagni, sui cui volti trapelava una profonda angoscia.

— Se la sorpresa manca siamo perduti — disse Turner. — Gl’indiani, prima che i nostri compatrioti siano qui, ci accopperanno tutti a colpi di tomahawak per far più presto.

— È questo quello che io temo — rispose John. — Ah!... se quel dannato di Sandy venisse a tagliarci i legami e ci procurasse qualche arma!...

— Non sarà così stupido da compromettersi pei nostri begli occhi — disse Harry. — Io ormai mi sono già rassegnato alla mia sorte.

«Quel maledetto Uccello della Notte avrà la mia capigliatura come ricompensa della palla che gli ho cacciato in corpo.

John si era rimesso in osservazione. Dinanzi alla tenda di Minnehaha i guerrieri discutevano animatamente facendo dei gesti larghi.

Alcuni wigwam erano stati già abbattuti ed arrotolati, segno evidente che si stava per levare il campo.

Anche i cavalli che poco prima stavano dispersi per la foresta, pascolando in piena libertà, erano stati prontamente radunati.

— Se si preparano a fuggire, vuol dire che gli americani sono molto vicini — disse John, il quale tornava a sperare. — Ah!... L’orribile angoscia!... Questa è una vera agonia.

In quell’istante videro Nube Rossa avanzarsi rapidamente verso la tenda con alcuni indiani, mentre un altro gruppo guidato da Sandy Hook s’avviava verso il cañon, rimontandolo verso settentrione.

Quello che stupì sopratutto John, fu di vederli carichi di enormi fardelli assai allungati che erano andati prima a raccogliere nelle vicinanze del big-tree che aveva servito di rifugio all’orso grigio.

Senza sapere il perchè, provò un lunghissimo brivido.

— Qualche cosa di terribile sta per succedere di certo — mormorò tergendosi alcune stille di sudore. — Quando finirà quest’agonia? Avrei preferito che mi avessero già scotennato e che la morte mi avesse sorpreso durante l’operazione.

Nube Rossa, che procedeva lestissimo malgrado la sua età avanzata, giunse ben presto dinanzi alla tenda e vi entrò dicendo ai prigionieri:

— Se vi è cara la vita seguitemi sull’istante.

— Ci avete giudicati di già? — chiese Turner.

— Non so nulla — rispose asciuttamente il gran sakem dei Corvi.

Gl’indiani che lo accompagnavano afferrarono brutalmente i quattro prigionieri e li trascinarono fuori, facendoli salire su quattro [p. 153 modifica]cavalli, non senza aver prima legato loro, e ben strettamente, le braccia dietro il dorso.

La piccola carovana, sempre preceduta da Nube Rossa, il quale aveva inforcato il suo bellissimo e vigoroso mustano nero, si avviò lestamente verso il cañon, seguendo le tracce di Mocassino Rosso.

Intanto nell’accampamento venivano smontate rapidamente le ultime tende e spenti i fuochi.

Tutti si preparavano ad una precipitosa ritirata.

I quattro prigionieri, assai impressionati, non potendo sapere i disegni di Minnehaha a loro riguardo, e non essendo stati informati di ciò che aveva deliberato il Consiglio, non osavano nemmeno scambiarsi una parola.

Erano tutti assai tristi. Anche Turner sembrava assai scosso; il suo meraviglioso sangue freddo era in gran parte sfumato.

In un quarto d’ora la truppa raggiunse la riva sinistra del cañon la quale strapiombava nel torrente che rumoreggiava nel fondo.

Colà si ergevano delle altissime rocce di granito rossastro, le quali apparivano traforate in moltissimi luoghi, come se qualche titano si fosse divertito a trivellarle con qualche ferro mostruoso.

Probabilmente un tempo il creek era stato assai più ricco d’acqua e la corrente, sempre furiosa, aveva eseguito, coi secoli, quel bizzarro lavoro.

Era insomma, in piccolo, una copia del grande cañon del Colorado, una delle meraviglie dell’America occidentale.

Nube Rossa ed i suoi guerrieri costeggiarono la spaccatura per altri quattro o cinquecento metri, poi si fermarono dinanzi ad una rupe colossale alla cui base era una nera e stretta apertura.

Colà si trovavano raccolti Sandy Hook ed i suoi uomini.

Il bandito pareva che fosse di pessimo umore e lo sfogava battendo, con moto nervoso, il calcio della sua carabina contro la roccia, a rischio di far partire la carica e di fracassarsi le reni.

— È tutto pronto? — chiese Nube Rossa.

— Sì — rispose Sandy, bruscamente.

— Fate presto.

Gl’indiani tolsero dai cavalli i quattro prigionieri i quali, avendo le braccia legate, non potevano opporre alcuna resistenza, e li portarono di peso dentro l’apertura tenebrosa.

.... e li portarono di peso dentro l’apertura tenebrosa.

Percorsi venti o venticinque passi li lasciarono cadere bruscamente al suolo.

— Che cosa fate? — urlò Turner, il quale perdeva completamente il suo sangue freddo.

— Eseguiamo quanto ha deciso il Consiglio — disse il Bisonte Gobbo che guidava il drappello.

— Che volete fare di noi, miserabili?

— Per ora ci attenderete qui, non avendo pel momento il tempo di [p. 154 modifica]farvi provare le delizie del palo della tortura. Se tutto andrà bene, verremo a riprendervi.

— Canaglia!...

— Che gli uomini bianchi riposino bene. Il luogo è sicuro e nulla avranno da temere da parte dei grizzly.

— Manda qui Mocassino Rosso!... — gridò John.

— Mocassino Rosso ha troppo da fare in questo momento — rispose l’indiano. — Dormite tranquilli.

Volse le spalle e si allontanò frettolosamente coi suoi uomini, senza rispondere alle invettive feroci dei quattro disgraziati.

Quasi subito si udì un fracasso sordo e la poca luce che entrava dal corridoio scomparve bruscamente.

Una spaventosa oscurità aveva avvolto i prigionieri.

— Miserabili!... Assassini!... — urlò Turner. — Sarebbe stato meglio se ci avessero scotennati piuttosto che condannarci a morire di fame!...

— Udiamo, signor Turner — disse Harry, il quale sembrava il più calmo in quel terribile momento. — Credete voi proprio che abbiano rinunciato alle nostre capigliature? Io questo non lo ammetterò mai.

«Vedrete che, sfuggiti al pericolo d’un attacco da parte dei nostri compatrioti, ritorneranno a prenderci.

«Che cosa dici tu, John?

— Anche a me sembra strano che Minnehaha abbia rinunciato a togliermi la capigliatura.

«Sua madre non potrebbe entrare nelle praterie celesti senza presentare al Manitou la mia.

— Ebbene — disse Turner — io non credo affatto che vengano a riprenderci così presto come credete.

«Aspetteranno la nostra morte e ci scotenneranno dopo.

— Volete spaventarci, mister Turner? — chiese Giorgio.

— Mio caro, non ho proprio nessun desiderio di mettere dell’altro nero sulla nostra situazione — rispose il campione degli uccisori d’uomini, — Quella Minnehaha si è vendicata in una maniera ancora sconosciuta alle pelli-rosse.

«Se fosse una donna istruita direi che ha letto la storia degli antichi egiziani. Anche quelli usavano seppellire vivi i loro nemici entro le loro gigantesche piramidi.

— Che ci abbiano proprio rinchiusi? — chiese Harry, il quale, a quell’idea, non aveva potuto frenare un brivido d’orrore.

— Hanno fatto precipitare dinanzi all’apertura qualche enorme roccia — rispose Turner.

— E noi?

— Morremo di fame.

— Si possono vivere parecchi giorni anche senza bere e senza mangiare.

[p. 155 modifica]— Non dico di no.

— Ed in alcuni giorni si possono fare molte cose e possono succedere molti casi.

— Sì, molto belle le speranze.

— Questi legami si possono rodere.

— Lo ammetto, Harry. I nostri denti sono ancora buoni. E poi?

— E poi tenteremo di sfondare l’ostacolo.

— Uhm!... Gl’indiani non saranno stati così minchioni da far cadere sull’apertura un sassolino di poche libbre.

«Ma... toh!... Non sentite voi un odore nauseabondo, come di carne corrotta?

— Questa caverna avrà servito d’asilo a qualche belva — disse l’indian-agent. — Ci saranno degli ossami e degli avanzi di bestie.

— Corpo d’una granata!...

— Che cosa avete, Turner?

— John, io comincio ad avere paura, io che non ne ho mai avuta, ve lo assicuro, durante tutta la mia vita così ricca d’avventure straordinarie.

— Spiegatevi meglio, Turner: vi confesso che non riesco a capirvi.

— Quando gl’indiani che Sandy guidava sono partiti, che cosa portavano?

— Non saprei dirvelo: dei lunghi pacchi avvolti in vecchi stracci ed in vecchie pelli di bisonte.

— Non avevano l’apparenza... di essere dei corpi umani?

— Che cosa dite, Turner?

— Che mi sento rizzare i capelli sulla fronte.

— Voi credete che quegli indiani abbiano portati qui dei morti?

— Quelli che noi abbiamo uccisi intorno al big-tree.

— E voi supponete che li abbiano messi qui?

— Questo odore pestifero non può provenire che da carne che si corrompe.

— Che cosa ha inventato quella terribile Minnehaha?

— Un supplizio ben più spaventoso della scotennatura — rispose Turner.

— Sarebbe troppo!...

— Quella donna, John, possiede più fantasia degli inquisitori di Spagna.

— Il fatto è — disse Harry — che questo puzzo è insopportabile. Voglio assicurarmene. Giorgio, hai ancora l’acciarino e l’esca?

— Sì, fratello.

— Accosta la tua bocca ai miei polsi e rodi le mie corde. I tuoi denti sono buoni ed in pochi minuti potrai rendermi la libertà.

«Poi mi occuperò io dei camerati.

— Accostati, Harry, se ci vedi ancora un po’ tu, poichè io non ci vedo affatto.

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John e Turner udirono lo strofinìo di due corpi, poi un lieve rumore che pareva prodotto da qualche grosso topo affaccendato a rosicchiare qualche cosa.

Era Giorgio che lavorava ferocemente di denti sulle corregge che stringevano i polsi di suo fratello.

Quel lavorìo durò cinque minuti, poi Harry disse:

— Basta: sono libero.

Frugò subito le tasche di Giorgio e trovò, oltre l’acciarino e l’esca, anche un pezzo di torcia d’ocote.

Pochi momenti dopo una luce abbastanza viva illuminava la prigione scavata naturalmente dentro l’enorme roccia adagiata sulla riva del cañon.

I quattro disgraziati si guardarono ansiosamente intorno.

Si trovavano in una caverna di forma quasi circolare, abbastanza ampia per contenere una ventina di persone, alta assai e colle pareti trasudanti acqua in grande abbondanza.

Una cosa colpì subito i prigionieri: erano otto grossi involti, di forma allungata, schierati l’uno accanto all’altro.

L’odore pestifero, insopportabile, veniva da quelli.

Harry, tenendo in mano l’avanzo della torcia, si diresse rapidamente verso quelle masse assolutamente immobili e tolse ad una i cenci che l’avvolgevano.

Un grido d’orrore gli sfuggì:

— Un indiano morto!...

— Non mi ero ingannato — disse Turner.

— E ve ne sono otto!...

— E siamo chiusi qui dentro!... — esclamò John. — Li abbiamo uccisi ed ora dovremo assistere alla dissoluzione dei loro cadaveri!...

— E forse senza speranza di poter uscire!... — gridò Turner, furibondo. — Quella Minnehaha è ben più terribile anche degli egiziani.

«Harry!... Rompete le nostre corde finchè rimane un po’ di luce.

Lo scorridore di prateria si guardò intorno. Vi erano molti pezzi di roccia caduti probabilmente dall’alto, accumulatisi qua e là.

Ne prese uno che aveva un taglio abbastanza affilato, piantò il residuo della torcia in una fessura del suolo e si mise alacremente all’opera, segando le corregge.

Cinque minuti dopo tutti erano liberi. Liberi!... Sì, ma dentro una prigione di pietra inattaccabile forse anche ai più pesanti picconi.