Le oscillazioni lente del suolo

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Arturo Issel

1883 testi scientifici testi scientifici Le oscillazioni lente del suolo Intestazione 18 giugno 2008 75% testi scientifici

Nel prezioso manoscritto arabo che s’intitola Le meraviglie della natura, Mohammed Kazvini, scrittore persiano, che fioriva nel settimo secolo dell’egira (1300), pone in bocca ad un personaggio allegorico di nome Kidhz il seguente racconto:

Attraversando un giorno una città assai antica e popolosissima, domandai ad uno dei suoi abitanti da quanto tempo fosse fondata. È invero una potente città, mi rispose, ma non saprei dire a qual epoca risalga la sua fondazione, e su questo punto i miei antenati non erano meno ignoranti di me.

Cinque secoli più tardi, nel visitare lo stesso paese, non vidi traccia di abitazioni, ed essendomi imbattuto in un bifolco, il quale mieteva le biade verdeggianti, laddove altra volta sorgevano torri e palagi, quando mai, gli chiesi, andò distrutta la città? In fede mia, la è una strana interrogazione, mi rispose colui, di quale città intendi parlare? Ed io: ma non ve ne fu una ricca e popolosa? Nè io nè i miei vecchi, soggiunse, ne abbiamo mai avuto notizia.

Trascorso un uguale spazio di tempo, mi ritrovai nel medesimo punto, il quale, questa volta, era coperto dalle acque azzurre di un mare sconfinato.

Alcuni pescatori traevano le reti nella loro navicella, ed io li interpellai così: è molto che le acque salse invasero questo territorio? Mi risposero maravigliati, dubitando quasi che io fossi in senno: questo in ogni tempo fu dominio dell’oceano.

Cinque secoli ancora si erano dileguati sulle ali del tempo che ritornando colà, invece dei mobili flutti, m’apparve una distesa infinita di aride sabbie. Ad un viandante che attraversava il deserto manifestai il desiderio di sapere come e quando la terra avesse preso il posto del mare. Ne ottenni la risposta che già più volte mi era stata fatta; egli ignorava che alcun mutamento fosse avvenuto mai nel paese.

Finalmente visitai dopo altri cinquecento anni quella terra e per l’ultima volta invece del campo di biade, dell’oceano o del deserto trovai una città di gran lunga più fiorente, più ricca di monumenti, più popolosa della prima. Gli abitanti, alle domande che loro indirizzai replicarono: l’origine della nostra città si perde nella notte dei tempi, ignoriamo l’epoca della sua fondazione e i nostri padri nulla sapevano più di quanto sappiamo noi stessi.

L’apologo del poeta persiano allude ad una verità scientifica incontrastabile, cioè al fatto che la superficie terrestre non è immobile e invariabile, come pare ai più, ma va soggetta col volgere dei tempi a mutamenti profondi, pei quali le acque e la terra emersa si avvicendano nella medesima regione. Questi mutamenti dipendono da due cause precipue: dai terremoti e dalle oscillazioni lente del suolo, o bradisismi. I primi istantanei o rapidissimi si manifestano ora con leggieri fremiti, ora con scosse violente e devastatrici, ma di rado son causa di spostamenti estesi e duraturi. I bradisismi, invece, si producono tranquillamente senza scosse; ma l’azione loro talvolta inapprezzabile nel breve corso della vita umana, produce a lungo andare modificazioni profonde e permanenti sulla configurazione della superficie terrestre. Per esse il fondo dell’oceano si solleva e diventa terra emersa, il piano sorge in rilievi montuosi, l’isola si unisce alla terraferma, oppure, all’incontro, la penisola si fa isola, e le terre basse grado grado sono occupate dalle acque. Per esse taluni fiumi sono deviati, altri si prosciugano o s’impaludano, cangia il corso secolare delle correnti marine, si alterano i climi, mutano le condizioni d’esistenza degli animali o delle piante.

Le indagini minuziose dei nostri tempi hanno dimostrato che i terremoti e i bradisismi non sono già fenomeni eccezionali o rari, ma continui e normali. La poca intensità dei primi, la lentezza dei secondi fa sì che rimangano il più dello volte inavvertiti. Ma da quanto si è verificato nei paesi in cui le osservazioni sono più diligenti e continuate, si deve argomentare che non vi sia lembo di terra immune, sia pure un sol giorno e forse un sol minuto, da siffatte agitazioni, nelle quali si rivela l’attività endogena, quasi direi la vita del globo.

Se ci poniamo a considerare le oscillazioni lente del suolo, ci si presenta a tutta prima un quesito gravissimo da risolvere. Come verificare i singoli casi di sollevamento e di depressione? D’ordinario per raggiungere questo intento si riferiscono i punti della superficie terrestre che si suppongono spostati al livello medio del mare che si considera come orizzonte fisso ed invariabile. Così, comunemente, dicesi sollevata quella costa lungo la quale fori praticati da molluschi litofagi o erosioni dovute all’azione meccanica delle onde, oppure anche residui marini, attestano un mutamento sopravvenuto nel livello rispettivo delle acque e della terra emersa; così dicesi avvallata una costa lungo la quale si trovano sommersi dal mare alberi, monumenti, od anche sedimenti d’acqua dolce. Ma in effetto il livello medio del mare è tutt’altro che costante. Prescindendo dalle alterazioni che subisce a brevi intervalli di tempo per effetto dei venti, per mutamenti nella pressione atmosferica e per altre vicende meteorologiche, come pure per le variazioni nella salinità, esso cangia probabilmente a lunghi periodi di tempo per cause astronomiche, meteorologiche e fisiche. Autorevoli scienziati sospettano che l’asse di rotazione del globo subisca continui cambiamenti di posizione. Questa ipotesi, come testè avvertiva il professore Schiapparelli, è avvalorata da un fatto di molta importanza già segnalato da Fergola e Nyren, da che, cioè, comparando i risultati delle osservazioni eseguite per determinare le latitudini in varie specole d’Europa, si trovò che tutte queste latitudini son venute diminuendo lentamente negli ultimi tempi; mentre la perfezione degli strumenti, la diligenza degli osservatori e l’accordo dei risultati ottenuti, escludono il dubbio di grave errore. Non essendo supponibile che quegli osservatorii e tutta Europa con essi, abbiano scivolato sulla superficie della terra, scrive Schiapparelli, bisogna concludere che il polo artico si sia allontanato da noi di una lunghezza che si può valutare di 30 a 40 m. per secolo. Soggiunge poi, dopo molte altre considerazioni, che se la terra fosse assolutamente rigida e resistesse alle deformazioni che in essa tende a far nascere la forza centrifuga per effetto del movimento dell’asse, ogni aumento di 30 m. nella distanza del polo artico da noi dovrebbe avere per necessaria ed inseparabile conseguenza un alzamento di circa 5 centimetri nel livello medio del nostro mare e che un alzamento uguale dovrebbe prodursi ai nostri antipodi.

È chiaro che qualora la distribuzione delle masse rocciose nell’interno del pianeta subisse tal cangiamento da indurre una sufficiente traslazione del centro di gravità di esso, ne seguirebbe pure trasposizione delle acque superficiali, quindi aumento da una parte e diminuzione dall’altra. Ma anche da semplici cause meteorologiche possono provenire analoghi effetti, perciocchè, se si suppone accresciuta una delle masse polari glaciali e l’altra scemata, si deve pure ammettere uno spostamento nel centro di gravità del globo con traslazione di acque da un emisfero all’altro.

Ora, secondo i calcoli dei geografi e degli astronomi, i fenomeni qui appresso enumerati sarebbero suscettibili di dar luogo a simili variazioni nella massa rispettiva delle due ghiacciaie polari:

Mutamenti nella distribuzione delle terre e delle acque alla superficie terrestre;

Mutamenti nella temperatura iniziale del pianeta;

Mutamenti nella posizione dell’asse di rotazione della terra;

Cambiamenti nella obliquità della eclittica;

Effetti della processione degli equinozi e della eccentricità dell’orbita;

Variazione nella temperatura degli spazi celesti.

Autorevoli scienziati, fra i quali d’Adhemar, Schimick, Croll ed altri, si studiarono di dimostrare che, per effetto di cause astronomiche, la terra va soggetta a simili fasi meteorologiche e si producono in conseguenza alterazioni periodiche nel livello medio degli oceani.

Non è qui luogo di discutere tali sistemi; mi basti avvertire che la dottrina di Croll è professata in Inghilterra da uomini eminenti.

Ad altre cause d’ordine diverso furono del pari attribuite alterazioni nel livello medio dell’Oceano.

Chi non vede che l’emissione nei bacini marittimi dei materiali solidi tolti ai continenti dai fiumi, dai torrenti e in genere dalla denudazione, dove aver per conseguenza di rialzare il livello delle acque?

D’altra parte il professore Trautschold ed altri con lui sostengono che la copia delle acque deve progressivamente scemare alla superficie del globo, perchè le roccie anidre della corteccia terrestre sottraggono incessantemente acqua per passare alla condizione idrata ed altra acqua si evade pei meati sotterranei, discendendo ad ignote profondità, mentre solo in piccola parte fa ritorno al gran circolo oceanico-atmosferico, mercè gli spiriti vulcanici, i geyser ecc. Se è vero che il peso delle acque sulla terra è appena una tenue frazione di quella delle roccie (1/240000), fa duopo convenire che tutte queste acque sarebbero appena sufficienti ad impartire una incompleta idratazione ad una sottile pellicola della periferia terrestre. Laonde Trautschold, per opposizione all’antico aforismo après nous le deluge, esclama, après nous la sécheresse et le froid!

Per concludere, quantunque niuna delle ipotesi suaccennate possa dirsi dimostrata, dobbiamo pur convenire che il principio della invariabilità del livello marino, da molti ammesso come assioma indiscutibile, non riposa sopra salde fondamenta.

È probabile, come dissi, che anche il livello medio del mare vada soggetto a oscillazioni come la superficie terrestre; ma queste sono verosimilmente più regolari, meno sensibili e più lente. Il fatto che quasi sempre, tra punti vicini d’una medesima costa, varia in modo irregolare la misura degli spostamenti nelle linee litorali è prova che nella grandissima pluralità dei casi tali spostamenti dipendono da bradisismi e non da alterazioni nel livello medio delle acque.

Ad onta di ciò i criteri più sicuri per l’accertamento e la misura delle oscillazioni lente del suolo sieno forniti da livellazioni di precisione, ripetute a lunghi intervalli di tempo (per esempio 20 o 30 anni) e riferite al livello medio del mare considerato come orizzonte fisso. Non devono tuttavolta trascurarsi le osservazioni relative ai mutamenti nella posizione delle linee litorali e nel livello rispettivo del mare e delle coste. Potendo essere facilmente istituite sopra un gran numero di punti queste osservazioni sono suscettibili di somministrare copiosi documenti per lo studio dei fenomeni di cui tengo discorso. Inoltre è possibile di ricavare immediatamente da esse importanti deduzioni, mentre i risultati delle delicatissime operazioni topografiche, iniziate ai nostri giorni pel medesimo intento non saranno conosciuti che dalle generazioni future.

Mosso da questi riflessi, raccolsi il numero d’esempi che potei maggiore di spostamenti nelle linee litorali, verosimilmente dipendenti dai movimenti del suolo, poi, discussi o ordinati siffatti documenti, mi studiai di investigare i rapporti reciproci di tali fenomeni e le cause loro.

Lyell fin dal 1830, il conte Paoli nel 18382 furono i primi a riunire un certo numero di fatti relativi alle oscillazioni lente del suolo; dopo di loro Darwin, Reclus, Toula, Peschel, Boccardo e in ispecial modo Hahn trattarono da un punto di vista generale il medesimo soggetto. Fra i moltissimi investigatori che fecero conoscere casi istruttivi di bradisismi citerò Bravais, Pettersen, von Buch, Quenault, Virlet, Lamarmora, Filiasi, Moro, Bullo, Harting, Dana, Bickmore.

Le seguenti considerazioni sono desunte dal complesso dei dati esibiti dai suddetti autori od ottenuti di persona dallo scrivente.

Nella maggior parte del continente antico si manifesta lenta emersione e si distinguono per l’intensità del fenomeno lo Spitzberg, la Siberia artica e la Scandinavia.

Talune spiaggie dello Spitzberg, situate fino a 45 m. sull’odierno livello del mare, e coperte di avanzi marini d’ogni maniera, i recenti depositi d’acqua salsa incontrati nella terra di Taymir fino a 62 m. sopra lo specchio del Mar Glaciale e a 214 chilometri dalla riva, i cumuli di legni fluitati che si scoprono in altri punti della Siberia al di sopra delle più alte maree, isole da breve tempo riunite al continente, attestano un progressivo sollevamento del suolo.

La Norvegia essendo una terra elevata, a coste generalmente scoscese, il sollevamento odierno vi si manifesta in modo meno evidente che non nella Svezia in cui per così dire sotto gli occhi dell’uomo estesi tratti di spiaggia si prosciugano, le isole si convertono in penisole e i porti rimangono insabbiati. In Norvegia si osservano le traccie di antiche e successive emersioni in terrazzi e depositi allineati orizzontalmente o quasi a varie altezze sul mare del nord. Mohn distingue secondo le località, 5 a 7 terrazzi ad altitudini variabili tra 58 e 176 m.; secondo Kjerulf, i più alti terrazzi raggiungono 600 piedi e i più bassi 240.

L’accrescimento del suolo della Svezia a spese del mare fu già segnalato al principio del secolo scorso da Celsius, il quale sì attirò così le ire dei teologi di Stoccolma ed accusato di eresia per poco non soggiacque ad una fatale condanna. Per citare alcuni degli esempi più certi ricorderò come si abbiano sicure prove del sollevamento nel castello di Calmar, senonchè la misura del fenomeno è diversamente apprezzata dagli autori, forse perchè il movimento non è uniforme.

Un segnale collocato a fior d’acqua, nel 1731, da Rudberg nell’isola di Löfgrund presso Gefle, fu trovato da Lyell nel 1834 a 2 piedi 6 pollici e mezzo d’altezza sul livello marino. Altro segnale tracciato ad Oregrand nel 1820 era nel 1834 a 4 pollici e mezzo sul livello marino.

Dalle osservazioni reiterate a lunghi intervalli di tempo, sopra un numero ragguardevole di segnali distribuiti lungo il littorale svedese, risulta che il sollevamento è maggiore presso Gefle e diminuisce irregolarmente a mezzogiorno e a settentrione di questo punto; la media secolare del movimento sarebbe di m. 1,34.

Ad occidente e a mezzogiorno l’area ascendente, cui si è fatto cenno, è interrotta da una zona di depressione diretta presso a poco da nord-ovest a sud-est che comprende parte della Germania, i Paesi Bassi, Francia, Inghilterra attraversa obliquamente l’Europa continentale, raggiunge la penisola italica, la Dalmazia, la Grecia e verosimilmente si continua pel Mediterraneo fino alla Barberia, all’Egitto e alla Siria, toccando Malta e Creta.

In Olanda non può revocarsi in dubbio il progresso continuo del mare a scapito delle sue rive e questo fatto preoccupa non solo gli scienziati ma ancora il governo locale. Il suolo dei polders è così depresso che se mancassero le dighe rimmarrebbe sommerso; orbene, se tali condizioni altimetriche fossero sempre state eguali la costruzione delle dighe sarebbe stata impossibile. La Zelanda che ai tempi di Cesare era coperta di fitte selve, nei cui recessi una popolazione fiera e bellicosa lottò accanitamente contro l’invasione romana, non esiste che in grazia della diga di West-Capelle. La stessa città di Amsterdam avrebbe le sue vie sommerse ove non fosse difesa da artificiali ripari.

Lungo le coste della Scozia terrazzi litorali e solchi d’erosione tracciati dai flutti a vari livelli accennano ad altrettante fasi di un lento sollevamento. In corrispondenza di questi segni trovansi letti conchigliferi contenenti fossili di specie tuttora viventi nell’Atlantico. Dalla posizione di ruderi e di antichi scali romani a Falkirk e a Cramond si argomenta che il fenomeno si produsse anche in tempi storici; i mareografi del porto di Leith e l’accrescimento incessante delle spiaggie e dei bassifondi dimostrano come sia tutt’ora attivo e come la sua intensità sia in via di progressivo aumento.3

Le coste dell’Inghilterra, massime l’orientale e la meridionale ci presentano invece lo spettacolo di una distruzione sempre crescente dovuta all’azione erosiva delle onde e delle correnti e sussidiata da un lento avvallamento. Lungo le rive della Cornovaglia e del Sommersetshire trovansi sott’acqua avanzi di boschi che furono in passato molto più alti sul livello del mare che non attualmente. Di più vive ancora presso gli abitanti del capo Land’s End la tradizione di una estesa terra sprofondata.

Nella Francia settentrionale e occidentale, fatta astrazione dei brevi tratti di costa lentamente emergenti, si ripetono i medesimi fenomeni. Mozziconi di legno, residui di piante arboree sommerse, si trovano ad Arromanches, a Bricqueville-surmer, a Brehal, a Hauteville-sur-mer, a Asnelle, a Carentan presso Morlaix, nella baia di Cancale e in molti altri punti.

Qenault pubblicò importanti documenti in gran parte tratti dagli archivi della chiesa di Coutance da cui risulta con piena evidenza che il Cotentin, le isole di Jersey e Aurigny, le isole Chaussey e gli scogli della baia di Granville, formavano in tempi storici assai remoti una sola terra, sulla quale s’addensavano le misteriose foreste di Koquelinde e di Scissey. Jersey si separò dalla terra ferma verso il 565. È notevole fra gli altri una pergamena in cui si legge come gli abitanti di questa terra, che allora non era isola, fossero tenuti a fornire una tavola all’arcidiacono della chiesa madre (di Coutance) acciocchè potesse attraversare un ruscello che divideva i due territori, quando si recava a Jersey per esercitarvi il suo ministero.

Secondo Quenault la depressione del suolo avrebbe raggiunto a Jersey e Guernesey in 500 o 600 anni da 14 a 15 metri! «Se l’avvallamento continua nelle stesse proporzioni egli esclama (cioè in ragione di m. 2 per secolo), in 10 secoli il suolo si sarà abbassato di 20 metri, il Cotentin dallo stato di penisola sarà passato a quello d’isola; tutti i porti della Manica e dell’Oceano saranno distrutti. Qualche secolo più tardi Parigi sarà divenuta città marittima, aspettando che sia sommersa fra una ventina di secoli. Altrettanto può dirsi di tutte le città il cui suolo non supera di 40 metri il livello del mare.4

Il movimento raggiunge sulle coste della Guascogna 3 m. per secolo. Il faro di Cordouan costruito nel 1789 a 63 m. di altezza sull’alta marea non è più che a 60 m. sul medesimo livello.

La città di Saint Jean de Luz battuta in breccia dai marosi sembra condannata ad irreparabile distruzione.

Lungo i litorali di Francia e d’Inghilterra il movimento discendente fu indubbiamente preceduto da un sollevamento e forse, almeno in certe località, per esempio, a Dol da una doppia oscillazione.

L’Italia continentale e insulare, prescindendo dalle oscillazioni in vario senso cui andò soggetta in tempi più remoti fu quasi tutta sott’acqua alla fine dei tempi terziari, onde esclama il Mascheroni:

Tempo già fu che le profonde valli
E il nubifero dorso d’Apennino
Copriano i salsi flutti, pria che il cervo
La foresta scorresse, e pria che l’uomo,
Dalla gran madre antica alzasse il capo.
L’ostrica allor sulle pendici alpine
La marmorea locò famiglia immensa.5

Ai primordi dell’era quaternaria essendo già abbozzata la sua odierna configurazione, l’Italia subì una generale emersione, la quale, poco sensibile nel settentrione, raggiunse almeno un centinaio di metri in Sardegna e assai più presso Napoli e in Sicilia. Appunto per la sua poca uniformità attribuisco siffatta emersione a sollevamento.

È probabilissimo che in alcuni punti alla fine del quaternario, il movimento si producesse in senso contrario, oppure, come è più probabile sottentrasse immediatamente la depressione al sollevamento. Infatti nell’isola di Pianosa si trovano in gran numero d’individui gli avanzi di una fauna continentale (orso delle caverne, cavallo, asino, antilope, due specie di bue, due specie di cervo, cinghiale, volpe, mustela) che non potè sussistere se non in un’isola assai più estesa oppure connessa alla terraferma. Orbene siccome l’avvallamento subìto dalla Pianosa nei tempi storici e preistorici neolitici6 fu relativamente lieve, nè argomento che il fenomeno da cui fu ridotta alle condizioni attuali risalga per lo meno alla fine del quaternario. Malta ci offre un esempio analogo, forse anche più istruttivo. Colà una fauna estinta, nella quale si comprendono tre specie d’elefanti, due specie di ippopotami, cavalli, daini ecc., nonchè le profonde valli d’erosione che attraversano l’isola, fanno fede di un ingente sprofondamento, il quale cominciò nell’era quaternaria e si continuò nei tempi storici.

Lungo quasi tutti i litorali della penisola italica come nella maggior parte del perimetro del bacino mediterraneo si osservano segni di lenta sommersione, avvenuta in tempi storici e tuttora in progresso almeno in certi tratti.

Si tratta di avvallamento del suolo o di rialzamento nel livello marino per effetto di agenti estrinseci? Non dubito che il bradisismo sia causa prevalente del fenomeno, ma chi potrebbe asserire che esso agisca esclusivamente?

I segni di cangiamenti nel livello rispettivo della costa e del mare, scarsi e lievi in Liguria e nella Toscana settentrionale si fanno più numerosi nella regione maremmana sulle spiaggie del Lazio e più nel Golfo di Napoli.

Ad Ostia, a Fiumicino, ad Anzio e specialmente sulle spiaggie del Circeo ed attorno al lago di Paola spesseggiano ruderi di edifizi romani sommersi, i quali si trovano rispetto al mare a 2 metri almeno al di sotto del livello della bassa marea.

Dalle condizioni geologiche del Monte Circeo e dei piani circostanti, nonchè dai documenti storici che ci rimangono intorno alle Paludi Pontine credo si possa legittimamente dedurre:

1. che le pianure e le paludi prossime al Circeo furono originariamente circondate dal mare; ciò probabilmente fino al declinare del periodo quaternario.

2. che subirono verso l’epoca accennata un sollevamento mercè il quale si ridussero allo stato di terre emerse e coltivabili.

3. che durante i primi secoli di Roma furono coltivate e sparse di città e villaggi e per conseguenza si trovarono nelle condizioni di terre emerse.

4. che prima del quarto secolo di Roma, ma in epoca ignota, cominciarono a deprimersi e si fecero acquitrinose e malsane.

Questa condizione di cose che purtroppo ancora sussiste era simultaneamente aggravata dal formarsi lungo le rive del mare di cordoni littorali sabbiosi e di dune, i quali ritardano o intercettano l’afflusso delle acque correnti alle loro foci. In conclusione le condizioni topografiche delle paludi Pontine, come di gran parte dell’Agro Romano e la malaria che ne consegue derivano precipuamente dalla successione dei due fenomeni cioè: formazione d’una pianura per la emersione di un fondo marino, avvallamento parziale del territorio emerso.

Da ciò si vede come l’apertura di nuovi canali di scolo, la rettificazione dei corsi d’acqua esistenti e il prosciugamento parziale di piccole zone acquitrinose e gli altri artifizi fin qui messi in opera per combattere il flagello sono insufficienti.

L’unico mezzo, efficace per raggiungere l’intento, mezzo lento, laborioso, dispendiosissimo, ma sicuro, sarebbe a parer mio quello delle colmate, il quale nella Val di Chiana diede sì felici risultati. Ad ogni modo, nelle opere che si imprenderanno per la bonifica delle nostre maremme, converrà tener conto d’or innanzi di quell’importantissimo fattore che è il bradisismo.

La recente sommersione si manifesta nei consueti modi sulle rive dei laghi di Licola e Fusaro, nel Golfo di Pozzuoli, a Posilipo, a Napoli, a Capri presso Torre Annunziata e Castellamare e in molti altri punti.

Non ripeterò qui la descrizione del tempio di Giove Serapide, a Pozzuoli, già riferita da tanti scrittori di cose geologiche, qual classico esempio di mobilità della corteccia terrestre. Noterò soltanto che il suolo su cui riposa il famoso monumento non è soggetto come tanti altri ad un movimento progressivo in un dato senso; ma ad oscillazioni, ora lente, ora più o meno rapide, irregolari cosi per l’ampiezza come per la durata; il qual fatto si connette verosimilmente alla energia sempre rinascente del gruppo vulcanico dei Campi Flegrei.

Sulle rive ioniche della penisola apenninica nonchè sulle adriatiche accennano a depressione, per tacere di molti altri fatti gli antichi ruderi sommersi del Capo Colonna e dei laghi di Lesina e di Varano, pavimenti e selciati romani tanto inferiori all’odierno piano stradale a Fano, a Pesaro, a Rimini, taluni monumenti antichi di Ravenna (tra i quali l’antica cattedrale e la famosa Rotonda) i cui pavimenti originari sono situati a parecchi piedi sotto il livello dell’alta marea. Ma la depressione si palesa principalmente alle foci del Po e anzi in tutta la regione veneta ed istriana.

A Venezia si adopera come orizzonte fisso negli studi relativi alle opere idrauliche e alle costruzioni in genere, il livello dell’alta marea ordinaria, che suole indicarsi graficamente mediante una linea orizzontale distinta colla lettera C, abbreviazione di comune alta marea.

Nelle loro piene giornaliere le acque della laguna raggiungono questo livello che è di circa 70 centimetri più alto di quello delle magre. Solo a lunghi intervalli di tempo, si hanno straordinarie alte maree che non superano 1 metro e 50 centimetri.

In ogni tempo gli architetti ebbero presenti questi fatti e si studiarono di sottrarre le opere loro al pericolo della inondazioni; ma il lento deprimersi del suolo rese vane a lungo andare le loro cautele.

Nel 1745 fu trovato nella chiesa dei Santi Vito e Modesto un antico pavimento ad 8 piedi sotto l’attuale. Il pavimento della piazza di S. Marco è ora situato a soli 42 o 43 centimetri sopra C, quindi sotto il livello delle maree straordinarie e difatti è inondato di quando in quando. Scrive il Donati che nel 1772 si rifece il pavimento di S. Marco più alto del comune livello, da un piede e mezzo (m. 0,52) a due e che negli scavi praticati in quella occasione si scoprì un altro pavimento più basso di 3 piedi a 3 piedi e mezzo. Molti scrittori ricordano i gradini ora scomparsi o meglio sepolti che si ascendevano per accedere alla insigne basilica. Il pavimento marmoreo della cripta di S. Marco si trovava secondo il Filiasi nel 1824, dalla parte del Rio di Palazzo a m. 0,24 sotto la piazza. Ma prima di quel selciato che è fatto appositamente in declivio per lo scolo dalle acque verso il canale ne esisteva un altro a m. 0,74 al di sotto del livello della comune. Fu adunque reiteramente innalzato il piano della piazza, rimanendo sempre più incassate la splendida basilica e la sua cripta.

Altra prova di progressivo avvallamento si ha nel fatto che alcune pubbliche cisterne alle cui aperture non era mai pervenuta l’acqua salsa, furon invase da essa nella grande marea del 15 gennaio 1867 che ascese a m. 1,50 sopra C, per cui furono necessarie dispendiose riparazioni.

Abbondano a Venezia esempi di colonne mezzo sepolte, di porte di cui non sorge dall’acqua che l’arco, di piani terreni invasi dalla laguna e resi inabitabili.

Ove sorsero Equilio, Fine, Eraclea, si estende una mesta palude. Furono distrutte o sommerse, Malamocco, Castrasia, Marcellina, Ammiana, Costanziaca. Torcello più alta, un tempo assai popolosa, sussiste ancora, ma va sempre più restringendosi e disertandosi d’abitanti. Le vie di comunicazione fra le città della Venezia antica verso Torcello, Altino, Jegolo, Eraclea sono al presente quasi tutte sott’acqua. La grandiosa opera dei Murazzi fu edificata dalla Repubblica perchè il lido di Chioggia era divenuto tanto ristretto al principio del XVI secolo che la città disperava di mantenerlo contro l’invasione del mare. Isole e tratti di terraferma furono coperti dal mare in varie epoche a Grado e ad Aquileja.

Gli autori non concordano nel determinare la quota dello sprofondamento di Venezia. Uno di essi ritiene che il pelo del mare si sia alzato di 5 oncie (m. 0,145) in 308 anni, un altro è d’avviso che l’innalzamento sia di 12 (m. 0,347) in 150 anni; un terzo la reputa di 12 in 250. Osservazioni diligenti eseguite dal 1732 al 1796, por opera dello Zendrini, darebbero un rialzo di 2 oncie (m. 0.058), cioè di in. 0.086 in un secolo o poco più. Il Sabbadini giunse, fin dal 1550, a risultati analoghi. Riferisce poi il Luciani che l’ing. Campi Lanzi, dopo esatti confronti adottò come vero valore dell’innalzamento del mare; cioè dell’avvallamento del suolo, poco più di un decimetro per secolo. I computi della depressione, desunti dalle osservazioni suesposte, conducono adunque a cifre singolarmente diverse da loro che oscillano cioè, per 100 anni, fra m. 0.038 e 0.14. Osserviamo, tuttavolta, che le più alte, comprese fra 9 e 14 centimetri, sono dedotte da monumenti, ruderi o segnali di antica data, mentre quelle che forniscono una quota di 3 a 4 centimetri si riferiscono a spostamenti recenti, verificatisi cioè entro il corrente secolo ed anche a spostamenti, i quali, manifestandosi con piccole differenze di livello (perchè prodottisi in piccolo numero d’anni), sono perciò meno suscettibili di essere determinati con precisione. Questo fatto apparisce ben manifesto dalle quote osservate al forte di Malamocco, pel quale le osservazioni comprendono i due distinti periodi dal 1742, al 1825 e dal 1825 al 1880. Ad ogni modo, è quasi certo che sia avvenuto, in questi ultimi tempi, un notevole rallentamento nel movimento secolare; ma con questo non voglio punto escludere l’ipotesi che il bradisismo si faccia sentire con diversa intensità nelle varie località.

Dell’Adriatico orientale si potrebbe esclamare col poeta:7

Qui nel profondo in tenebroso orrore
Chiude gli avanzi d’un perduto mondo
Occulta l’opre dell’iniqua sorte:
Città sommerse, inabissate prore
Un infinito stuol di cose morte.

A Trieste pavimenti antichi ed altri avanzi interrati fin sotto il livello dell’alta marea, fra Salvore ed Umago fabbricati romani sommersi; a Cissa una città in rovina che si scopre in tempo di calma attraverso al cristallo delle acque; a Medolino in fondo alla baia case sommerse; a Porto Re presso Fiume, croci ed altri segni scolpiti nella roccia sotto il pelo della bassa marea; a Zara mosaici, vasi antichi e fabbriche sott’acqua; presso Spalato costruzioni di un antico porto coperte dai flutti; vetuste mura subacquee a Stopretz. Dalle acque di Zuri si trasse una bell’urna cineraria; un altro vaso antico fu pescato poco lungi; a Castel Sussuraz si vede un cippo marmoreo sommerso, dal lido di Vragnitza si scorgono sarcofagi di pietra allineati sul fondo marino.

Ma è tempo di tralasciare questa minuziosa disamina per procedere speditamente nel compito di delineare a grandi tratti la distribuzione geografica dei bradisismi.

Nelle adiacenze dell’Antico Continente, la depressione regna in gran parte dell’Oceano Indiano fra l’equatore e il tropico del Capricorno, e comprende gli arcipelaghi madreporici delle Lacchedive, delle Maldive, le isole Ciagos e Keeling, continuandosi forse pel settentrione di Seilan nell’avvallamento segnalato alle Andaman, alle Nicobare e in altri punti del golfo del Bengala. Le terre essendo rade e poco estese nella regione di cui si tratta, la macchia colorata che sta ad indicare nella carta tale area di depressione è mal delimitata, massime a mezzogiorno e a levante.8

Verso sud-ovest, Madagascar e quasi tutta la costa affricana che le sta di prospetto, non solo non obbediscono al movimento suaccennato, ma anzi progressivamente si levano sulle acque. Anche nelle Seychelles regna il sollevamento.

A sud-est dell’Asia, un altro campo di abbassamento si riscontra nel mar della Cina, e si estende da una parte fino al Jang-tse-kiang, mentre si accosta, dall’altra, alle rive di Borneo e delle Filippine.

L’Affrica settentrionale e orientale presenta indizi di un sollevamento generale; per quanto concerne la parte interna e in ispecie il Saara, questi sono però assai incerti. Si hanno poi segni di depressione a Zanzibar, Pemba ecc., ed anche nel bacino del Tanganika.

Nelle regioni australiana e polinesiana è adombrata nella carta dei bradisismi una immensa area di abbassamento, riconosciuta lungo la costa nord-est dell’Australia, all’estremità meridionale della Papuasia, nei lidi occidentali della Nuova Zelanda e nella miriade d’isole e d’arcipelaghi che si protendono, al nord-est fino alle Sandwich e ad oriente fino alle Isole Basse, Pitcairn ed oltre; colà, tuttavia, le scogliere anulari e le barriere madreporiche di fresco emerse dal mare accennano ad un movimento ascendente, succeduto da breve tempo alla depressione, lungo il lembo meridionale e occidentale della medesima area ed anche in mezzo ad essa (nell’arcipelago delle Nuove Ebridi).

Non è ancora possibile di stabilire se il piccolo centro di abbassamento osservato nelle Peliù o Palao e nelle isole circostanti, abbia o no connessione con quello testè menzionato.

Il sollevamento che si palesa nella Polinesia meridionale si estende, probabilmente senza interruzione, lungo la parte orientale della Nuova Zelanda. Vuolsi infine segnalare un altro sollevamento che si manifesta in gran parte dell’Australia meridionale e della Tasmania.

Laddove è delineata la Groenlandia occidentale, figura nella mia carta una zona che presenta con intensità; la tinta della depressione e con lievi sfumature raggiunge il Labrador e Terranuova. Al nord di questa zona, lungo lo stretto di Smith, v’ha un altro accenno di sollevamento, ancora mal determinato.

A mezzogiorno, il lido atlantico dell’America settentrionale offre una alternanza di aree d’avvallamento e di sollevamento le quali sono sufficientemente limitate in latitudine, ma rimangono indefinite in longitudine. È probabilissimo che lo sprofondamento tanto sensibile lungo le coste degli Stati Uniti settentrionali, si protenda nel letto dell’Atlantico fino alle Bermude, ove il fenomeno fu parimente accertato. Lungo le rive americane del Pacifico settentrionale si accusa un sollevamento alle Aleutine e nell’Alaska; circa il paese situato a mezzogiorno di questo punto mancano i documenti; regna certo il sollevamento nella regione californiana, e se l’apparenza non falla, si continua con quello più manifesto che abbraccia il Golfo del Messico, l’America centrale, le grandi Antille, il Perù, la Bolivia e il Chili, arrestandosi solo presso l’arcipelago di Chiloe, ove gli sottentra l’avvallamento per un tratto certo esteso, ma ancora indeterminato.

Prima di enumerare le considerazioni generali che più legittimamente si possono dedurre dalla distribuzione geografica dei bradisismi, è utile una avvertenza. Le oscillazioni lente del suolo si distinguono in due grandi classi, cioè in locali e regionali. Le prime che si esercitano sopra un’area circoscritta non sono affatto collegate fra loro e dipendono da particolari condizioni fisiche e geologiche o climatologiche generalmente ben conosciute,9 le altre invece si manifestano in estesissimi tratti di paese e dipendono indubbiamente da cause d’ordine generale.

In queste pagine intendo di occuparmi soltanto dei bradisismi regionali.

Dalle notizie suesposte e dal confronto istituito fra la distribuzione geografica dei vulcani, la costituzione geologica dei continenti e l’ubicazione, sulla carta, delle principali aree bradisismiche, emergono le proposizioni seguenti:

1. I bradisismi regionali occupano d’ordinario aree estesissime, irregolarmente distribuite, le cui forme sono ancora in gran parte indeterminate.

2. In complesso, i sollevamenti occupano maggiore spazio delle depressioni, ma ciò dipende forse, in parte, da che queste sono più difficili a verificarsi di quelli.

3. Nell’emisfero settentrionale, prevalgono i segni di sollevamento, nel meridionale quelli di avvallamento.

4. Nelle grandi masse continentali sembra dominare il movimento dal basso all’alto, mentre quello in senso contrario apparisce prevalente nei grandi bacini oceanici.

5. I bradisismi più spiccati furono segnalati lungo i litorali e negli oceani ricchi d’isole madreporiche, perchè colà, come si è detto, si avvertono più facilmente; ma certo non mancano anche nell’interno dei continenti, e ragion vuole che non ne vadano esenti anche i fondi marini degli oceani sprovvisti di formazioni coralligene.

6. L’insufficienza delle osservazioni non permette ancora di stabilire se vi sia qualche rapporto tra l’orografia d’una regione e i bradisismi. Certo è che le montagne vanno soggette molte volte a movimenti secolari, regionali o locali.

7. Nelle regioni vulcaniche le oscillazioni lente del suolo si manifestano con maggiore energia.

8. Nella prossimità immediata degli spiragli vulcanici attivi si alternano i movimenti nei due sensi a brevi intervalli; alla periferia delle catene vulcaniche si verifica, come già osservava C. Darwin, deciso e costante sollevamento. Le regioni vulcaniche nelle quali si produce avvallamento come l’Italia meridionale, subirono in precedenza, poco innanzi, uno o più sollevamenti.

9. Le aree o zone d’avvallamento ponno dirsi, in generale, interposte fra quelle che si sollevano e limitate da esse.

10. Le aree o zone d’avvallamento appariscono il più delle volte circoscritte da catene vulcaniche. Così intorno alla vasta area di depressione dell’Oceano Indiano si schierano la catena delle isole della Sonda, i vulcani di Barren e della costa birmana, da una parte, e dall’altra sorgono i gruppi delle isole Mascarine, di Madagascar, delle Comore e dell’Africa occidentale; mentre al nord i vulcani arabici ed etiopici e a mezzogiorno quelli di Amsterdam e Saint Paul tendono a completare il circolo. Così, l’immenso sprofondamento del Pacifico si trova in mezzo ad un bacino limitato dai vulcani delle I. Samoa dell’arcipelago degli Amici, delle Nuove Ebridi, delle Salomone, delle Marianne, del Giappone, delle Kurili, del Kamtshatka, delle Aleutine e infine dalla congerie di monti ignivomi, quali attivi, quali estinti, che fiancheggiano or con una fila, or con due o tre, le coste occidentali del Nuovo Continente.

11. Fra due aree bradisismiche, nelle quali si verificano movimenti in senso contrario, v’ha una zona neutra, la quale nei casi noti (Scandinavia, isola di Candia, Nuova Zelanda) è ristrettissima. Perciò non è infondato il sospetto che tutta la superficie del globo sia più e meno animata da oscillazioni lente.

12. Nelle zone ed aree di depressione è frequente il caso di piccoli sollevamenti locali.

13. Dal confronto della carta dei bradisismi con una carta geologica generale del globo, risulta che non sussiste alcuna connessione ben manifesta fra le formazioni superficiali della terra emersa e i movimenti lenti cui va soggetta. Si può avvertire soltanto che in parecchi territori, i quali sono ora in via di sollevamento, come per esempio lungo le coste del Perù, del Chili, della Repubblica Argentina, sul litorale della Siberia, la presenza di sedimenti quaternari e terziari marini dimostra che il movimento incominciò da antica data; da questa e da altre osservazioni si argomenta che i bradisismi si esercitano talvolta per tempi lunghissimi, per interi periodi geologici.

14. Non apparisce alcun rapporto apprezzabile tra la distribuzione dei bradisismi regionali e la costituzione litologica dei terreni.

15. In alcune località che presentavano un complesso di circostanze singolarmente favorevoli alle indagini di cui si tratta, per esempio nella palude di Dol in Brettagna e a Salvore nell'Istria, fu possibile accertare la successione di due oscillazioni complete, vale a dire di due avvallamenti e di due sollevamenti, avvenuta tra il principio dell’era quaternaria e dell’attualità. È probabile che questo fatto sia assai più comune di quanto a tutta prima non apparisca.

16. È assai generale, almeno in Francia, in Inghilterra, in Italia in Dalmazia, in Grecia in Barberia, in Egitto, il caso di una immersione odierna sottentrata ad un innalzamento recentissimo.

17. Varia assai, nei bradisismi, la rapidità dei movimenti fra località non molto lontane.

18. Varia assai, nello stesso punto, coll’andar dei tempi, la rapidità del movimento, ciò anche tra un secolo e l’altro.

L’indole di questo scritto non ci consente di risalire alle cause prime dei bradisismi o meglio di discutere le numerose ipotesi più o meno verosimili colle quali si tentò di spiegare i fenomeni di cui ci siamo occupati.

L’origine dei bradisismi si deve ricercare secondo ogni verosimiglianza nell’alta temperie e nello stato di fluidità ignea che regna non sappiamo se uniformemente o no al disotto della corteccia terrestre. Eruzioni vulcaniche, terremoti tellurici, oscillazioni lente regionali, sono collegati da stretti rapporti e debbono considerarsi come altrettante manifestazioni di una causa comune che ha sede nell’intorno del globo.

L’esame dei documenti geologici e in particolar modo lo studio della stratigrafia dimostra che le oscillazioni del suolo ebbero luogo fino da tempi remotissimi e furono causa più e più volte di profondi cangiamenti nella configurazione della superficie terrestre. Esse esercitarono ed esercitano pure al presente un’azione potentissima sui climi, poichè è noto che le temperature medie ed estreme di una regione, nonchè tutte le vicende meteorologiche cui va soggetta sono intimamente connesse colla distribuzione delle parti emerse e delle acque in questa regione e nelle circonvicine.

Se per poco si rifletta agli effetti dei lenti movimenti del suolo dal punto di vista della biologia, si ravviseranno in essi i più attivi fattori della distribuzione geografica delle specie animali e vegetali. Si deve loro in gran parte, il differenziarsi delle faune e delle fiore, il formarsi dei ponti temporari poi quali molte volte le specie transitarono da isola ad isola, da continente a continente, gli stretti che opposero insuperabile ostacolo al loro procedere.

La nuova filosofia biologica scopre in questi movimenti i più potenti ausiliari di ogni mutamento, così tra gli animali come fra le piante, per cui nella serie di tempi una forma si converte nell’altra più acconcia alle nuove condizioni d’esistenza. Solo mercè i bradisismi possiamo spiegarci fino ad un certo punto la successione delle faune e delle flore fossili che si verifica nella serie stratigrafica.

Per concludere, i bradisismi adempiono, nell’ordine biologico, come nel fisico, ad un alto ufficio di rinnovamento e di avvicendamento. Essi sommergono nelle tenebre dei fondi marini le terre che da tempi immemorabili erano accarezzate dal sole, le rupi denudate cui gli agenti esterni tolsero il loro manto di terra e di vegetazione, i campi esausti dall’uomo; essi sottraggono al ciclo della vita e pongono in serbo per le generazioni future immani accumulazioni di materie organiche. D’altra parte, recano a contatto dell’atmosfera le roccie che da interi periodi geologici erano sommerse, le pianure e le vallate sottomarine coperte di fecondi sedimenti, le isole madreporiche e i loro sali fertilizzanti, i letti di combustibili fossili. L’uomo stesso è soggetto alla loro azione, ad un’azione direi quasi elettiva che si esercita a vantaggio delle razze più elevate di mente e più vigorose di corpo, e a scapito di quelle che furono men felicemente dotate.

Il Polinesiano inerte vede il mare innalzarsi luogo le coste della sua isola, invadere oggi il bosco, dimani la capanna ed aspetta senza lotta che gli sia rapito l’ultimo asilo; poi, raggiunto dall’onda fatale, soccombe insieme alla sua tribù. L’Olandese, invece, contende palmo a palmo la sua terra all’Oceano, innalza dighe sopra dighe e dalla guerra incessante che muove agli elementi trae novello vigore per continuar la pugna e per vincere; la sua industriosa progenie si moltiplica e si espande. L’Arabo fatalista si ritrae dalla cala insabbiata che non è più capace di accogliere la sua barca sdrucita e finisce i suoi giorni nell’ignavia; lo Scozzese scava un nuovo porto più vasto per sostituir quello che gli fu tolto dal sollevamento secolare, protende moli e scali, popola il mare di navi e ogni dì la sua stirpe vigorosa si diffonde. Così, la stessa energia tellurica diventa fautrice di progresso per l’umanità... fino a qual segno e fino a quando, altri vegga!

Come e quando ebbe principio sulla, terra l’alternarsi dei sollevamenti e delle depressioni? Non son destinate a finire queste manifestazioni dell’attività endogena, insieme ai terremoti e alle conflagrazioni vulcaniche?

Il nostro pianeta è forse dannato a diventar tomba arida ed agghiacciata, oppure andrà arroventato e liquefatto pel cozzo di alcun altro corpo celeste? E gli altri globi lassù che,

Come faro d’ignorati porti
Ora scemano fiochi e moribondi
Or con vividi incendi ardon risorti,

hanno comuni le sorti col nostro?

Ahimè, raccogli o naturalista il volo orgoglioso. La scienza tace e per lei risponde il poeta:10

Muore la lampa e scuro un vel s’abbassa
Sullo sguardo dell’uom che sbigottito
Scorge per entro l’ombra Iddio che passa
Novi soli a librar nell’infinito.

A. ISSEL.


Note

  1. Questo articolo è in gran parte un sunto di una memoria comparsa in questi giorni tra gli Atti della R. Università di Genova.
  2. Del sollevamento e dell’avvallamento di alcuni terreni, Pesaro, 1838.
  3. I moli del porto d’Alaterva dalla loro fondazione in poi si sarebbero sollevati, secondo Geikie di m. 7.50 e attualmente il movimento del suolo raggiungerebbe a Leith la quota di 14 millimetri all’anno!
  4. Les mouvements de la mer, Coutance, p. 58.
  5. MASCHERONI, Invito a Lesbia.
  6. Vale a dire di quei tempi in cui l’uomo faceva uso di utensili di pietra foggiati colla levigatura.
  7. ARTURO GRAF.
  8. I criteri per riconoscere le zone d’avvallamento e di sollevamento nelle regioni in cui allignano isole e scogliere madreporiche furono esposti da me in questo medesimo periodico (fascicolo XXIII, 1 decembre 1878).
  9. Sono bradisismi locali, a cagion d’esempio quelli che si producono pel rigonfiarsi di certi terreni sorbosi quando assorbiscono acqua, quelli che dipendono dal convertirsi di masse d’anidrite (solfato di calcio anidro) in selenite (solfato di calcio idrato) nel sottosuolo, e le depressioni cagionate dall’assettamento di materiali mobili, dalla eliminazione di materiali solubili disciolti dalle acque sotterranee, da lenti scivolamenti di strati ecc.
  10. ZANELLA, Natura e scienza.