Le piacevoli notti/Prefazione

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Prefazione

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Le piacevoli notti Tavola I
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PREFAZIONE




Dello Straparola e della sua opera ebbi già occasione di parlare in due riprese: dapprima in un articolo inserito nel Giornale storico della letteratura italiana, 1890, vol. XV e XVI; poi, nel corrente anno, in un volumetto che diedi alle stampe1, appunto con l’intenzione di presentare il vecchio novelliere ritornante alla luce nel suo primitivo assetto dopo tre secoli di non inonorata quiete. A questi due studi — poichè non sono in grado di arricchirli di nuove concludenti notizie — rinvio senz’altro2 quel benevolo lettore che si [p. viii modifica]fosse aspettato di trovar qui più pagine d’introduzione invece che una prefazione di poche parole.

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Le quali hanno un solo scopo: ed è quello di dichiarare il metodo seguito nella presente edizione. Perciò converrà dire dapprima delle principali alterazioni che s’introdussero nelle Piacevoli Notti col moltiplicarsi delle edizioni.

Esse sono di due specie; e riguardano la sostanza e la forma dei racconti: gravissime le prime; le altre, di minor conto. Le prime alterazioni, che si possono chiamar sostanziali, si avvertono più presto che non si credette; tanto che già nelle edizioni del 1556 e del 1558, come in seguito nelle edizioni posteriori3, si trova ripudiata la nov. VIII, 3 — nella quale avviene che un sacerdote dia inverecondo spettacolo di sè — e sostituita con due altre più brevi novelle. È probabile che ciò sia stato col consenso dello Straparola e con la sua collaborazione, perchè le due novelle, chiamate a sostituire la reproba, hanno tutta un’aria di famiglia con le loro compagne: del resto, si può credere che lo Straparola fosse ancor [p. x modifica]vivo nel 15574. Pochi anni dopo, le alterazioni si fanno alquanto più numerose, ed obbediscono ad una norma che appare determinata, benchè non sia nè costante nè rigida; e qui si direbbe che cominciasse propriamente ad esercitarsi l’opera della censura. La quale ebbe tuttavia il merito di serbare dapprima una certa sobrietà e discretezza. Risparmiò gli enimmi, benchè osceni come quelli della notte XII, benchè irreverenti come l’ultimo della notte XIII. Lasciò che nella nov. I, 5 un prete facesse all’amore con la moglie impudica di un negoziante; nè le seppe troppo male che nella nov. V, 5 V. 5 V. 5 madonna Modesta per dar sfogo alla insaziata lussuria traesse «alla sua devozione» una infinità di amanti; però, in omaggio alla religione e al buon costume, fece che il prete adultero della nov. IV, 1 divenisse un chierico, e nella nov. V, 2 ad alcune parole furbesche poco pulite sostituì quelle che in lor vece sono accolte in ogni buon vocabolario. Questo per la prima parte del novelliere: nella parte seconda le alterazioni furono più frequenti e men lievi. Le tracce ne cominciano ad apparire già nella nov. VI, 1, nella quale, per amor del comparatico, i due compari che s’ingannano a vicenda diventano nè più nè meno che amici, ed è omesso il caratteristico sì, ma oscenissimo episodio del secchielletto smarrito. Pure nella notte VI, alla nov. 4, assistiamo ad una curiosa trasformazione, [p. xi modifica]per la quale un racconto scurrile e spregiudicato diventa a dirittura un esempio morale ed edificante. Ricordiamo nelle prime edizioni delle Piacevoli Notti? vi si narra di tre suore che si contendono la dignità di badessa a prova di sudicerie. Nelle edizioni castigate la trama della novella si mantiene immutata; ma la gara delle tre suore cambia natura, così che consiste in saggi di pietà e di sapienza. Dopo sì mirabile effetto, reca stupore che le zelanti forbici non si siano parimenti mosse ad emendare la nov. VII, 1 di alcune espressioni così audaci come questa: «Isabella... vedendo che nè per digiuni nè per orazioni nè per elemosine nè per altri beni da lei fatti, esaudita non era, determinò cangiar maniera e prender contrario partito; e sì come ella per l’adietro era stata devota e fervente nelle orationi, così ora tutta si diede alle incantagioni e fatture, sperando le cose riuscirle in meglio». Si esercitarono invece nella nov. 3 della stessa notte VII: e precisamente sulla fine del racconto, ove era narrato che il buffone Cimarosto, prossimo a morte, rivolto al sacerdote che gli prodigava l’estrema unzione, desse in questa esclamazione: «Deh, messere, non mi ungete più! non vedete voi come presto vado e leggermente corro?». Il motto, degno della leggenda aretinesca, fu corretto così: «Deh, messer, di grazia ditemi! non vedete voi come presto vado e leggermente corro?». La notte VIII andò immune da ogni ritocco: sintende che la nov. 3, già sfrattata dalle edizioni anteriori, continuò a [p. xii modifica]restare in tale presunzione; lo stesso dicasi della notte IX, nella quale però, a la nov. 5, si osserva come la dotta monaca che in forma di cameriera sostiene una difficile disputa coi dottori fiorentini, sia chiamata «una giovane», senz’altro. Trascorro alla notte XI; quivi gli effetti della censura si aggravano sulle novelle 3 e 5. Nella nov. 3, ove si narra della voracità di un frate, l’eroe della novella, di Pomporio monaco qual era dianzi, ora è chiamato Pomponio Comona; il «famoso monasterio» si muta in una «casa molto famosa»; il «padre abbate» si trasforma nel «padrone della casa»; il piattello dell’ingordo, da lui accarezzato col nome di «oratorio di divozione», si tramuta in un «albergo di monizione». Non diverso è il caso della nov. 5: qui fra Bigoccio diventa un «uno» qualsiasi, e il monasterio, «l’ordine»: e della lieve emenda si contentò la censura, così che lasciò indisturbato l’osceno episodio dei getti e dei guanti che si legge in questa stessa novella. Le più gravi di tutte queste alterazioni toccarono però alle novelle 9 e 11 della notte XIII; in fatto le mutilazioni introdottevi per risparmiare monache e preti furono a danno del senso e della chiarezza del racconto.

In tal modo espurgata ci appariscono le edizioni di Venezia, Domenico Farri, 1569 e 15705. A queste corrispondono le seguenti:

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Venezia, Altobello Salicato, 1573.
» , Giovanni de’ Picchi e fratelli, 1578.
» , S. n. t., 1580.
» , Domenico Farri, 1584.
» , Domenico Cavalcalupo, 1586.

Non mi soffermerò a dire della nuova ripresa di mutilazioni che si inaugurò con l’edizione di Venezia, Daniel Zanetti, 1597, perchè ne parlai già altrove6. Accennerò soltanto alle novelle soppresse (II, 4; VI, 5; VI. 5; XI, 5; XII, 4; XIII, 8) e a quelle mutilate (I, 2; VII, 1 e 3; IX, 4; X, 4). Le alterazioni più lievi sono poi innumerevoli, e si trovano ovunque sieno nominati Dio, papi, cardinali, chiese, Roma ecc.: i quali nomi furono sostituiti o da altri o da fastidiosissimi e pazzeschi «N. N.». Eccone un esempio, ricavato dalla nov. VII, 3.

Il N. ch’era alquanto occupato con un N. disse al N.: Odi tu che odo io? Signor sì, rispose il N. Ed avedutosi il N. ch’ogni linguaggio ottimamente sapea, del burlar che facea Cimarosto col N. ecc.».

Con la stessa cecità la censura continuò ad imperversare sulle edizioni di Venezia, Daniel Zanetti, 1598 e Alessandro De Vecchi, 1599; finchè spiegò il massimo rigore nella edizione di Venezia, Daniel Zanetti, 1601, portando a nove il numero delle novelle soppresse ed accrescendo senza fine quello delle mutilazioni. Le edizioni posteriori [p. xiv modifica](1604, 1608 e 1613) non sono diverse da questa del 1601.

Cosiffatte le mutazioni nella materia delle Piacevoli Notti. Quanto alle altre che ne riguardano la forma, qui mi restringo a considerare quelle che si notano in questa prima parte del novelliere e nelle sue prime edizioni. Esse, per nostra fortuna, non sono nè così numerose nè così gravi nè di tal natura, da lasciar credere che lo Straparola, od altri per lui, riponesse mano nella sua opera già a stampa allo scopo di abbellirne il dettato; sono invece semplici ritocchi coi quali per lo più si cercò di correggere errori di stampa, o di regolare qualche costrutto un po’ strano, o di ammodernare forme antiquate o dialettali. Ne riferisco in nota alcuni esempi7. [p. xv modifica]

Ciò posto, il mio compito di fornire un’edizione critica delle Piacevoli Notti, fu più faticoso che [p. xvi modifica]difficile. Lasciate in disparte le edizioni mutilate e pure quelle in cui la veste primitiva s’era rinnovata [p. xvii modifica]a forme più regolari e più recenti, mi restrinsi — dico in questa prima parte del novelliere — alle edizioni del 1550 e del 1551, che son le due prime: non però così strettamente, che non tenessi conto della edizione del 1558 e di quell’esemplare della edizione del 1556, il quale, benchè ne sembri dubbia la fede di nascita, è certo che appartiene ad una delle edizioni più antiche8; ed a tenerne conto mi indusse il fatto che all’edizione del 1556 e a quella del 1558 acquista valore la probabilità che lo Straparola, se ancor vivo in quel tempo, seguisse con occhio vigile le vicende della sua opera.9 Il risultato del confronto fu, come ho detto, che spigolai poche varianti e di scarso valore: delle quali non trascurai tuttavia di serbar nota per un’appendice che avrà suo posto in fine al secondo volume. E qui segnalerò altresì quei [p. xviii modifica]casi in cui o per deliberato proposito o per semplice svista mi fossi scostato dalla lezione delle stampe più antiche.

Meno facile mi riuscì la riproduzione delle nov. V, 3 e 4, le quali sono dettate nei dialetti bergamasco e pavano. Trascrivere con cieca fedeltà il testo delle prime edizioni, era troppo comodo consiglio, ma non mi parve di poterlo adottare; nè d’altronde si voleva trascurare affatto l’antico dettato, perchè in tal caso avrei pubblicato due bei documenti prettamente dialettali piuttosto che i racconti dello Straparola, ove l’ingenua forma vernacola si adattò, per così dire, alla bocca dei colti narratori e ai delicati orecchi dei gentiluomini che stavano ad ascoltare. Ad uscire di questa difficoltà ritenni che la via migliore fosse di rispettare gli adattamenti letterari dei due dialetti e di seguire per la trascrizione i metodi moderni che vidi adottati rispettivamente dal Zerbini10 e dal Lovarini11; del resto abbondai in richiami alle edizioni antiche, che qui mi sembrò opportuno notare a piè di pagina: così pure allargai il confronto dalle antiche edizioni alle più recenti e mutilate, sia perchè anche di queste si avesse un saggio, sia inoltre per fornire elementi forse non trascurabili agli studiosi della storia dei due importanti dialetti.

Devo infine dichiarare che, per ragioni non interamente dipendenti dalla mia volontà, sostituii all’antica la grafia moderna in quei casi che non [p. xix modifica]mi parvero rivestire un carattere speciale: onde ad es. la soppressione dell’h iniziale, gli ed invece degli et, gli z invece dei ti.

Le preziose edizioni delle Piac. Notti del 1550 e del 1551 sono possedute dalla Biblioteca Comunale di Bergamo.; all’ill.mo Sindaco di questa città ed all’ottimo Bibliotecario, che con rara cortesia me ne concessero l’uso — ahimè quanto lungo! — rendo vivissime grazie12.

Reggio-Emilia, novembre 1898.

  1. Le Piacevoli Notti di messer Gianfrancesco Straparola, Roma, Loescher, 1898.
  2. Non già però senza rinnovare anche qui il ricordo di quegli eruditi che precedendomi mi agevolarono il compito d’illustrare l’importante novelliere.
     I. Les facecieuses Nuits de Straparole, Amsterdam, 1725. Questa pubblicazione con la quale fu ripresa la serie copiosa delle edizioni delle Piacevoli Notti nella traduzione francese, fu corredata di una breve e disinvolta prefazione del La Monnaye e di note del Lainez intese a segnalare i riscontri che i racconti dello Straparola offrivano con altre novelle italiane e francesi. Le note del Lainez sono tanto sobrie quanto preziose; egli seppe, fra l’altro, trovare le fonti anzi i modelli di più novelle dello Straparola tra le Novelle del Morlini: indicò la fonte della fav. II, 3 nella Legenda aurea, e riscontri vicinissimi alle fav. I, 3 e IX, 3 nella novella di Campriano contadino e in uno scritto latino di Giovanni Giustiniano candiota.
     II. Die Nächte des Straparola von Caravaggio, aus dem Italiänischen übersetzt, Wien, gedruckt und verlegt von Ignaz Alberti, 1791. Nella prefazione l’editore fornisce alcune notizie bio-bibliografiche di scarso valore intorno allo Straparola ed alle sue opere.
     III. Märchen-Saal. Die Märchen des Straparola aus dem Italienischen, mit Anmerkungen von V. Schmidt, Berlino, 1817. Le Osservazioni dello Schmidt acquistano molto valore a questa edizione parziale delle Piacevoli Notti. Lo Schmidt vi indagò i problemi della formazione e della propagazione delle novelle popolari in genere; cercò nella poesia romanzesca medievale le fonti o i riscontri delle singole fiabe dello Straparola e dei miti che vi sono accolti, ne notò le imitazioni nelle Facétieuses Journées dello Chapuis: anche ne investigò quell’occulto significato ch’egli vi credeva racchiuso.
     IV. Les facétieuses Nuits de Straparole, Parigi, 1857. Precede un’introduzione dello Jannet, molto pregevole per la bibliografia delle traduzioni francesi delle Piacevoli Notti; non di egual pregio sono gli elenchi copiosi ma disordinati di cosidette fonti e imitazioni delle singole novelle.
     V. Brakelmann, Giovan Francesco Straparola da Caravaggio, Gottinga, 1867. Il giovine erudito tedesco riprese con grande diligenza, benchè con scarso frutto, le indagini intorno alla vita dello Straparola, traendo tutto quel profitto che era possibile dalle vaghe e talora errate notizie che gli erano somministrate dagli storici della nostra letteratura. La parte bibliografica è la meglio riuscita; non parimenti felice appare il capitolo che tratta delle fonti del novelliere.
     VI. Oltre a questi studi speciali, vogliono essere ricordati quello del Dunlop nella sua History of Fiction; del Grimm nei Kinder-und-Hausmärchen; del Landau nei Beiträge zur Geschichte der italienischen Novelle; del Crane negli Italian popular tales. Per la parte bibliografica, ved. altresì Pitrè, Bibliografia delle tradizioni popolari in Italia, Torino, 1894.
  3. Anche in quella del 1562, come constatammo nell’esemplare posseduto dalla Nazionale di Parma.
  4. L’osservazione è dello Jannet: e muove dal fatto che l’ediz. 1557 fu pubblicata «ad istanza dell’autore».
  5. È bene osservare che delle edizioni anteriori al 1569 non potei consultare quelle del 1565 e del 1567.
  6. Nell’articolo citato, inserito nel Giornale storico della letteratura italiana. Anche qui osservo che mi fu irreperibile l’ediz. di Venezia, Daniel Zanetti, 1590.
  7. Ho esteso il confronto alle seguenti edizioni: Venezia, Comin da Trino, 1550; Venezia, Comin da Trino, 1551; Venezia, Domenico Giglio, 1558; Venezia, Francesco Lorenzini da Turino, 1560; Venezia, Giovanni Bonadio, 1563; Venezia, Domenico Farri, 1569; Venezia, Domenico Farri, 1570; Venezia, Altobello Salicato, 1573.
    Pag. 9, riga 2
    dovrebbe, ’50; doverebbe, ’51; dovrebbe, ’58: doverebbe, ’60; dovrebbe, ’63; doverebbe, ’69; dovrebbe, ’70 e ’73.
    » » » 3
    termine, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; fine, ’69, ’70, ’73.
    » » » 18
    dopo, ’50, ’51; doppo, ’58, ’60, ’63; dopo, ’69, ’70; dopò, ’73.
    » 10 » 7
    riuscise, ’50; riuscisse, ’51, ’58, ’60, ’63; riesce, ’69, ’70, ’73.
    Pag. 10, riga 19
    un figliuolo, ’50, ’51; uno figliuolo, ’58, ’60, 63; un figliuolo, ’69, ’70, ’73.
    » » » 27 pregolo, ’50, ’51, ’58, ’60; pregollo, ’63, ’69, ’70, ’73.
    » » » 29 de quai, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; de’ quali, ’69, ’70, ’73.
    » » » 33
    et herede, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; e che non lasciasse herede, ’69, ’70; e che non lo lasciasse herede, ’73.
    » 11 » 8 occorevano ’50, ’51, ’58; occorrevano, ’60, etc.
    » » » » diterminò ’50, ’51; determinò, ’58, etc.
    » » » 10 l’anno dalla morte, ’50; l’anno della morte, ’51, etc.
    » » » 17 amenduo, ’50, ’51, ’58, ’63, amendue, ’60, ’69, etc.
    » » » 18 contro agli, ’50, ’51; contra gli, ’58, etc.
    » » » 19 aricordi, ’50, ’51; ricordi, ’58, etc.
    » » » 25 conveneva, ’50, ’51; conveniva, ’58, etc.
    » 12 » 15 conseguiva, ’50, etc; consequiva, ’58.
    » » » 16
    se ingegnava, ’50, ’51, ’58, ’63; si ingegnava, ’60, ’69, ’70; s’ingegnava, ’73.
    » » » 25
    cominciò pensare, ’50, ’51; cominciò a pensare, ’58, etc.
    » » » 33 inducesse, ’50, etc; indusse, ’69.
    » 13 » 10 li fussi, ’50, ’51, ’58, ’60: gli fossi, ’63, etc.
    » » » 15
    imponendoli, ’50, ’51, ’58; imponendogli, ’60, etc.
    » » » »
    toccherebbeno, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; toccherebbono, ’69, etc.
    » » » 20
    terza larga, ’50, ’51, ’58, ’60; terza ancora larga, ’63, etc.
    » » » » isperienza, ’50, ’51, ’58, ’60; esperienza, ’63, etc.
    Pag. 13 riga 26
    biasmevoli, ’50, ’51, ’58, ’60; biasimevoli, ’63, etc.
    » » » 27
    il padre, ’50, ’51; il mio padre, ’58, etc.
    » 14 » 7
    continovo, ’50, ’51, ’58, ’60; di continovo, ’63; di continuo, ’69, etc.
    » » » 21
    portandolo, ’50, ’51; e portollo, ’58, etc.
    » 15 » 4
    mangerebbe, ’50, ’51; mangierebbe, ’58, ’63; mangiar ebbe, ’60, etc.
    » » » 11
    addimandiate, ’50, ’51, ’58, 60; addimandate, ’63, etc.
    » » » 13
    roina, ’50, ’51, ’58, 60; rovina, ’63, ’69, ’70; ruina, ’73.
    » » » 15
    incorreste, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; incorrereste, ’69, etc.
    » » » 27
    guanzata, ’50, ’51, ’58, ’60; guanciata, ’63, etc.
    » » » 32
    luoco, ’50, ’51; luogo, ’58, etc.
    » » » 33
    vendicarebbe, ’50, ’51; vendicherebbe, ’58, etc.
    » 16 » 30
    patibolo, ’50, ’51; patibulo, ’58, etc.
    » 17 » 4
    mi li sono, ’50, ’51, ’58; me li sono, ’60, etc.
    » » » 9
    ispermentata, ’50, ’51, ’58, ’60; isperimentata, ’63, ’69; esperimentata, ’70, ’73.
    » » » 10
    sequitato, ’50, ’51, ’58, ’60; seguitato, ’63, etc.
    » » » 20
    che’l proverbio... esser, ’50, ’51, ’58, ’60, ’63; il proverbio esser, ’69, ’70, ’73.
    » » » 33
    chel habbi, ’50, ’51; che ’l habbi, ’58, ’60; che l’habbi, ’63; che habbia, ’69, etc.
    Pag. 18, riga 26
    aviò, ’50, ’51, ’58, ’60; inviò, ’63, etc.
    » 19 » 29
    faci, ’50, ’51, ’58, ’60; facci, ’63, etc.
    » » » 32
    de mia ira, ’50, ’51, ’58, ’60; di mia

    ira, ’69, etc.

    » 20 » 4
    ubligarebbe, ’50, ’51; ubbligarebbe, ’58, ’60, ’63; obligarebbe, ’69, etc.
    » » » 28
    sarà ’50, ’51; fia, ’58, ’60, ’63, ’69; sia, ’70, ’73.
    » 21 » 7
    della parte, ’50, ’51; la parte, ’58, etc.
    » 22 » 13
    persentita, ’50, ’51; presentita, ’58, etc.
  8. L’esemplare è posseduto dalla Nazionale di Firenze; quanto ai dubbi intorno alla sua autenticità, ved. l’art. cit. nel Giornale stor. d. letterat. ital.
  9. Certamente era vivo nel 1553 quando diede fuori la seconda parte delle Piacevoli Notti.
  10. Note storiche del dial. berg., Bergamo, 1886.
  11. Antichi testi di letteratura pavana, Bologna, 1894.
  12. Perchè questi brevi cenni bibliografici riescano più chiari, reco il prospetto delle edizioni italiane delle Piacevoli Notti.
    Edizioni della prima parte:
    I. Venezia, Comin da Trino,1550.
    II. » » » 1551.
    III. » » » 1555.
    Edizioni della seconda parte:
    I. Venezia, Comin da Trino, 1553.
    II. » » » 1554.
    III. » » » 1556.
    IV. » » » 1557.
    Edizioni delle due parti riunite:
    I. Venezia, Comin da Trino, 1556.
    II. » » » 1557.
    III. » Domenico Giglio, 1558.
    IV. » Francesco Lorenzini, 1560.
    V. » Comin da Trino, 1562.
    VI. » Giovanni Bonadio, 1563.