Leone Duodecimo e Pio Ottavo (Baraldi)/Leone XII e Pio VIII

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Leone XII e Pio VIII

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Dedica dell'autore
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LEONE XII E PIO VIII






Leone XII! Pio VIII! — . Leone che per un lustro governò la Chiesa cattolica, Pio che dopo trentasei giorni di conclave viene da Dio nella sua misericordia prescelto a nuovo e sommo Gerarca: oh nomi! oh memorie! oh argomento insieme di lutto e di conforto, di timore e di speranza! oh soggetto profondo di adorare gli alti imperscrutabili disegni d’una celeste e ognor presente e mirabile Providenza!

......... Primo avulso non deficit alter
Aureus et simili frondescit virga metallo.

Per diciannove secoli si avverò sempre questo non favoloso, ma sacro e vaticinato e lieto portento. Al ramo d’oro, che portò scritto un nome caro all’Italia e alle Lettere, a Roma e alla Religione, il bel nome di Leone, successe e spuntò sollecito a coronar la mistica pianta un altro aureo ramo, che di nuova luce sfolgorante altro nome mostrava ugualmente caro del primo, ma reso più glorioso e tenero da indelebili e recenti memorie, e da quella venerazione che ispira la persecuzione e un prolungato martirio, l’augusto e caro nome di Pio. È sempre d’oro quel ramo, è sempre sacra quella misteriosa verga, e fu sì rapido il succedere dell’uno all’altro ramo, che ben può dirsi la morte di Leone non esser per anche giunta a que’ tra suoi figli, che abitano l’opposto emisfero quando già il nostro esultava alla elezione avventurata di Pio; simile in questo al benefico e maggior astro del giorno, che se tramonta sul nostro orizzonte, ne illumina tosto un altro, nè lascia mai per un solo istante in tenebre l’intero mondo. Adoriam pure i consigli dell’Altissimo, e consegniamo in queste Memorie alla Religione e alla verità sacre quei sentimenti che sebbene in apparenza sieno opposti, [p. 2 modifica]pure partono dal medesimo principio, e ad uno stesso e solo fine pur mirano. Pochi fiori, ma candidi e olezzanti, nè certo senza tributo di lagrime, spargansi sulla modesta tomba del primo: voti teneri, religiosi, e copia d’infocati sospiri di riconoscenza, di fedeltà, di venerazione s’alzino al trono maestoso e placido del secondo.

Annibale della Genga nacque il 2 Agosto 1760 alla Genga, feudo di sua famiglia, presso Spoleto. Mandato giovine a Roma entrò, e si distinse nell’Accademia nobile ecclesiastica. L’immortal Pio VI conoscitor profondo degli uomini e del merito lo annoverò anche giovine ai Canonici di S. Pietro, e ai Prelati di sua famiglia. Non senza consiglio arcano della Providenza compose egli e recitò nella Pontificia Cappella del Quirinale nel 1790 l’Orazion funebre di Giuseppe II Imperatore, e maneggiò argomento sì grande e sì delicato con nobile maestria e consumata prudenza. Poco dopo ordinato Arcivescovo di Tiro ebbe la nunziatura di Colonia, ove le traccie degli errori di Febronio e d’Eybel, le scismatiche misure del conciliabolo d’Ems, e le novità di sempre malaugurate Riforme, mettevano a prova e cimento lo zelo, la destrezza e la prudenza del Nunzio Romano1. Soddisfece egli alla confidenza che in lui collocò Pio VI e mentre il turbine rivoluzionario sbucato di Francia invase gli Stati Romani, e cattivo addusse in terra nemica il Pontefice, che con una santa morte coronò in Valenza il suo lungo martirio, il nostro della Genga abbandonò Colonia, e ritirossi in patria. Pio VII successore del trono e delle persecuzioni dell’antecessor suo parve ne ereditasse ancora riguardo al della Genga i sensi medesimi di confidenza e di affezione. Lo spedì tosto a Monaco, ed ivi pure travagliosa nunziatura sostenne, ove si distinse l’abilità e la prudenza del Prelato, che alla [p. 3 modifica]dieta di Ratisbona e in Francia ove l’autorità risiedeva sulla Germanica confederazione, diede di se grato e stimato spettacolo in tempi, luoghi, e con persone sventuratamente troppo celebri per tante vicende, e durò in tali incumbenze, finchè l’urto di nuova e maggior persecuzione costrinselo a ritirarsi di nuovo. All’epoca della pace Pio VII spedì il suo fedele e prode ministro a Parigi, e questa volta eziandio per grave malattia sopraggiuntagli, interromper dovette e abbandonare questa nuova e straordinaria Nunziatura. Così la Providenza chiamandolo ora ad una, ora ad un’altra Provincia il rendeva non solo utile colle sue missioni alla Chiesa, ma lo addestrava a maggiori cose, e lo istruiva sopra luogo dei bisogni e dei vantaggi che presentavano riguardo alla religione que’ Regni principali. Nel 1816 Pio VIIlo creò Cardinale, e gli conferì il vescovato di Sinigaglia; umile e modesto il della Genga paventò il carico dell’Episcopato, supplicò ed ottenne di venirne liberato; ma se Pio VII contentollo in questo, nol volle meno occupato in cure pastorali, e alla morte del celebre Cardinale Litta lo destinò suo Vicario nell’anno 1820. Adempì le difficili e importanti funzioni di tal carica il Cardinal della Genga in un modo da riscuotere la comune approvazione, e il più alto e fondato concetto sopra i suoi lumi, e i suoi servigi. Da questa carriera d’una vita tutta apostolica e tutta consecrata al ben della Chiesa venne egli sollevato alla Cattedra di Pietro, e preso il nome di Leone XII fu coronato il 5 Ottobre 1823.

Dopo alcuni mesi la Chiesa fu sul momento di perdere il suo Pastore attaccato da violenta malattia, dalla quale si riebbe solo per un miracolo di misericordia, che dall’epoca stessa in cui avvenne sino al giorno presente si è confermato e assicurato in modo da non dubitarne2. Un tale [p. 4 modifica]avvenimento, che rimprovera e mortifica un secolo ingratamente incredulo, ben mostra come Leone XII era l’eletto del Signore, e come la sua vita era preziosa alla Chiesa ed alla Religione. Il Santo Pontefice amava e venerava Monsignor Strambi Vescovo di Macerata, e se lo era chiamato vicino. La vita del Papa era agli estremi, e già egli entrava in agonia: a mezzanotte il piissimo Vescovo di Macerata celebra la santa messa, e terminata questa, recasi dal Papa tutto pieno di consolazione: dice agli astanti coll’accento della semplicità confidente che il Signore ha accettata la sua povera e inutil vita onde prolungare i preziosi giorni di Leone. Chiama allora per nome il malato: da quel momento questi migliora, e nel giorno stesso Monsignor Strambi colpito d’apoplessia more in 24 ore. Scampato così prodigiosamente il Pontefice dal pericolo di morte, s’accinse con tutto l’impegno, e una mirabile attività alle cure del cattolico mondo, e a chi talvolta il consigliava di prendere qualche sollievo e riposo, soggiungeva tosto, che la vita è breve, e che conviene usar bene del tempo e profittarne.

La lettera enciclica colla quale annunziava l’elezion sua ai vescovi si ammira come un modello di pastorale [p. 5 modifica]eloquenza, e come una prova non dubbia dello zelo e della pietà che lo animava. Frutto di questa pietà stessa, e del suo grande e puro amor alla fede fu pure la intimazione del Giubileo3. A questo solo nome sdegnaronsi lo spirito [p. 6 modifica]irreligioso del secolo, la timida politica, e la fatale indifferenza. Si armarono difficoltà, si frapposero ostacoli, si mossero contraddizioni, ma egli superò tutto, di tutto trionfò [p. 7 modifica]e nella bolla publicata a tale epoca manifestò i generosi e santi sentimenti dai quali investita era quell’anima santa e apostolica. Scorse intanto quell’anno felice di accettazione [p. 8 modifica]e di pace: arrise persin la stagione ai devoti e frequenti pellegrini, che recaronsi alla Città santa: non s’udì nè tumulto, nè ombra solo di sommossa o di disordine: e il mondo intero riconobbe che quando la religione è l’anima delle imprese, queste non possono mancare o anche solo deviare dal nobilissimo e santo loro fine. Chi non si commove al sentire come la pietà di Leone rinnovasse in Roma gli esempi i più straordinarj di zelo e di devozione? A piè nudi volle egli tutte compiere le faticose stazioni, servir spesso colle sue stesse mani i pellegrini alla mensa, raddoppiare e crescere le austerità che ordinariamente praticava, e vicario di quel Signore che evangelizzava i poveri, serviva i suoi apostoli, e tutto il peso della laboriosa mission sua portava, offrì Leone il più compiuto esemplare di quel divino Principe de’ Pastori. Oh pietà primogenita fra le virtù, che tutte anzi le appuri ed abbelli, come non eri profondamente impressa nel cuor di Leone! Quel cuore che tutte portava le Chiese della Cristianità, che sollecito non respirava che pe’ figli suoi, fecegli nell’anno seguente estendere a tutto l’orbe cattolico il santo Giubileo, moltiplicando così quasi per ogni cattolica contrada i prodigi che Roma veduti avea. Oh pietà che persino tradiva la stessa sua profonda umiltà, per cui al mostrarsi, al parlare, all’accoglier solo rapiva di tenerezza e d’ammirazione, e le sue maniere nobili, dignitose, gentili e sante ben palesavano di quanta e quale virtù e grazia ripieno andasse. L’umiltà sua faceagli talvolta esclamare, quando ammetteva al bacio del piede: non mihi sed Petro: la sua mansuetudine non lo alterava giammai in verun incontro, e quanti ebbero la bella ventura di visitarlo ne partivano consolati e rapiti. E se a noi non fu dato di esser partecipi di tanto gaudio, ben possiam col Grisostomo ripetere di aver potuto, e di poter tuttavia amare chi non vedemmo mai di persona4, ma che ci rese visibili tali e tanti monumenti di sua virtù. [p. 9 modifica]Sì, possiam senza esitare un momento solo, protestare, che quanto il ricordato S. Arcivescovo sentiva d’amore e di trasporto per l’Apostolo Paolo, tanto il cuor nostro sentiva, e sentirà ognora per Leone, Omnes equidem amo Sanctos, mi si conceda questo sfogo: maxime vero beatum Paulum, e noi diremo Leone, vas electionis, tubam caelestem, Christi pronubum5. E che non sia soverchiamente dall’affetto regolato questo sentir nostro, ci pare di poterlo, sebbene in pochi cenni comprovare, istituendo un confronto fra Leon XII e quell’altro Leone il Grande, di cui era divotissimo, e del quale seppe sebbene in troppo angusto spazio di tempo ristringere e ricopiare le nobili imprese. Certo fu più solenne e grande il teatro, sul quale mostrossi il primo, e non rade volte la venerazione e la stima acquista e con ragione un grado più eminente dalle circostanze favorevoli nelle quali grandiosa spicca la virtù dell’eroe celebrato. Ma non è però men grande e pregiato chi privo di tali circostanze adempie ogni giustizia, e percorre lo stesso sentiero di luce e verità. Zelator massimo, e maestro della cattolica sede promosse Leone il Grande l’ecumenico Concilio di Calcedonia, e parecchi altri particolari ne tenne a Roma e altrove, onde e Nestoriani, e Manichei ed Eutichiani condannare, e divider dalla Chiesa. Concilium magnum legitimum, così ne’ suoi Fasti cristiani il sommo Morcelli, Chalcedone celebratum est: Eutyches et [p. 10 modifica]Dioscorus damnati. — Manichaei Roma pulsi, scripta eorum flammis devota, factio Pelagianorum et Priscillianorum repressa.Leon XII non intimò quelle solenni e celebri adunanze, che il sacrosanto Tridentino concilio rese meno necessarie, ma contro nuovi errori, pericolose sette, tenebrosi maneggi, cui non era ancor giunta nè l’eretica perfidia, nè la maligna empietà alzò l’autorevol voce, e le proscrisse e fulminò con una robusta e dotta enciclica, che ricorda e rinfaccia al mondo le cure vigilanti de’ Papi che primi di tutti scoprirono e fulminarono queste sette nemiche a un tempo del trono e dell’altare. Leon Magno volò alla difesa d’Italia e di Roma: Attila, così segue il Morcelli dux Hunnorum urbi inhians Leonis occursu et adloquio deterritus victorem exercitum trans alpes reduxit, e poco dopo a fronte d’altro barbaro vincitore: Gensericus dux Vandalorum Leone deprecante ab incendio urbis et compilatione aedium sacrarum milites cohibuit. — Leon XII. non ebbe a fronte tai Barbari, che certamente colla maestà del volto, e colla santità del sembiante avrebbe vinti e placati, ma ben altre guerre, altri nemici trovò congiurati contro la mistica nave di Pietro, e seppe meritarsi confidenza, amore, e la sua mansuetudine e prudenza conciliò, prevenne e calmò aggressioni non meno terribili di quelle che aspettar si potessero dagli Unni e dai Vandali, perchè più nascoste, meno temute, e insidiosamente preparate dallo spirito delle tenebre. Aedes Cornelii via Appia a Leone condita, nonnullae quae vetustate dilabebantur restitutae, multae donariis auctae, e sappiamo anzi dal Pontefice Adriano, che il gran Leone rinnovò la Basilica di S. Paolo post ignem divinum6. E non potrassi dir lo stesso e anche più di Leon XII? Chi non ricorda la Basilica Liberiana da lui arricchita d’un sacro fonte con [p. 11 modifica]finissimi marmi, dorati bronzi e statue elegantissime, opra di genio veramente Romano7? E il tempietto sacro alla Vergine nel monte della Genga8? E la Costantiniana Basilica di ricche e preziose suppellettili adorna? E la Basilica di S. Paolo da un fatale incendio consunta in gran parte nel 1823 non dovette alle cure, al coraggio, e alla grand’anima di Leon XII se potrà risorgere dalle sue ruine, e compensare il cordoglio di tanta perdita? Leonis litteris excitati Orientis episcopi adversus Timotheum Elurum qui Pontific. Alexandr. invaserat, Aegyptii ad tuendam majorum doctrinam confirmati. — Quanto non travagliò il defunto nostro Padre e a richiamare al sen della Chiesa madre quei dissidenti di Francia, che nel nome di Piccola Chiesa portano seco la loro condanna? a riprovare la scismatica Chiesa d’Utrecht sorda agli anatemi di tanti Pontefici? a condannare le Società Bibliche? Le Chiese cattoliche del Belgio occuparono le sue cure, non che quelle dell’Irlanda, [p. 12 modifica]e se morte il sorprese, come Mosè sul Nebo, o il Saverio in Sanciano, la Chiesa segnerà col bel nome di Leon XIIe il Concordato del Belgio, e l’emancipazion de’ Cattolici d’Irlanda. Le ultime lettere di S. Leone scritte ai Preti d’Alessandria, non respiravano che l’unità: quia varietatem veritas quae est simplex atque una non recipit; e la carità, sine qua nullae possunt prodesse virtutes: e la carità e l’unità mossero pure le ultime lettere di Leon XII, onde salva l’unità richiamare alla pace, alla tranquillità, alla carità una delle più illustri cattoliche chiese. — Ahimè che il confronto istituito sinora nella parte più sensibile ci abbandona, e troppo grande la differenza segna tra i due Pontefici. Dopo ventun’anno di Pontificato morì S. Leone. Dopo soli cinque anni, e mentre tutto sembrava promettere alla Chiesa di conservare anche a lungo i giorni di un tal Pontefice, accostavasi, e non senza presentimento di lui medesimo, il termine di sì cara vita.

Il 2 Febbrajo 1829 dopo la benedizion delle candele, un Prelato si rallegrò seco di sua buona salute, e il Pontefice gli rispose in modo da far conoscere chiaramente aver egli poco tempo da vivere. In seguito rimise l’anello pontificio al Prelato di sua casa cui spettava, informandolo non esser lontano il momento che dovea quello passar ad altre mani, e gli raccomandò di custodirlo onde non venisse frammisto con altri oggetti di sua proprietà. Diede parecchie disposizioni che provano il convincimento in cui era di dover presto morire, e pria che nessun male l’obbligasse al letto compose, e scrisse la propria iscrizione da collocarsi sopra il suo sepolcro nella Cappella di S. Leone Magno, che nella sua semplicità respira umiltà, e pietà.

LEONI MAGNO
PATRONO CAELESTI
ME SVPPLEX COMMENDANS
HIC APVD SACROS EIVS CINERES
LOCVM SEPVLTVRAE ELEGI
LEO XII. HVMILIS CLIENS
HEREDVM TANTI NOMINIS
MINIMVS.

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Il 5 Febbrajo cominciò a soffrir gravemente, e nella notte stessa vennero chiamati i medici. Sino a tutto il 7 la malattia fece grandi progressi: sembrò quindi calmarsi agli 8, e dar qualche speranza: ma nella notte tornò ad aggravarsi, e la mattina seguente ricever volle il S. Viatico: chiese poco dopo l’olio santo, che ricevè con pietà profonda e rassegnazione rispondendo egli stesso a tutte le preghiere. Il Cardinal Castiglioni Penitenzier maggiore non si scostò più dall’augusto infermo: questi che sino al terminar del 9 aveva conservata la sua intelligenza, cadde in letargo, poi in una lunga e tranquilla agonia, e il 10 Febbrajo tra le 9 e 10 del mattino fra le lagrime degli astanti passò a miglior vita in età di anni 68.

L’improvvisa perdita del Pastor supremo gettò nel dolore e nell’avvilimento l’intero gregge: pianse la Chiesa ahi troppo presto vedova, e sebbene le promesse del divino Sposo restino sempre infallibili, e come S. Leone esprimevasi: manet dispositio veritatis, et B. Petrus in accepta petrae fortitudine perseverans suscepta Ecclesiae gubernacula non reliquit9 pure afflitta e desolata stavasi per la forza del dolore e di sua fede immota presso la tomba del Magno Leone ove riposar pur dovevano le ceneri sacre di Leone XII. Ivi nel silenzio scriveva ne’ sacri dittici i fasti del suo estinto duce, che accoppiando il doppio carattere di Pontefice e di Sovrano sì benemerito fu e della Religione e della Società10. Lui ricordava quale ebber fautore e [p. 14 modifica]promotore i buoni studi, de’ quali la Religione, e i Romani Pontefici fur sempre vindici e salvatori: lui il decoro dell’arti, dell’antichità che Italia e Roma ebbero sempre a patria e ad asilo: lui la cura de’ poveri, degl’infermi, de’ prigionieri soccorsi, istruiti, da lui stesso visitati, giacchè la sola cattolica religione è l’amica vera dell’umanità: lui il buon [p. 15 modifica]governo di sudditi, la giustizia fedelmente amministrata, le provincie purgate felicemente dagli infesti ladroni: le riparazioni di città, di monumenti, opere tutte, una sola delle quali avrebbe meritata ai Cesari Romani l’onor d’un trionfo: lui nella privata vita, ne’ modi, nelle publiche funzioni, ne’ sacri templi, nelle allocuzioni, nelle bolle eminentemente pio, zelator del culto sacro, promotor di quelle cause che sui nostri altari moltiplicano i santi [p. 16 modifica]tutelari della cristiana cosa, ristaurator della disciplina ecclesiastica, cui profonda e lunga piaga recarono tanti anni di persecuzione e di ruina: lui prodigo di una mal ferma salute logora dalle fatiche, e dalle penitenze, lui tutto a tutti, e non dimentico che di se stesso: lui che ben potea ripetere col suo S. Leone che nell’alta Sede, ove Dio lo collocò godea non già di presieder ma di servire non tam praesidere, quam servire gaudemus: lui, che tutto [p. 17 modifica]questo operò, che molto di più dispose, meditò e col penetrator suo spirito già volgeva, e operava in mezzo a mille ostacoli, e in un pontificato breve, se mirisi alla misura del tempo, ma pieno per le grandi apostoliche imprese che il raccomandano alla venerazione della cristianità e alla riconoscenza de’ suoi sudditi11. Tutto questo va [p. 18 modifica]narrando la Chiesa, e lo incide non in marmi o bronzi manchevoli, ma nel libro della vita il custode e vindice della Chiesa stessa, l’Arcangelo S. Michele, suggellandone l’elogio con quel sacro testo sì letteralmente rinnovatosi in Leone XII consummatus in brevi explevit tempora multa12.

Vola intanto per tutte le cattoliche Chiese il ferale annunzio di una tal morte: i sacri e mesti canti di [p. 19 modifica]suffragio e di preghiera pel riposo di un tanto Padre, le voci che tra il vestibolo e l’altare alzano dogliosi e commossi i Veggenti d’Israello, le pompe religiose e solenni che dal primo Tempio del mondo si estendono al più povero ed oscuro, dalla città santa alle cattoliche metropoli, alle più remote terre e alle più semplici e campestri parrocchie, formano un concerto mirabile, una moltitudine felice che non ha che un cuore, un sentimento solo, universale, vivacissimo di famiglia, che vedova rimase del padre suo13. Oh mirabile forza, oh comunion cara, oh solo vanto e privilegio nobilissimo della cattolica Chiesa! Illa est enim virgo Ecclesia, così insegna il gran S. Leone, Sponsa unius viri Christi, quae nullo se patitur errore vitiari, ut per totum [p. 20 modifica]mundum una nobis sit unius castae communionis integritas14. E questo conforme suono di preghiere e di gemiti ad altro fervido impegno si associa, onde colla comune incessante preghiera implorare un Pastor nuovo secondo il cuor di Dio, un uomo che dir si possa della destra di Dio, un condottiero, un auriga del sacro e profetico cocchio di Dio. Il venerabile e sacro Senato de’ Cardinali si raccoglie: tutte s’adempiono le sante prescrizioni regolatrici dell’assemblea più grande e più importante che siavi: i popoli pregano: i sacri ministri nel tremendo sacrifizio implorano il lume superno: le sacre ed innocenti vergini alzano le loro pure mani col sacrifizio accettevole delle loro efficaci preghiere: i Padri del Conclave inaccessibili ad ogni voce, che non sia voce di Dio, altrettanti Samueli non mirano tra i figli del fortunato Isai nè la forza, nè il valore, nè la statura, ma nel silenzio, nell’orazion attendono la voce superna, che loro accenni l’eletto: surge, ipse est enim15. Già l’eletto si conosce, si esalta, e in lui tosto come in Davide directus est Spiritus Domini a die illa et deinceps16. Il nuovo Pontefice è eletto. Et tamen de toto mundo S. Leone ci serve di guida, unus Petrus eligitur, qui et universarum Gentium vocationi, et omnibus Apostolis, cunctisque Ecclesiae Patribus praeponatur, ut quamvis in populo Dei multi Sacerdotes sint, multique Pastores, omnes tamen proprie regat Petrus, quos principaliter regit et Christus17.

Lusingavansi i bugiardi figli d’una più bugiarda filosofia di poter impedire ed opporsi all’opera di Dio. Miserabili! „ Aveano costoro per avventura, così un eccellente e cattolico Giornale, la forza e le armate della Republica? e malgrado ciò Pio VI ebbe un successore. Aveano costoro la forza e le armate di Bonaparte? e malgrado ciò [p. 21 modifica]Pio VII morì sul trono pontificale. La tirannia del Direttorio non sostenne le catene d’un vecchio, e la morte di Pio VI seco strascinò quella della Republica. L’oppresso fu più forte dell’oppressore, e mentre la republica cadeva in ruina sotto il peso de’ suoi delitti, il Papato risorgeva più forte e più trionfante che mai. La gloria dell’impero non sostenne la maestà di Pio VII, e la possanza colossale di Napoleone crollò davanti la fermezza d’un vecchio prigioniero18„. La Providenza che si ride delle umane follie fece servir persino alle sue vedute un discorso, che noi ci asterremo di qualificare, e che trovò nella sublime, religiosa e franca risposta la confutazion più completa non che una solenne e profonda protesta di quei sentimenti cattolici, che fidato alle promesse di nostro Signor Gesù Cristo proclamava quel Cardinal Castiglioni19, che già lo Spirito di Dio designava al Pontificato. Non passarono che pochi [p. 22 modifica]giorni, e il Cardinale Castiglioni è l’eletto; e il 31 Marzo saluta il nuovo Pontefice, Pio VIII.

Nato esso in Cingoli nella marca d’Ancona il 20 Novembre 1761 con rapidi e singolari progressi nella pietà e nelle scienze si rese noto e caro a quanti aveano in pregio religione e dottrina. Profondo nel diritto canonico, allievo prima indi compagno di Monsignore Devoti travagliò seco nella bell’opera delle Istituzioni canoniche, e si ritengono sue le copiose ed erudite note, che a guisa di comentario perpetuo le accompagnano, e completano. Per quella cara alleanza che stringe in uno le diverse discipline, applicossi con genio e riuscì dotto e pregiato assai nell’antiquaria e nella numismatica. Pio VII nel 1800 il promosse al Vescovato di Montalto: nel 1808 fu uno de’ primi ad esser deportato, e parecchie città di Lombardia furongli assegnate a successivo soggiorno, e in tutte riscosse stima, venerazione ed amore. Milano, Pavia, Mantova ricordano con vera compiacenza d’averlo posseduto, e se caro riusciva ai buoni e religiosi fedeli, che veneravano in esso un Confessor della Romana Chiesa, rispetto e stima carpiva col suo contegno, colle sue maniere, colla sua dottrina anche da quelli, che forse in lui non miravano che un disubbidiente al Governo, e un deportato. All’epoca della pace tornò alla sua sede, e nella promozion del 1816 che fu la prima fatta da Pio VII dopo la pace, egli venne pel [p. 23 modifica]primo eletto Cardinale, e traslocato al Vescovato di Cesena. Nel 1821 poi fu eletto Vescovo suburbicario di Frascati, e Penitenzier maggiore, chiamato a Roma dal Pontefice, e nelle più gelose e difficili cure impiegato. Per dovere del suo ministero accolse egli gli ultimi sospiri de’ due Pontefici Pio VII e Leon XII e in que’ medesimi sospiri quel doppio spirito che il fedele Eliseo invocava dal suo gran Padre sulle rive del Giordano. Elia Tesbite assicurò il discepolo d’esaudirne l’inchiesta se veduto lo avesse nella sua dipartita20: si videris me, quando tollar a te, erit tibi quod petisti ed Eliseo lo vide, e ottenne di succedergli. Anche Pio VII in non diversa guisa al suo discepolo e figlio pronunziò chiaramente, che sarebbe suo successore, e questi vide nell’amara dispartita i due suoi Padri, e in lui come in Eliseo completus est spiritus eius21.

Papam habemus..... a queste parole che un illustre Porporato esso pur pronipote d’un Papa, e che porta un cognome caro a Roma, alle Lettere e ai Dotti, pronunzia dall’alta loggia al popolo Romano, un grido di gioja, d’applauso si comunica ai sette colli, e di là a tutta l’Italia, e alle remote provincie. Il nome di Pio VIII consola, rallegra tutti i fedeli, nè v’ha ciglio sul quale per allegrezza non ispunti qualche lagrima, nè cuor che non palpiti, nè labbro che non alzi un inno di gioja e di ringraziamento a Dio. viva Pio VIII! Viva la Chiesa Cattolica! Dii meliora Piis!

Le prime parole del nuovo Pontefice che i sentimenti spiegano del virtuosissimo suo cuore, di tenera e costante riconoscenza verso i nipoti di Pio VII e di un eroico disinteresse verso i propri congiunti22, oh quanti cuori [p. 24 modifica]non gli acquistano, e come ad una stagione, in cui domina l’ingratitudine e l’egoismo, queste lezioni che partono dal Vaticano, e in un giorno di trionfo, oh quanto non ammaestrano, e non fanno vieppiù ammirare quella religione, che sola è capace d’ispirarle ai figli suoi! Questo non è il luogo di ricordare le prime azioni di Pio VIII delle quali speriamo poter per molti anni in appresso ragionare con quel sentimento, e quell’allegrezza, di cui siam ora penetrati: ma non possiamo, nè dobbiam tacer una cosa che noi personalmente riguarda, che mette in lume sempre più vivo la degnazione e clemenza di Pio VIII e che oltre modo ci conforta ne’ nostri studi, e in queste povere fatiche che da otto anni non cessiamo di proseguire nelle presenti Memorie. Pio VIII in non diversa guisa che quando era Cardinal Castiglioni, accolse una nostra lettera, e come più [p. 25 modifica]volte nel corso di parecchi anni degnossi di gradire i nostri lavori, e di animarli co’ modi i più lusinghieri, così ora pure ci rispose col seguente amorevolissimo foglio23.

PIUS PP. VIII

Dilecte Fili salutem et Apostolicam Benedictionem.

„Laeti excepimus gratulationem tuam, nostramque idcirco erga Te constantem voluntatem significare approperamus. Obversantur quidem ob oculos perutilia tua in Catholicae rei utilitates studia, eaque ut in tantum finem [p. 26 modifica]impendas in dies magis, potiori nunc quodam jure abs tua religione exquirimus, si ultro currenti stimulos admovere fas sit. Hoc Nos animo coelestis praesidii auspicem nostraeque erga Te dilectionis testem Apostolicam tibi, dilecte Fili, Benedictionem impertimur„.

Datum Romae apud S. Petrum die 13 Aprilis an. 1829
Pontificatus nostri Anno I.


Pius PP. viii

Foris

Dilecto Filio Josepho Baraldio

Mutinam.


Coi più favorevoli e lieti auspici comincia il nuovo Pontificato, e il solenne Possesso preso da Pio VIII il 24 dello scorso Maggio consola tutti i suoi figli per le gloriose memorie di quel giorno, e più copiosi promette e richiama i soccorsi e i lumi del cielo24. Un giorno solenne pel ritorno alla sua sede dell’immortal Pio VII un giorno reso sacro e memorabile a tutto il cattolico mondo per la festa di Maria Vergine sotto il consolante titolo di Ausiliatrice de’ [p. 27 modifica]Cristiani, un giorno in cui ne’ sacri uffizi e negl’inni eleganti e commoventi, lavoro del Gesuita Arevalo, si parla de’ nuovi prodigi a favor della Chiesa e di Pio ottenuti col padrocinio di Maria, dovea dopo tre lustri segnare una nuova epoca felice col nuovo Pio. La funzione fu maestosa e degna della grandezza romana, e della cattolica pietà; nè si tacquero i felici punti di confronto delle due grandi epoche nelle Iscrizioni apposte alla Basilica Patriarcale di S. Gio. in Laterano, e nel discorso fatto dal Cardinal della Somaglia Arciprete di quella Basilica nel presentare le chiavi al nuovo Pontefice25. Esultiamone anche noi e per conchiudere questi cenni con alcuni passi tolti da quella nube di [p. 28 modifica]testimonii che depongono in favore della Santa Romana Chiesa e del Sommo Pontefice. Consoliamoci che dai tempi apostolici sino a noi uno e solo si è il linguaggio dei Santi, e dei Dottori. Habes Romam, così con voce di tuono agli Eretici e Novatori di tutti i tempi esclama Tertulliano26, unde nobis quoque auctoritas praesto est. Ista quam felix Ecclesia! videamus quid didicerit, quid docuerit. Non diverso è l’insegnamento di S. Ireneo: Ad hanc Ecclesiam propter potiorem principalitatem necesse est convenire Ecclesiam, hoc est eos qui sunt undique fideles27. E per venire ad un gran santo degli ultimi tempi, ascoltiamo S. Francesco di Sales nelle sue dotte e mirabili Controversie28. [p. 29 modifica]„Se il Gran Sacerdote dell’antica alleanza portava sopra di sè il Razionale, ov’erano scritte le due parole Urim, [p. 30 modifica]Thumim, ossia Dottrina e Verità, penserem noi che il Gran Sacerdote della nuova legge non ne abbia ugualmente gli effetti? Certamente tutto ciò che di buono ordinato venne nell’antica Chiesa, e concesso all’ancella Agar, dovette pur concedersi a Sara e alla Sposa: il nostro Gran Sacerdote adunque ha egli pure l’Urim Thumim sovra il suo petto, cioè nella sua dignità [p. 31 modifica]pontificale„. E poco dopo aggiunge „Se nella Scrittura è paragonata la Chiesa ad una casa, siccome poggia sopra il sasso, e il suo fondamento: io trovo questo in S. Pietro: se la dite simile ad una famiglia, non v’è che nostro Signore che paghi tributo come il capo della casa, e S. Pietro suo rappresentante: se la paragonate ad una barca, S. Pietro ne è il padron vero, e Gesù medesimo ce lo dice: se ad una pescagione, S. Pietro è sempre il primo, e gli altri discepoli non pescano che con lui: se paragonisi la sua dottrina alle reti, S. Pietro è il primo a gettarle in mare, il primo a ritirarle: gli altri discepoli non sono che suoi coadjutori. Se voi dite ch’essa è simile ad una legazione, S. Pietro vi è sempre alla testa: volete che sia un regno? S. Pietro ne porta le chiavi: volete che sia un parco, od un ovile? S. Pietro è il pastore, e il conduttor generale dopo Gesù Cristo„. E noi cui più particolarmente ne move ragion d’ossequio, di riconoscenza e di stima prenderemo quì dal Grisostomo le belle e commoventi parole ch’egli [p. 32 modifica]scriveva al Papa Innocenzo e che noi facciam nostre29. Corpus quidem nostrum uno tantum loco tenetur: caritatis autem ala in universo orbe circumvolitat. Proinde licet tanta itineris intercapedine separati simus, a pietate tamen vestra non absumus, sed quotidie vobis praesentes sumus: caritatis enim oculis videmus vestram illam fortitudinem, sincerum affectum, constantiamque non mutabilem, consolationemque illam magnam, perpetuam, atque stabilem, quam nobis affertis... Hic noster murus, haec securitas, hic portus absque fluctibus, hic innumerorum bonorum thesaurus, haec laetitiae mirificaeque voluptatis causa est.


Note

  1. Fra gli articoli necrologici dai quali abbiamo desunte le principali notizie, e non pochi pensieri, citiam volentieri due fogli francesi scritti con ottimo spirito, cioè il Conservateur de la Restauration Livr. 43 ec. e le Correspondant n. 1, 10 Mars 1829.
  2. „ Hic vero, quum Pontifici Max. qui animam jamjam acturus videbatur, adstaret Vincentius, fama est hujus preces ad Deum fuisse, ut bono rei Christianae, vita summi Rectoris prorogata, se potius in caelum ejus loco reciperet, nec catholico orbi Pii vii desiderium vix solato novam acerbissimi luctus caussam afferret. Sed quaecumque sit facto fides, haud irrita sane videntur ea vota cecidisse. Quum enim Pont. Max. se mitius habere caepisset, a d. v Kal. Ian. Vincentius pransurus apoplexi correptus est, qua post horam unam artuum et linguae usu omnino caruit, ipsisque Kal. Ian. exitu placidissimo emigravit, eodem scilicet die, quo ante annos lxxviiii natus erat. Ubi de ejus morte Pontifici Max. relatum est, scimus adeo indoluisse, ut rursum in vitae discrimen fuerit adductus. „ Così esprimevasi il valoroso Michele Ferrucci in un commentario elegantissimo che unì a parecchie nitide Iscrizioni in morte di quell’Uomo di Dio. Rendemmo in queste Memorie conto di quel bel lavoro non che di un Compendio italiano della vita di M. Strambi pubblicato dal Canonico Rudoni in Milano (T. V. p. 498 e seg. an. 1824). Lo stesso Pontefice Leone XII di santa memoria onorò l’autore del Commentario d’un Breve amorevolissimo, e glorioso alla memoria di M. Strambi, Antistitis sanctitate et suavitate morum percelebris, de Ecclesia Dei tam egregie meriti, Nobisque his de caussis carissimi. Fin dallo scorso anno 1828 sonosi aperti in Roma ed in Milano i regolari processi per la causa della Beatificazione del buon Servo di Dio.
  3. „ L’anno Santo è già aperto nella Capitale del mondo cristiano. Preceduto da tanti anni colpevoli, esso giunge ben a proposito, imperciocchè i nostri Padri l’hanno chiamato l’anno del ravvedimento e della misericordia. Per una coincidenza felice, egli saluta l’avvenimento d’un degno successore di Leon X. Le sofferenze di Pio VII hanno pregato per la Chiesa, e le hanno ottenuto uno di que’ Pontefici, ai quali Dio si piace di confidare la nave di Pietro ne’ giorni delle tempeste. Sono trent’anni che degl’insensati si lusingavano d’assistere ai funerali dell’ultimo de’ Papi nello stesso tempo che predicevano l’eternità della loro Republica. Se questi Profeti da lungo tempo sepolti sotto le ruine stesse della loro propria opera, ricomparissero oggidì sotto il sole, essi vedrebbero il Pontefice supremo offrirsi, per tutta vendetta, a spandere sovr’essi il sangue del Redentore, per cancellare quel sangue di cui s’erano coperti „ (Memorial catholique T. III. p. 77 Fevrier 1825). E tutto questo bellissimo e profondo articolo sul Giubileo venne pur riferito nelle nostre Memorie (T. VII. p. 187 e seg. an. 1825). Per poco che si conosca lo spirito del secolo, l’idea di intimare l’universal Giubileo avrebbe atterrita ogni mente, e nelle circostanze più particolari dell’Italia stessa a quell’epoca scampata a pena dai colpi concertati e potenti delle occulte sette, sembrava temerità, imprudenza il solo proporlo. Eppure Leon XII intimollo, e il Giubileo si celebrò, e la voce del Successor di Pietro dissipò ogni turbine, vinse ogni ostacolo, ed operò per tutto il mondo cattolico un prodigio nuovo di sacro entusiasmo, e impresse nelle nazioni un movimento mirabile, e suggellò l’eterno e cattolico dogma dell’unità del potere, chiamando alla paterna sede tutti i figli dispersi sull’intera faccia del globo. Se Leon XII non avesse fatto altro che l’intimazion del Giubileo, se scritta non avesse che la sola Bolla Quod hoc ineunte saeculo del 24 Maggio 1824 meriterebbe per ciò solo un posto sublime fra i più grandi Pontefici, e avrebbe i più belli e sicuri diritti alla immortalità del suo nome. Qual maestà, qual unzione nell’indicata Bolla! Ivi non a pochi figli o fedeli, ma colla forza e con un poter più grande di Mosè s’intima, che la Terra ascolti le nostre parole, e tutto il mondo accolga con giubilo il fragore della tromba sacerdotale, che intuona alle orecchie del cristiano popolo il sacro Giubileo: ivi si mostra quanto al giubileo mosaico prevalga il cristiano per virtù di quei che è Autore della grazia e della verità. Tutto tenerezza pe’ figli suoi, tutti invita al paterno seno, e a partecipar delle salutevoli ricchezze che dagli eterni depositi della divina grazia ci apre la santissima e indulgentissima madre la Chiesa. Dal Grisostomo e dal Magno Leone assume le parole e i pensieri ad esaltare la Romana Chiesa, e da que’ primi Padri passa a uno degli ultimi, cui tanto deve l’Italia, e la Chiesa, a S. Carlo, e colle sue stesse parole ripete. „Questa è quella Città, di cui il terreno stesso, le mura, gli altari, le Chiese, i sepolcri de’ Martiri e qualunque altra cosa contempli cogli occhi ti sveglia subito nell’animo un certo orror sacro, quale il provano e sperimentano quelli che debitamente disposti visitano que’ sacri recinti.„ Avvisi di celeste sapienza rivolge ai Pastori, e maestri dell’anime, onde istruiscano, e indirizzino nella via della salute il cristian gregge, premunendoli opportuno contro coloro, che seguendo una sapienza tutta opposta a quella di Dio, e coprendosi della pelle di pecora spargon tuttora pravi insegnamenti fra i popoli circa questo punto delle Indulgenze, e ciò sotto le mentite divise di zelare una più pura dottrina. Rivolto quindi a suoi Romani, che a ragion chiama popolo di predilezione appo il quale il Principe de’ Pastori collocata volle la cattedra di S. Pietro, e ai quali raccomanda l’edificazione e il contegno che giovi ad illuminare ed ammaestrare tutte l’altre nazioni, loro ricorda l’aureo insegnamento di Paolo a quei di Filippo „de cetero quaecumque sunt vera, quaecumque pudica, quaecumque justa, quaecumque sancta, quaecumque amabilia, quaecumque bonae famae, si qua virtus, si qua laus disciplinae, haec cogitate„ onde possano meritar tuttavia quegli elogi stessi che della loro fede proclamava lo stesso Apostolo. Converrebbe trascriver quì tutta la nominata Bolla, non che l’Enciclica a tutti i Vescovi, che premise il 3 Maggio 1824 e che comincia Ut primum ad summi Pontificatus, monumento anch’essa della sua pietà e della sua dottrina.

    Nè quì fermossi lo zelo di Leone. Eseguito da lui stesso nella Vaticana il sacro rito solenne e sospirato da dieci lustri dell’apertura della Porta santa, nè pago d’aver già fatte varie visite e nelle quattro basiliche e in altre chiese per l’acquisto del Giubileo, volle il 10 Aprile 1825 visitarle a piedi tutte e quattro seguito dal S. Collegio, dalla famiglia sua, da quanti erano pellegrini in Roma e da un popolo immenso: e nel 26 Marzo con più edificante spettacolo, accompagnato da suoi famigliari, dalla guardia nobile e da 72 pellegrini dopo aver celebrata la messa nella Vaticana, e a tutti distribuito l’eucaristico pane visitò a piedi nudi, con esemplarissima umiltà oltre la Vaticana suddetta le chiese di S. Lorenzo in Borgo, di Maria Santissima del Carmine e la Cappella Paolina, nè di ciò contento terminata la sacra funzione tenne seco a desinar i pellegrini medesimi, e ammessi in fine al bacio del piede donò a ciascuno una corona con medaglia d’argento, e un Agnus Dei benedetto non che un’altra medaglia a tale oggetto coniata. Frequenti, mirabili e commoventi furono gli spettacoli di pietà che per tutto quell’anno offrì la città Santa. Gareggiarono gli ordini tutti nel servire i Pellegrini, nel far processioni di penitenza, e dell’adempiere con una santa generosità coraggiosa le opere tutte della cristiana pietà. E ben tutti sperimentarono quella sì consolante verità insegnata anche da S. Leone che nelle opere publiche e comuni di pietà cresce oltre modo il merito, verificandosi che „cum alter de alterius laetatur largitate, cui aequari non potuit impendio, aequatur affectu. Nihil in tali populo inordinatum, nihil diversum est, ubi ad omnem pietatis vigorem sibi totius corporis membra consentiunt„ (Serm. lxxxviii. c. iv. p. 345 T. I.) Primeggiò ne’ soccorsi, ne’ tratti di carità usati ai pellegrini l’Ospizio della Santissima Trinità de’ pellegrini e convalescenti di Roma, istituto che a fondator riconosce l’Apostolo di Roma S. Filippo Neri, che vide ministri umili di carità fra le sue mura per tacer di tanti altri S. Carlo Borromeo, i Cardinali Bellarmino e Baronio, S. Giuseppe Calasanzio, non che i Pontefici Sommi Clementi VIII, X, XI, Innocenzo X, Benedetto XIII, XIV imitati in ispecial modo da Leone XII. Lo spettacolo di questa veramente eroica carità sola propria della cattolica chiesa, produsse mirabili effetti nella santificazione de’ pellegrini, nella conversion di molti peccatori, e in abbiure di eretici, che sino a 62 giunsero, secondo i registri fattine, tutte prodotte da tale spettacolo, senza poter conoscere quelle che secrete saranno state ricevute, o avranno potuto avvenire in appresso. Un giudizioso ed esatto Articolo sui vantaggi del Giubileo dell’anno 1825 inserito nel Giornale Ecclesiastico di Roma ci offre un interessante e curioso Prospetto generale de’ pellegrini accolti in quell’Ospizio, durante l’anno santo. La somma arriva a 94,157 al qual numero si fa osservare, che altri 2,282 vi si devono aggiungere, come appartenenti ad estere compagnie aggregate a questa, ed altri 2,156 d’altre compagnie non aggregate, ma in questa accolti, cosicchè si ha un totale di 98,595. Questo numero comprenda i soli pellegrini alimentati dall’arciconfraternita della Santissima Trinità, quindi pensando a tutti quelli che da altre compagnie saranno stati ricevuti, a quanti vennero da una distanza minore di 40 miglia, che non hanno luogo nell’ospizio, e ai molti stranieri che non abbisognarono, o non profittarono dell’ospizio, si rileva quanto numeroso fosse il concorso de’ Pellegrini. (V. Giornal ecclesiastico di Roma T. V. p. 9 e seg. an. 1816).

  4. S. Jo. Chrys. T. III. p. 292. Se osiamo di far nostri i sentimenti e le parole di questo gran Padre, ne siam mossi non tanto da quella venerazione che ispiravano le azioni tutte del Pontefice di cui deploriamo la perdita, quant’anche da una particolar riconoscenza, che indelebile vivrà nel nostro cuore. Avendogli noi umiliate queste nostre Memorie, degnossi onorarci di un Breve amorevolissimo del 3 Agosto 1825 che per gratitudine, e conforto de’ nostri poveri lavori publicammo nelle Memorie stesse (T. VII. p. 1. an. 1825). Oltre un simil tratto di singolar degnazione, parecchie volte in seguito, e a viva voce ci ha fatto sentire e da più persone che il visitarono conoscere la continuazione della protezion sua, e l’interessamento che prendeva a questi nostri fogli, che di mano in mano ci facevamo un dovere d’innoltrargli.
  5. Chrys. ib. p. 291. Così il Santo comincia una sua eloquentissima Omelia: in illud: Utinam sustineretis modicum quid insipientiae meae (II. ad Cor. XI. 1.)
  6. „ Hic (S. Leo) renovavit Basilicam Petri Apostoli, et fecit ibi cameram quam et ornavit: et D. Paulli Basilicam post ignem divinum renovavit, fecit et cameram in eadem similiter et in Basilica Constantiniana „ (Adrianus PP. in ep. ad Carolum Magnum). Oltre queste riparazioni fatte alla Basilica di S. Paolo, S. Leone fece eseguire, mediante le largizioni di Galla Placidia Augusta il Salvatore in Mosaico, e le figure dei 24 Seniori nell’arco di detto Tempio. Tanto si raccoglie dall’iscrizion seguente riferita dal Grutero.
    Theodosius caepit, perfecit Honorius aulam
    Doctoris mundi sacratum corpore Paulli,
    Placidiae pia mens operis decus omne paterni
    Gaudet Pontificia studio splendere Leonis.

    (S. Leonis Op. edit. Ballerin. T. II. p. 585.)

    E ben a ragione Monsignor Mai sin dal 5 Ottobre 1824 ripeteva dal Campidoglio nella solenne distribuzione de’ Premi di Belle Arti, e nell’anniversario dell’incoronazione di Leon XII che quel verso che la pia Augusta Placidia scrisse là sul grand’arco in musaico ad onor del PRIMO Leone per gli ornati da quel Pontefice aggiunti, ben presto la nostra riconoscenza e l’ammirazione verso il DUODECIMO replicherà con maggior diritto dicendo, che il nuovo tempio

    Gaudet Pontificis studio splendere LEONIS.

    (Maj. I vicendevoli uffizj della Religione e dell’Arti): vennero riprodotti que’ due discorsi accademici nelle nostre Memorie (T. IX. p. 232. an. 1826)

  7. Venne coniata una medaglia su tal soggetto: porta la data dell’anno IV e l’iscrizione BAPTISTERIO LIBERIANO ERECTO DEDICATO.
  8. La medaglia coniata su tal soggetto ha la data dell’anno V e la leggenda DEIPARAE DICATVM IN ANTRO CINGVNI MONTIS.
  9. S. Leo Serm. III. cap. III. T. I. p. 12. edit. Ballerin.
  10. Le iscrizioni collocate sul catafalco innalzato nella Chiesa di S. Pietro ricordano le grandi azioni del Pontefice, e giovano alla storia del suo breve ma glorioso Pontificato.

    I.

    LEONI . XII . PONT . MAX . qui . Religione . Iustitia . Liberalitate . Constantia . decessorum . pontificum . virtutes . Romae . atque . orbis . universi . bono . cumulatus . est.

    II.

    RELIGIO . sacris . templis . provida . constitutione . cultus . et . reverentia . adserta . sacerdotum . religiosorumq . virorum . societatibus . quae . praesertim . iuventuti . pietatem . et . bonas . literas . docendae . operam . navant . privilegia . et . decora . aucta . basilicae . d. Pauli . via . ostiensi . reficiundae . ferventi . litterarum . Apostolicarum . hortatione . a . regibus . principibus . piisque . viris . plurimae . oblationes . conrogatae . sancti . jubilaei . anno . MDCCCXXV . ea . christianae . charitatis . et . munificentiae . exempla . opera . dona . profusa . quae . urbi . et . orbi . priscae . ecclesiae . imaginem . retulerint.

    III.

    IVSTITIA . tribunalium . iudiciorumque . ratio . ad . simpliciorem . expeditiorem . normam . impense . provecta . crimina . morumque . licentia . poenis . et . legibus . coercita . latrones . immanissimi . qui . iamdiu . populis . et . viatoribus . exitio . fuerant . qua . regiminis . prudentia . qua . militum . robore . profligati . deleti.

    IV.

    LIBERALITAS . populorum . levamini . vectigalia . imminuta . nosocomiis . carceribus . medicinae . atque . humanitatis . officia . paternae . sollicitudinis . amore . disposita . egenis . omnibus . artificia . operumque . publicorum . utilitates . munifice . adsignatae . archigymnasio . sapientiae . quo . literarum . scientiarumque . professiones . debitis . donarentur . stipendiis . census . insigniter . auctus . bibliotheca . et . musea . vaticana . librorum . et . monumentorum . novis . accessionibus . splendide . cumulata . tibure . anienis . violentia . factae . labes . ingenti . molimine . ac . sumptu . reparatae.

    V.

    CONSTANTIA . praeter . caeteras . animi . dotes . constantia . in . eo . mira . qui . divino . muneri . suo . unice . intentus . vel . quae . chariora . homini . esse . solent . nihil . fecerit . ac . licet . iamdiu . non . optima . usus . valetudine . omnibus . tamen . pontificiae . dignitatis . laboribus . curis . exemplis . adsiduus . incumberet . coelestis . huius . virtutis . summum . specimen . quod . saevo . dolorisque . acerbissimi . morbo . correptus . nil . aliud . quam . caelestia . cogitavit . aut . locutus . est.

    Oltrepasseremmo troppo i limiti di una nota se anche solo alla sfuggita si volessero da noi, quasi a comentario delle riferite iscrizioni accennar le sole principali azioni di Leone XII. Omettendo quanto egli fece nel promovere la pietà e colle molte Beatificazioni, che celebraronsi durante il suo Pontificato, e coll’animare ogni sorta di pie istituzioni, veggasi come e quanto provide agli studi, i quali mirabilmente tendono al decoro della Religione qualora dalla medesima siano diretti. Favorì e protesse in modo speciale la Compagnia di Gesù sì benemerita de’ buoni studi, e della Religione, e restituì a Gesuiti nel 1826, e dopo 54 anni che sventuratamente ne furono espulsi il Collegio Romano. Nuovi Regolamenti promosse e attivò sulla publica istruzione colla Bolla Quod Divina Sapientia del 28 Agosto 1824 e col Regolamento degli studi publicato in quell’epoca e compilato con ottime viste, con notabile accrescimento come di Cattedre, così di Istituti e generali e parziali d’insegnamento, con discipline saviissime, e con aver tutelata l’istruzione affidandone il regime all’autorità ecclesiastica dalla quale ebbero origine le Università, che saranno sempre istituzione ecclesiastica se alla prima origin loro si riguardi, e alla natura e importanza delle conseguenze che ne derivano. Se non si fosse sventuratamente cercato di togliere alla Religione, ciò che da lei stessa erasi creato e stabilito, non si sarebbero veduti tanti disordini nelle moderne Università e l’invasione anche in questa parte sull’autorità tutelare della Chiesa punita venne dalle congiure antisociali e dalle sette che trovarono nido e pascolo nelle corrotte Università. L’Allocuzione latina che Leone XII pronunziò il 5 Novembre 1824 nella solenne apertura della Romana Università meriterebbe d’esser meglio conosciuta. Dotta, profonda, tenera e affettuosa, degna in una parola d’un Pontefice fu tale allocuzione, e i più bei canoni prescrive onde l’insegnamento unisca i due grandi fini di promovere la vera scienza, e custodire intemerata la Religione. Di ciò non contento il buon Padre nel far trasmettere a tutti gl’Istituti di publica Istruzione l’allocuzione stessa per mezzo del Cardinale Bertazzoli Prefetto della S. Congregazione degli studi ordinò a questi di aggiungere alcune più particolari istruzioni sulla qualità dell’insegnamento, e ben conoscendo di quanto abusati si fossero i falsi filosofi di certe discipline, espressamente accenna e riprova il malizioso artifizio di presentar l’analisi delle Idee disgiunta dalla Psicologia onde farsi strada all’ideologia: nè dissimula altri maliziosi ed infausti artifizi del materialismo introdottisi nelle scienze mediche: e come si esprime nella sua Circolare del 6 Novembre 1824 il suddetto Cardinale. „In nome della stessa S. Congregazione l’E. V. ingiungerà ai Professori di Metafisica l’obbligazione di dimostrare ex professo in 1.° luogo l’esistenza dell’anima immateriale, confutando que’ moderni ideologisti, che presentano l’analisi delle idee come una scienza separata, e prescindono affatto dalla immaterialità dell’anima che ne è la necessaria conseguenza: in 2.° luogo di dimostrare la libertà d’indifferenza, che è la base della imputabilità delle umane azioni contro i medesimi materialisti, che riducono tutte le facoltà dell’anima ad una concatenazione di operazioni meramente passive. Ai Professori di Fisiologia, Vostra Eminenza ingiungerà, che trattando delle azioni della macchina umana vivente non prescindano dal discorso dell’anima immateriale, della quale i savi Fisiologi hanno sempre fatto un trattato distinto sotto l’articolo dei sensi interni, e che avvertano diligentissimamente i loro scolari, che la sensibilità, se intendasi con questo nome un movimento qualunque siasi della materia organica, è proprietà della stessa materia, ma che intendendosi col vocabolo di sensibilità la percezione essa non può appartenere fuor che all’anima, e che appunto sull’equivoco intendimento della parola sensibilità presa in due sensi tanto differenti si fonda il materialismo di parecchi moderni Fisiologi.„

    Non possiam che alla sfuggita accennare che Leon XII acquistò del suo, e donò alla Vaticana la doviziosa e copiosissima biblioteca del Conte Cicognara, tutta relativa ad oggetti di Belle Arti; che acquistò pure dal celebre sinegrafo Antonio Montucci la copiosa e compita sua Libreria Chinese con 29,000 tipi chinesi che il Montucci aveva a proprie spese incisi; che acquistò molti papiri egizii ad arricchire il museo de’ medesimi; che nulla risparmiar seppe di quanto alle scienze, alle arti, alle lettere giovar potesse: e tutto questo in un breve Pontificato e in circostanze di ristrettezza del publico erario, e in concorso di aggravii e di spese indeclinabili onde era caricato lo Stato. Se più sopra tentammo un confronto di lui con S. Leone I sul proposito di questi ultimi tratti non sarebbe difficile farne un altro con Leone X.

  11. Penetrato da questa riconoscenza, che se l’ingratitudine ora piucchè mai tiranna degli uomini o non vuol conoscere abbastanza, o affetta di non rammentare, la posterità più giusta e più sincera tributerà a Leon XII, il chiarissimo Monsignor Maj nella sua preziosa collezione di scrittori greci tratti dalla Vaticana offerti al suddetto Pontefice, in una lettera dedicatoria col linguaggio non menzognero nè adulatorio de’ fatti celebra quel Pontefice, cujus erga bonas litteras, rectamque reipublicae administrationem infinita propemodum beneficia sunt. L’amor de’ suoi sudditi, e il desiderio di alleggerirne i pesi gli dettò parecchie leggi, che diminuivano i dazj, i tributi, non che l’imposta diretta: copiose largizioni si enumerano dal medesimo massime nella occasione del suo solenne possesso, e soccorsi dispensati a studenti, ad artisti, a nobili decaduti, ad ogni classe di persone, e ciò a un segno che temer poteva di privarsi dei mezzi stessi d’esser di più generoso, se non avesse cercato di risparmiar sopra se stesso, e di seguir la giusta massima di Cicerone optimum in republica vectigal esse parsimoniam. Beneficenze furono i cinque nuovi collegi introdotti per le scienze, la Congregazion degli studi già creata da Sisto V, e da Pio VII designata, gli aumenti di cattedre, di professori, di stipendi, per cui il Maj nota che nella Università Romana ove prima impiegavansi 10,000 zecchini a 25,000 sotto di lui se ne portò la spesa: beneficenze il non intraprender mai ad esempio di Antonino Pio lunghi viaggi per le provincie, sempre dispendiosi pei popoli, e l’impedire o almeno limitare le publiche feste in onor suo: beneficenze i debiti rimessi a più provincie, le congrue accresciute a parrochi, le spese di non pochi da lui promossi ad insigni e meritati onori sostenute dal fisco sull’esempio celebrato cotanto degli Antonini e di Alessandro Severo: beneficenze, la giornaliera mensa a dodici pellegrini nel Palazzo Apostolico richiamata in vigore sull’esempio di S. Gregorio il Grande. E dopo tutto questo ben a ragione al Pontefice così si rivolge il lodato Scrittore. „Supersunt illa Pontificatus tui lumina quatuor: jubilaeus annus urbi, totique orbi propositus: basilicae divi Pauli imperata restitutio: latronum volscorum pestis deleta: sectarum arcanarum constitutione apostolica principalique decreto perculsa coitio.„ E riguardo alla terza delle accennate imprese che con affettata indifferenza si tace da molti, ascoltisi dal nostro autore come e quanto meriti la publica riconoscenza. „Cogitemus servile bellum a Romanis in Sicilia bellatum: cogitemus oppressum Spartacum: cogitemus piratas a Pompeio totis maribus exactos: cogitemus hos ipsos praedones volscos a Sixto V ex his silvis olim montibusque fugatos: decus tamen tuum, gaudium nostrum nulli fere secundum est, dignumque facinus, quod fasti memores celebre extendant. „ (Scriptorum Veterum nova collectio e vaticanis codicibus edita ab Angelo Majo. T. II. Romae 1827 in 4.° Typis Vaticanis). Questa preziosa raccolta conta sinora tre grossi volumi in 4.°: il primo è stampato nel 1825: il 2.° nel 1827: il 3.° nel 1828. Avvi pure una seconda raccolta Classicorum auctorum e vaticanis codicibus editorum curante Angelo Majo Romae 1828 Typis Vaticanis 2. v. in 8.° E questa pure è dedicata a Leone XII. E qui si noti come il Maj protesta che di questi suoi studj il Pontefice stesso fundatorem, parentem, ducem, legislatoremque se fecit e come sovente lo esortasse alle illustrazioni sì preziose dei codici: e a questo deciso favore per le scienze alludeva con felice epigrafe Luigi Grisostomo Ferrucci pel Ginnasio di Pesaro, dicendo che per benefìcio di lui disciplinae omnes casto foedere sociatae ad incrementum Religionis sanctissimae floruere e a lui con fraterno valore concordavasi Michele Ferrucci scrivendo per la Bolognese Università altra epigrafe, e ripetendo: cujus providentia decretisque disciplinae omnes pristino decori restitutae efflorescunt vigent.
  12. Si servì opportunamente di questo elogio dallo Spirito Santo applicato al giusto innocente, di cui compiacendosi oltremodo Iddio affrettasi di trarlo di mezzo a un mondo reo, nè degno di possederlo (Sap. c. iv. v. 13-14) il Canonico D. Antonio Fava Uditore della Nunziatura Apostolica a Napoli in una splendida ed eloquente orazion funebre recitata in quella R. Chiesa di S. Chiara pe’ solenni Funerali alla memoria di Leon XII celebrati da Monsignor Luigi Amat Arcivescovo di Nicea e Nunzio Apostolico alla Corte di Napoli. L’abbiamo letta con piacere e ci siamo prevalsi d’alcune notizie, e di parecchi sentimenti. Altra pure nella medesima città publicata, e dal Sacerdote Gennaro de Rosa de’ Marchesi di Villarosa recitata nella Compagnia della Disciplina della S. Croce si è da noi letta, e trovata felice e affettuosa. Anche da questa professiamo d’aver tratte parecchie cose per la presente notizia.
  13. Con tenero sentimento di venerazione e di dolore si lessero molte omelie di più Vescovi di Francia e d’Italia, tributo ben meritato dal defunto Pontefice. La felice applicazione a Leon XII dell’eloquente e leggiadrissimo elogio che nell’Ecclesiastico (c. l.) si fa di Simeone figliuol d’Onia si lesse da noi con piacere nell’Omelia dell’Arcivescovo di Parigi, quantunque per noi Italiani fosse già nota da quaranta anni fa una simile applicazione fatta all’immortal Pio VI dall’abate Francesco Boaretti del Seminario di Padova nella dotta e giudiziosa sua opera: Dottrina de’ PP. Greci relativa alle circostanze della Chiesa nel secolo XVIII. T. II. p. 380 e seg. Venezia 1791. 2. v. 8. Fracasso. Ci si permetta il citare una tenera ed eloquente lettera all’amatissimo suo Clero e Popolo di Monsignor Francesco M. Zoppi Vescovo di Massa e Carrara: in essa in pochi accenti si dipinge il carattere e il merito dell’estinto Pontefice. „Accoppiando egli paterna amorevolezza a fortezza sacerdotale, e somma accortezza e prudenza somma ad uno zelo operoso ed instancabile, già si era cattivato l’affetto e la venerazione non che de’ suoi sudditi e figliuoli piccoli e grandi, ma degli stranieri ancora, e andava ristaurando la nave di Pietro dalla sofferta tempesta sì rapidamente, che ci promettevamo di vederla ben presto del tutto ricomposta a stato tranquillo e prospero. Esultavamo, che il grande e forte Pontefice colla prontezza del suo spirito in una carne inferma condensasse le opere di molti tempi in pochi anni; e non ci avvedevamo, che affrettava a sè il conseguimento della corona di giustizia, consumando la sua carriera ahi troppo in breve per noi! Oh morte acerbissima! Quante belle speranze ne troncò col troncare il filo di una vita a noi sì cara, e sì preziosa alla Chiesa Universale„ (nel giorno 11 Febbrajo 1829).
  14. S. Leo Ep. lxxx. Anatolio Episcopo c. 1. p. 1039 v. 1.
  15. I. Reg. c. xvi. v. 12.
  16. Ib. v. 13.
  17. S. Leo Serm. iv. cap. 11. p. 16 v. 1.
  18. V. le Conservateur Livr. xliii. Fevrier 1829 p. 219. Nel rendersi conto in questo Giornale di quanto si permisero di errori e di motteggi contro il Papa parecchi giornali d’altro colore, è singolarmente stravagante il Constitutionnel. „Costui, traendo al suo seguito le sue grandi e care parole di teocrazia, gesuitismo, superstizione, assolutismo fa lo spaventato, e riguarda tremando la Francia. Le publiche libertà nostre non corrono esse qualche pericolo? Chi può saperlo? i Cardinali stanno forse per congiurar contr’esse: la elezion d’un Papa favorisce i torbidi, ed è contraria alla tranquillità della Francia. Miserabile Tartufo! tu domandi la elezione per tutto, e tu la biasimi pel Papa: tu vuoi che dal semplice maire del più piccolo villaggio sino al Deputato, tutto sia eletto, e tu fingi di temere la elezion del capo della Chiesa; ma è necessario mentire, è necessario ingannar i semplici e gl’imbecilli. Che importano mai e la verità e la libertà? prima di tutto sia sempre il mestiere del calunniatore„ (ib. p. 218 et suiv.)
  19. Non è questo il luogo di aggiunger riflessioni che in folla si presentano nel leggere il discorso del signor Visconte di Chateaubriand al Conclave. Se ne può vedere un saggio nel Conservateur livr. xlviii. p. 362. A noi basta di far conoscere, come la risposta fattagli dal Cardinale Castiglioni fu trionfante, dignitosa, e per usare le giuste espressioni del citato giornale: „Direbbesi quasi ch’egli avea un secreto presentimento della elevazion sua al Pontificato, e che parlava di già al cattolico mondo come successore di Leone XII. E mentre l’Ambasciatore esponeva le sue idee al S. Collegio, e che perdevasi nella rigenerazione attuale, mostrando di voler strascinarvi la Chiesa, il Cardinale elevandosi ad una maggiore altezza, cercava in cielo le promesse divine, onde ricordarle autorevolmente all’Ambasciatore, ed insegnargli che il cattolicismo è ben superiore alla umana civiltà, e alle mondane rivoluzioni; che desso può ben soffrirne, ma non restarne oppresso giammai„ (Liv. xlix. p. 18 Avril 1829). È pur su questo argomento giudizioso e piccante un brevissimo articolo del Mémorial. Riferisce esso in due colonne i discorsi al Conclave di Chateaubriand, e dell’Ambasciator di Spagna: al fine di quello nota solo: ecco dunque come si parla in Francia: al fine dell’altro di Labrador nota: ecco dunque come si pensa in Spagna, e in fronte alla risposta del Cardinale Castiglioni al primo: vediamo ora come si pensa e come si parla a Roma (T. XI. p. 263 et suiv. Mars et Avril 1829).
  20. IV. Reg. c. ii. v. 10.
  21. Eccli. c. xlviii. v. 13.
  22. Nel 31 Marzo giorno della elezion sua, ecco come il S. P. scrisse al Nipote di Pio VII D. Scipione Marchese Chiaramonti.

    Dilecte Fili salutem et Apostolicam Benedictionem.

    „La Providenza divina imperscrutabile ne’ suoi alti disegni, ha fatto cadere nell’umile nostra Persona la scelta del novello Pontefice. Non potendo noi dimenticare quello che dobbiamo alla santa memoria di Pio VII di eterna e veneranda ricordanza per averci innalzato alla Sacra Porpora, vogliamo darne un contrassegno alla di lui illustre Famiglia, partecipando Noi stessi a lei la nostra elezione. Ella ci tenga fervorosamente raccomandati al Signore, affinchè ci dia lumi ed ajuti per sostenere il peso del Pontificato con quella gloria, che lo sostenne l’immortal Pio VII di lei Zio, ed intanto in pegno del nostro parziale affetto le diamo l’Apostolica Benedizione.„

    Datum Romae apud S. Mariam majorem die 31 Martii an. 1829.

    PIUS PP. VIII


    Ecco l’altra lettera scritta nello stesso giorno a’ suoi fratelli.

    Dilectissimi Salutem.

    „L’immensa misericordia e bontà di Dio ci ha oggi scelti a sedere nella Cattedra di S. Pietro. Al gran beneficio noi tremiamo, piangiamo e chiediamo ajuto a tutti li buoni fedeli, ed a voi fratelli secondo la carne, acciò l’assunzion nostra sia per la sola gloria di Dio, e per il buon servigio della Chiesa e dello Stato, e per la salute delle anime nostre. Ajutateci pertanto con molte orazioni vostre, e delle anime buone. Nessun fasto, nessuna pompa, nessuna elevazione: manteniamoci umili e compatiteci nel peso che il Signore ci ha indossato. Nessuno di Voi nè della Casa si mova dal suo posto: vi amiamo secondo Dio, e in pegno vi diamo l’apostolica benedizione.„ 31 Marzo 1829.

  23. Siamo ben alieni dal volere parlar di noi, ma trattandosi di suffragi, che vengono dalla voce stessa del Sommo Pontefice, ci crediamo anzi obbligati di farli conoscere e per mostrare la sommessione nostra intima e fedelissima a quanto viene dalla S. Sede, e per protestare in faccia al mondo l’ortodossìa de’ nostri sentimenti. Sin dal principio di queste Memorie, che uscirono nel 1822 ricevemmo suffragi ed incoraggiamenti dalla santa memoria di Pio VII e così degnossi di scrivercene il chiarissimo Monsignor Testa. „Io sono nella fermissima opinione che il Giornale incominciato recherà un grandissimo vantaggio al publico... Ne ho parlato al S. Padre, il quale s’è compiaciuto assai della bravura, con la quale si guerreggiano costì le guerre del Signore. Perseveranza, perseveranza. L’uomo inimico cercherà di spargere la zizania sopra un campo così fruttuoso, ma i cultori di esso sventeranno i suoi tentativi. Non si deponga dunque la mano dall’aratro, e si raccoglierà un’abbondante messe di gloria e di meriti„ (Lettera del 13 Aprile 1822). E poco prima che mancasse di vita un tanto Papa, il suddetto Prelato scrivea. „Ho trattenuto una sera il S. Padre coll’esporgli in succinto il contenuto nel detto fascicolo (era l’ottavo), e Sua Santità mi ascoltò con attenzione e compiacenza„ (Lettera del 21 Giugno 1823). Il Successore di Pio VII ci diresse un preziosissimo Breve il 3 Agosto 1825, che venne riprodotto e accompagnato da un articolo esteso e ben lusinghiero nel Giornale ecclesiastico, che allora publicavasi in Roma (T. III. p. 131 e seg. 1825). Pio VIII poi non aspettò a commendare questa nostra impresa col Breve riferito sopra, ma sin dal 1822, e al ricevere di mano in mano i successivi fascicoli ci onorò con lettere amorevolissime di approvazione e d’incoraggiamento, che per essere soverchiamente gentili, e lusinghiere, qui non riportiamo, contenti di asserire, che non ci mancò mai quel suffragio, che solo da noi si cerca, e di cui sarem sempre superbi.
  24. Se la elezione di Pio VIII andò segnata con bei fasti di decreti providissimi di beneficenze, e di dotazioni ai publici Istituti, diede pure ampio soggetto ai fidi suoi cooperatori e ministri di proclamare ai popoli le grandi verità cattoliche sull’autorità del Romano Pontefice, e su quelle celesti prerogative onde piacque al divino fondator di nostra Chiesa di rivestirne i suoi rappresentanti in terra. Monsignor Arcivescovo Ferdinando Minucci in una sua lettera pastorale al clero e al popolo di Firenze alternò i sensi della consolazion sua pel nuovo Pontefice a quelli della fede più candida sul primato di Pietro, gloriandosi di ripetere e comentare la definizion solenne dell’ecumenico Concilio Fiorentino, che a ragione annovera fra i più bei fasti della sua patria (li 4 Aprile 1829). Anche il sullodato Monsignor Zoppi in tal circostanza prese argomento di stendere una ragionata, dotta e affettuosa omelia sull’autorità del Sommo Pontefice, nella quale con precisione, chiarezza, e unzione espone la costituzion della Chiesa, e sui testi del Vangelo, sulla ragione d’ogni società, sulla storia della Chiesa, e sulle viste della Providenza trova immobilmente fondata e stabilita la cattolica verità del Primato, dell’infallibilità, e del potere del Supremo Gerarca. (Per la Domenica delle Palme 12 Aprile 1829).
  25. Nella gran Facciata sopra la cancellata al di sotto della loggia leggevasi la seguente iscrizione.


    Age . succede . MAGNE . PIE . heic . te . manet . summus . regnorum . auctor . idemque . Pontifex . aeternus . insignia . Romanae . majestatis . tibi . Vicario . suo . impositurus . viden . ut . decessores . sanctissimi . quorum . virtutes . apprime . refers . hilares . laetique . prodeant . tibi . obviam . ad . Sponsam . Lateranensem . tuam . properanti . sine . et . nos . Canonici . Beneficiarii . Klerus . Basilicae . hujus . cum . populo . christiano . universo . unanimes . tibi . plaudamus . adclamemus . Salve . Pater . et . Magister . Orbis . salve . auspex . aevi . faustissimi . votis . vive . nostris . feliciter.


    Sopra la Porta maggiore della detta Patriarcale nel Portico.


    Audi . Regina . Superum . audi . o . AVXILIVM . CHRISTIANORVM . quandoquidem . hoc . faustissimo . dierum . anni . MDCCCXIIII . PIVM . VII . Pont . Max . post . summa . discrimina . urbi . sedique . augustae . pompa . triumphali . redonasti . hodie . qui . tanti . beneficii . anniversarius . dies . est . PIVM . VIII . eiusdem . socium . aerumnarum . aemulum . virtutum . sollemnem . sacri . Principatus . possessionem . auspicantem . sospita . propitia . respice . atque . ei . semper . adesto . uti . rem . christianam . universam . quam . sancte . nuper . amplexus . est . multa . per . quinquennia . multa . per . decennia . tueatur . augeat . amplificet . utique . eodem . magistro . et . vindice . teterrimis . errorum . vitiorumque . tenebris . dispulsis . sacerdotio . et . imperio . pristinum . reddatur . aevum . pace . laetitia . securitute . copia . miro . foedere . perpetuum . consociatis.


    Nella Confessione incontro al Trono.


    IESV . CHRISTE . Servator . vosque . PETRE . et . PAVLLE . Apostt . Statores . Ecclesiae . propugnatores . urbis . quando . numine . et . ope . vestra . PIVS . VIII . summus . Religionis . antistes . bono . catholici . orbis . divinitus . datus . est . tu . potens . rerum . vosque . exoratores . salutares . vota . propitii . excipite . quae . ad . aram . omnium . principem . nuncupantur . pro . felicitate . Principis . sacratissimi . quo . salvo . salva . res . est.

  26. De Praescriptionibus c. xxxvi.
  27. Adversus haereses c. iii.
  28. S. François de Sales. Controverses Discours xl. e xlii. T. XII. Oeuvres completes p. 298 e 305 Paris 1821 Blaise in 8.° Il Santo nel discorso xxxix. tesse un bel prospetto dei titoli ed elogi che i PP. e i Concilj attribuirono ai Papi. L’editore delle opere del Santo trovando fra questi titoli alcuni desunti da decretali, o libri posteriormente riconosciuti apocrifi con gran calore si studia di scemarne l’autorità, e in una lunga nota (p. 288 et suiv.) move processo al de Maistre, che si prevale dell’autorità del Santo, e gli oppone un lungo brano dell’Abate Baston, che cerca di parodiare le parole del Maistre, anzichè di confutarle. Ella è veramente miserabile soperchieria quella di sempre temere, che troppo si dica in favor del Papa, e di voler in mezzo a mille proteste di sommessione alla S. Sede deprimerne l’autorità, cercando con note censorie riformar la dottrina del Santo su quella de’ Gallicani; mentre il Santo già per se dottissimo parlava a Protestanti, ed era quindi ben lontano dall’alterare i testi, e dall’esagerazione. Lo stesso redattore del giornal francese l’Ami de la Religion et du Roi nel parlar di questa edizione delle opere del Santo deve convenire, che almeno inutili sono parecchi ragionamenti dell’editore, che le sue cure sono portate sino ad una specie di scrupolo, e che una critica severa avrebbe di che occuparsi sovra alcune note (T. XXXVI. p. 324 an. 1823). E che ciò sia vero osservisi la seguente, che non è già relativa a dottrine gallicane, ma che ne manifesta però la tendenza. „Sarebbe a desiderarsi che il Santo fosse stato più giusto verso i Protestanti e non avesse negato loro ogni specie di virtù„ (p. 397). Simil rimprovero non credo siasi mai potuto fare a un S. Francesco di Sales, nè il chiamarsi nel luogo delle Controversie, cui si riferisce tal nota, la Riforma deformissima, meritava tale censura. A tutte le subdole distinzioni tra la Chiesa e il Papa risponderemo con due sole ma sublimi e profonde parole del Santo, tratte da quella Lettera stessa, che si è voluto ora mettere in campo per condannare gli apologisti della dottrina non gallicana, non anglicana, non greca, ma cattolica. L’Eglise ou le Pape, car c’est tout un. (Lettre dcccxiii. T. XI. p. 404 Oeuvres completes ed Blaise Paris 1821). Onde cangiare queste ingrate e affliggenti riflessioni con qualche lieto soggetto conchiuderem questa nota col riferire una felice Parafrasi del Salmo lxiv. fatta dal nostro collega ed amico Professore M. A. Parenti nella fausta elezione di Pio VIII.


    Deponi il bruno velo,
    O di Sïonne vedovata Figlia:
    Leva le meste ciglia,
    E accogli il don che ti serbava il Cielo.
    Le Vergini compagne e i Sacerdoti
    6Teco proni all’Altar sciolgan i voti.

    Signor clemente e giusto,
    Odi il canto e la supplice parola,
    Che al trono immenso vola
    „ Dal bianco Scita all’Etiòpe adusto.
    Già nova stella di pietosa luce
    12I popoli dispersi a te conduce.

    E noi, di tante genti
    Eletta parte, or vedi a te conversi.
    Ahi troppo de’ perversi
    Al detto menzogner fummo credenti!
    Ma ne riduce pur lume superno
    18Figli ciechi ed ingrati al sen paterno.


    Beato il buon Pastore,
    A cui fidasti il tuo diletto Ovile:
    Beato il Servo umìle
    Dalla tua destra assunto al primo onore.
    Per te governi, e colla pace accanto,
    24Lunga stagion segga nell’Atrio santo.

    Felicitade impura
    Promette il mondo e non attende mai:
    Ma sotto lieti rai
    Tutto ben sovrabbonda in queste mura;
    E una voce diffondesi dal Tempio
    30Amabile al fedel, tremenda all’empio.

    Signor clemente e giusto,
    Odi il canto e la supplice parola
    Che al trono immenso vola
    „ Dal bianco Scita all’Etiòpe adusto.
    In te misericordia, in te salute;
    36E regge sol per te nostra virtute.

    Al cenno tuo severo
    Curvar tu fai le più superbe fronti,
    Come gli alteri monti
    Del tuo fermo voler senton l’impero,
    Come s’acqueta il mare, oppur coll’onde
    42Alte e commosse al tuo chiamar risponde.

    Dov’è la turba stolta
    La qual s’accampa incontro al tuo stendardo?
    Tu volgi irato il guardo,
    E son polve da turbine convolta,
    Ma i segni tuoi sono alla fida schiera
    48Come l’alba al mattin, l’astro alla sera.


    Nel suol da te protetto
    Discorre un fiume di purissim’onda.
    Ride di fior la sponda,
    E tutte cose hanno giocondo aspetto,
    Son l’aure miti, e sull’avaro solco
    54Invan non suda il misero bifolco.

    Provvida man dispensa
    All’aprico terren fecondi umori,
    E i vigili cultori
    Cresce, e raduna alla salubre mensa.
    La messe indora il poggio e la pianura;
    60E la greggia nel bosco erra sicura.

    Deponi il bruno velo,
    O di Sïonne sospirosa Figlia;
    Leva le meste ciglia,
    E accogli il don che ti serbava il Cielo:
    Le Vergini compagne e i Sacerdoti
    66Teco proni all’Altar sciolgano i voti.

  29. S. Io. Chrys ep. ad Innocentium Papam T. III. p. 521.