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Libro II - Per il trasporto delle reliquie di Ugo Foscolo in Santa Croce


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NOTE




I) pag. 272, v. 1-12. Alla buona ed onorata memoria di G. T. Gargani, nato in Firenze il 12 febbraio 1834, morto in Faenza il 29 marzo 1862.


LIBRO I.


VII) pag. 289, v. 18. “Ea virgo nationis bructeræ late imperitabat; vetere apud germanos more, quo plerasque feminarum fatidicas et, augescente superstitione, arbitrantur deas. Tuncque Veledæ auctoritas adolevit; nam prosperas germanis res et excidium legionum prædixerat„ Tacitus, Hist. iv 61.

pag. 290, v. 9-12. “Memoriæ proditur, quasdam acies, inclinatas iam et labentes, a feminis restitutas constantia precum et obiectu pectorum et monstrata cominus captivitate... Inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant; nec aut consilia earum adspernantur aut responsa negligunt. Vidimus sub divo Vespasiano Veledam diu apud plerosque numinis loco habitam. Sed et olim Auriniam et complures alias venerati sunt, non adulatione, nec tanquam facerent deas.„ Tacitus, Germ. 8.

p. 291, v. 1-6. Servono di dichiarazione questi versi d’un canto del popolo greco (trad. di N. Tommasèo): “È Suli il [p. 370 modifica]celebre, Suli il celebrato; ove combattono piccoli bambini, donne e ragazze, ove combatte la Zavella, colla spada alla mano, col bambino all’un braccio, col fucile nell’altro, colle cartuccie nel grembiule.

La Luisa Grace a cui è intitolata quest’ode, nata in Bristol nel 1818, morí in Pistoia il 3 maggio 1865. Quelli che solo abbian visto di lei le versioni dei canti di T. B. Macaulay e E. W. Longfellow e le Rime e prose pubbl. dopo la sua morte dal marito Franc. Bartolini (tipogr. dei successori Le Monnier, 1869 e 1870), non potrebbero ancora farsi un’idea giusta del suo ingegno, della dottrina in piú lingue e letterature e dell’ancor piú grande gentilezza e generosità dell’animo suo.

XIII) pag. 305, v. 19. Simbolo dell’amore poetico mistico del medio evo.

XIV) È una specie d’idillio storico critico nel quale si volle rappresentare certe maniere e tendenze della poesia italiana su ’l finire del sec. xiii. Scena, Mulazzo di Lunigiana, castello di Franceschino Malaspina ospite di Dante e de’ poeti toscani di parte bianca. Tempo, poco dopo la morte di Arrigo vii. De’ due poeti, l’uno è Sennuccio del Bene, fuoruscito fiorentino, che scrisse una canzone per la morte dell’imperatore indirizzata a punto al Malaspina, e che passò veramente in Provenza, ove morí vecchio e amico del Petrarca; l’altro è un immaginario cavaliere ghibellino delle famiglie feudali. E chi sa che nella ballata messa in bocca a Sennuccio e nei versi che a quella seguono non abbia qualche parte la teorica del Rossetti, pe ’l quale la donna de’ poeti del sec. xiii e xiv è l’idea imperiale e anche l’imperatore stesso?


LIBRO II.


XXI). Questo frammento fu pubblicato nel Don Chisciotte di Bologna, 2 giugno 1883, con tale nota della Direzione: [p. 371 modifica]“Questi versi li ho rubati in casa del poeta, fra alcuni suoi manoscritti giovanili. Furto domestico, qualificato per la persona, sette anni di reclusione, se Giosue mi denuncia! Ma per fortuna non lo farà. Oltre tutto, dopo Oberdank, non credo che egli abbia voglia di presentarsi al procuratore del re.„

XXII) pag. 341, v. 5. In questa e nelle tre seguenti strofe si accenna al glorioso scolio di Callistrato, che solevasi cantare dagli Ateniesi ne’ conviti, a onore degli eroi della libertà, Armodio e Aristogitone: incomincia “Entro un ramo di mirto la spada io vo’ portare, come Armodio e Aristogitone, quando il tiranno uccisero e a leggi uguali Atene fecero.„

XXIII) pag. 347, v. 17 e segg. Stavo appunto scrivendo questi versi (ne’ primi di febbraio del 1863), quando nella Gazzetta di Torino e nella Nazione di Firenze lessi di un fanciullo decenne, che lavorava a opra di manovale e fu trovato una sera mezzo morto di freddo di fatica di fame in non so piú qual via di Torino. Ciò avverto per quelli che, volendo forse risparmiare per sé tutta la loro tenerezza, si abbandonano assai leggermente a condannare il sentimentalismo di certe questioni.

pag. 351, v. 11. È un verso di Giacomo Leopardi che allogatosi in questa strofe non mi è riuscito levarnelo per quanta fatica v’abbia durato intorno; tanto che, ripensatoci sopra, vidi bene che sarebbe stato cima di stoltezza, non che di villania, mettere fuori dell’uscio un verso di Giacomo Leopardi; e ricordandomi quel che fu detto d’Omero, che era piú difficile togliere un verso a lui che la clava ad Ercole, ho fatto quasi il peccato di compiacermi dentro di me del furto commesso: di che, da buon cristiano, mi confesso e mi rendo in penitenza.

XXV) Scritto avanti che si pensasse all’alleanza colla Prussia e a’ congressi della pace. La prima strofe allude a un fatterello del Cromwell come lo racconta nei Quatre Stuarts [p. 372 modifica]il visconte di Chateaubriand: Des saints le surprirent un jour occupé à boire: “Ils croient, dit-il à ses joyeux amis, que nous cherchons le Seigneur, et nous cherchons un tire-bouchon.„ Le tire-bouchon était tombé.

XXVI) pag. 359, v. 9-10. Non fu vero. Le vecchie accademie non ciarlarono né adularono mai tanto allegramente come i liberi italiani in que’ giorni.

XXVII) Per la deliberazione presa a quei giorni dal Comune di Firenze di abolire la commemorazione dei morti nel combattimento di Curtatone e Montanara l’anno 1848 e di onorare solennemente soltanto il 28 di luglio e la memoria di Carlo Alberto, la prima e la più nobile tra le vittime della rivoluzione italiana.

XXVIII) Tale, o simigliante, è la imagine di Roma nelle medaglie: vedi anche Claudiano, In Prob. et Olisbr. cons. v. 77 e segg.

XXIX) pag. 364. v. 9 e segg. A certi lettori, anche non ignoranti, questi versi con in mezzo Mimnermo hanno fatto l’effetto dell’È? non è? Indovinati quel ch’egli è. Cotesti lettori abbiano, se vogliono averla, la pazienza di leggere nella Ist. della lett. greca di C. Ottofr. Müller il cap. x intitol. La poesia elegiaca e l’epigramma e in cotesto capitolo specialmente il ritratto di Mimnermo. Chi poi ha senso di poesia e sa un po’ di greco ripensi i frammenti dell’elegiaco smirneo, e del Foscolo certi luoghi delle Grazie e tutta l’ode all’amica risanata, massime

L’aura beltade ond’ebbero
Sollievo unico a’ mali
Le nate a vaneggiar menti mortali

e

Meste le grazie mirino
Chi la beltà fugace
Ti membra e il giorno dell’eterna pace.

[p. 373 modifica]Ma della poesia del Foscolo della quale tanto piú cresce in me l’ammirazione quanto piú veggo la materialità metafisica e dogmatica di certi critici affettare una quasi indifferenza o degnazione di occuparsene, bisognerebbe alfine parlare con piú sentimento e conoscenza d’arte e con meno declamazioni e preoccupazioni civili, politiche e filosofiche.