Monete del Governatore cardinale Campofregoso

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Giuseppe Ruggero

1889 Indice:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu Rivista italiana di numismatica 1889/Annotazioni numismatiche genovesi

Annotazioni numismatiche genovesi

Monete del Governatore cardinale Campofregoso Intestazione 30 dicembre 2012 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1889
Questo testo fa parte della serie Annotazioni numismatiche genovesi
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ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI




XII.

MONETE DEL GOVERNATORE CARD. CAMPOFREGOSO.



Presso la nostra Società Ligure di Storia Patria si conservano alcune patrie moneto, fra le quali diversi minuti. Avendoli avuti in questi giorni per studiarli e vedere se potevano servire per qualche aggiunta alle Tavole della numismatica Genovese le quali verranno in quest’anno date alle stampe, ebbi la fortuna di trovarvi alcune novità importanti, una variante inedita e l’occasione a nuove considerazioni sopra un minuto già edito. Poiché i minuti nuovi non sono integri, e non si poteva perciò inscriverli nelle Tavole senza una preventiva illustrazione che spiegasse la loro assegnazione, avutone cortese licenza, né darò cenno in queste annotazioni, cominciando da quello che ritengo spettare al Cardinale come Governatore. [p. 18 modifica]L’Agostino Adorno1 non fu l’unico Governatore Genovese per Gian Galeazzo, ma prima di lui il Paolo Campofregoso Doge XXXI, ebbe modo di ritenere più a lungo il potere, col dare la città al Duca seguitando a governare in nome di lui. Se la data precisa nella quale avvenne quel cambiamento non apparisce ben definita dallo Annalista Genovese, vi rintracciamo tuttavia la notizia della ripristinata Signoria dei Milanesi, e la menzione del nuovo titolo del Cardinale.

Il Giustiniano2 comincia col dire che “in Gennaio 1487 non essendo la città troppo contenta del reggimento del Cardinale, si creò un magistrato con amplissima balia che dovesse provvedere alle cose del Comune come a quelle di S. Giorgio.” Narra poi che avendo questo magistrato imprigionato in Lerici il Tommasino Fregoso, un membro dello stesso, Angelo Cebà, veniva gravemente ferito dai famigliari del Doge. Al 1488, l’Annalista dice chiaramente che “il Cardinale il quale era fatto molto odioso alla terra, diede opera che si mandassero otto ambasciatori al Duca Gian Galeazzo, i quali dovessero restituire la città della quale già molti anni era stato privato, e si dovessero comporre e convenire con lui. E dopo alquanti giorni mandò Fregosino suo figlio al Duca Ludovico, ecc., ecc.” Onde si vede che non bastandogli l’ambasciata officiale, mirava ad assicurarsi del risultato mediante i suoi più intimi presso il vero Signore di fatto, del quale avea sempre goduto il favore fin da quando avea estorto il potere al nipote Battista. Dopo narrata la [p. 19 modifica]congiura dei Fieschi e del Battista contro il Cardinale; i tentativi più o meno sinceri per comporre le parti, fatti dal Gian Pietro Scardo il quale stava nella città per il Duca di Milano; la ritirata del Cardinale nel Castelletto e l’assedio postovi dalla contraria fazione, riferisce che il Duca inviò un gran numero di pedoni ed alquanti cavalli capitanati dal Conte Sanseverino, in soccorso al Castelletto. Quindi, ambasciata Genovese al Duca per scusarsi d’aver portate l’armi contro il Cardinale; ambasciata Milanese in Genova, che non rassicura né assediati nassedianti. Chi vuol darsi al Duca, chi a Francia, chi preferisce l’antica libertà. Tentativi di concordare Adomi e Fregosi col dare a quelli Savona colla riviera di Ponente, ed ai Fregosi il governo della città, “E questa cosa” (seguita il Giustiniano a Car. CCXLV-C) “non dispiaceva a Ludovico, acciò che non paressi aver abbandonato il Cardinale, il quale si era confidato di lui, ed avrìa avuto grato che i Flischi fussero stati cacciati dalla città, come che già avessero levate le arme contra il suo Governatore, ma questa espulsione non piaceva ai doi fratelli Adorni perchè si erano confederati con loro. E finalmente fu concluso, ecc.” cioè la dedizione della città al Duca, in seguito alla quale l’Adorno fu fatto Governatore per dieci anni. Più tardi avvenne l’accomodamento col Cardinale, il quale reso il Castelletto sen parti per Roma.

Il Corio invece 3, fa cenno di una prima ambasciata al Duca per cedergli il dominio nel 1487; quindi di una seconda nel 23 Agosto dello stesso anno per la conferma dei capitoli, dopo la quale i Genovesi creano loro Signore (egli dice Doge) il Duca Gian Galeazzo. [p. 20 modifica]Nell’Agosto 1488 avviene la congiura contro il Cardinale, “il quale in nome del Duca teneva il principato.” Ritirata nel Castelletto; invio dei soccorsi da Milano, ed infine il giuramento di fedeltà al Duca agli ultimi di Ottobre, il quale dimenticando il Cardinale, crea suo Governatore per dieci anni l’Adorno.

Non ho campo a ricercare se altri, rilevando la contraddizione fra i due scrittori per ciò che riguarda le date, abbia allegato documenti decisivi. Il chiarissimo Desimoni 4 asserisce che il Cardinale fu Governatore Ducale dal Gennaio al 7 Agosto del 1488, e dopo una interruzione sino al 13 Settembre fu nominato l’Adorno. Questo deve bastare per farci avvertiti, che non mancarono di certo al lodato Autore documenti precisanti le date sul Governo del Paolo per conto del Duca, date che confermano la narrazione del Giustiniano. D’altronde, che il Cardinale non fosse Governatore prima del 1488, ce lo confermano pienamente le sue stesse monete. Infatti, alcuni suoi ducati col dvx xxxi che sembrano i più moderni per la forma delle lettere, hanno le sigle di zecca a. t. Or bene, nell’elenco inedito dei soprastanti dei quali rimane memoria nei documenti, compilato dal Desimoni, troviamo infatti un solo di questi officiali per il 1487 ed ha nome Antonius Truccius; ciò che fa assegnare quei ducati a quest’anno stesso, ultimo del governo del Cardinale come Doge.

Dopo questa premessa, la quale se troppo lunga voglio sperare non sia egualmente inutile, descriverle monete coniate dal Cardinale in questo intervallo di tempo cioè dal Gennaio all’Agosto del 1488. Sono [p. 21 modifica]due finora come quelle dell’Adorno con egual titolo cioè il ducato ed il minuto, corrispondenti alle due figure poste in capo alla presente.

1. D/—  : Paulus de : Campofulgosio : CArdinalis : DVCALIS : GVBERnator : IAnuensium.
Castello fiancheggiato dal biscione e dal cappello Cardinalizio, in cerchio semplice.

R/ — : CONRADVS : REX : ROManorum : S : A :
Croce in cerchio di 8 segmenti con globetti alle punte ed agli angoli.
Oro, Ducato — (Dai disegni delle Tariffe di Anversa).

2. D/ — .... — Cardinalis Gubernator Ianuensium
Castello che taglia la leggenda al basso.

R/ – .... – R
Croce che taglia la leggenda.
Lega — Denaro minuto — C2— Peso Gr. 0,380.
(Appartenente alla Società Ligure).

Del ducato non si conosce finora alcun esemplare effettivo; ma come annunziava il Desimoni nello stesso Capo II sopra citato, il compianto Avignone acutamente restituiva la lezione sbagliata di questo ducato, che si trova disegnato in nove e più delle Tariffe che si stamparono in Anversa con diversi titoli dal 1580 al 1633. E poiché tutte riportano lo stesso disegno e la stessa leggenda errata, così è evidente che uno solo vide il rarissimo ducato, lo pubblicò sbagliandone la lezione, e tutti gli altri lo riprodussero dal primo. La detta leggenda è così riportata in quei disegni: P : C : DVCATIS : OVBLIA : IA.

Non potendo cadere il minimo dubbio sulla moneta stessa, sia per il tipo che per gli emblemi ed accessori, e per la stessa leggenda che non potrebbe prestarsi ad altra lezione differente, ne ho restituito [p. 22 modifica]il disegno cambiandovi solamente le 4 lettere sbagliate 5. Da questo apprendiamo che il Cardinale fu il primo ad usare le lettere moderne. Le iniziali degli zecchieri s . a . che son quelle stesse del ducato dell’Adorno, confermano che i due ducati furono coniati nell’anno stesso. Il cappello, che sulle monete coniate da Doge stava sul castello, scende ora ad un lato dello stesso per cedere l’altro lato al biscione, e rappresentare in tal modo la nuova carica del Cardinale ex Doge.

Passiamo ora al minuto, nel quale rimane solamente la seconda metà della leggenda al dritto con tre lettere, le quali non possono prestarsi a diversa interpretazione, tenendo conto degli altri caratteri.

Rimane a restituire la leggenda nella prima metmancante, sulla scorta delle altre monete del Paolo. I suoi ducati più antichi come Doge, hanno p . cf; quelli più moderni, p . ca; il mezzo ducato del Museo R. di Torino, p . d . c . f; i minuti p . c; il ducato, come Governatore, p . c . Se il minuto in questione avea tre lettere saranno state quelle dei ducati più moderni p . ca, quantunque meglio converrebbero le p . cf a togliere ogni ambiguità nell’interpretazione. Ma nulla osta a che la prima parte della leggenda possa aver avuto due sole lettere, potendosi con tre rosette invece di due mantenere la simmetria. In questo caso si avrebbero le p . c . come nei minuti coniati come Doge (V. Annot. X) dei quali, il [p. 23 modifica]secondo ha, precisamente come questo, 3 lettere tra due rosette a sinistra.

Il rovescio è affatto eguale a quello dei minuti dell’Adorno, e seguenti, cioè colla solita leggenda ridotta a 3 iniziali c . r . r. seguita dalle sigle degli zecchieri, che in questo caso devono essere s . a .

Sia al dritto che al rovescio, la mancanza delle lettere non pare sia prodotta da cattiva conservazione della moneta, ma sembra che il tondino sia rimasto liscio non avendo ricevuto l’impressione del conio; ciò che alcuni tecnicamente traducono col dire che è rimasto freddo.



Note

  1. Vedi Annotazione XII, Rivista It. di Numismatica, Anno I.
  2. Car. CCXLIII ad Ann. Cito l’edizione originale, non possedendo la moderna.
  3. Edizione del 1855-57. Milano, Colombo, Vol. III, Parte VI, Capo V.
  4. Sui più antichi scudi, ecc. In Giornale Ligustico, 1887, nella nota al Cap. II.
  5. Questo fu ricavato precisamente dalla figura contenuta nell’Ordonnance et Instruction pour les Changeurs, ecc. Anvers. Impr. Verdussen, 1633. Il Sig. Conservatore del Gabinetto di Brera, e direttore della Rivista, Dott. Solone Ambrosoli, il quale me ne favorì il lucido, m’avverte che l’esemplare della Braidense è numerato a mano e porta a quella pagina il N. 23.