Novelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan/Novella III

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Novella III - La riconoscenza di un frate

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Autori vari - Novelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan (Antichità)
Traduzione dal cinese di Carlo Puini (1872)
Novella III - La riconoscenza di un frate
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III.


LA RICONOSCENZA DI UN FRATE




Distante venti Li dalla città di Tung-king, in una terra chiamata Sin-kiao, v’era un uomo ricco che avea nome Zin-te. Questi pigliò per donna Sieu-niang, figlia di Sung-zi, del villaggio di Nan-zai, giovane, bella, d’indole dolce, tenera e sottomessa, e che sapea di lettere. Aveva diciannove anni, quando si fece sposa a Zin-te; e fin da quel tempo mostrossi educata e gentile con tutti: preparava con garbo il cibo per la famiglia e per gli ospiti, ed era piena di deferenza per le idee del marito.

Un giorno, in occasione di certe nozze d’un cugino, si venne ad invitare Zin-te, perchè prendesse parte anch’egli alla festa nuziale. Zin-te accettò l’invito; e avvisata la moglie ch’egli si sarebbe recato da quel suo parente, il giorno stabilito partì.

[p. 30 modifica]L’assenza del marito si prolungava già oltre il dovere. Erano scorsi varii giorni, e non si vedeva tornare; per la qual cosa la moglie, in continua apprensione ed angustia, si affacciava ogni tanto alla finestra per veder s’ei venisse. Un giorno ch’ella era così in attesa del marito, scorge sulla strada lontano lontano un frate buddista. Il quale camminando giunse sotto le finestre della casa, e veduta tra le gelosie di bambù la sposina, compiacendosi nel guardarla, andava col naso in aria, senza fare attenzione ai pericoli della via, che era umida e sdrucciolevole; quando, arrivato all’orlo di un fossato, gli manca un piede, scivola e cade nell’acqua. Era nel colmo dell’inverno, e una nebbia gelata penetrava fino alle ossa. Alcuni passanti aiutarono il frate a uscir fuori: ma il pover’uomo bagnato fino ai capelli tremava tremava, nè poteva reggersi in piedi. Sieu-niang, che dalla finestra avea veduto il fatto, impietosita chiamò il frate in casa sua: lo fece entrare nella stanza degli ospiti, e andata in cucina a preparar legna, accese un gran fuoco per riscaldarlo. Il frate tutto riavutosi lodava e ringraziava ripetutamente la virtù e la carità della donna; ed essa, poichè ebbe asciugata ad una buona fiammata la tonaca grondante del reverendo, preparato qualcosa da mangiare, gliel porse. Dopo che il frate si fu rifocillato lo stomaco, Sieu-niang lo domandò d’onde veniva e dove andava. Al che il frate rispose: «L’umile monacello abita nel convento Si-lin della vicina città. Giorni sono il padre superiore andò al convento orientale, e non essendo peranco ritornato, fui mandato per veder d’incontrarlo. Cammin facendo sono arrivato alla vostra porta, e non badando che la strada era umida e le pietre lisce, m’è avvenuto di sdrucciolare e cader nell’acqua. E in verità, se non era la generosa cortesia e carità vostra, o madonna, sarebbe stato questo un caso che mi avrebbe messa in pericolo la vita.» — «Ora però, riprese la giovane sposa, che le vostre robe sono asciugate, e vo’ vi siete rimesso in forze, è ben tempo che partiate. Mio marito, che è via di casa, potrebbe tornare da un momento all’altro, e non sarebbe conveniente che vi trovasse qui.»

[p. 31 modifica]Capì subito le ragioni il frate, e trovò giusto il parlar della donna; laonde si preparava già a prender comiato e a mettersi in via, quando d’improvviso Zin-te, tornando dal suo viaggio, entra inaspettato in casa. Veduto il frate accanto al fuoco, e vicino a lui la donna, prese in mala parte la cosa, e si fece brusco in viso e minaccioso. Il bonzo accortosi allora della mala parata, forte temendo, guadagnata la porta se la diede a gambe, lasciando alle prese i due sposi.

Zin-te rimasto solo con la moglie, le domanda come e perchè si trovasse quel frate in casa sua: e la donna, senza nasconder nulla, narra al marito per filo e per segno l’accaduto. All’udire il racconto della moglie, Zin-te non si placa, e anzi monta vie più in collera: «Le donne e le ragazze, grida egli, non devono mai uscir dalle loro stanze. Qui nel vicinato v’è tanta gente: se si viene mai a sapere che voi avete ricevuto un frate in casa mia, mentre ero fuori, quante chiacchiere si faranno, quante supposizioni! Io sono il marito, e credo d’avere un po’ di giudizio; e perciò vi dico che questo non è agire da donna onesta e dabbene... Ve ne potete tornar subito a casa di vostra madre: vi giuro in fede mia, che non ripasserete più la porta di questa casa.»

La povera donna tutta confusa, con la testa bassa, non aveva parole, nè sapea che dire per iscusare la propria condotta. In fine, vedendo la risoluta volontà del marito, non trovò altro partito da prendere, che quello di ubbidire e di ritornarsene alla casa de’ suoi. La madre, saputa la causa per la quale la figliuola era stata cacciata dalla casa maritale, se la prese anch’essa colla disgraziata giovane, e con modi aspri la rimproverò, dicendo che si era condotta leggermente, e che non aveva mostrato avvedutezza e cautela: e mal sopportando di rivedersela in famiglia, inveiva di continuo contro di lei, e assai l’avviliva con parole ingiuriose e con cattivi trattamenti. I vicini e i parenti poi, e tutte le male lingue, dubitavano che la vera cagione, per la quale la donna era stata rimandata dal marito, fosse di molto maggior conseguenza di quel ch’ella diceva essere. Per la qual cosa la misera, non avendo modo di [p. 32 modifica]porre in chiaro l’onesta della sua vita passata, e l’ingiustizia che le si faceva colle maligne supposizioni, giaceva sotto il peso della calunnia, tutta svergognata, nè osava uscir fuori della porta di casa; ma immersa nella più profonda afflizione stava chiusa nelle sue stanze, e non si faceva vedere ad anima viva.

Il tempo passa colla rapidità del lampo. Un anno era già scorso da che Sieu-niang si trovava nella casa de’ suoi genitori, allorchè giunse all’orecchio del frate, che la figlia dei Sung, dalla quale avea quasi ricevuta la vita, era stata cacciata dal marito fuor di casa e rimandata ai parenti. Che fa egli? Macchina un’astuzia per trarre vantaggio dalla sventura di questa donna. Fugge dal convento di Si-lin; si lascia crescere la barba e i capelli a mo’ de’ laici; cangia il suo nome con quello di Lieu-i, deciso di ottenerla come moglie. Quanto è vero quel proverbio, che dice essere i bonzi nati per rodere il cuore degli uomini! Aggiustato tutto e trasformato, il nostro frate manda a tale intento una mezzana di matrimoni1 alla casa dei Sung per trattar l’affare. La mezzana si presenta al padre della donna, e gli dice: «Avendo saputo da qualche tempo che vostra figlia sposata al signor Zin, non vivendo con lui in buona armonia, fu da esso mandata fuor di casa a cagion di non so quale spiacevole affare, parlai di lei ad un certo signor Lieu, il qual cercava giusto moglie. Egli non curandosi di ciò che può essere avvenuto tra lei e il suo primo marito, nè dei torti ch’ella può avere verso di lui, sente per lei una profonda e costante affezione: e per ciò appunto io venni da voi per combinare il parentado. Se per caso voleste rimaritarla, questo sarebbe un partito dei più belli: sembra proprio che il cielo lo abbia scritto nel libro del destino. Ma non so che ne pensa la signoria vostra, nè se debba aspettarmi un rifiuto o un consenso.» — «Veramente, disse sorridendo il padre, l’onore e il nome della mia povera figliuola è un po’ compromesso: esser mandata via dal marito!... ora l’ho io qui in casa.... Sembra molto scontenta di sè stessa e del suo stato, ma non saprei dirvi se voglia rimaritarsi o no. È una cosa che dipende assolutamente da lei, ed io non oserò mai [p. 33 modifica]forzare la sua volontà.» Ciò detto condusse la mezzana da sua moglie, perchè se la intendessero insieme. La madre, informata che si volea trattare un novello matrimonio per sua figlia, ne fu molto lieta, e fatta buona cera alla mezzana, le disse: «È un anno che la mia figlia è con me, dappoichè il signore Zin me la rimandò a casa. Ho udito anzi dire ch’egli si rimariti con un’altra donna: non lo so di certo, perchè giorni fa se ne parlava come di cosa non ancora stabilita. Ma giacchè si presenta ora quest’occasione, state certa che farò tutto il possibile, perchè mia figlia acconsenta a tal matrimonio, e manderò a monte qualunque trattativa con altri.»

Intavolato bene l’affare, la mezzana andò dal sedicente Lieu, e gli disse come aveva ottenuto il consenso dei parenti. Il frate allora compreso da interna gioia, preparò dei ricchi presenti, e gl’inviò il domani, come regali di nozze, alla casa dei Sung. Ma quando Sieu-niang seppe il nuovo legame che le si voleva imporre, l’angoscia e il dolore, che già riempivano l’animo suo, s’aumentarono di gran lunga. Non voleva più pigliare nè cibo nè bevanda, e scorreva i giorni in un’angustia crudele. Pur tanti e così insistenti furono gli eccitamenti della madre per indurla ad accettare l’offertole maritaggio, che non potè non ubbidire e rassegnarsi alla volontà di lei.

La notte delle nozze2 il frate non capiva in sè dall’allegrezza. Ricevette le visite e le congratulazioni di tutti i suoi nuovi parenti: e per molti giorni fu un andare e venire di gente, e grande scambio di complimenti. Nè lo sposo novello mancò di ricompensare largamente la mezzana, che aveva condotto a termine la cosa con sì lieto successo.

Parliamo ora di Sieu-niang. Essa, quantunque fosse stata cacciata così indegnamente dal suo primo marito, sapendo in coscienza di non aver nulla a rimproverarsi, e d’aver sempre tenuto una condotta per bene, era fino allora vissuta colla speranza, che un giorno o l’altro sarebbe tornata, come una volta, a vivere col marito in buona pace e concordia. Pensate dunque qual fosse la disperazione di lei, quando si vide abbandonata in possesso altrui, e così privata di quella sua dolce speranza. E per [p. 34 modifica]quanto ricevesse dal secondo marito le più straordinarie prove d’affetto, ella non faceva che pensare all’antico compagno dei suoi giorni, pel quale aveva conservato il più tenero amore, e non poteva per alcun verso toglierselo dalla memoria.

A questo modo si passò la bisogna per intieri sei mesi. Quando un giorno l’ex-frate, per essere stato a gozzovigliare con alcuni suoi compagni, tornò a casa ubbriaco fradicio. La donna era nella sua camera, e seduta innanzi allo specchio si pettinava. Il sedicente Lieu, che era uno dei più lascivi frati e dei cuori più brutali che fossero al mondo, veduta la donna, esaltato dal vino e dalle impudiche sue voglie, la prende tra le braccia; e mentre laidamente scherzava con lei, le vien domandando se per caso ella ricordi di aver veduto lui altra volta in sua vita. Al che la donna rispose: «Mai no, ch’io rammenti, prima che ti avessi a marito.» E il frate ridendo: «Vedi mo, disse, come ti se’ lasciata abbindolare da me, tu che sei tutta avvedutezza e perspicacia! Non son io quel fraticello, a cui tempo fa asciugasti i panni? Dacchè seppi che tuo marito ti aveva rimandata a casa, uscii di convento, mi lasciai crescere i capelli, presi costume di laico, e subito mandai la mezzana a combinare questa nostra unione. Ed ecco come sono riescito a giacer teco in un medesimo letto.»

Non è a credere quanta fosse la collera, che riempì il cuore della donna all’udir sì fatte parole. E còlto il destro, dopo non molti giorni andò dal padre, e narrògli l‘accaduto. Indignato egli contro quel bonzo, che era stato causa di tante disgrazie per la figliuola sua, e che avea così malamente retribuito il bene ch’ella gli aveva fatto, stese con tutte le forme volute un’accusa, e corse ai tribunali domandando giustizia. Il giudice Pao-kung diede subito ordine che gli si conducesse il nominato Lieu e la donna Sieu-niang, per venire in chiaro della verità. Ma il bonzo, sottoposto ad un severo interrogatorio, negò tutto. Laonde il giudice mandò a cercare alquanti frati del convento di Si-lin; i quali, venuti dinanzi a lui, confermarono che uno dei loro fratelli era da qualche tempo scappato dal convento, e ritornato al secolo. Non potendo più [p. 35 modifica]oltre nascondere la verità, il frate confessò il suo vero essere. Per la qual cosa Pao-kung ordinò che gli fosse messa la Kanga3, e fosse cacciato in prigione. Quindi considerando che l’avventura occorsagli, di sdrucciolare e cadere sotto le finestre della donna, derivava dall’aver egli in cuore sentimenti mondani e volontà di tornarsene al secolo, per tale infrazione ai sacri canoni della legge e della religione, fu condannato alla pena del bastone e all’esilio.

In quanto alla donna, ella decise di tornare in casa di sua madre. Ma Zin-te, il primo marito, avendo avuto cognizione dell’onesto procedere di sua moglie, rinnovò presso i parenti di lei premurose domande per riaverla in isposa. Laonde Sieu-niang, rinunziando alla presa deliberazione, non pensò più di ritornare alla casa dei suoi genitori, ma rientrò sotto il tetto maritale. In tal modo il nome e l’onore di questa donna agli occhi di tutti apparvero puri ed integri.












Note

  1. [p. 54 modifica]Questo nome di mezzana non va preso in mal senso. In Cina ogni matrimonio deve essere combinato, per costume antichissimo, da tali donne, senza l’intervento delle quali il connubio è quasi tenuto illegittimo.
  2. [p. 54 modifica]Letteralmente: La notte delle candele profumate.
  3. [p. 54 modifica]Kanga, strumento di supplizio, consistente in una grossa e pesante tavola di legno con un foro nel mezzo, pel quale si la passare la testa del delinquente. Questi porta così sul collo un sì fatto ordigno per un tempo più o meno lungo, a seconda dei falli commessi.