Novellino/XXXIII

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Come due nobili cavalieri s’amavano di buono amore

Due nobili cavalieri s’amavano di grande amore. L’uno aveva nome messere G. e l’altro messere S. Questi due cavalieri s’aveano lungamente amato. L’uno di questi si mise a pensare e disse cossì:

«Messere G. ha uno molto bello palafreno. S’io lile cheggio, darebbel·m’egli?»

E, così pensando, facea il partito nel pensiero dicendo:

«Sì darebbe»; l’altro cuor li dicea:

«Non darebbe».

E così, tra ’l sì e ’l no, vinse il partito che non lile darebbe.

Il cavaliere fu turbato, e cominciò a venire col sembiante strano, e ingrossò contro all’amico suo, e ciascuno giorno il pensare cresceva e rinnovellava il cruccio. Lasciolli di parlare e volgeasi, quando elli passava, in altra parte. La gente si maravigliava, et elli medesimo si maravigliava forte.

Un giorno avenne che messere G., il cavaliere c’avea il palafreno, non poteo più sofferire. Andò a messere S. e disse:

«Amor mio, compagno mio, perché non mi parli tu? Perché se’ tu crucciato?»

Ed e’ rispuose:

«Perch’io ti chiesi lo palafreno tuo e tu lo mi negasti».

E quelli rispuose:

«Questo non fu giammai: non può essere. Lo palafreno sia tuo, e la persona: ch’io t’amo come me medesimo».

Allora il cavaliere si riconciliò e ritornò in su l’amore e ’n su l’amistade usata, e riconobbe che non avea ben pensato.