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di farla. La terra è piena di esempi che m’incuorano, e lo mostra l’esercito bellicoso di quel delicato e nobile principe, la cui anima, accesa da una divina ambizione, affronta l’invisibile avvenimento, esponendo ciò che e mortale e incerto a tutte le vicissitudini della fortuna, ai pericoli, alla morte, e questo per una cosa da nulla.1 La grandezza non ista nel non oprare senza un gran motivo, bensì nel trovare nobilmente una ragione di contesa quando l’onore ne va di mezzo. Allora a che mi ristò io che ho un padre ucciso, una madre contaminata, mille stimoli della ragione e del sangue, e lascio tutto in oblio? E ciò mentre veggo con mio rossore la vicina morte di ventimila uomini, che per un nonnulla, per una varia fama s’avviano al sepolcro come ad un letto: vanno a combattere per ragioni ignote ai più, per una terra non pure vasta abbastanza per ricettare quelli che morranno in tale tenzone? Oh d’ora innanzi i miei pensieri siano di sangue o si disperdano nel vuoto! (Esce.)


SCENA V


Elsinoro. — Una stanza della reggia


Entrano la Regina e Orazio.


REGINA.
Non voglio parlare con lei.
ORAZIO.
Ella ve ne prega, la sua mente è turbata, il suo stato fa pietà.
REGINA.
Ma che vuole?
ORAZIO.
Parla molto di suo padre, dice che fu avvertita che ci sono delle frodi nel mondo, sospira e si batte il petto, infuria per nulla; proferisce parole senza senso. Quello ch’ella dice è niente, e nullameno si vorrebbe pure da chi l’ascolta trarre un senso dalle sue sconnesse parole. A vedere gli atti con cui ella le accompagna, sembra che un pensiero le informi e un pensiero forse vi è, ma assai sinistro.
REGINA.
Sarebbe bene il parlarle, perocchè ella potrebbe far nascere congetture pericolose nella mente dei maligni. Fatela entrare. (Orario esce.) Alla mia anima inferma, (e tale fu sempre la condizione della colpa) ogni cosa da nulla sembra dover precedere qualche grande sventura; tale è la diffidenza improvvida del delitto, che ei si tradisce da sè per tema di essere tradito
  1. Per un guscio d’uovo.