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469 ANNALI D'ITALIA, ANNO CXXXIV. 470

non si accorda con Dione1, che fa ribellati i Giudei, dappoichè Adriano si fu ben allontanato dai lor paesi: il che dovette succedere nell’anno precedente. Ma o fosse egli tuttavia in Atene, come io vo’ sospettando, o fosse ripassato in Asia, si può credere che egli non istesse fermo in un sol luogo: tanta era la sua vaghezza di viaggiare, e di acquistarsi credito colle sue maniere popolari fra tutt’i popoli. Abbiamo da Sparziano2, ch’egli in Atene volle essere uno degli Arconti. Nella Toscana, benchè divenuto imperadore, esercitò la pretura; e per le città del Lazio si compiacque degli uffizii municipali di Dittatore, Edile e Duumviro. In Napoli volle essere Demarco, o capo del popolo; in Italica, sua patria, in Ispagna, quinquennale; e in Adria, da cui ebbero origine i suoi maggiori, ebbe il medesimo uffizio di quinquennale. A tutta prima non fecero i magistrati romani3 gran caso dei movimenti degli Ebrei; ma dappoichè si avvidero che si accendeva il fuoco per tutta la Giudea, e che per l’altre parti dell’imperio romano la nazion giudaica facea delle adunanze, delle minacce e peggio ancora: Adriano pensò allora daddovero a reprimere il loro ardire e disegno. Perciò spedì rinforzi di gente a Tenio Rufo, governatore della Giudea, ed ordinò che i migliori suoi generali passassero in quelle parti. Uno di questi fu Giulio Severo. Abbiamo da Eusebio4, che i Giudei aveano saccheggiata la Palestina. Lor capitano era un certo Cochebas o Barcochebas, uomo sommamente crudele. Fece costui quanto potè per indurre i Cristiani a prendere anch’essi l’armi contra de’ Romani; ma i cristiani istruiti dalla lor santa legge, che s’ha da osservare la fedeltà anche ai principi cattivi, non ne vollero far altro; e però lo spietato Giudeo non solamente [p. 470]contra de’ Romani, ma anche contra di quanti cristiani gli caddero nelle mani, andò sfogando il suo sdegno, con fargli aspramente tormentare e morire. Ma sopraggiunti gli eserciti romani, poco potè far fronte alla superiore lor forza.


Anno di Cristo CXXXIV. Indizione II.
Telesforo papa 8.
Adriano imperadore 18.


Consoli


Cajo Giulio Serviano per la terza volta, e Cajo Vibio Varo.


Serviano console ordinario dell’anno presente era il cognato di Adriano, perchè marito di Paolina, sorella di lui. Però a quest’anno appartiene la lettera, che di sopra all’anno 230 dicemmo a lui scritta da Adriano intorno ai costumi degli Alessandrini ed Egiziani, e a noi conservata da Vopisco5. Fa conoscere quella lettera, che Adriano era stato in Egitto, e tuttavia dimorava ne’ primi mesi di quest’anno lungi da Roma. Non è improbabile ch’egli andasse visitando le città e le isole della Grecia. Avea nel precedente anno cominciata Giulio Severo la guerra contro ai Giudei; nel presente la terminò, se sussiste la cronologia di Eusebio6, che ne riferisce il fine sotto quest’anno. Così gran fatti ne racconta Dione7, che parrebbe non essersi potuto smorzar quell’incendio in poco tempo. Scrive egli adunque, che Giulio Severo, valoroso ed accorto generale di Adriano, non si attentò mai di venire con quella gente disperata, ed ascendente ad un numero eccessivo, ad una battaglia campale. Ma assalendoli in corpi separati, impedendo loro i viveri, e rinserrandoli a poco a poco, e senza azzardare, ne fece un terribil macello,

  1. Dio., lib. 69.
  2. Spartianus, in Vita Hadriani.
  3. Dio., lib. 69.
  4. Eusebius, in Chron.
  5. Vopisc., in Saturn.
  6. Euseb. in Chron. et lib. 4, cap. 6 Historiae Ecclesiasticae.
  7. Dio., lib. 69.