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Trento, dopo che avessero promesso solennemente e giurato di stare ai patti della pace conchiusa, e di non ricadere mai più negli eccessi passati1. Di questo anno si ritrova un documento che porta il divieto di Giovanni, arcidiacono e vicario generale del vescovo Filippo, di aggravare con collette ed imposizioni l’ospitale di Campiglio e di S. Biagio di Malè, presentato da fra Grando di Termenago, converso di detto ospitale, ad Eccellino di Caldès, giudice in Val di Sole, costituito da Dieto e da Enrico capitani di detta valle in nome del vescovo2. E nel medesimo anno il vescovo Filippo rinnovò la investitura generale dei feudi, spettanti alla casa d’Arco, ad Odorico figlio di Enrico Soga di Arco, nelle forme consuete3.

Nel 1303, fra Bonomino dell’Ordine dei Minori, cameriere e vicedomino del vescovo Filippo, investì Guglielmo di TremenoFonte/commento: Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/567 di una pezza di terra nella Regola di TremenoFonte/commento: Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/567, pieve di Caldaro, nel luogo detto Agaroja, coll’annuo obbligo di mezzo carro di vino bianco4. Nel detto anno insorse una clamorosa questione tra Gualengo, vicario del vescovo dall’una, e Gislimberlo da Campo, decano di Trento, ed il Capitolo dall’altra. Il decano pretendeva, in nome del Capitolo, di poter esercitare giurisdizione sopra i chierici della città e della diocesi, ad esso Capitolo apparte-

  1. Miscellanea Alberti, T. VII, fol. 24. Bonelli, Notiz. istor. crit. Τ. II, fol. 633.
  2. Miscell. Alberti, T. VI, fol. 216.
  3. Miscell. Alberti, T. VΊ, fol. 239.
  4. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 149.