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in una mezza oscurità, dentro la quale le tre figure parevano sprofondare.

Nessun rosario fu più distratto, più scucito. Il Berretta rispondeva or sì or no, sia che i rumori e la paura lo tenessero impennato, sia che la stanchezza e i patimenti d’una giornata di fuga e senza cibo lo tirassero a reclinare il capo e a dormicchiare sopra i pensieri.

Chi andava più lontana a battere la campagna, fuori d’ogni devoto sentiero, era la Colomba. Come se dalla corona si distaccassero, insieme alle avemarie, antiche reminiscenze, il suo cuore tornò indietro a ricordare un’altra notte di spavento, quella in cui era morta la madre di Ferruccio, un affare di vent’anni fa.

Delle tre sorelle la Marietta era la più bella, la più viva, la più romantica com’erano tutte le sartine del suo tempo. Aveva sposato il Berretta, non già perchè il cuore le dicesse qualche cosa per quel povero martoro di sarto, ma perchè così avevan voluto, o perchè bisognava maritarla quella figliuola. Nel dare alla luce Ferruccio (un certo nome che essa aveva trovato in uno dei suoi romanzi) tre giorni dopo fu assalita da una maligna infezione e in ventiquattro ore moriva abbruciata dalla febbre, col ventre gonfio, delirando come una pazza, confessando anche ciò che avrebbe fatto bene a tacere, poverina.

— Hai sentito? — entrò a chiedere la Nunziadina, rompendo il filo dei pensieri, che s’attorcigliavano al rosario.

— Che cosa?

— Mi par di sentire...

— È quest’uomo qui.