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questo disutile dal faccione grasso di frate sbarbato?

Ferruccio, alzando un dito davanti alla bocca l’avvertì di parlar pianino. Il sor Tognino poteva entrare da un momento all’altro. — Quel suo patrigno — seguitò poi sottovoce — fece delle cattive speculazioni, si trovò in gravi imbarazzi e dovette cercare dei capitali al sor Tognino, capitali che non fu più in grado di restituire. Il matrimonio, pare, accomodò molti interessi.

— Ho capito. Sempre così. Gli uomini fanno i cattivi affari e tocca alle povere donne d’aggiustarli. Voi stracciate e a noi tocca rattoppare, birboni....

— Però — s’arrischiò a dire il ragazzo — in casa le voglion bene e la trattano con tutti i riguardi.

— È vero, sì o no, che questo babbeo di suo marito ha sempre fatta una vita allegra coi denari del papà e che fino a ieri ha mandato in lusso una cantante?

Ferruccio tornò ad arrossire, come se la zia Colomba gliene facesse carico a lui.

— Non è un uomo cattivo nemmeno lui — disse dopo un istante. — Non nego che abbia fatte le sue: è ricco, ha buon cuore.

— Dàllo ai merli questo cuore! — ripigliò con una certa furia la zia Colomba, agitando le cocche del bel fazzoletto di seta, che aveva posato sulla testa contro i rigori del freddo. — Tu sei un mezzo chierico e non conosci il mondo; ma dacchè sei entrato in questa casa, io non ho mai avuto il cuore tranquillo. Tutti i giorni faccio le mie indagini e, dico la verità, vedrei volentieri che tu cercassi qualche cosa di meglio. Tu non hai sposato nessuno, fortunatamente, e puoi spolverare le scarpe quando