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Polemiche 143

zione, nella forma, a volta a volta, ha come degli impeti di poesia e l’immagine smagliante tenta di vestire di forma nova l’idea. Ma è un lirico bolso; è un figurista pallido. Appena aperte, le ali si chiudono; difficilmente l’immagine viene fuori completa e fresca nello splendore di una similitudine riuscita. Si direbbe ch’egli è passato presso il latino ispirato dei libri sacri ed il canto dei profeti senza che una scintilla di quell’entusiasmo gli accendesse il cuore: si direbbe che il freddo e angoloso formolarismo di certi libri da preghiere gli abbia invischiate le penne.

Ardigò è uno scrittore meno che mediocre. Per quanto brevi siano i saggi, che riporteremo del suo stile, i lettori avranno tempo d’accorgersene.

Ciò che è stato il prof. Ardigò, molti pure sanno, ma molti non amano ricordare. Nè a dir vero, noi avremmo alcuna soddisfazione a farlo, se lo zelo e gli entusiasmi del Moto, non ci avessero posto nella condizione doverosa di disingannarlo.

Quegli che oggi è il prof. Ardigò, un tempo era il prete Ardigò; si dava un tempo del reverendo a colui al quale oggi si dice: signore.

In perfetta relazione colle vesti che indossava, il professor Ardigò in quel tempo teneva i principi e i sentimenti. Era un reazionario.

Lo ha detto egli stesso, alla università di Padova, in una prelezione letta il giorno undici febbraio del 1881.

Ed era molto meglio ispirato allora, che tentava spiegare o spiegava il mutamento delle sue idee e delle sue convinzioni, colla legge della evoluzione, di quello che non lo sia stato, nella ultima lettera al Moto quando ha scritto:

«HO SEMPRE AVUTO E PROFESSATO IDEE E SENTIMENTI PATRIOTTICI E LIBERALI».

Dunque il prof. Ardigò dice di avere sempre avuto idee e sentimenti patriottici e liberali. Si potrebbe dire: