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Lettere 243

religione, ma da spirito di partito. Mi vi rassegno colla serenità di chi ha la coscienza tranquilla, e nella fermissima risoluzione di non rinnegare in nessuna maniera quello che ho detto e stampato nella persuasione di dire e stampare il vero. Quello che più mi addolora in questa circostanza è il dispiacere gravissimo, onde le sono involontaria cagione. Anche in questo però mi conforta il pensiero, che Ella sa che ho sempre amato, amo ed amerò sempre la fede e la professione cristiana cattolica, e che quindi non mi sono reso e non mi renderò immeritevole della sua stima e benevolenza. Monsignore, quando ho questa sua stima e benevolenza, ho tutto. Se mi mancasse, mi reputerei il più infelice degli uomini. Per conservarla, reputerei lievissima cosa ogni più grande, ogni più duro sacrificio.

R. A.


3.


L’Infallibilità. — Il signor professore sacerdote Ardigò ci invia la seguente lettera che volontieri pubblichiamo...

All’Onor. signor Direttore della «Gazzetta di Mantova»

Nella cronaca cittadina e provinciale del numero di ieri (209) della pregiatissima sua Gazzetta si leggono le seguenti parole: «Se non siamo male informati, il nostro clero in una adunanza espressamente tenutasi, avrebbe deciso che venendo da Roma l’ordine di pubblicare il nuovo dogma dell’infallibilità papale, prima d’ottemperarvi attenderebbe i voleri o i consigli dell’autorità politica, e procederebbe con essa d’accordo».

L’assennatezza e il patriottismo di tale decisione non abbisogna di illustrazioni: il nostro clero si mantiene fedele alle sue tradizioni.

Quando, dove, da chi si è fatta l’adunanza e per mandato di chi? Assennata quella decisione? A me invece sembra ridicola, per non dire altro, e solo propria, se fu fatta davvero, di quei preti che hanno l’uso comodo