Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/247

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da me immaginata, fomentava il mio astio l’orrore inspiratomi dalle atroci impronte lasciate su quello spazio di terreno dagli sgraziati malandrini che si divoravano l’un l’altro. Io trovai finalmente nel fianco del monte un sito ove fui certo di potermene rimanere ben riparato ad aspettare, finchè vedessi giugnere qualcuna delle loro piroghe; poi di lì, anche prima che arrivassero alla spiaggia, trasferirmi, non veduto, in mezzo ad alcuni gruppi d’alberi, uno de’ quali aveva una cavità ampia abbastanza per nascondermi interamente. Da questa io potea con tutto mio agio osservare ogni loro atto di sangue, e prendere ben la mira delle loro teste, quando sarebbero così strettamente adunati, che mi sarebbe quasi impossibile di mancare il mio colpo, o il mancarlo fosse per lo meno un ferirne tre o quattro al primo sparo. Questa dunque io stabilii che fosse la scena della mia impresa, e però allestii due archibusi e il mio solito moschetto da caccia. Caricai i due archibusi con un paio di verghe di piombo e quattro o cinque palle del calibro all’incirca di quelle da pistola; il moschetto da caccia con un pugno di pallini de’ più grossi. Caricai parimente le mie pistole ciascuna con quattro palle. Così armato e provveduto di munizione per una seconda e terza carica io m’accigneva al compimento del mio disegno.

Dopo averne così steso il disegno e, nella mia immaginazione, già messolo in pratica, non mancava ogni mattina di andare su la cima della collina distante dalla mia fortificazione fra le tre e le quattro miglia, per vedere se scoprissi in mare qualche piroga che s’accostasse all’isola o s’avviasse alla volta di essa; ma cominciai a stancarmi di sì molesta andata dopo avere per due o tre mesi fatta costantemente questa mia guardia ed essere sempre tornato addietro deluso nella mia espettazione; perchè in tutto l’indicato tempo non vi fu la menoma apparenza non solo di navigli vicini o avviati verso la spiaggia, ma nemmeno d’altri che galleggiassero nell’immensità dell’oceano, fin dove potè giugnere la mia vista armata anche di cannocchiali in tutte le direzioni.

Finchè durarono le mie giornaliere gite alla collina per arrivare alla desiderata scoperta, durò parimente l’energia del mio divisamento, e l’animo mio sembro sempre dispostissimo per tutto questo tempo a tal sanguinolenta opera, qual si era l’uccisione di venti o trenta ignudi selvaggi per una colpa su la cui gravezza la mia mente avea consultato soltanto il primo impeto di sdegno suscitato in essa