Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/303

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robinson crusoe 259

dal canto suo, credo mi amasse più di quanto avesse mai potuto amare veruna cosa in sua vita.

Mi venne l’idea d’indagare se gli rimaneva tuttavia veruna inclinazione pel suo paese nativo; onde, avendolo già istrutto nella mia lingua quanto bastava, perchè rispondesse alla mia interrogazione, gli chiesi se la nazione alla quale apparteneva, riportava mai vittoria nelle battaglie. Sorrise egli nel rispondermi.

— «Sì! sì! nostro sempre star vantaggio.» La qual risposta diede origine fra noi al seguente dialogo.

— «Ma se vostro sempre star vantaggio, come è stato che v’hanno fatto prigioniere?

— Mia nazione batter tutti!

— Come batter tutti? Se vi hanno preso, il battuto foste voi.

— Più uomi (parea che Xury fosse stato il suo maestro di lingua) di loro che nostri trovarsi ove essere stato me; e loro aver preso uno, due, tre, me. Ma mia nazione averne presi due, tre, e mille e poi mille.

— Ma perchè dunque quelli della vostra banda che fu vincitrice non vennero a riscattar voi?

— Nemici che aver preso uno, due, tre e me esser corsi in canotti e portati in canotti anche noi; mia nazione allora non aver canotti.

— E che cosa fa, Venerdì, la vostra nazione con gli uomini che prende? Se li porta via e li mangia, come hanno fatto i vostri nemici?

— Sì; mia nazione mangiar uomi, mangiarli tutti.

— Dove li trasportano?

— Lì... là... dove piacer loro.

— Vengono mai qui?

— Sì, sì, venir qui, venire anche in altri luoghi.

— Qui, vi siete trovato con essi?

— Sì, essermi trovato;» in questa mi accennò il nord-west (maestro) dell’isola che sembra fosse la parte consueta del loro sbarco.

Da ciò compresi che il mio servo Venerdì si era trovato fra quei selvaggi che venivano nella parte più lontana di spiaggia per que’ conviti imbanditi di carne umana, de’ quali egli rischiò questa volta di essere una vivanda. Qualche tempo dopo avendomi fatto coraggio a trasferirmi seco a quel lato di littorale, riconobbe ottimamente il sito, e mi disse che vi era stato una volta che vi si mangiarono venti uomini,