Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/319

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robinson crusoe 275

— Perchè ammazzarlo? soggiunsi.

— Perchè volerlo mandar via? ripetè con forza. Ammazzare Venerdì, sì! mandar via Venerdì, no!»

Con tanta veracità di affetto diceva queste cose, che gli vidi gli occhi molli di pianto. In fine scopersi sì pienamente e l’affezione di quel poveretto per me e la ferma risoluzione di non lasciarmi, che lo assicurai e allora e più volte appresso del mio stabile proposito di non privarmi di lui, fintantochè fosse rimasto volentieri con me.



Cantiere di costruzione.



A

conti fatti, s’io per una parte ravvisava in tutto il tenore dei discorsi di Venerdì una salda affezione per me e una intenzione la più risoluta di non lasciarmi, vedeva per l’altra come il desiderio di rivedere il suo nativo paese si fondasse sopra un ardente amore di patria o su la speranza del bene ch’io potessi fare ai suoi compatriotti: impresa per la quale non sentiva in me medesimo le cognizioni opportune a tentarla nè la menoma vocazione. Pure la fortissima tentazione, come ho già detto, di avventurarmi ad una fuga trovava un incentivo troppo possente nei diciassette naufraghi o spagnuoli o portoghesi di cui parlommi il medesimo Venerdì. Per conseguenza, senza frapporre indugi, mi diedi a cercare in compagnia di Venerdì un albero atto a farne una piroga o canotto acconcio al viaggio divisato.

Certamente vi erano nell’isola alberi quanti sarebbero bastati ad allestire una piccola flotta non di piroghe o canotti, ma anche di vascelli di linea; ma ciò che ebbi principalmente in animo, si fu d’averne uno ben vicino al mare per poterlo lanciare in acqua appena costrutto, e non rinnovare lo sconcio occorsomi un’altra volta. Finalmente