Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/321

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robinson crusoe 277

disinvoltura o prestezza il mio Venerdì la governava, la voltava per ogni verso, la spingeva col remo. Gli chiesi pertanto se voleva e se dovevamo arrischiarci sovr’essa.

— «Sì, rispose, potere e volere, anche se soffiar vento grande.»

Nondimeno io aveva nell’animo un altro divisamento ch’egli non conosceva: ed era quello di provvederla d’albero e vela e di un’ancora e d’una gomona. Quanto all’albero non mi costava fatica il procacciarmelo: aveva già posto l’occhio sopra un bel cipresso giovine, ben diritto, non distante di lì, perchè di simili piante abbondava quell’isola. Detto a Venerdì di atterrarlo, gl’insegnai ancora il modo di foggiarlo convenientemente al mio scopo. Per le vele ne presi tutto il carico io. Sapeva bene d’avere una bastante scorta di vele vecchie o piuttosto di pezzi di vele; ma essendo state presso di me da ventisei anni, nè avendomi preso alcun pensiere di custodirle debitamente, perchè non m’immaginava mai che mi venisse il destro di valermene nè poco nè assai, teneva per fermo che fossero affatto infracidite; e molte di esse erano veramente. Pur ne trovai due pezzi che avevano tuttavia assai buona cera, e con questi postomi all’opera, non senza grande fatica e dando sgarbati puntacci, come potete credere, per mancanza d’aghi da cucire, finalmente riuscii a fare una brutta cosaccia triangolare, simile a quelle vele che chiamansi in Inghilterra spalle di castrato, e che si fermano al piede con un po’ di colla e con uno sprocco alla cima: di tali vele sono provveduti i nostri scappavia, ed io sapea maneggiarle, perchè ne aveva di simili la barca entro cui fuggii di Barbaria, siccome ho narrato nel principio della mia storia.

Impiegai presso a due mesi in quest’ultimo lavoro, vale a dire nell’adattare il mio albero e le mie vele; perchè lo volli finito di tutto punto, e vi aggiunsi un piccolo puntello ed una specie di controvela pei casi in cui ne fosse occorso di navigar controvento, e ancora attaccai un timone alla poppa. Io era certo il più goffo di quanti mai furono fabbricatori di navigli; pure conoscendo l’utilità, anzi la necessità di un tale lavoro, mi vi posi tanto attesamente, che infine in qualche modo mi cavai d’impaccio; benchè pensando ciò che mi è costato il fare e disfare, credo mi sia bisognata più fatica in ciò, che nel fabbricare l’intera barca.

Compiute tutte le predette cose mi restava ad ammaestrare il mio Venerdì su quanto concerneva il governo della mia barca; perchè,