Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/337

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robinson crusoe 289

colle sue mani. Ed io avendo conosciuto la cagione del suo male, diedi al mio servo del rum, per potere con esso soffregare le assiderate membra di suo padre; la qual cosa gli apporto non poco giovamento.

Questo avvenimento pose fine alla nostra caccia; intanto il canotto co’ fuggitivi era ormai quasi fuor della nostra vista; e noi ci tenemmo fortunati di essere stati distolti dai nostri disegni, dappoichè due ore dopo si levò un vento gagliardissimo, che durò tutta notte: il quale spirando da N. O. contrario a loro, non potettero certamente afferar la loro spiaggia.

Per ritornare a Venerdì, egli era così sollecito intorno a suo padre, ch’io in sulle prime non ebbi punto coraggio di allontanarnelo; ma vedendo ch’ei poteva ora lasciarlo un poco, lo chiamai a me, e venne saltando e ridendo, mostrando dipinta nel volto la gioia più viva. Chiestogli se avesse dato pane a suo padre, mi rispose alzando la testa: «No, affatto; io aver tutto mangiato.» Allora gli diedi una focaccia che avea nelle tasche per suo padre, ed un po’ di rum per lui; egli non volle però berlo e dettelo anche al vecchio. Mi trovava in tasca anche dell’uva passa, e gliene diedi un pugno pel povero Indiano. Aveva egli appena offerto questi frutti, la focaccia ed il rum a suo padre, che lo vidi slanciarsi fuor della barca e darsi a correre sì velocemente, che tosto lo perdetti di vista; poichè egli era agilissimo nel corso più di ogni altro uomo ch’io mi avessi mai veduto. Lo chiamai più volte, ma invano; egli non m’intese. Dopo non molto ritornò, ma meno sollecito ch’era stato nel partire, ed avvicinandomisi vidi che il suo passo era più lento, perchè portava seco qualche cosa. Egli era ito sino alla nostra abitazione, e ritornavane portando un gran vaso di acqua e alquante focacce. Quando mi fu vicino mi consegnò frettolosamente queste, e recò l’acqua a suo padre; il quale poichè ne ebbe bevuto un poco, ne fu ristorato più che dal rum, che io gli avea donato; che il povero selvaggio moriva della sete.

Quando il vecchio si fu alquanto ristorato, chiamai Venerdì e gli dimandai se fosse rimasta un po’ di acqua; a che avendomi risposto di sì, gli comandai di portarla al povero Spagnuolo, che dovea averne gran bisogno, al pari di suo padre, e recargli anche una delle focacce che mi avea egli stesso portate. Difatti quel malavventurato era in tale stato di debolezza, che erasi gettato sull’erba, all’ombra


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